Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3951 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3951 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 14961/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente principale- contro
COGNOME NOME, COGNOME, domiciliate ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI n. 948/2017 depositata il 14/11/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
1.Con atto di citazione notificato il 29 dicembre 1995, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano il RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Cagliari esponendo che, con decreto del 25 gennaio 1986, il Sindaco del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva disposto l’occupazione di urgenza, finalizzata alla realizzazione di un piano per l’edilizia popolare ed economica, del terreno censito al foglio 13 e mappale 495, di proprietà delle stesse, e che il bene veniva occupato il 18 febbraio 1986. Le attrici chiedevano la restituzione del terreno di loro proprietà, assoggettato a procedura espropriativa mai completata, e la condanna del RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni, allegando che nessuna opera era stata costruita e che non era stata definita alcuna procedura espropriativa.
2.Con sentenza del 13 settembre 2007, il Tribunale di Cagliari accoglieva, per quanto di ragione, la domanda proposta, condannava il convenuto alla restituzione del bene, al pagamento della somma di € 145.520, a titolo di risarcimento danni per la mancata disponibilità del terreno dal 18 febbraio 1993, nonché al rimborso delle spese del giudizio e dichiarava, altresì, la propria incompetenza a giudicare sulla domanda di indennizzo per l’occupazione legittima e, pertanto, in ordine a detta domanda rimetteva la causa avanti alla Corte di appello di Cagliari.
3.Contro tale decisione, con distinti atti, veniva proposto appello da entrambe le parti.
4.La Corte d’Appello di Cagliari, in data 24 gennaio 2014, con sentenza non definitiva n. 544/2014, depositata in cancelleria il 2 ottobre 2014: a) rigettava l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal RAGIONE_SOCIALE, rilevando che l’occupazione illecita
era iniziata nel 1995 e il giudizio restitutorio e risarcitorio nel dicembre 1995, quindi nel periodo anteriore al l’1-7-1998, così rientrando nella giurisdizione ordinaria, ai sensi della l.n.205/2000, vertendosi in ipotesi di occupazione appropriativa; b) rigettava l’appello proposto dall’ente nella parte concernente la qualificazione dell’occupazione quale usurpativa e, conseguentemente, avverso la disposta restituzione, affermando che il termine di validità del PEEP era scaduto già dal 9 dicembre 1995 e il comportamento della Amministrazione doveva qualificarsi come illecito e integrante occupazione usurpativa, in conformità a quanto statuito dal Tribunale, nonché era infondato l’assunto dell’ente laddove sosteneva che l’obbligo di restituzione non si estendeva ai soprassuoli realizzati sull’area, operando invece la norma dell’accessione di cui all’art.934 cod. civ.; c) rigettava l’appello proposto dall’ente avverso il capo della sentenza con il quale il Tribunale aveva declinato la propria competenza a conoscere della domanda avente ad oggetto l’indennità di occupazione legittima in favore della Corre d’Appello in unico grado, sostenendo il RAGIONE_SOCIALE che il Tribunale avesse erroneamente interpretato la domanda risarcitoria come comprensiva sia del danno da indisponibilità del bene che della indennità di occupazione legittima; la Corte di merito al riguardo rilevava che il tempestivo mancato esperimento del regolamento di competenza rendeva incontestabili sia la dichiarazione di incompetenza che la competenza del giudice indicato (Corte d’appello in unico grado); d) rimetteva la causa in istruttoria in quanto le ulteriori doglianze proposte dal RAGIONE_SOCIALE e quelle esposte dalle attrici non potevano essere decise, in quanto avevano ad oggetto la quantificazione del danno e necessitavano di un supplemento di indagine tecnica.
5.Nel corso del procedimento di secondo grado, veniva acquisita la sentenza n. 534/2014, divenuta definitiva e passata in giudicato, pronunciata dalla Corte d’Appello di Cagliari nel giudizio iscritto al
R.G. n. 217/2008, promosso da NOME e NOME COGNOME che, a seguito della richiamata sentenza del Tribunale di Cagliari delle cui impugnazioni è causa, avevano riassunto il giudizio avanti alla Corte d’appello per la determinazione dell’indennità di occupazione legittima.
