Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10077 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10077 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20481/2023 r.g. proposto da:
NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, nata il 1/9/1946, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, nata il 23/6/1998, NOME COGNOME NOME, questi ultimi 3 nella loro qualità di unici eredi, in quanto coniuge e figli, del defunto NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME, figlia ed erede legittima di NOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi giuste procure speciali dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-ricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE della Provincia di Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso , dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e notifiche relative al presente procedimento a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controricorrenti-
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli n. 3252/2023, depositata il 6/7/2023
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino (Consorzio ASI di Avellino) effettuava opere di viabilità e fognarie sul terreno di cui alla particella 285 del foglio 2, per mq 790, di proprietà di NOME COGNOME COGNOME.
Veniva emesso provvedimento di occupazione di urgenza in data 23/1/1993, con immissione in possesso del 30/3/1993.
Il decreto di esproprio interveniva solo in data 4/6/2004, quando già era decorso il quinquennio dall’immissione in possesso del 30/3/1993, con scadenza al 30/3/1998.
L’attore proponeva ricorso dinanzi al Tar in data 9/10/2004 avverso il decreto di esproprio.
Il Tar per la Campania, sezione staccata di Salerno, con sentenza n. 156 del 2009, depositata il 22/1/2009, annullava il decreto di esproprio, essendo stato emesso «di gran lunga dopo la scadenza del termine quinquennale fissato dalla norma di cui all’art. 20, comma 2 dell’allora vigente legge n. 865/71, invocata dal ricorrente
al primo motivo di ricorso, decorrente dalla data di immissione in possesso, che nel caso di specie è del 30/3/1993».
Il Tar precisava che il ricorrente non aveva alcun diritto in ordine all’indennità per l’occupazione legittima, essendo stata questa corrisposta per il suo intero importo, come da quietanza in atti del 14/3/1995.
Specificava il Tar che entro il termine di 60 giorni il Consorzio RAGIONE_SOCIALE e il ricorrente avrebbero potuto addivenire ad un accordo per il trasferimento della proprietà.
Inoltre, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, il consorzio avrebbe potuto emettere un formale e motivato decreto di acquisizione ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, nella versione ratione temporis vigente.
Nel caso di restituzione dell’area, il consorzio avrebbe dovuto risarcire il danno relativo al periodo di sua utilizzazione senza titolo, cioè dalla data di scadenza del termine di efficacia del decreto di occupazione di urgenza del 23/1/93 fino a quella dell’effettiva restituzione.
Nell’ipotesi di emissione del decreto di acquisizione ex art. 43 citato, il consorzio avrebbe dovuto risarcire il danno relativo al periodo della utilizzazione senza titolo.
Il Tar, nel dispositivo, annullava gli atti impugnati, condannando il Consorzio RAGIONE_SOCIALE «al risarcimento del danno, con i criteri e le modalità precisati in motivazione».
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE emetteva il 23/7/2009 il provvedimento di acquisizione sanante, notificato il 24/8/2009, riconoscendo i danni per occupazione illegittima pari ad euro 29.550,65.
Veniva proposto ricorso al Tar avverso il provvedimento di acquisizione sanante in data 16/11/2009.
Il Tar Salerno, con sentenza n. 175 del 2013, del 24/1/2013, dichiarava irricevibile il ricorso perché tardivo, stante l’intervenuta dimidiazione dei termini di impugnazione.
Veniva proposto dagli eredi di NOME COGNOME COGNOME ulteriore ricorso al Tar in data 24/2/2014, al fine di conseguire l’indennizzo da occupazione illegittima nel periodo dal 30/3/1998 al 23/7/2009, nonché il pagamento del valore di mercato del bene.
