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Acquisizione sanante: giurisdizione e termini

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un Comune contro la decisione della Corte d’Appello che aveva rideterminato l’indennizzo per un’acquisizione sanante. La sentenza chiarisce che la competenza per queste controversie spetta in unico grado alla Corte d’Appello e che non si applica il termine di decadenza di 30 giorni previsto per l’esproprio ordinario, bensì la prescrizione ordinaria.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante: la Cassazione Chiarisce Giurisdizione, Termini e Indennizzo

L’istituto dell’acquisizione sanante, disciplinato dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni, rappresenta uno strumento complesso a disposizione della Pubblica Amministrazione per regolarizzare l’occupazione illegittima di un bene privato. Con l’ordinanza n. 23963 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su alcuni aspetti procedurali e sostanziali di cruciale importanza, offrendo chiarimenti definitivi sulla giurisdizione, sui termini di impugnazione dell’indennità e sui criteri di valutazione del bene.

I Fatti del Caso: L’Occupazione Illegittima e l’Azione del Proprietario

La vicenda trae origine dall’opposizione di una proprietaria di un terreno contro la delibera di un Comune che determinava l’indennità per un’acquisizione sanante. Il terreno era stato oggetto di occupazione illegittima e irreversibile trasformazione da parte dell’ente pubblico. In precedenza, un giudice amministrativo aveva ordinato al Comune di scegliere tra la restituzione del terreno, previo ripristino, e la sua acquisizione formale tramite l’apposito provvedimento. Il Comune, infine, optava per l’acquisizione, ma la proprietaria riteneva l’indennità offerta inadeguata.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello, investita della questione, accoglieva il ricorso della proprietaria e, sulla base di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), rideterminava in aumento gli importi dovuti a titolo di pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale. Il Comune decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando quattro motivi di impugnazione: l’errata affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, la tardività dell’opposizione, i vizi nella valutazione del CTU e l’errata applicazione del principio di soccombenza per le spese legali.

La Giurisdizione sull’Indennità da Acquisizione Sanante

Il primo punto affrontato dalla Cassazione riguarda la giurisdizione. Il Comune sosteneva che la controversia, avendo un oggetto più ampio della mera quantificazione dell’indennizzo, dovesse rimanere nell’alveo della giustizia amministrativa. La Suprema Corte ha respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: le controversie sulla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 42-bis sono devolute in unico grado alla Corte d’Appello. Questo perché l’indennizzo è considerato un “unicum” non scindibile nelle sue diverse componenti (valore venale, pregiudizio non patrimoniale, risarcimento per il periodo di occupazione illegittima). L’emissione del provvedimento di acquisizione sanante da parte dell’ente trasforma la pretesa del privato da risarcitoria/restitutoria a puramente indennitaria, radicando la competenza del giudice ordinario.

I Termini per l’Impugnazione dell’Indennità: Nessuna Decadenza

Un altro chiarimento fondamentale riguarda i termini per contestare l’indennità. Il Comune lamentava che l’opposizione fosse stata proposta oltre il termine di 30 giorni previsto per l’opposizione alla stima nell’esproprio ordinario. La Cassazione ha stabilito che questo termine perentorio non è applicabile alle contestazioni relative all’indennizzo da acquisizione sanante. Per questa fattispecie, in assenza di un richiamo normativo specifico, il proprietario ha facoltà di contestare la liquidazione nel termine ordinario di prescrizione. Si tratta di una distinzione cruciale che garantisce una maggiore tutela al proprietario espropriato in via “sanante”.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso del Comune con una motivazione articolata. Sulla giurisdizione, ha confermato che una volta emesso il decreto di acquisizione, la pretesa del privato si converte in un diritto all’indennizzo, la cui quantificazione spetta alla Corte d’Appello, quale giudice specializzato in materia di indennità espropriative. Per quanto riguarda la presunta tardività dell’opposizione, i giudici hanno chiarito la non applicabilità del termine di decadenza di 30 giorni (art. 54 d.P.R. 327/2001) alla specifica procedura dell’art. 42-bis, che segue regole proprie.

Sul terzo motivo, relativo ai vizi della perizia tecnica (CTU), la Corte ha ritenuto le censure inammissibili. La valutazione delle risultanze peritali rientra nell’apprezzamento di merito del giudice, non sindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, la motivazione è logica e congrua. La Corte d’Appello aveva adeguatamente spiegato perché le conclusioni del CTU – che aveva stimato il terreno non edificabile partendo da comparabili edificabili e applicando una decurtazione del 70% – fossero corrette, anche alla luce della natura di “tertium genus” del bene e della difficoltà di reperire atti di compravendita per terreni simili.

Infine, è stato respinto anche il motivo sulle spese legali. La Cassazione ha ricordato che il principio della soccombenza è stato applicato correttamente: poiché la proprietaria ha ottenuto un indennizzo superiore a quello offerto dal Comune, è da considerarsi parte vittoriosa, a prescindere dal fatto che la somma liquidata fosse inferiore alla sua richiesta iniziale. La valutazione sulla compensazione totale o parziale delle spese rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida importanti principi in materia di acquisizione sanante. In primo luogo, stabilisce senza ambiguità che la tutela del proprietario per ottenere il giusto indennizzo si esercita davanti alla Corte d’Appello. In secondo luogo, chiarisce che il diritto a contestare l’indennità non è soggetto al breve termine di decadenza previsto per le espropriazioni classiche, ma al più lungo termine di prescrizione. Infine, riafferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle prove tecniche e nella regolamentazione delle spese processuali, a patto che la decisione sia sorretta da una motivazione coerente e non palesemente illogica.

A quale giudice ci si deve rivolgere per contestare l’indennità di un’acquisizione sanante?
La controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 è devoluta alla competenza, in unico grado, della Corte di Appello.

Qual è il termine per opporsi alla stima dell’indennità in caso di acquisizione sanante?
Il termine perentorio di 30 giorni previsto per l’opposizione alla stima definitiva dell’indennità di esproprio non si applica alla contestazione dell’indennizzo da acquisizione sanante. Per quest’ultima si applica il termine ordinario di prescrizione.

Chi paga le spese legali se l’indennizzo riconosciuto dal giudice è superiore a quello offerto dall’ente ma inferiore alla richiesta iniziale del proprietario?
Le spese legali sono a carico dell’ente pubblico. Secondo il principio della soccombenza, la parte che ottiene una somma superiore a quella offerta è considerata vittoriosa, anche se l’importo è inferiore alla sua domanda originaria. Il giudice ha comunque la facoltà discrezionale di compensare parzialmente le spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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