6.La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza definitiva n. 948/2017, condannava il RAGIONE_SOCIALE a pagare a NOME ed NOME COGNOME, in solido tra loro, la somma di € 72.868,91, a titolo di risarcimento del danno per la mancata disponibilità, dal 18.2.1993 alla data della decisione, del terreno per cui è causa; condannava, altresì, il RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite in favore di NOME e NOME COGNOME, in solido tra loro. In particolare, con tale sentenza, la Corte di Appello, dopo aver premesso che la decisione aveva ad oggetto i motivi di appello avverso i capi della sentenza relativi alla quantificazione del risarcimento dei danni spettanti alle COGNOME a fronte del mancato godimento dell’area per cui era causa dalla data di cessazione del periodo di occupazione legittima alla data della decisione, rilevava che: a) poiché era oramai definitiva la sentenza n. 534/2014, pronunciata dalla Corte d’Appello di Cagliari nel giudizio iscritto al RG n. 217/2008, sul diritto delle COGNOME di vedersi corrispondere l’indennità di occupazione legittima, si era formato su tali statuizioni il giudicato che precludeva ogni diversa valutazione; b) pertanto, erano oramai definitivamente ed irrevocabilmente accertate sia la data nella quale era scaduto il termine di occupazione legittima, cioè il 18 febbraio 1993, sia il valore del bene a tale data (lire 84.590.477 -euro 43.687,34). In virtù di tale ultimo accertamento, la Corte di merito rigettava il motivo di appello delle COGNOME volto a far accertare l’insussistenza di un periodo di occupazione legittima nella fattispecie scrutinata e quindi avverso la declaratoria del Tribunale che aveva affermato la competenza della Corte d’Appello a conoscere della domanda avente ad oggetto l’indennità relativa a detto periodo, nonché rigettava il motivo di
appello delle COGNOME di vedersi riconoscere una diversa data di decorrenza del periodo di occupazione illegittima. La Corte d’appello, inoltre, accoglieva il quarto motivo di gravame del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE volto a contestare il valore dell’area riconosciuto dal Tribunale, sul rilievo che le ricorrenti avevano ottenuto la condanna alla restituzione dell’area di cui erano proprietarie e pertanto alle stesse poteva riconoscersi solo il danno subito per il mancato godimento del bene dalla data di scadenza del periodo di occupazione legittima alla data della sentenza, e non anche la perdita del valore del bene stesso, nonché rilevava che nessuna delle parti aveva proposto appello per censurare la quantificazione del danno da mancato godimento dell’area, effettuato con criterio equitativo (calcolo degli interessi legali dal 18-2-1993 alla data della sentenza sul valore dell’area alla data iniziale, senza considerare l’evoluzione di detto valore nel corso del periodo considerato). Infine la Corte d’appello riconosceva sul credito di valore delle COGNOME la rivalutazione monetaria alla data della sentenza e il maggior danno per diponibilità della somma, come da importo quantificato in via equitativa secondo il criterio indicato in motivazione (pag.15).
7.Avverso tali sentenze della Corte di Appello di Cagliari il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, resistito con controricorso da NOME COGNOME e NOME COGNOME, che propongono ricorso incidentale affidato a due motivi.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che
Il ricorrente principale denuncia: i ) con il primo motivo la ‘ Violazione e falsa applicazione della legge 18.04.1962, n. 167, in particolare degli artt. 8 e 9, come modificato dall’art. 51, legge 05.08.1978, n. 457; dell’art. 16, legge 17.08.1942, n. 1150; dell’art. 3, comma 1, legge 27.10. 1988, n. 458; dell’art. 57, DPR
08.06.2001, n. 327; dell’art. 822 c.c., in relazione all’art. 360, 1º comma, n. 3, del cod.proc.civ. ‘, per avere i Giudici di secondo grado accolto la domanda di restituzione dell’area per cui è causa sul presupposto che la costruzione dell’opera pubblica avrebbe avuto inizio quando ormai sarebbero risultati scaduti i termini di validità della dichiarazione di pubblica utilità e che la stessa costruzione non sarebbe stata comunque completata entro la data di scadenza del PEEP, mentre, ad avviso del RAGIONE_SOCIALE, tale domanda avrebbe dovuto essere rigettata perché (a) ai fini dell’acquisizione appropriativa, non era necessaria la totale realizzazione dell’opera; (b) parte della stessa area era stata destinata alla viabilità pubblica e non era concepibile una parziale retrocessione di bene indiviso; (c) in presenza di un valido ed efficace provvedimento amministrativo contenente la dichiarazione di pubblica utilità, anche in assenza del decreto di espropriazione, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere perfezionata la fattispecie della c.d. accessione invertita o occupazione appropriativa; (d) solo la mancanza della dichiarazione di pubblica utilità o il suo annullamento determinano la situazione di illiceità iniziale permanente dell’occupazione che giustifica la pretesa restitutoria del privato, mentre non ha rilievo a tal fine la scadenza del termine della dichiarazione di pubblica utilità; ii ) con il secondo motivo, la ‘ Violazione e falsa applicazione: dell’art. 3, comma 1, legge 27.10.1988, n. 458; degli artt. 57 e 58, DPR 08.03.2001, n. 327; in relazione all’art. 360, 1º comma, n. 3 del cod. proc. civ.’ , in quanto, nel caso di specie, la dichiarazione di pubblica utilità era intervenuta prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327/2001 e, conseguentemente, la disciplina prevista da quest’ultimo decreto non era applicabile al caso in esame, che invece era assoggettato a quanto previsto dall’art. 3 della L. n. 458/1988; pertanto era preclusa la possibilità di disporre la retrocessione del bene in favore degli originari proprietari, ai quali spettava, invece, semmai, il solo risarcimento del danno subito per la perdita del bene, con il ristoro
previsto nel quantum dalla specifica disciplina di settore; iii ) con il terzo motivo, la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2058 c.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del c.p.c. ‘, per avere le sentenze impugnate, in violazione del cit. art. 2058 cod. civ., disposto la restituzione del bene per cui è causa, sussistendo l’alternativa del risarcimento, debitamente e legittimamente accertato quanto al suo ammontare; iv) con il quarto motivo, la ‘ Violazione e falsa applicazione: dell’art. 112 cpc; degli artt. 934, 935, 936 del c.c.; in relazione all’art. 360, 1º comma, n. 3 del c.p.c. ‘, per essersi il Giudice di secondo grado pronunziato ultra petita e per omessa pronunzia sul valore dell’indennizzo conseguente all’asserito trasferimento dei soprassuoli, sul rilievo che le parti private non avevano mai chiesto la restituzione dei soprassuoli, e peraltro in subordine, in ipotesi di accoglimento di detta pretesa, al RAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto pagarsi i costi sostenuti per realizzare i soprassuoli o il maggior valore dell’area; v) con il quinto motivo, la ‘ Violazione e falsa applicazione: degli artt. 37 e 42bis, D.P.R. 08.06.2001, n. 127; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del cod. proc. civ. ‘, per avere la Corte di merito adottato un erroneo criterio di determinazione dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale nonché del danno per il periodo di occupazione senza titolo, poiché non erano stati detratti i costi necessari per le opere di urbanizzazione.