3.1. Il Tar Salerno, con sentenza n. 1734 del 14/7/2021 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario.
Gli eredi di NOME COGNOME COGNOME presentavano ricorso dinanzi alla Corte d’appello di Napoli chiedendo:«accertare e dichiarare, tenuto anche conto di quanto statuito con la sentenza del Tar Campania, sezione staccata di Salerno, n. 156/2009, il diritto dei ricorrenti, per quanto di rispettiva ragione, ad ottenere, dal consorzio per l’area di sviluppo industriale della provincia di Avellino (Consorzio RAGIONE_SOCIALE di Avellino), il risarcimento del danno a seguito della illegittima occupazione, dal 30/3/1998 al 23/7/2009, e poi della acquisizione sanante, dell’area, sita nel comune di Solofra, iscritta in catasto al foglio 2, particella n. 985, dell’estensione di mq 790 ; determinare , anche a mezzo di CTU, il valore di mercato del bene in oggetto al momento della acquisizione sanante, nonché, per il periodo 30/3/1998-23/7/2009 di occupazione illegittima, il valore locativo dell’aria e/o la rendita ricavatane dal consorzio attraverso la concessione dell’utilizzo a terzi ».
Si costituiva il consorzio RAGIONE_SOCIALE eccependo la prescrizione del diritto di credito.
La Corte d’appello, con ordinanza n. 3252/2023, depositata il 6/7/2023, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto non tempestivo.
Ad avviso della Corte territoriale il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001 era un procedimento amministrativo espropriativo, sicché l’impugnativa di tale provvedimento, al pari di quella del decreto di esproprio, laddove si contesta esclusivamente l’ammontare dell’indennità, era devoluto al giudice ordinario ex art. 53, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.
Trattandosi dunque di rimedio volto a contestare la determinazione dell’indennità operata dall’amministrazione, era soggetto al termine breve di decadenza di 30 giorni (si citava Cass., n. 15188 del 2023).
Nella specie, il provvedimento di acquisizione sanante del 23/7/2009 era stato pacificamente notificato a tutti i comproprietari tra il 4 ed il 5 settembre del 2009, mentre il ricorso dinanzi al Tar di Salerno n. 2068/2009 era stato notificato dal consorzio il 16/11/2009, quando era già spirato il termine di 30 giorni per la proposizione dell’opposizione alla stima.
7. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, nata il 1/9/1946, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, nata il 1/6/1995, NOME COGNOME COGNOME, questi ultimi 3 nella loro qualità di unici eredi, in quanto coniuge e figli, del defunto NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME figlia ed erede legittima di NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME.
I ricorrenti hanno depositato memoria scritta.
Ha resistito con controricorso il Consorzio ASI di Avellino.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «illegittimità dell’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto che il diritto risarcitorio azionato dai ricorrenti integri indennizzo ex art. 42bis del d.P.R. 327/2001 e non, come dedotto nel ricorso, risarcimento del danno spettante ex art. 43 tu d.P.R. n. 327/2001, vigente al momento del sorgere del diritto, e sulla base della sentenza del Tar Campania 22/1/2009, n. 156, passata in giudicato: violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per erronea e falsa applicazione dell’art. 42bis d.P .R. 327/2001 e per violazione dell’art. 2909 c.c.; illegittimità dell’ordinanza impugnata laddove ha, conseguentemente ed erroneamente, ritenuto applicabile al procedimento in esame il termine decadenziale di cui all’art. 54 d.P.R. n. 327/2001 (nella versione vigente fino al 5/10/2011) e quello di cui all’art. 29, comma 3, d.lgs. 150/2011, anziché il termine prescrizionale quinquennale: violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per erronea e falsa applicazione al caso di specie dell’art. 54 d.P.R. n. 327/2001 e dell’art. 29, comma 3, d.lgs. 150/2011 e per mancata applicazione e violazione dell’art. 2947, primo comma, c.c.».
Già nel ricorso proposto dinanzi al Tar Salerno era stato dedotto quanto riportato nel ricorso ex art. 702bis c.p.c. dinanzi alla Corte d’appello, e cioè che «la sentenza del 2009, passata in cosa giudicata e che fa stato fra le parti, ebbe a statuire sia in ordine alla sussistenza di una fattispecie di occupazione e/o acquisizione appropriativa, sia in ordine alla conseguente responsabilità aquiliana dell’amministrazione. Quella pronunzia, in particolare, rimane vincolante fra le parti con riferimento al punto c) della motivazione, trasfusa nel dispositivo».
