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Acquisizione sanante: termine di 10 anni per opporsi

Una proprietaria di terreni si opponeva all’indennizzo offerto da un ente pubblico a seguito di un’acquisizione sanante. L’ente eccepiva la tardività del ricorso, sostenendo si applicasse il termine breve di 30 giorni. La Corte di Cassazione ha respinto tale eccezione, confermando che per l’acquisizione sanante vige il termine di prescrizione ordinario di dieci anni. Tuttavia, ha rigettato anche il ricorso della proprietaria, confermando la correttezza della stima del valore venale del terreno effettuata nei gradi di merito.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante: La Cassazione Conferma il Termine Decennale per l’Opposizione

L’istituto dell’acquisizione sanante, disciplinato dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni, rappresenta uno strumento cruciale per la Pubblica Amministrazione, ma solleva importanti questioni sui diritti dei proprietari. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza su un punto fondamentale: qual è il termine per contestare l’indennizzo offerto? La risposta consolida un principio a tutela del cittadino, stabilendo che si applica il termine di prescrizione ordinario di dieci anni e non il termine di decadenza breve previsto per le espropriazioni ordinarie.

I Fatti del Caso: Un’Espropriazione Contesa

Una proprietaria si è vista occupare d’urgenza dei terreni da parte di un ente provinciale per la realizzazione di una grande opera viaria. L’ente, pur avendo occupato i fondi, non ha mai emesso il decreto di esproprio, procedendo anni dopo a regolarizzare la situazione attraverso un provvedimento di acquisizione sanante.

L’indennizzo offerto dall’ente, calcolato sulla base del Valore Agricolo Medio (VAM), è stato ritenuto inadeguato dalla proprietaria, che ha quindi avviato un’azione legale chiedendo una somma notevolmente superiore, basata su una consulenza di parte. L’ente pubblico si è difeso eccependo, in via preliminare, la tardività del ricorso, sostenendo che fosse stato proposto oltre il termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento. La Corte d’Appello ha respinto l’eccezione di tardività ma ha comunque dato torto alla proprietaria nel merito, ritenendo corretta la stima dell’ente. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica sull’Acquisizione Sanante

Il cuore della disputa legale ruotava attorno a due questioni principali:
1. La tempestività dell’opposizione: Si doveva applicare il termine perentorio di 30 giorni previsto dall’art. 54 del T.U.E. per l’opposizione alla stima, oppure il termine di prescrizione ordinario di 10 anni previsto dall’art. 2946 del codice civile?
2. La correttezza della stima: L’indennizzo era stato correttamente quantificato? La proprietaria contestava il metodo di calcolo, la qualifica di non edificabilità del terreno e la mancata considerazione del deprezzamento della porzione residua di sua proprietà.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha deciso la controversia rigettando sia il ricorso incidentale dell’ente pubblico sia il ricorso principale della proprietaria.

Il Rigetto del Ricorso Incidentale: Vale il Termine di 10 Anni

La Corte ha prioritariamente esaminato l’eccezione di tardività sollevata dall’ente. Richiamando un proprio precedente orientamento (Cass. n. 35287/2023), ha stabilito in modo definitivo che il termine perentorio di 30 giorni non si applica alla contestazione dell’indennizzo nell’ambito di una acquisizione sanante. A differenza dell’espropriazione ordinaria, l’acquisizione sanante non è un procedimento concordato ma un atto che regolarizza una situazione di illegalità pregressa. Pertanto, il diritto del proprietario a ricevere un giusto indennizzo si prescrive nel termine ordinario decennale.

L’Analisi del Ricorso Principale: La Correttezza della Valutazione

La Cassazione ha poi dichiarato inammissibili o infondati i motivi di ricorso della proprietaria. I giudici hanno ritenuto che:
* La valutazione sulla non edificabilità del terreno, basata sulla CTU, costituisce un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità.
* L’utilizzo di un atto di compravendita risalente nel tempo come termine di paragone per la stima non è di per sé un errore, se il valore viene poi correttamente rivalutato alla data del provvedimento di acquisizione, come avvenuto nel caso di specie.
* La mancata considerazione del deprezzamento delle aree residue e degli aiuti comunitari perduti era sorretta da un giudizio di fatto adeguatamente motivato dalla corte territoriale.
* È corretto non includere nell’indennizzo il valore dell’opera pubblica realizzata sul fondo, poiché l’art. 42-bis del T.U.E. mira a indennizzare il proprietario per la perdita del suo bene, non ad arricchirlo con il valore aggiunto dall’opera pubblica stessa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione strutturale tra il procedimento di espropriazione ordinaria e l’acquisizione sanante. Quest’ultima interviene a sanare un’occupazione illegittima, e il diritto all’indennizzo che ne scaturisce ha natura di credito pecuniario, soggetto quindi alle regole ordinarie della prescrizione. Imporre un termine di decadenza breve, non espressamente previsto dalla legge per questa specifica procedura, costituirebbe un’interpretazione restrittiva e non consentita dei diritti del proprietario. Nel merito, la Corte ha ribadito il principio secondo cui la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle prove, come la CTU, rientrano nella discrezionalità del giudice di merito e non possono essere oggetto di riesame in Cassazione, se non per vizi logici o giuridici che nel caso specifico non sono stati ravvisati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia fondamentale per i cittadini i cui beni sono oggetto di acquisizione sanante. La conferma del termine di prescrizione decennale per contestare l’indennizzo offre un arco temporale adeguato per valutare l’offerta della Pubblica Amministrazione e, se necessario, agire in giudizio. Al contempo, la sentenza ribadisce che, una volta in tribunale, le contestazioni sulla stima devono essere fondate su vizi concreti e non possono limitarsi a rimettere in discussione l’apprezzamento di fatto compiuto dal giudice di merito sulla base delle perizie tecniche.

Qual è il termine per contestare l’indennizzo in un’acquisizione sanante?
Il termine per contestare giudizialmente la liquidazione dell’indennizzo previsto in un provvedimento di acquisizione sanante è il termine ordinario di prescrizione di dieci anni, e non il termine breve di decadenza di 30 giorni applicabile alle procedure di espropriazione ordinaria.

Come viene determinato il valore di un bene in un’acquisizione sanante?
Il valore venale del bene, oggetto del provvedimento di ‘acquisizione sanante’, deve essere determinato con riferimento alla data di adozione del provvedimento acquisitivo stesso, utilizzando metodi di stima come quello sintetico-comparativo e tenendo conto delle caratteristiche effettive del bene in quel momento (es. edificabile o agricolo).

Il valore dell’opera pubblica costruita sul terreno viene incluso nell’indennizzo?
No, ai fini della determinazione dell’indennizzo da ‘acquisizione sanante’, non si deve computare il valore dell’opera pubblica che è stata realizzata sul bene. L’indennizzo copre il pregiudizio patrimoniale per la perdita del bene e il pregiudizio non patrimoniale, ma non il valore aggiunto dall’opera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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