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Acquisizione sanante: no termine breve per l’indennità

La Corte di Cassazione ha stabilito che la contestazione dell’indennità per un’acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni, non è soggetta al breve termine di decadenza previsto per l’esproprio ordinario, ma al termine di prescrizione ordinario. La Corte ha rigettato il ricorso di un consorzio industriale, confermando la decisione della Corte d’Appello e ribadendo la natura eccezionale e distinta del procedimento di acquisizione sanante.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante e Indennità: La Cassazione Conferma la Prescrizione Ordinaria

L’acquisizione sanante rappresenta uno strumento eccezionale a disposizione della Pubblica Amministrazione per regolarizzare l’occupazione illegittima di un immobile privato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale legato a questa procedura: qual è il termine per contestare l’indennizzo offerto al proprietario? La risposta della Suprema Corte consolida un principio fondamentale a tutela del cittadino, escludendo l’applicazione di termini brevi e restrittivi.

I Fatti del Caso: La Controversia tra Consorzio e Società

Un consorzio industriale, dopo aver visto annullato un precedente decreto di esproprio, aveva adottato un provvedimento di acquisizione sanante per un fondo di proprietà di una società immobiliare. La società, ritenendo l’indennizzo offerto dal consorzio non congruo, si era rivolta alla Corte d’Appello per ottenerne la rideterminazione.

Il consorzio si era difeso sollevando un’eccezione di decadenza: a suo dire, la società avrebbe dovuto impugnare la stima dell’indennizzo entro il termine breve di 30 giorni previsto per le opposizioni in materia di esproprio ordinario (art. 29 del D.Lgs. 150/2011), termine che era ormai scaduto. La Corte d’Appello aveva però respinto l’eccezione, ritenendo quel termine non applicabile al caso specifico, e aveva proceduto a ricalcolare l’indennizzo dovuto.

La questione centrale: Decadenza o Prescrizione per l’indennità da acquisizione sanante?

Il cuore della controversia, giunta fino in Cassazione, era dunque stabilire la natura del termine per contestare giudizialmente l’indennità liquidata in un provvedimento di acquisizione sanante. Si tratta di un termine di decadenza, breve e perentorio, o del più lungo termine di prescrizione ordinaria decennale?

La Tesi del Consorzio

Il consorzio ricorrente ha insistito sulla necessità di applicare il termine di decadenza, sostenendo la piena assimilabilità della procedura di acquisizione sanante a quella di esproprio classico. Inoltre, ha avanzato altre censure, tra cui l’errata valutazione del bene da parte della Corte d’Appello, che non avrebbe considerato un vincolo idraulico sopravvenuto e non avrebbe scomputato gli oneri di urbanizzazione.

La Decisione delle Corti di Merito

Sia la Corte d’Appello prima, che la Corte di Cassazione poi, hanno rigettato completamente la tesi del consorzio, aderendo a un orientamento ormai consolidato che la Suprema Corte definisce “diritto vivente”.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso con una serie di argomentazioni chiare e ben definite, che meritano di essere analizzate.

La Natura Speciale dell’Acquisizione Sanante

Il punto centrale della decisione risiede nella profonda diversità strutturale e funzionale tra l’espropriazione ordinaria e l’acquisizione sanante ex art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni. L’espropriazione è un procedimento formale e garantista che si conclude con un decreto ablativo. L’acquisizione sanante, invece, è uno strumento eccezionale, una extrema ratio che interviene per sanare una situazione di illecito (l’occupazione sine titulo da parte della P.A.).

Questa diversità impedisce l’applicazione analogica delle norme, specialmente quelle che prevedono termini di decadenza, le quali sono di stretta interpretazione. Pertanto, il termine perentorio previsto dall’art. 29 D.Lgs. 150/2011 non si applica alla contestazione dell’indennizzo determinato nel provvedimento di acquisizione. Di conseguenza, il proprietario ha diritto di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità entro il termine ordinario di prescrizione.

Gli Altri Motivi di Ricorso Rigettati

La Corte ha smontato anche le altre censure del consorzio:
1. Competenza: Ha confermato la competenza funzionale in unico grado della Corte d’Appello, come già stabilito dalle Sezioni Unite.
2. Valutazione dell’immobile: Ha ribadito il principio secondo cui il valore del bene deve essere determinato con riferimento alla data del provvedimento di acquisizione. Eventuali vincoli sorti successivamente sono irrilevanti.
3. Oneri di urbanizzazione: Ha giudicato inammissibile la censura, in quanto la Corte d’Appello aveva già chiarito che il valore di stima era stato calcolato al netto di tali oneri, basandosi su atti di vendita comparativi che prevedevano il loro pagamento separato.
4. Vizi procedurali: Ha dichiarato inammissibile il motivo per difetto di autosufficienza, poiché il ricorrente non aveva riportato nel ricorso il contenuto degli atti con cui avrebbe sollevato la presunta violazione del contraddittorio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame rafforza un principio di garanzia fondamentale per i cittadini i cui beni sono oggetto di una procedura di acquisizione sanante. Stabilire che il diritto a contestare l’indennità si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, e non nel breve termine di decadenza di trenta giorni, offre al proprietario un lasso di tempo adeguato per valutare l’offerta della P.A. e, se necessario, agire in giudizio per tutelare i propri diritti. Questa decisione conferma la natura eccezionale dell’istituto e la necessità di interpretare restrittivamente le norme che limitano l’esercizio dei diritti, in conformità con i principi costituzionali di tutela giurisdizionale.

Quale termine si applica per contestare l’indennizzo in caso di acquisizione sanante?
Si applica il termine ordinario di prescrizione (generalmente dieci anni) e non il breve termine di decadenza di trenta giorni previsto per l’opposizione alla stima nell’espropriazione ordinaria. Questo perché l’acquisizione sanante è un istituto strutturalmente e funzionalmente diverso dall’esproprio.

Chi è competente a decidere sulle controversie relative all’indennità da acquisizione sanante?
La competenza è devoluta in unico grado alla Corte d’Appello, che agisce come giudice specializzato per la determinazione delle indennità in materia espropriativa, interpretando estensivamente la normativa di settore.

Quando si valuta il bene per calcolare l’indennità da acquisizione sanante?
Il valore venale del bene deve essere stimato facendo riferimento alle condizioni esistenti alla data di emissione del provvedimento di acquisizione sanante. Ogni evento successivo, come l’imposizione di un nuovo vincolo, è irrilevante ai fini della determinazione dell’indennizzo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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