Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8163 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8163 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5522/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME , COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti-
avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 592/2017 depositata il 13/07/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, a ciò delegato dalla Provincia di RAGIONE_SOCIALE, sottoponeva a procedura espropriativa, finalizzata all’edificazione di un istituto tecnico commerciale di 25 aule e di un liceo scientifico di n. 46 aule, un fondo sito in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZOINDIRIZZO), censito in catasto, alla partita 224522, fol. 50, part.lle 105 (di mq. 2606) e 182 (di mq. 330), di proprietà di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. In particolare, il Sindaco di RAGIONE_SOCIALE, il 23.11.1995 ed il 31.10.1996, disponeva l’occupazione temporanea d’urgenza del fondo per cui è causa e con decreto n. 23 del 24.6.1998 offriva a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME un’indennità provvisoria di esproprio di £ 60.240.296, per la part.lla n. 105 e di £ 4.576.968, per la part.lla n. 182. Successivamente, in data 7.09.2001, oltre i termini di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità e dell’occupazione di urgenza, il RAGIONE_SOCIALE adottava il decreto di esproprio di quei suoli, n. 338.
2.Con atto di citazione notificato il 30/5/2001, le suddette parti private convenivano, innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, la Provincia di RAGIONE_SOCIALE chiedendo: 1) accertarsi l’intervenuto trasferimento del suolo di loro proprietà, irreversibilmente trasformato in conseguenza della costruzione degli edifici scolastici, in favore della Provincia di RAGIONE_SOCIALE, che aveva delegato per l’espropriazione il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE; 2) accertarsi l’illegittimità di tale acquisto e condannare la Provincia a risarcire il danno pari al valore di mercato del suolo e delle opere ivi esistenti, nonché il danno derivato dalla mancata disponibilità del suolo dalla data di occupazione sino all’ablazione; 3) in via subordinata determinare le indennità di espropriazione ed
occupazione dovute dalla Provincia di RAGIONE_SOCIALE, oltre accessori. All’esito di espletamento di C.T.U., con sentenza del 14.11.2010, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE: a) dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda di cui alle conclusioni sub nn. 1) e 2) dell’atto introduttivo, essendo fornito di giurisdizione esclusiva nel merito il giudice amministrativo, e, per l’effetto, in ordine a tale domanda rimetteva le parti innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, assegnando per la riassunzione il termine di 6 mesi a far data dalla comunicazione della sentenza; b) dichiarava la propria incompetenza funzionale in ordine alla domanda di cui alle conclusioni sub 3) dell’atto di citazione, essendo funzionalmente competente anche per territorio la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, e, per l’effetto, circa tale domanda rimetteva le parti innanzi a quest’ultimo giudice, assegnando allo scopo il termine di 6 mesi per la riassunzione, a far data dalla comunicazione della sentenza; c) compensava interamente tra le parti le spese processuali, fatta eccezione per quelle di C.T.U., che poneva definitivamente a carico delle attrici.
3. Le suddette parti private riassumevano il giudizio innanzi alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE per la determinazione dell’indennità di esproprio, nonché per la determinazione dell’indennità da occupazione legittima. Il giudizio veniva definito con sentenza n. 906 del 19.10.2016, passata in giudicato, con la quale si determinava la sola indennità di occupazione legittima, per il periodo dal 23.11.1995 al 22.11.2000, in € 131.351,00 oltre interessi, avendo le parti private rinunciato alla determinazione dell’indennità di espropriazione.