Ed infatti, non essendo intervenuto l’accordo per la cessione della proprietà, ed essendo stato dichiarato irricevibile l’ultimo ricorso proposto per la restituzione del bene, nonché per la dichiarazione di illegittimità del decreto ex art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, i ricorrenti non potevano che «prendere atto dell’avvenuta acquisizione del bene al patrimonio indisponibile del consorzio e rivendicare il diritto al pagamento del risarcimento del danno, secondo i criteri fissati in detta parte della pronunzia».
La sentenza del Tar Salerno n. 157 del 2009 era dunque passata in giudicato.
Vigeva l’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, poi abrogato dalla Corte costituzionale solo nell’ottobre 2010.
Non esisteva l’art. 42bis del d.P.R. n. 327 2001, introdotto solo dall’art. 34, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, entrato in vigore il 6/7/2011.
Il decreto di acquisizione sanante era stato emanato, allora, sulla base dell’allora vigente art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 e del punto c) della sentenza del Tar n. 156 del 2009, già passata in giudicato.
Il diritto dei ricorrenti allora «era consacrato in un titolo giudiziale definitivo, che ne consentiva l’esercizio entro il termine di prescrizione ordinaria decennale.
Poteva poi applicarsi il termine di prescrizione quinquennale previsto per il risarcimento del danno la responsabilità aquiliana, decorrente dal momento in cui il diritto poteva essere fatto valere, coincidente con il decreto di acquisizione sanante del 23/7/2009.
Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti lamentano la «illegittimità dell’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame l’art. 54 del d.P.R. 327/2001 nella formulazione vigente a partire dal 6/10/2011, nonché l’art. 29 del d.lgs. 150/2011, entrato in vigore il 6/10/2011:a) violazione
dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 11, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale;b) violazione, sotto altro profilo, dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 54 del d.P.R. n. 327/2001, nella formulazione vigente fino al 5/10/2011».
All’epoca della emissione del decreto di acquisizione sanante, in data 23/7/2009, non esisteva l’art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011, e neppure esisteva l’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, nella formulazione che la Corte di appello aveva ritenuto di applicare.
In quel momento neppure esisteva l’art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, essendovi ancora all’art. 43 dello stesso d.P.R., ma poi espunto dall’ordinamento a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 293/2010, del 8/10/2010.
Alla data della acquisizione sanante, art. 54 del d.P.R. 327 del 2001 stabiliva, al comma 1, che, decorsi 30 giorni dalla comunicazione all’espropriato della relazione di stima ex art. 27 del d.P.R., si poteva impugnare dinanzi alla Corte d’appello sia la nomina dei periti, sia la stima, sia l’indennità, e chiederne la determinazione giudiziale.
Il comma 2 dell’art. 54 citato stabiliva il termine di decadenza per l’opposizione alla stima, che era di 30 giorni dalla notifica del decreto di esproprio, a condizione però che il decreto di esproprio fosse preceduto dalla notifica della stima peritale.
Se dunque, prima del decreto di esproprio, il privato non fosse stato notiziato, a mezzo raccomandata, dell’avvenuto deposito della stima, il termine decadenziale non decorreva.
Pertanto, agli inizi dell’ottobre 2009, la decadenza di cui al termine previsto dall’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 non operava.
Il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «infondatezza delle altre eccezioni preliminari proposte dal consorzio
intimato e sussistenza del diritto dei ricorrenti all’ottenimento di una pronunzia di merito sulle domande proposte con il ricorso ex art. 702bis c.p.c.».
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE ha eccepito, in via preliminare, oltre alla intempestività dell’opposizione, anche l’inammissibilità della domanda per essere passata in giudicato la sentenza del Tar Salerno n. 175 del 2013.
