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Acquisizione sanante: no decadenza per l’indennizzo

Un Comune ha utilizzato l’istituto dell’acquisizione sanante per regolarizzare l’occupazione di un terreno privato. La Corte di Cassazione ha stabilito che i proprietari hanno dieci anni, e non solo trenta giorni, per contestare l’importo dell’indennizzo offerto. La sentenza chiarisce che, in assenza di una norma specifica, si applica il termine di prescrizione ordinario, tutelando maggiormente il diritto del privato a una giusta compensazione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante: 10 Anni per Contestare l’Indennizzo, non 30 Giorni

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su una questione cruciale per i proprietari di immobili soggetti ad acquisizione sanante da parte della Pubblica Amministrazione. Con una decisione chiara, la Suprema Corte ha stabilito che il termine per contestare l’indennità di esproprio in questi casi non è quello breve di decadenza di trenta giorni, ma il termine di prescrizione ordinario di dieci anni. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale a maggiore tutela del diritto di proprietà.

I Fatti del Caso: Un Terreno Privato e un’Opera Pubblica

La vicenda trae origine dalla decisione di un Comune di acquisire alcuni terreni di proprietà privata per la realizzazione di una strada comunale. L’ente pubblico, per regolarizzare la situazione, aveva emesso un decreto di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni, determinando un corrispettivo da liquidare al proprietario.

Il proprietario originario aveva inizialmente impugnato gli atti amministrativi dinanzi al TAR, il quale però declinava la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario. Gli eredi del proprietario, quindi, riassumevano la causa dinanzi alla Corte d’Appello competente, chiedendo la determinazione di una giusta indennità.

L’Eccezione di Tardività e la Decisione di Merito

Il Comune si è difeso eccependo la tardività dell’azione, sostenendo che i proprietari avrebbero dovuto agire entro il termine di decadenza di trenta giorni. La Corte d’Appello, tuttavia, ha respinto l’eccezione. I giudici di secondo grado hanno evidenziato che il decreto di acquisizione non era mai stato formalmente notificato ai proprietari, motivo per cui nessun termine di decadenza poteva dirsi iniziato a decorrere. Di conseguenza, hanno accolto la domanda e rideterminato l’indennità in una somma notevolmente superiore a quella offerta dal Comune.

La Questione Giuridica sull’Acquisizione Sanante

Insoddisfatto della decisione, il Comune ha proposto ricorso in Cassazione. La questione giuridica fondamentale sottoposta alla Suprema Corte era la seguente: alla contestazione dell’indennità liquidata tramite un provvedimento di acquisizione sanante si applica il termine perentorio di 30 giorni previsto per l’opposizione alla stima nell’espropriazione ordinaria (art. 54 TUE e art. 29 D.Lgs. 150/2011), oppure il termine di prescrizione ordinario decennale?

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune, confermando il principio di diritto a favore dei proprietari. I giudici hanno chiarito che l’istituto dell’acquisizione sanante (art. 42-bis TUE) è una procedura autonoma e distinta rispetto al procedimento espropriativo ordinario.

Il legislatore, nell’introdurre questa norma, non ha operato alcun rinvio al termine di decadenza di 30 giorni previsto dall’art. 54 del Testo Unico Espropriazioni. In base al brocardo latino ubi lex tacuit noluit (dove la legge ha taciuto, non ha voluto disporre), non è possibile applicare in via analogica norme che limitano l’esercizio di un diritto, come quelle che prevedono termini di decadenza.

Di conseguenza, il diritto del proprietario di contestare la liquidazione dell’indennizzo e chiederne la determinazione giudiziale è soggetto al normale termine di prescrizione di dieci anni. La Corte ha sottolineato che, sebbene la natura indennitaria del credito giustifichi la competenza della Corte d’Appello, le differenze procedurali tra espropriazione ordinaria e acquisizione sanante non consentono di estendere automaticamente i termini più brevi previsti per la prima.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rappresenta un punto fermo di grande importanza pratica. Essa rafforza la posizione del cittadino di fronte alla Pubblica Amministrazione, garantendogli un lasso di tempo congruo (dieci anni) per valutare l’adeguatezza dell’indennizzo offerto e, se necessario, agire in giudizio per ottenere il giusto ristoro del pregiudizio subito. Per gli enti pubblici, questa pronuncia sottolinea la necessità di una corretta e trasparente gestione delle procedure di acquisizione sanante, consapevoli che la determinazione dell’indennizzo può essere contestata per un lungo periodo di tempo.

Qual è il termine per contestare l’indennità fissata in un decreto di acquisizione sanante?
Secondo la Corte di Cassazione, il diritto di contestare l’indennità determinata in un decreto di acquisizione sanante ex art. 42-bis TUE si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, e non è soggetto al termine di decadenza di trenta giorni.

Perché il termine breve di 30 giorni previsto per l’esproprio ordinario non si applica all’acquisizione sanante?
Perché la legge che ha introdotto l’acquisizione sanante (art. 42-bis TUE) non richiama espressamente il termine di decadenza previsto per l’opposizione alla stima nel procedimento espropriativo ordinario (art. 54 TUE). Le norme che stabiliscono termini di decadenza sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate per analogia.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla motivazione della Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la conclusione della Corte d’Appello (ovvero il rigetto dell’eccezione di tardività), anche se basata su una motivazione diversa. Mentre la Corte d’Appello si era concentrata sulla mancata notifica del decreto, la Cassazione ha risolto la questione alla radice, stabilendo che il termine applicabile è in ogni caso quello decennale di prescrizione, a prescindere dalla notifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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