4.Le medesime parti adivano, nel contempo, il T.A.R. Puglia riassumendo il giudizio, con riferimento alle domande risarcitorie, ed altresì proponendo impugnazione avverso il decreto di esproprio n.338 del 7 -9 -2001. Con sentenza n. 1015 del 24.05.2012 passata in giudicato – il T.A.R. Puglia annullava il suddetto decreto
di esproprio. Le ricorrenti, pertanto, adivano nuovamente il T.A.R. Puglia, proponendo domanda risarcitoria per i danni subiti in conseguenza dell’acquisizione appropriativa del suolo da parte della P.A.. Il TAR Puglia, con sentenza n. 745 del 19.05.2015, passata in giudicato: a) disponeva la restituzione dei suoli in questione alle proprietarie, previa riduzione in pristino, ‘ fatto salvo il potere della Amministrazione di adottare il provvedimento di cui all’art.42 bis dpr n. 327/01 “; b) condannava la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dalle ricorrenti a seguito dell’illegittima occupazione dei suoli, computato, nei limiti di quanto provato dalle parti, con riferimento alla misura del canone di locazione del suolo alla data del 14.11.1989 (per l’anno di occupazione 22 -11 -2000 -31/10/2001 -pag. 8 controricorso).
5. In ragione della prima statuizione, contenuta nella citata ultima sentenza del T.A.R., la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE adottava, ex art. 42 bis DPR 327/01, il decreto n. 4 del 2.02.2017 per l’acquisizione sanante dei fondi di proprietà delle suddette parti private, determinando l’indennizzo in € 21.067,36, ed asserendo, altresì, che l’indennizzo doveva ritenersi integralmente versato, giusta determinazione dirigenziale n. 6733/16 e ordinanza dirigenziale n. 29/2016, emesse con riferimento alla statuizione n. 2 della sentenza del TAR (risarcimento danno patrimoniale da occupazione illegittima).
6.Con ricorso depositato in data 23.03.2017, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano la RAGIONE_SOCIALE Metropolitana di RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, opponendosi alla quantificazione dell’indennizzo ex art. 42 bis DPR n. 327/2001 contenuta nel citato decreto n. 4 del 2.02.2017 e nella allegata ‘ Relazione di stima dell’indennizzo da corrispondere ai proprietari per l’acquisizione sanante dell’area ‘.
7.Con ordinanza del 4.07.2017, pubblicata il 13.07.2017, la Corte
di Appello di RAGIONE_SOCIALE determinava l’indennità d’esproprio in € 310.390,00, con interessi dal 22.11.2000 fino al soddisfo, e condannava il RAGIONE_SOCIALE al pagamento, a favore delle ricorrenti, delle spese processuali. In particolare, la Corte di Appello: a) riteneva che non fossero ‘opponibili’ alle parti private, in sede di acquisizione sanante dei suoli, le somme determinate dal T.A.R. a titolo risarcitorio, posto che le obbligazioni gravanti sull’Ente espropriante avevano natura e fonte diverse; la prima aveva, infatti, natura risarcitoria e trovava la sua fonte nella statuizione n. 2 della sentenza del TAR n. 745 del 19.05.2015, la seconda aveva, invece, natura indennitaria e trovava la sua fonte nel procedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis TU Espropri trasfuso nel decreto n. 4 del 2.02.2017, a sua volta emesso in ragione della statuizione n. 1 della sentenza citata del TAR; b) quanto alla quantificazione dell’indennizzo, rilevava che, con sentenza n. 906 del 19.10.2016 della Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, passata in giudicato, era stata determinata l’indennità di occupazione legittima dei suoli in questione, per il periodo dal 23.11.1995 al 22.11.2000, in € 131.351,00 oltre interessi; c) rilevava, altresì, che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, il giudicato formatosi sulla qualificazione del terreno, quale antecedente logico giuridico della statuizione sulla indennità di occupazione legittima, calcolata secondo il criterio degli interessi legali sul valore del suolo, precludesse ogni diversa qualificazione e valutazione del terreno medesimo nel giudizio risarcitorio per occupazione appropriativa o accessione invertita, costituendo l’accertamento in fatto del valore del bene il comune punto di partenza per la stima sia dell’indennità di occupazione, sia del danno risarcibile; d) rilevava, ritenendo pienamente utilizzabili le risultanze istruttorie e documentali del giudizio svoltosi davanti al Tribunale, che, in ragione del tipo di opera pubblica realizzata (edifici scolastici), la natura del suolo ablato non fosse edificatoria, giacché l’edilizia scolastica era
riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferiva neppure la parità assicurata all’insegnamento privato; e) riteneva che, pur avendo il C.T.U., AVV_NOTAIO COGNOME, ritenuto edificabile l’area, il tecnico avesse comunque – correttamente determinato l’indennità di occupazione, facendo riferimento alla concreta destinazione dell’area a parcheggio, operazione questa che, sebbene, all’epoca della redazione della C.T.U., non in linea con i principi e la normazione di settore in allora vigenti, fosse diventata corretta, alla luce della sentenza n. 181 della Corte Costituzionale e delle varie sentenze della Corte di legittimità che si erano pronunciate, successivamente, sul tema; f) quanto alla destinazione dell’area a parcheggio, contestata dall’Amministrazione anche in ordine alla vigenza del contratto di locazione, richiamava quanto statuito dalla medesima Corte d’appello, per il quinquennio di occupazione legittima, con la sentenza n.906/2016, rilevando che detta ultima sentenza richiamava, a sua volta, la sentenza del T.A.R. n. 745/2015, passata in cosa giudicata, ed opponibile ad entrambe le parti oggetto del procedimento, e rimarcava che le parti private avevano prodotto in giudizio un contratto di locazione ad uso parcheggio dei fondi per cui era causa, regolarmente registrato in data 14 novembre 1989, che prevedeva alla clausola sub 2) il prezzo della locazione ed alla clausola sub 3) l’aggiornamento del suddetto canone in relazione alla variazione del potere di acquisto della lira secondo gli indici ISTAT, nonché la durata del contratto, prevista in sei anni con inizio dal giorno 1 novembre 1989 sino al 31 ottobre 1995, con automatico rinnovo per uguale periodo, salvo disdetta; riteneva, pertanto, in mancanza di elementi in senso contrario, che alla data del 1 novembre 1995 il contratto di locazione si fosse automaticamente rinnovato di altri sei anni; g) in conclusione, riteneva di doversi attenere, ai fini della determinazione del valore
dell’area, alla valutazione effettuata con la citata sentenza n.906/2016 e pertanto determinava l”indennità di esproprio’ in complessivi €310.390,00, come calcolati alla data del 22 -11 -2000, in considerazione della destinazione a parcheggio dell’area, oltre interessi dalla data della stima al soddisfo, ordinando all’Ente resistente il versamento di dette somme presso la Cassa Depositi e Prestiti a disposizione delle attrici, detratto quanto eventualmente già versato.
8.Avverso tale ordinanza la RAGIONE_SOCIALE Metropolitana di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a cinque motivi, resistito con controricorso da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
9.Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La parte ricorrente denuncia: i ) con il primo motivo la ‘ nullità della sentenza e del procedimento per errores in procedendo con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) cpc: violazione dell’art. 112 c.p.c.’ , per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciarsi, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., sulla richiesta di liquidazione dell’indennizzo ai sensi dell’art.42 bis del DPR nr.327/2001 e delle ulteriori poste previste dalla medesima disposizione, nonché per avere la Corte di merito, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, liquidato l’indennità di esproprio, che, invece, non era oggetto di domanda giudiziale da parte degli originari ricorrenti; ii) con il secondo motivo la ‘ violazione, con riferimento all’art.360 comma 1 numero 3, cpc dell’art.42 bis del d. lgs. n.327/2001 ‘, per avere la Corte di appello errato nel liquidare l’indennità di esproprio in luogo dell’indennizzo dovuto ai sensi dell’art.42 bis DPR nr.327/2001, previsto per le ipotesi di acquisizione sanante; iii) con il terzo
motivo la ‘ violazione, con riferimento all’art.360 comma 1 numero 3, cpc dell’art.42 bis del d.l.vo nr.327/2001 come interpretato dalla sentenza della corte costituzionale nr.71/2015’, per avere la Corte di merito errato nell’utilizzare quale parametro quello del valore del suolo alla data del 22 novembre 2000 (data di scadenza del periodo di occupazione legittima) anziché quello del valore del suolo alla data del 2 febbraio 2017, data di emanazione del decreto n. 4/2017 di acquisizione sanante; iv) con il quarto motivo la ‘ violazione, con riferimento all’art.360 comma 1 numero 4, cpc degli artt.324 cpc e 2909 c.c. ‘, per avere la Corte di appello ritenuto di quantificare l’indennizzo dovuto in € 310.390,00, aderendo ai principi fissati dalla precedente sentenza della stessa Corte, anche in considerazione delle preclusioni dovute al giudicato, pur risultando, al contrario, che la sentenza della Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE n.906/2016 si fosse occupata