Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23157 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23157 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 9830 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
COGNOME NOME , nato a Potenza il 30.6.1963, residente in Potenza alla INDIRIZZO C.F. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME , nato ad Albano di Lucania il 02.07.1956, residente in Potenza alla INDIRIZZO, C.F. CODICE_FISCALE, entrambi elettivamente domiciliati in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME e rappresentati e difesi, nel presente giudizio, in virtù di procura speciale in calce e su foglio separato allegato al ricorso, dall’ Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al seguente numero di fax NUMERO_TELEFONO oppure a mezzo posta elettronica certificata al seguente indirizzo EMAIL
Ricorrenti
contro
Comune di Albano di Lucania (CF. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Sindaco pro tempore NOME COGNOME rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE
CODICE_FISCALE), Pec: EMAIL, in virtù di procura speciale su foglio separato ed in calce al controricorso e di delibera di Giunta n. 37 del 17.04.2019, elettivamente domiciliato presso il domicilio del primo procuratore in Potenza, INDIRIZZOINDIRIZZO I procuratori dichiarano di voler ricevere le comunicazioni inerenti a questo giudizio al numero di fax NUMERO_TELEFONO e al seguente indirizzo di posta elettronica certificata dell’avv. NOME COGNOME: EMAIL.
Controricorrente
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Potenza n° 560 depositata il 25 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con l’ordinanza indicata in intestazione la Corte d’appello di Potenza ha dichiarato inammissibile il ricorso di NOME e NOME COGNOME, proprietari di terreni in agro di Albano di Lucania (catasto foglio 29, particelle 625 e 626), proposto ai sensi degli artt. 29 del d.lgs. n° 150 del 2011 e 702bis cod. proc. civ. e diretto a contestare la determinazione dell’indennizzo per tali suoli quantificato ai sensi degli artt. 42bis e 54 del d.P.R. n° 327/2001.
Osservava la Corte che l’impugnazione era stata proposta avverso la Determinazione n° 1 del 19 gennaio 2018 dell’Ufficio Tecnico del Comune di Albano di Lucania ed avverso la Deliberazione di Giunta Comunale n° 5 del 16 gennaio 2018; che tali provvedimenti non si identificavano con quello di acquisizione sanante di immobili disciplinato dall’art. 42bis del d.P.R. n° 327/2001; che, infatti, il provvedimento ex art. 42bis del d.P.R. n° 327/2001 poteva essere adottato solo dal Consiglio comunale; che dalla stessa prospettazione delle parti ricorrenti non emergeva che il Consiglio comunale avesse adottato tale provvedimento in riferimento ai fondi oggetto
di causa; che anche l’Ente pubblico resistente aveva espressamente negato di averlo fatto.
Spese di lite a carico dei soccombenti, liquidate in ‘ euro 65.532,00 ‘, oltre accessori.
2 .- Ricorrono per cassazione i COGNOME, affidando il gravame a quattro motivi.
Resiste il Comune, che conclude per l’inammissibilità dell’impugnazione e, comunque, per la sua reiezione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato le rispettive memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3 .- Col primo motivo i ricorrenti si lamentano della violazione e della falsa applicazione degli artt. 42bis e 54 del d.P.R. n° 327/ 2001 e dell’art. 29 del d.lgs. n° 150 del 2011.
La Corte avrebbe confuso l’azione di determinazione dell’indennità (proposta dagli attori) con l’opposizione alla stima e non avrebbe tenuto conto del fatto che i fondi erano stati occupati illecitamente, senza che a tale occupazione avesse fatto seguito alcun decreto di espropriazione da parte del Comune, il quale aveva continuato ad ignorare l’invito a provvedere dei proprietari.
Solo a seguito della sentenza n° 4/2018 del Tar Basilicata il Comune aveva provveduto, emettendo le Delibere di Giunta n° 2 del 10 gennaio 2018 e 5 del 16 gennaio 2018 e la Determinazione n° 1 del 19 gennaio 2018 dell’U.T.C., con le quali il Comune aveva manifestato la volontà di procedere mediante acquisizione sanante.
Consumata tale scelta, non rimaneva che provvedere sul quantum , per il quale i proprietari si erano rivolti alla Corte d’appello, donde l’ammissibilità della loro domanda.
Col secondo mezzo i COGNOME si dolgono, in subordine, dell’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ.
Premesso quanto già esposto col primo motivo, deducono che la determinazione dell’U.T.C. del 19 gennaio 2018, con la quale era stata fissata l’indennità per l’acquisizione ex art. 42bis d.P.R. n° 327/2001, sarebbe immediatamente pregiudizievole dei loro diritti, donde, ancora una volta, l’ammissibilità del ricorso alla Corte d’appello.
4 .- I primi due mezzi, che nella sostanza pongono gli stessi temi e vanno pertanto esaminati insieme, sono infondati.
