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Acquisizione sanante: si applica ai fatti passati?

Il caso riguarda un’occupazione di un terreno privato da parte di un Comune, iniziata nel 1986 e mai perfezionata con un decreto di esproprio. I proprietari hanno chiesto la restituzione e il risarcimento. Durante il giudizio di Cassazione, l’ente pubblico ha emesso un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis TUE. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rimesso la causa alla pubblica udienza per risolvere il dubbio sulla possibilità di applicare l’istituto dell’acquisizione sanante a procedimenti iniziati prima dell’entrata in vigore della norma (2001), evidenziando un contrasto interpretativo.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante e la sua Applicazione Retroattiva: Un Caso Complesso

L’istituto dell’acquisizione sanante, previsto dall’articolo 42-bis del Testo Unico Espropriazioni, rappresenta uno strumento cruciale per la Pubblica Amministrazione per regolarizzare l’occupazione illegittima di beni privati. Tuttavia, la sua applicabilità a situazioni sorte prima della sua introduzione nel 2001 solleva complessi interrogativi giuridici. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha recentemente affrontato questa tematica, decidendo di rimettere la questione a una pubblica udienza per la delicatezza e l’importanza della materia.

I Fatti di Causa: Un’Occupazione Protratta nel Tempo

La vicenda ha origine nel lontano 1995, quando alcuni proprietari convenivano in giudizio un Comune per ottenere la restituzione di un terreno. L’ente pubblico aveva occupato d’urgenza il terreno nel 1986 per la realizzazione di un piano di edilizia popolare, ma la procedura espropriativa non era mai stata completata. I proprietari lamentavano che nessuna opera fosse stata costruita e che l’occupazione fosse divenuta illegittima.

Il Tribunale, nel 2007, accoglieva la domanda, condannando il Comune alla restituzione del bene e al risarcimento dei danni per la mancata disponibilità dal 1993. La Corte d’Appello, con varie sentenze, confermava sostanzialmente la natura illecita dell’occupazione e il diritto al risarcimento.

L’Intervento a Sorpresa: Il Provvedimento di Acquisizione Sanante

Durante il giudizio pendente in Cassazione, la vicenda subisce una svolta significativa: nel 2020, il Comune emette un provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. 327/2001, cercando di regolarizzare ex post la situazione e acquisire definitivamente la proprietà del terreno. Questo atto, sopravvenuto in corso di causa, ha posto al centro del dibattito la questione della sua legittimità e dei suoi effetti sul processo in corso.

L’Ordinanza della Cassazione e l’Applicabilità dell’Acquisizione Sanante

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in esame, non decide nel merito la controversia, ma rileva un punto di diritto fondamentale e controverso. Esiste un contrasto giurisprudenziale sulla possibilità di applicare l’acquisizione sanante a procedimenti ablatori, come quello in esame, avviati in un’epoca anteriore all’entrata in vigore del Testo Unico Espropriazioni (2001).

Da un lato, un orientamento nega tale possibilità, sostenendo che l’art. 42-bis non si applichi a fatti così remoti, rendendo il provvedimento emesso dal Comune in ‘carenza di potere’ e quindi disapplicabile dal giudice ordinario. Dall’altro lato, la Corte evidenzia come la lettera della norma (comma 8 dell’art. 42-bis) sembri consentire un’applicazione retroattiva, parlando di ‘fatti anteriori alla sua entrata in vigore’.

Data la rilevanza della questione e le sue profonde implicazioni sul diritto di proprietà e sui poteri della pubblica amministrazione, la Corte ha ritenuto opportuno un approfondimento in pubblica udienza, anziché una decisione in camera di consiglio.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sul dubbio interpretativo relativo alla portata temporale dell’art. 42-bis. La norma è stata introdotta per superare il fenomeno delle ‘espropriazioni indirette’, giudicate illecite anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, fornendo alla P.A. una ‘via d’uscita legale’. La Corte Costituzionale (sent. 71/2015) ha affermato che la norma si applica ‘anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, per i quali siano pendenti processi’. Questo sembrerebbe avvalorare la tesi dell’applicazione retroattiva. Tuttavia, un’altra linea giurisprudenziale della stessa Cassazione ha interpretato la norma in modo più restrittivo, escludendone l’applicazione ai procedimenti avviati prima del 30 giugno 2003. L’ordinanza sottolinea come frustrare la finalità sanante della norma, non applicandola al passato, potrebbe essere contrario allo scopo del legislatore, ma allo stesso tempo riconosce la necessità di bilanciare questo scopo con la tutela dei diritti dei privati e i principi del giusto processo. La complessità di questo bilanciamento ha quindi spinto i giudici a rimettere la causa alla discussione pubblica della prima sezione civile.

le conclusioni

L’ordinanza interlocutoria non fornisce una risposta definitiva, ma pone le basi per una decisione di fondamentale importanza. La futura sentenza della Cassazione a sezioni semplici o, eventualmente, a Sezioni Unite, chiarirà se l’acquisizione sanante possa essere utilizzata per regolarizzare tutte le occupazioni illegittime del passato, a prescindere da quando siano iniziate. Questa decisione avrà un impatto significativo su innumerevoli contenziosi pendenti tra cittadini e Pubblica Amministrazione, definendo i confini del potere di sanatoria dell’ente pubblico e le tutele per i proprietari espropriati illegittimamente.

Qual è il dubbio giuridico principale che ha portato la Cassazione a rinviare la causa?
Il dubbio principale riguarda la possibilità di applicare l’istituto dell’acquisizione sanante (art. 42-bis del D.P.R. 327/2001) a procedimenti espropriativi e occupazioni illegittime avviati in epoca anteriore all’entrata in vigore del medesimo decreto, data l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti in materia.

Cosa sostiene l’orientamento che nega l’applicazione retroattiva dell’acquisizione sanante?
Questo orientamento ritiene che la disciplina dell’acquisizione sanante non si applichi ai procedimenti avviati prima del 2001. Di conseguenza, un provvedimento di acquisizione emesso oggi per una situazione così remota sarebbe viziato da ‘carenza di potere’ e potrebbe essere disapplicato dal giudice ordinario, senza che ciò estingua il giudizio di risarcimento e restituzione.

Perché la Corte Costituzionale sembra favorevole all’applicazione della norma anche al passato?
Nella sentenza n. 71/2015, la Corte Costituzionale ha affermato che la norma trova applicazione ‘anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, per i quali siano pendenti processi’. Questa interpretazione si basa sulla finalità della legge, che è quella di eliminare definitivamente il fenomeno delle ‘espropriazioni indirette’ e fornire una soluzione legale a situazioni di illegalità protratte nel tempo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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