della sola indennità di occupazione legittima per il periodo dal 23 novembre 1995 al 22 novembre 2000 e che, qualificando il terreno come non edificatorio, avesse ritenuto di liquidare la somma di € 131.510,00 a motivo della vigenza, all’epoca, del contratto di locazione per uso parcheggio sottoscritto in data 14 novembre 1989 e valido sino al 31 ottobre 2001; v) con il quinto motivo la ‘ violazione, con riferimento all’art.360 comma 1 numero 3, cpc dell’art.42 bis commi 2 ed 8 del d.l.vo nr.327/2001 ‘, per avere la Corte territoriale, in accoglimento del primo motivo di opposizione delle originarie ricorrenti, illegittimamente ritenuto di non detrarre dal quantum dovuto le somme già corrisposte in esecuzione della sentenza del T. a. r. Puglia RAGIONE_SOCIALE n.745/2015.
2. In via pregiudiziale, va disattesa l’eccezione, sollevata nella memoria illustrativa dalle controricorrenti, di inammissibilità del ricorso, in quanto proposto in violazione del termine di trenta giorni previsto dall’art 702 -quater c.p.c., ratione temporis applicabile, per l’appello promosso avverso le ordinanze di cui all’art.702 -ter cod.
proc. civ..
Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide e intende qui ribadire, atteso che le argomentazioni svolte dalle controricorrenti non offrono validi argomenti per mutare indirizzo, per il ricorso per cassazione, nei procedimenti soggetti, nel merito, al rito di cognizione sommaria di cui agli artt.702 bis e ss. cod. proc. civ. (e nella specie si tratta di procedimento soggetto al rito sommario di cognizione, con competenza in unico grado della Corte d’appello, ex art.29 d.lgs. 150/2011), si applica il termine lungo semestrale di cui all’art.327 cod. proc. civ., atteso che il termine di trenta giorni di cui all’art.702 quater cod. proc. civ. è riferito solo all’impugnazione in appello della pronuncia di primo grado, con decorrenza dalla comunicazione o notificazione di questa (cfr. Cass. 19185/2015; Cass. 14821/2020; Cass.17059/2022).
I motivi primo, secondo, terzo e quarto, che si possono esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nel senso che si va ad illustrare.
3.1. L’art. 42 bis d.lgs. 327/2001, com’è noto,
Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 20691/2021) hanno chiarito che la qualificazione in termini indennitari dell’indennizzo per la pregressa occupazione «senza titolo», nella misura del cinque per cento annuo sul valore venale del bene all’attualità, non è foriera di un deficit di tutela per le parti, avendo il legislatore previsto una clausola di salvaguardia che fa salva la prova di una diversa entità del danno, la cui applicazione è rimessa all’incensurabile
valutazione del giudice di merito, il quale può modulare l’importo determinato dal legislatore in via forfettaria -in melius o in pejus -in sintonia con le istanze e le prove offerte dalle parti nel caso concreto. Va, peraltro, ribadito, in conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa e alla ricostruzione dell’istituto dell’acquisizione sanante effettuata dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n.71/2015, che sussiste una netta diversità ontologica tra l’indennizzo di cui al citato art.42 bis, che viene quantificato in base a criteri legali forfettizzati e svincolati dalla prova del pregiudizio, e il danno da illecito aquiliano, che il giudice amministrativo, a cui sono demandate ratione temporis le controversie risarcitorie, è tenuto ad accertare e liquidare secondo gli ordinari criteri civilistici (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 76/2013, tra le tante). Infine, occorre ribadire il consolidato principio, parimenti affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’ acquisizione sanante obbliga la P.A. a corrispondere, per l’acquisizione, una somma pari al valore che il bene ha al momento dell’emanazione dell’atto (Consiglio di Stato, Sez. IV, 6255/2021; Cass. 18780/2021). Infatti il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis citato è volto a ripristinare, ma solo con effetto ex nunc , la legalità amministrativa violata, sicché il valore venale delle aree da acquisire al patrimonio pubblico, ai fini del ristoro del pregiudizio patrimoniale per la perdita della proprietà, deve essere calcolato alla data di adozione del provvedimento acquisitivo. In altri termini, dall’irretroattività dell’acquisizione sanante prevista dall’art. 42 bis Testo unico espropriazioni, consegue che il valore venale del bene, in base al quale determinare l’indennizzo patrimoniale dovuto al proprietario ablato, deve essere quello riferito al momento dell’acquisizione del bene stesso.