10. Col primo motivo di ricorso incidentale, le COGNOME denunciano, ex art.360 n.5 cod. proc. civ , l’ omesso esame di fatto decisivo, con riferimento ai criteri di determinazione del valore effettivo di mercato sanciti dalla l.n.865/1971 e dall’art.43 d.p.r. n.327/2001. Rilevano che il valore attribuito dalla Corte d’Appello ai beni per cui è causa era fondato su quello stabilito con la sentenza n. 534/2014, prodotta dall’Amministrazione comunale, e pertanto era stato assunto a presupposto una valutazione riferita a un diverso titolo, ossia a ll’ indennità di occupazione temporanea legittima, e non a quello per il
danno subito da occupazione usurpativa, illecita e permanente. Deducono che il valore di mercato era invece superiore (pag.25), come risultava dagli atti di cessione volontaria e dalla perizia estimativa richiamata, e che la precedente sentenza inter partes non poteva avere valore vincolante in relazione al diverso oggetto del presente giudizio, non potendo peraltro tenersi conto delle opere di urbanizzazione perché il piano di zona aveva perduto la sua efficacia. 11. Col secondo motivo di ricorso incidentale, le COGNOME, pur dando atto di aver fatto acquiescenza ‘ ad una prospettata ipotesi di occupazione legittima in relazione al periodo dal 1986 al 1993 ‘ (pag.29 controricorso), denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art.2056 cod. civ. in ordine alla valutazione dei danni da fatto illecito; in particolare assumono di avere diritto ad essere risarcite del danno causato dal protrarsi dall’occupazi one ritenuta illecita, danno riferito all’intero periodo di oc cupazione, compreso quello di occupazione legittima dal 1986 al 1993, dovendo riconoscersi la rivalutazione monetaria anno per anno, in quanto la realizzazione dell’opera era intervenuta in difetto di vigenza della dichiarazione di pubblica utilità o dopo la scadenza del periodo di vigenza del decreto di occupazione temporanea d’urgenza ed immissione nel possesso.
Ritenuto che
Le controricorrenti affermano nella memoria illustrativa che ‘recentemente -nelle more della pendenza dell’odierno ricorso in Cassazionel’Amministrazione Comunale ricorrente ha adottato la procedura espropriativa ex art.42-bis del D. Lgs. 327/2001 onde acquisire in forza di esso, e solo in forza di esso, la proprietà dell’area e del compendio immobiliare ivi illecitamente realizzato’.
Le controricorrenti affermano, inoltre, di aver depositato il provvedimento ex art.42-bis n.1 del 2/11/2020, in ordine al quale penderebbe tra le parti avanti la Corte d’Appello di Cagliari la causa di opposizione alla relativa indennità, dovuta a far data
dall’intervenut a acquisizione sanante e, pertanto, con esclusione del periodo pregresso del danno per fatto illecito.
Osserva il Collegio che non si rinviene la produzione telematica di detto documento in allegato alla memoria delle controricorrenti, né il RAGIONE_SOCIALE, nella memoria illustrativa, ha dedotto alcunché al riguardo.
13. Poiché è necessario che le parti prendano posizione in ordine alla sopravvenienza del citato provvedimento di acquisizione sanante, date le conseguenze giuridiche che potrebbero derivarne sulla materia del contendere, e provvedano alla produzione del medesimo provvedimento, ove effettivamente emesso, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo per l’espletamento di tali incombenti.
P.Q.M.
La Corte dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo per gli incombenti di cui in motivazione e assegna termine di giorni trenta dalla comunicazione della presente ordinanza per il deposito del citato provvedimento di acquisizione sanante.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023 nella camera di consiglio