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Acquisizione sanante: la delibera comunale è l’atto finale

La Corte di Cassazione ha stabilito che la delibera del consiglio comunale che dispone un’acquisizione sanante è l’atto conclusivo del procedimento e non un mero atto preparatorio. Questa decisione, che cassa una precedente ordinanza della Corte d’Appello, chiarisce che tale delibera costituisce la condizione necessaria per poter agire in giudizio per la determinazione dell’indennizzo spettante al privato, consolidando un importante principio in materia di espropriazione per pubblica utilità.

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Acquisizione Sanante: la Delibera del Consiglio Comunale è l’Atto Definitivo

L’istituto dell’acquisizione sanante, previsto dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropri, rappresenta uno strumento cruciale per regolarizzare le occupazioni illegittime di terreni da parte della Pubblica Amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sulla natura dell’atto che conclude questo procedimento, stabilendo che la delibera del consiglio comunale è il provvedimento finale e non un semplice atto preparatorio. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti: La Controversia sull’Atto di Esproprio

Il caso nasce dalla vicenda di alcuni proprietari terrieri il cui fondo era stato occupato da un Comune per la realizzazione di opere di urbanizzazione. A seguito dell’occupazione illegittima, i proprietari avevano diffidato l’ente a procedere con l’acquisizione sanante del terreno. Dopo un ricorso al TAR contro il silenzio dell’amministrazione, il Comune aveva finalmente adottato una delibera del consiglio comunale, la n. 100/2022, avente ad oggetto l'”autorizzazione all’acquisizione sanante”.

I proprietari, considerando tale delibera come l’atto definitivo di esproprio, si sono rivolti alla Corte d’Appello per ottenere la determinazione del giusto indennizzo. La loro richiesta, tuttavia, è stata dichiarata inammissibile.

La Decisione della Corte d’Appello

Secondo la Corte d’Appello, la delibera comunale non era il provvedimento conclusivo del procedimento di acquisizione, ma un mero atto amministrativo propedeutico. I giudici territoriali l’hanno interpretata come un atto di riconoscimento di un “debito fuori bilancio” ai sensi dell’art. 194 del TUEL, necessario per stanziare le somme, ma non sufficiente a trasferire la proprietà del bene. Mancava, a loro avviso, un vero e proprio “decreto di acquisizione sanante” con tutti i requisiti formali, come la notifica e la trascrizione, che decretasse formalmente il passaggio di proprietà al patrimonio comunale. Di conseguenza, in assenza della “condizione dell’azione” (il provvedimento finale), la domanda di indennizzo non poteva essere esaminata nel merito.

La Delibera Comunale come Atto Finale di Acquisizione Sanante secondo la Cassazione

I proprietari hanno impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato la natura della delibera n. 100/2022. La Suprema Corte ha accolto il loro ricorso, ribaltando completamente la prospettiva dei giudici di merito.

La Cassazione ha affermato un principio di diritto chiaro e netto: nel procedimento di acquisizione sanante, l’atto conclusivo che trasferisce la proprietà è proprio la delibera del consiglio comunale, l’unico organo competente a decidere in materia di acquisti e alienazioni immobiliari dell’ente, come previsto dall’art. 42 del d.lgs. 267/2000 (TUEL).

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la delibera in questione conteneva tutti gli elementi sostanziali richiesti dall’art. 42-bis: la motivazione basata sulla valutazione degli interessi in conflitto, la volontà inequivocabile di acquisire il bene al patrimonio pubblico e la liquidazione precisa degli indennizzi per il danno patrimoniale e non patrimoniale. Pertanto, essa non può essere considerata un atto preparatorio, ma è l’atto stesso che perfeziona la volontà dell’autorità amministrativa e conclude il procedimento, determinando l’effetto traslativo della proprietà (sotto la condizione sospensiva del pagamento).

Secondo gli Ermellini, gli adempimenti successivi come la notifica ai proprietari, il deposito delle somme e la trascrizione nei registri immobiliari non sono elementi costitutivi dell’atto, ma mere formalità esecutive successive. La volontà dell’ente si è già manifestata in modo definitivo con la delibera dell’organo competente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ha importanti conseguenze pratiche. Stabilisce che un privato, una volta ottenuta la delibera del consiglio comunale di acquisizione sanante, può agire immediatamente in giudizio per contestare o richiedere la determinazione dell’indennizzo, senza dover attendere ulteriori atti formali da parte della dirigenza comunale. La decisione rafforza la tutela del proprietario espropriato, conferendo certezza giuridica al momento in cui il procedimento di esproprio si conclude e sorge il diritto all’indennizzo. Si chiarisce, infine, che la competenza per un atto così incisivo sul patrimonio dell’ente e dei privati spetta all’organo di indirizzo politico-amministrativo, ovvero il consiglio comunale, e non a un funzionario. Il ricorso è stato quindi accolto e la causa rinviata alla Corte d’Appello per la decisione nel merito.

Qual è la natura giuridica della delibera del consiglio comunale in una procedura di acquisizione sanante?
Secondo la Corte di Cassazione, la delibera del consiglio comunale che dispone un’acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. 327/2001 è il provvedimento definitivo e conclusivo del procedimento, non un atto meramente preparatorio o propedeutico.

Chi è l’organo competente ad adottare l’atto finale di acquisizione sanante?
L’organo competente è il consiglio comunale. La sua competenza deriva dall’art. 42, comma 2, lettera l) del d.lgs. 267/2000 (TUEL), che gli attribuisce la responsabilità in materia di “acquisti e alienazioni immobiliari” dell’ente locale.

Gli adempimenti come la notifica e il pagamento sono necessari per considerare la delibera un atto definitivo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che formalità quali la notifica, il deposito delle somme e la trascrizione sono adempimenti ulteriori e successivi, di natura esecutiva, che non incidono sulla perfezione e definitività della delibera del consiglio comunale, la quale manifesta già la volontà conclusiva dell’amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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