In realtà, con tale sentenza si è dichiarato irricevibile il ricorso avverso il provvedimento di acquisizione sanante del 23/7/2009 perché tardivo.
Pertanto, ad avviso dei ricorrenti, nel giudizio amministrativo «neppure fu posta la domanda di quantificazione, che resta in pregiudicata».
Il primo e il secondo motivo di impugnazione sono fondati, con assorbimento del terzo.
4.1. Premesso, infatti, che non si è formato alcun giudicato ex art. 2909 c.c. in ordine alla sentenza del Tar Salerno n. 156 del 2009 depositata il 22/1/2009, che ha annullato il decreto di esproprio n. 2060 del 4/6/2004, in quanto emesso tardivamente, oltre 5 anni dall’immissione in possesso del 30/3/1993, con scadenza il 30/3/1998 (c’è solo il delinearsi di una possibile ipotesi futura: accordo negoziale; restituzione del bene oppure acquisizione sanante ex art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, all’epoca vigente), l’opposizione alla stima dinanzi alla Corte d’appello poteva essere proposta entro il termine di prescrizione decennale avverso il decreto di acquisizione sanante emesso il 23/7/2009 notificato il 24/8/2009 ex art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, poi superato, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, n. 293/2010, depositata l’8/10/2010, dall’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, introdotto con il decreto-legge 6/7/2011, n. 98, in vigore dal 6/7/2011.
Deve, infatti, applicarsi alla fattispecie in esame il termine di prescrizione decennale e non il termine di 30 giorni di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001.
Infatti, per questa Corte – dopo oscillazioni giurisprudenziali – il termine perentorio previsto dall’art. 54, comma 2, del d.P.R n. 327 del 2001 e, successivamente, dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2011, per l’opposizione alla stima definitiva dell’indennità di esproprio, non è applicabile alla contestazione relativa alla determinazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento acquisitivo adottato a norma dell’art. 42bis del d.P .R n. 327 del 2001, con la conseguenza che il soggetto attinto dal decreto di acquisizione ha facoltà di contestare la liquidazione e chiederne la determinazione giudiziale nel termine ordinario di prescrizione; infatti, l’art. 29 citato, pur essendo successivo, non effettua alcun rinvio al precedente art. 42bis del menzionato d.P.R n. 327, non risultando peraltro, in ogni caso, consentite interpretazioni estensive e analogiche di norme che condizionano l’esercizio del diritto di azione con riferimento a termini di decadenza e inammissibilità non specificamente previsti dalla legge; al contempo, se la comune natura indennitaria del credito pecuniario dell’espropriato e del soggetto attinto dal decreto di acquisizione può valorizzarsi per giustificare la giurisdizione ordinaria e la competenza funzionale della Corte d’appello, quale giudice delle indennità in materia, ciò non consente di superare le diversità strutturale dei relativi procedimenti amministrativi (Cass., sez. 1, 18/12/2023, n. 35287).
Le medesime conclusioni devono necessariamente applicarsi anche al provvedimento di acquisizione sanante emesso ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, dichiarato incostituzionale.
Tale provvedimento è divenuto definitivo, essendo stato dichiarato irricevibile il ricorso presentato dagli attori dinanzi al Tar
in data 16/11/2009, definito con sentenza del Tar n. 175 del 2013, depositata il 24/1/2013, con la dichiarazione di irricevibilità del ricorso perché tardivo.
Può aggiungersi che il controricorrente ha eccepito il decorso, comunque, del termine decennale – decorrente dalla notifica del decreto di acquisizione del 23/7/2009, notificato il 24/8/2009 perché, a fronte dell’acquisizione disposta nel 2009, nel 2014 veniva proposta domanda risarcitoria innanzi al giudice amministrativo e nel 2021 il giudice amministrativo declinava la giurisdizione, mentre nel 2022 veniva proposta la domanda davanti alla corte d’appello. Trattasi di profilo riservato alla valutazione del giudice del merito.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo di impugnazione; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 aprile 2025