3.2. Ciò posto, nel caso di specie la Corte di merito ha richiamato correttamente, nella premessa del ragionamento decisorio, alcuni
dei principi suesposti in tema di acquisizione sanante, ma non ne ha fatto concreta applicazione.
Premesso che oggetto del giudizio e della pretesa azionata dalle odierne controricorrenti è solo ed esclusivamente l’indennizzo dovuto ex art.42 bis citato, e ciò si precisa per chiarezza espositiva in relazione ai giudicati inter partes di cui di seguito si darà conto, la Corte territoriale ha proceduto alla determinazione dell”indennità di esproprio’, che ha quantificato nell’importo di €310.390,00 alla data del 22 -11-2000, ossia alla data di inizio dell’occupazione illegittima.
Ora, è dirimente il rilievo che, alla stregua dei suesposti principi, il valore venale del bene avrebbe, invece, dovuto determinarsi alla data del provvedimento di acquisizione sanante (2-2-2017). A ciò si aggiunga che non è dato rinvenire nell’ordinanza impugnata alcuna menzione dei criteri legali di liquidazione dell’indennizzo previsti dall’art.42 bis, benché la quantificazione copra anche il periodo di occupazione senza titolo, ossia anteriore al decreto di acquisizione sanante, periodo in relazione al quale, stante il disposto dell’ultima parte del terzo comma del citato art. 42 bis, la Corte d’appello avrebbe dovuto riconoscere in via forfettaria l’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, salva la prova di una diversa entità del ‘danno’. Né, infine, si rinviene nella motivazione dell’ordinanza impugnata alcun riferimento al pregiudizio forfettario non patrimoniale, benché anche tale voce fosse stata chiesta dalle parti private (cfr. pag.13 controricorso in cui sono riportate le conclusioni del ricorso ex art.702 bis), oltre al pregiudizio patrimoniale anche per il periodo di occupazione senza titolo.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, non può affatto sostenersi, contrariamente a quanto adducono le controricorrenti, che la Corte d’appello sia incorsa solo in meri refusi terminologici o errori materiali, nella parte in cui ha affermato, nella motivazione e nel dispositivo, di aver determinato l”indennità di esproprio’ in
luogo dell’indennizzo ex art. 42 bis citato. Invece, come si è visto, la Corte di merito è incorsa negli errori di giudizio denunciati da parte ricorrente nel senso precisato, in quanto ha effettuato la quantificazione del dovuto in violazione dei criteri dettati dall’art.42 bis, e in particolare ha determinato il valore venale dell’area alla data del 22-11-2000, come inequivocabilmente affermato nell’ordinanza impugnata, invece che alla data del decreto di acquisizione sanante, e non ha dato conto di avere osservato i suddetti criteri anche in relazione alla posta dovuta a titolo risarcitorio per il periodo di occupazione senza titolo, e ciò pure in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., avuto riguardo al tenore delle conclusioni formulate nel giudizio di merito dalle controricorrenti, come peraltro dalle stesse riportate nel controricorso.
