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Acquisizione sanante: termine e impugnazione indennizzo

La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine perentorio di 30 giorni previsto per l’opposizione alla stima dell’indennità di esproprio non si applica alla contestazione dell’indennizzo in caso di acquisizione sanante (art. 42 bis d.P.R. 327/2001). Di conseguenza, il proprietario può agire in giudizio per la determinazione della corretta somma entro il termine ordinario di prescrizione. La Corte ha cassato l’ordinanza di una Corte d’Appello che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per tardività.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante: la Cassazione Esclude il Termine Breve per l’Impugnazione dell’Indennizzo

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui termini per contestare l’indennizzo derivante da un’acquisizione sanante. La Suprema Corte ha stabilito che il termine perentorio di trenta giorni, previsto per l’opposizione alla stima nell’espropriazione ordinaria, non si applica a questa specifica fattispecie. Si tratta di una decisione che rafforza la tutela dei proprietari che subiscono l’acquisizione di un bene da parte della Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Indennizzo all’Inammissibilità in Appello

Due proprietari convenivano in giudizio un Comune per ottenere la corretta determinazione degli indennizzi e dei risarcimenti dovuti a seguito di un provvedimento di acquisizione sanante, emesso ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. 327/2001, relativo a un fondo di loro proprietà. La causa, inizialmente incardinata presso il Tribunale, veniva da questo dichiarata incompetente in favore della Corte d’Appello, in seguito a un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Cassazione.

Riassunta la causa dinanzi alla Corte d’Appello, i proprietari ribadivano le loro richieste, sostenendo l’incongruità delle somme offerte dal Comune. L’ente locale, costituitosi in giudizio, eccepiva in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per tardività, poiché proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento di acquisizione. La Corte d’Appello accoglieva l’eccezione del Comune e dichiarava inammissibile la domanda, ritenendo applicabile il termine breve previsto per l’opposizione alla stima.

La Questione Giuridica: Acquisizione Sanante e Termini di Decadenza

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che è stata chiamata a risolvere un quesito di cruciale importanza: il termine perentorio di 30 giorni, stabilito dagli artt. 54 del d.P.R. 327/2001 e 29 del d.lgs. 150/2011 per l’opposizione alla stima definitiva dell’indennità di esproprio, si applica anche alla contestazione della liquidazione contenuta in un provvedimento di acquisizione sanante?

La risposta a questa domanda determina una differenza sostanziale per i diritti del proprietario: l’applicazione del termine breve riduce drasticamente il tempo a disposizione per agire in giudizio, mentre la sua esclusione consente di fare riferimento al più lungo termine ordinario di prescrizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei proprietari, ritenendolo fondato. Richiamando un suo recente precedente (sentenza n. 35287/2023), ha chiarito che il termine perentorio previsto per l’opposizione alla stima non è applicabile alla contestazione dell’indennizzo determinato nel provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis.

Il ragionamento della Corte si basa su un’analisi della normativa. L’art. 29 del d.lgs. 150/2011, che disciplina il rito per l’opposizione alla stima, non contiene alcun rinvio esplicito all’art. 42 bis. Secondo gli Ermellini, non è possibile applicare in via estensiva o analogica norme che, come quelle sui termini di decadenza, condizionano e limitano l’esercizio del diritto di azione. Tali norme devono essere interpretate in modo restrittivo e applicate solo ai casi espressamente previsti dalla legge.

Inoltre, la Corte ha sottolineato le diversità strutturali tra il procedimento di espropriazione ordinario e quello di acquisizione sanante. Sebbene la natura indennitaria del credito sia comune a entrambe le fattispecie, giustificando la competenza funzionale della Corte d’Appello, le differenze procedurali impediscono di trasporre automaticamente il regime dei termini dall’una all’altra.

Le Conclusioni: Quali Implicazioni per i Proprietari?

La decisione della Cassazione ha un impatto pratico significativo. Viene affermato il principio secondo cui il soggetto che subisce un provvedimento di acquisizione sanante ha la facoltà di contestare la liquidazione dell’indennizzo e chiederne la determinazione giudiziale nel termine ordinario di prescrizione, e non nel ristretto termine di decadenza di trenta giorni.

Questo orientamento garantisce una maggiore tutela al diritto di difesa del proprietario, concedendogli un lasso di tempo più congruo per valutare la correttezza dell’indennizzo offerto e, se del caso, intraprendere un’azione legale. Per effetto di questa pronuncia, l’ordinanza impugnata è stata cassata e il giudizio è stato rinviato alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, che dovrà ora pronunciarsi nel merito della controversia, determinando l’esatto ammontare dovuto ai proprietari e regolando le spese del giudizio di legittimità.

Qual è il termine per contestare l’indennizzo in caso di acquisizione sanante?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la contestazione dell’indennizzo previsto in un provvedimento di acquisizione sanante può essere proposta nel termine ordinario di prescrizione, e non entro il termine perentorio di 30 giorni.

Perché la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione del termine di 30 giorni?
La Corte ha escluso tale applicazione perché le norme che prevedono termini di decadenza per l’esercizio di un diritto devono essere interpretate restrittivamente. La legge che stabilisce il termine di 30 giorni (art. 29, d.lgs. 150/2011) non fa alcun riferimento esplicito alla procedura di acquisizione sanante (art. 42 bis, d.P.R. 327/2001).

Qual è la conseguenza della decisione della Cassazione in questo caso?
L’ordinanza della Corte d’Appello, che aveva dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, è stata annullata (cassata). La causa è stata rinviata alla stessa Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà ora decidere nel merito sulla congruità dell’indennizzo e sulle spese del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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