Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15435 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15435 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8993/2024 R.G. proposto da : COMUNE DI CORENO AUSONIO, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAIL
-ricorrente principale-
contro
PARENTE NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME figli ed eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME(CODICE_FISCALE con domicilio digitale avvEMAIL ;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso ORDINANZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3940/2017 depositata il 06/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.Il sig. NOME COGNOME impugnava on ricorso iscritto al n.209/2010 dinanzi al TAR Lazio sia la delibera consiliare che il decreto con cui il comune di Coreno Ausonio aveva acquisito al patrimonio comunale i terreni di proprietà del ricorrente utilizzati per la costruzione della strada INDIRIZZO, determinando ai sensi dell’art. 43 TUE nella somma di euro 14.420,26 il corrispettivo da liquidarsi in favore del proprietario.
2.Il TAR con sentenza n. 667/2027 dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e indicava la competenza del giudice ordinario avanti al quale riassumere la causa.
3.I ricorrenti con ricorso depositato il 8.6.2017 riassumevano il giudizio, con ricorso ex art. 702-bis cod.proc.civ., dinanzi alla Corte di appello di Roma.
4.Si costituiva il comune di Coreno Ausonio per resistere al giudizio.
5.La Corte di appello di Roma con ordinanza n. 10966 del 2023 accoglieva il ricorso e determinava l’indennità in € 512.542,80, oltre interessi e spese di lite a carico del Comune.
5.1.Per quanto qui rileva la corte territoriale aveva respinto l’eccezione di tardività della riassunzione sollevata dal comune di Coreno Ausonio, sostenendo che non vi era stata una riassunzione ma l’instaurazione ex novo del giudizio dal momento che il decreto del 15.12.2009 con cui era stata disposta l’acquisizione sanante non era stato notificato al proprietario dei beni NOME COGNOME né agli opponenti alla stima con la conseguenza che non era cominciato a decorrere il termine di decadenza per l’opposizione
alla stima. Né poteva ritenersi che l’avvenuta conoscenza da parte del ricorrente del suddetto decreto in sede di procedimento amministrativo valesse a sopperire alla mancanza di notifica.
6.Il comune impugna per cassazione la suddetta ordinanza notificata l’8.2.2024 con ricorso notificato il giorno 8.4.2024 ed affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria, cui resistono con controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME svolgendo anche ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.
CONSIDERATO CHE :
7.Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 11, commi 1 e 2, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, dell’art. 59, commi 1, 2 e 4 della legge 18 giugno 2009, n. 69, dell’art. 54, commi 1 e 5, del d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150/2011, per avere la corte d’appello erroneamente rigettato l’eccezione di tardività della riassunzione del giudizio dinanzi al giudice ordinario sollevata dal comune di Coreno Ausonio.
8.Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 119.1 lett. f), d.lgs n. 104 del 2010, dell’art. 92.3 c.p.a. per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto non tempestiva la translatio iudicii.
I controricorrenti lamentano che l’ordinanza della Corte di Appello oltre a considerare correttamente il ricorso quale atto introduttivo di un nuovo giudizio di opposizione – non ha ritenuto che la riassunzione del giudizio dovesse essere comunque ritenuta tempestiva poiché il dimezzamento dei termini processuali di cui all’art. 119, comma 1, lett.f), D.Lgs. n. 104 del 2010 non si applica alle controversie concernenti pretese risarcitorie/indennitarie, quale quella in esame (arg. ex Cass. n. 9871/2023).
9.Con il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato si deduce la violazione o falsa applicazione dal d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54, comma 2, e, poi, dal d.lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3 per avere la corte d’appello ritenuto che l’azione spiegata dai controricorrenti era assoggettata non all’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., bensì al termine breve di decadenza di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento di acquisizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 54, commi 1 e 5, d.p.r. n. 327/2001, e 29, comma 3, d.lgs. n. 150/2011.
10.Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
10.1.Lamenta il ricorrente che l’ordinanza impugnata ha erroneamente rigettato l’eccezione di tardività del ricorso in riassunzione del giudizio dinanzi alla corte d’appello in unico grado, avente ad oggetto opposizione alla stima, a seguito di sentenza declinatoria della giurisdizione del T.A.R. Lazio -Sezione staccata di Latina, in violazione dell’art. 11, commi 1 e 2, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, dell’art. 59, commi 1, 2 e 4 della legge 18 giugno 2009, n. 69, dell’art. 54, commi 1 e 5, del D.P.R. n. 327/2001 e dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150/2011.
10.2. Come noto l’istituto dell’acquisizione cd. sanante di cui all’art. 42bis TUE, infatti, è stato introdotto nell’ordinamento dall’art. 34, comma 1, d.l. 6.7.2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 15.7.2011 ed è entrato in vigore in data 6.7.2011, mentre il citato art. 29 d.lgs. n. 150 del 1.9.2011 è entrato in vigore successivamente cioè il 6.10.2011. Pertanto, il legislatore del d.lgs. n. 150/2011, se avesse voluto estendere la previsione (ex art. 29, comma 3) del termine di trenta giorni a pena di «inammissibilità» per la contestazione dell’indennità liquidata nel decreto di acquisizione ex art. 42-bis TUE, avrebbe potuto farlo ma non l’ha fatto; per altro verso, lo stesso art. 42 -bis (e già l’art. 43 TUE in vigore sin dal 2001 fino alla sentenza costituzionale n. 293 dell’8.10.2010), se avesse voluto imporre al soggetto attinto dal
decreto di acquisizione di proporre l’opposizione alla stima dell’indennità in un termine di «decadenza», avrebbe potuto (e dovuto) richiamare l’art. 54, comma 2, TUE ma non l’ha fatto (ubi lex tacuit noluit).
10.3.Con riguardo a detto istituto è stato affermato dalla Corte superando il diverso precedente orientamento richiamato dal Comune – il principio di diritto cui il Collegio ritiene di dare continuità e cioè che il termine perentorio previsto dall’art. 54, comma 2, del TUE e, successivamente, dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2011, per l’opposizione alla stima definitiva dell’indennità di esproprio, non è applicabile alla contestazione relativa alla determinazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento acquisitivo adottato a norma dell’art. 42-bis del TUE, con la conseguenza che il soggetto attinto dal decreto di acquisizione ha facoltà di contestare la liquidazione e chiederne la determinazione giudiziale nel termine ordinario di prescrizione; infatti, l’art. 29 citato, pur essendo successivo, non effettua alcun rinvio al precedente art. 42-bis del menzionato TUE , non risultando peraltro, in ogni caso, consentite interpretazioni estensive e analogiche di norme che condizionano l’esercizio del diritto di azione con riferimento a termini di decadenza e inammissibilità non specificamente previsti dalla legge; al contempo, se la comune natura indennitaria del credito pecuniario dell’espropriato e del soggetto attinto dal decreto di acquisizione può valorizzarsi per giustificare la giurisdizione ordinaria e la competenza funzionale della Corte d’appello, quale giudice delle indennità in materia, ciò non consente di superare le diversità strutturale dei relativi procedimenti amministrativi (cfr. Cass.35287/2023; id.11687/2020).
10.4. Ciò posto, la conclusione dell’ordinanza impugnata è conforme a tale principio ermeneutico anche se diversamente motivata e pertanto il ricorso principale va respinto per non essere
decorso il termine decennale dal decreto del 2009 al momento dell’introduzione del giudizio avanti alla corte territoriale, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
11.In applicazione del principio di soccombenza parte ricorrente è condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate come in dispositivo.
12.Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato, e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente liquidate in euro 6000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi , oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.