3.3. Neppure può sostenersi, contrariamente a quanto ulteriormente affermano le controricorrenti, che vi fossero giudicati vincolanti inter partes tali da condizionare ‘ irrimediabilmente anche il momento di determinazione del valore venale del bene alla data del 22-11-2000 ‘ (pag.21 controricorso), come pure ha ritenuto la Corte di merito, riferendosi a preclusioni ‘dovute al giudicato’.
Per chiarezza espositiva occorre sinteticamente dare conto del contenuto dei suddetti giudicati ( TAR Puglia, sentenza n. 745 del 19.05.2015; Corte appello RAGIONE_SOCIALE, sentenza n.906 pubblicata il 19 -10 -2016).
Il T.A.R. Puglia, con sentenza n. 745 del 19.05.2015, passata in giudicato: a) disponeva la restituzione dei suoli in questione alle proprietarie, previa riduzione in pristino, ‘ fatto salvo il potere della Amministrazione di adottare il provvedimento di cui all’art.42 bis dpr n. 327/01 “; b) condannava la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dalle ricorrenti a seguito dell’illegittima occupazione dei suoli, computato, nei limiti di quanto provato dalle
parti, con riferimento alla misura del canone di locazione del suolo alla data del 14.11.1989 (per l’anno di occupazione 22 -11 -2000 -31/10/2001 -pag. 8 controricorso). Il T.A.R. accertava che, oltre il termine di scadenza dell’occupazione d’urgenza (22.11.2000) e oltre il termine di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità (11.3.2001), in data 7.9.2001, il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto ad adottare il decreto di esproprio n. 338/2001, che era stato annullato con sentenza del T.A.R. n.1015/2012. Il T.A.R., pur ritenendo sussistente la condotta illecita dell’Ente, non liquidava il danno per il valore venale del bene (perdita del bene) poiché ne era ordinata la restituzione, nonostante l’irreversibile trasformazione, e liquidava il danno subito dai proprietari per il mancato godimento solo nei limiti di quanto poteva ritenersi dimostrato, affermando che non operava alcun automatismo in ipotesi di illecito aquiliano, diversamente che in ipotesi di indennizzo ex art.42 bis T.U.E.. Poiché poteva presumersi che il contratto di locazione si fosse automaticamente rinnovato di altri sei anni fino al 31 ottobre 2001 e poiché l’occupazione era divenuta illegittima a partire dal 22 novembre 2000, il TAR riconosceva, in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., ‘ a fronte di un danno provato nei limiti indicati nell’an, ma di difficile dimostrazione nel suo preciso ammontare’ , il risarcimento del danno da occupazione illegittima per il periodo dal 23 novembre 2000 sino al 31 ottobre 2001, ritenendo in via presuntiva che in quell’arco temporale, se non vi fosse stata l’occupazione illegittima, il contratto di locazione sarebbe stato ancora efficace.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n.906 pubblicata il 19 -10 -2016, statuiva solo sulla determinazione della indennità di occupazione legittima per il periodo dal 23 novembre 1995 al 22 novembre 2000 ed affermava, per un verso, la natura non edificabile del bene e quantificava, per altro verso, l’indennità di occupazione parametrandola al dato fattuale del canone di
locazione (a parcheggio) previsto dal relativo contratto, che, in base anche a quanto accertato dal T.A.R., era stato stipulato dalle parti private ed aveva scadenza nel 2001.
Tanto precisato, nessuna interferenza, nel senso invocato dalle controricorrenti e affermato dalla Corte territoriale, assumono le suddette decisioni nel presente giudizio, come fondatamente afferma l’Ente ricorrente con il quarto motivo. Nello specifico, la pronuncia del giudice amministrativo attiene alla liquidazione del danno da illecito aquiliano per un periodo temporale limitato (occupazione illegittima per il periodo dal 23 novembre 2000 sino al 31 ottobre 2001) e in dipendenza della prova, fornita dalle danneggiate in quel giudizio, di un titolo contrattuale avente efficacia nel limitato periodo di interesse e come sopra indicato (contratto di locazione a parcheggio dell’area avente scadenza al 31 ottobre 2001).