È, infatti, ben noto ( ex multis : Cass., sez. I, 31 maggio 2016, n° 11261, il cui principio, specificamente enunciato in tema di espropriazione per pubblica utilità, è applicabile anche all’acquisizione sanante) che l’azione di determinazione dell’indennità di esproprio trova causa nella procedura espropriativa ritualmente definita mediante la pronuncia del decreto ablativo, il quale, segnando il momento del trasferimento della proprietà dell’immobile a titolo originario dall’espropriato all’ente espropriante, nonché della sostituzione del diritto reale del primo con il diritto al giusto indennizzo di cui all’art. 42 Cost., costituisce un indefettibile condizione dell’azione suddetta per qualsiasi tipologia di espropriazione, risolvendosi in un fatto indispensabile per integrarne la fattispecie costitutiva.
La pronuncia del decreto di espropriazione non si pone, dunque, quale presupposto processuale cui sia subordinata l’esperibilità della domanda, ma si configura quale evento fattuale e nel contempo giuridico che condiziona il diritto all’indennità: per cui, seppure insussistente al momento della proposizione della domanda, consente (e nel contempo impone) al giudice di esaminare il merito della controversia se, al tempo della decisione, risulta essersi verificato.
Tale evento è qui pacificamente mancato, dato che non è stato emesso alcun provvedimento ablativo della proprietà dei ricorrenti. Per superare tale dato fattuale, i Molfese pretendono di equiparare le Delibere di giunta n° 2 del 10 gennaio 2018 e n° 5 del 16 gennaio 2018, nonché la Determinazione dell’Ufficio tecnico comunale
n° 1 del 19 gennaio 2018, al provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42bis del d.P.R. n° 327/2001.
Tale equiparazione non può essere condivisa.
Infatti, per orientamento giurisprudenziale consolidato di questa Corte (per tutte: Cass., sez. I, 16 aprile 2025, n° 10081), il provvedimento di acquisizione sanante deve essere adottato dal Consiglio comunale con deliberazione specificamente motivata (art. 42bis , quarto comma, d.P.R. n° 327/2001), giusta il disposto dell’art. 42, secondo comma, lettera l), del d.lgs. n° 267 del 2000, il quale, infatti, prevede che « il consiglio ha competenza limitatamente seguenti atti fondamentali: l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscono mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari ».
Ne discende, in conclusione, che tali deliberati non possono in alcun modo ‘ consumare la scelta ‘ (ricorso pagina 9) di adottare un provvedimento ex art. 42bis del d.P.R. n° 327/2001 e men che meno avere effetto pregiudizievole per i proprietari (ricorso pagina 12), avendo lasciato del tutto intatto il loro diritto dominicale.
In conclusione, l’azione promossa dai Molfese era inammissibile, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale.
5 .- Col terzo mezzo , formulato ai sensi dell’art. 360 n° 4 cod. proc. civ., i ricorrenti deducono la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione degli artt. 132 e 161 del codice di rito, essendo essa priva della sottoscrizione del relatore, senza indicazione delle cause che avrebbero impedito tale adempimento.
6 .- Il mezzo è del tutto infondato, poiché l’art. 134 del cod. proc. civ. prevede che, ove il provvedimento giurisdizionale assuma la forma dell’ordinanza, quest’ultima sia sottoscritta, nel caso di giudice collegiale, dal solo presidente.
7 .- Col quarto motivo , formulato ai sensi dell’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., i ricorrenti fanno osservare che la Corte, dopo aver premesso che la liquidazione delle spese di lite andava fatta in base al d.m. n° 55 del 2014 ed al valore della causa, pari ad euro 19,8 mila, avrebbe liquidato tali spese in ‘ euro 65.532,00 ‘, ossia in un importo sproporzionato rispetto al valore della controversia.
Per contro, la liquidazione secondo parametri medi sarebbe pari ad euro 3.777,00, atteso che non vi era stata alcuna attività istruttoria: più in particolare, non era stata celebrata alcuna udienza istruttoria, né era stato depositato o autorizzato alcun atto istruttorio, in quanto già alla prima udienza la causa venne rinviata per la discussione.
8 .- Il mezzo è inammissibile, trattandosi di un evidente errore materiale commesso dalla Corte.
Infatti, la liquidazione delle spese in ‘ euro 65.532,00 ‘ pare frutto di un errore di digitazione, sol che si consideri che il valore medio dello scaglione di valore di riferimento (19,8 mila) è pari ad euro 5.532,00: cifra cui evidentemente è stato giustapposto il numero 6 a seguito dell’errore predetto.
9 .- Alla soccombenza dei ricorrenti segue la loro condanna solidale in favore del resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore indeterminabile della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido a rifondere al Comune le spese del presente giudizio, che liquida in euro 2.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repub-
blica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025, nella camera di con-