La sentenza n.906/2016 della stessa Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, che, come si è detto, statuiva solo sull’indennità di occupazione legittima per il periodo dal 23 novembre 1995 al 22 novembre 2000, aveva qualificato il terreno come inedificabile perché a destinazione di edilizia scolastica, e di ciò si è dato conto nell’ordinanza ora impugnata (pag.6), nonché aveva effettuato la valutazione dell’area in ragione della sua concreta destinazione a parcheggio, benché, si ripete, inedificabile, dopo avere ritenuto dimostrata quell’effettiva destinazione nel periodo temporale di interesse.
Occorre osservare che dai precedenti di questa Corte (Cass. 20234/2016 e altre citate a pag. 5 dell’ordinanza ora impugnata) richiamati dalla Corte territoriale è dato evincere il principio che il giudicato si forma, se il precedente giudizio verte sull’indennità di occupazione legittima, in ordine alla qualificazione, edificabile o non, dell’area ablata, sull’imprescindibile presupposto che a fondamento del giudizio vertente sull’indennità di occupazione
legittima e a fondamento di quello vertente sul risarcimento da occupazione illecita sia posta la medesima fattispecie costitutiva, tanto da configurarsi come ‘antecedente logico giuridico’. Ed infatti è precisato, nella massima riportata nell’ordinanza impugnata, che l’accertamento in fatto del valore del bene, nelle ipotesi ove opera la vincolatività del precedente giudicato sulla qualificazione, deve costituire ‘ il comune punto di partenza per la stima sia dell’indennità di occupazione sia del danno risarcibile ‘. Questa Corte ha ulteriormente e chiaramente precisato che ‘ le opposizioni alla stima dell’indennità di occupazione e quelle all’indennità di espropriazione contengono domande distinte ed autonome, avuto riguardo alle diversità delle relative “causae petendi”, costituite l’una dalla privazione del godimento del bene occupato e l’altra dall’ablazione di quello espropriato. Ne consegue che, in relazione ai rapporti tra i detti giudizi può assumere efficacia di cosa giudicata esclusivamente la qualificazione giuridica del terreno, quale antecedente logico giuridico della statuizione sull’indennità di occupazione legittima, ma non l’accertamento del suo valore di mercato, tanto per l’evidenziata autonomia dei rapporti quanto per la diversità dei periodi considerati ‘ (Cass. 19758/2018).
Ora, nella specie la Corte di merito non solo non si è attenuta a detti principi, benché richiamati, poiché, si ribadisce, l’eventuale vincolatività concerne esclusivamente la qualificazione giuridica dell’area ablata, ma soprattutto li ha erroneamente richiamati, obliterando di considerare che non sono applicabili nella fattispecie scrutinata, che trae fonte da titolo ablatorio valido, ex nunc , del 2017 (decreto di acquisizione sanante), ossia da titolo del tutto diverso rispetto a quelli posti a fondamento dei giudicati richiamati, sicché le pregresse situazioni accertate non si pongono affatto come ‘antecedente logico giuridico’ nel presente giudizio. In altre parole, per quanto si è già ampiamente detto, il valore venale
dell’area, in relazione a tutte le sue caratteristiche oggettive, di destinazione urbanistica e via dicendo, avrebbe dovuto stabilirsi con riguardo alla data del provvedimento di acquisizione sanante, sicché all’evidenza, nessuna vincolatività, nel senso affermato dalla Corte d’appello, avrebbe potuto attribuirsi ai citati giudicati.
Il quinto motivo resta assorbito, in conseguenza dell’accoglimento dei precedenti, atteso che la Corte territoriale dovrà procedere alla rideterminazione dell’indennizzo ex art.42 bis secondo i principi e criteri di cui si è detto, anche con riguardo alle detrazioni previste dai commi 2 e 8 della citata norma.
In conclusione, devono essere accolti, nei limiti di cui si è detto, i motivi primo, secondo, terzo e quarto di ricorso, dichiarato assorbito il quinto, l’ordinanza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, secondo, terzo e quarto di ricorso nei sensi di cui in motivazione; dichiara assorbito il quinto; cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia la causa alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.