Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33273 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33273 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18699/2023 R.G. proposto da :
NOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso ORDINANZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 795/2019 depositata il 21/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’area di proprietà di RAGIONE_SOCIALE in Follonica era stata occupata nel 2009 dal Comune per la realizzazione del condotto fognario a servizio del nuovo ippodromo ‘Le Cerrete’, effettivamente seguita nel 2010; erano stati avviati dal Comune, nel tempo, due procedimenti di esproprio, entrambi esitati in provvedimenti annullati dal TAR su iniziativa di RAGIONE_SOCIALE; con nota del novembre 2019 l’Ente territoriale aveva quindi avviato il procedimento ex art.42 bis TUE, adottando infine con determina dirigenziale n.58 del 29.1.2019 il decreto di acquisizione sanante e offrendo a PAM per l’asservimento del fondo di sua proprietà (servitù di condotto fognario) l’indennizzo complessivo di € 19.215,81.
PAM aveva impugnato la determina avanti al TAR e, ritenuta inammissibile dal Comune la richiesta pure avanzata dalla società di rideterminazione dell’indennizzo ex art.22 TUE -sul presupposto che non si verteva in materia di esproprio-, essa aveva proposto opposizione alla stima ai sensi dell’art.29 d. lgs. n.150/2011. PAM aveva sottolineato la diversa destinazione d’uso del terreno all’epoca dell’occupazione abusiva (terreni edificabili, prevista realizzazione di un complesso multifunzionale, con previsione scaduta nel 2016 per mancata approvazione del piano attuativo) rispetto a quella (verde pubblico) esistente al momento del procedimento esitato con il decreto di acquisizione sanante, ritenendo che ai fini dell’individuazione del valore venale del bene dovesse essere considerata la destinazione del 2009; in subordine,
la società aveva prospettato che, pur volendo fare riferimento a valori all’attualità, si sarebbe dovuto considerare il contesto urbano di grandi potenzialità edificatorie in cui il terreno asservito si trova, essendo esso inserito all’interno del perimetro urbano di Follonica ed essendo circondato da altri comparti edificati ed edificandi (in sede di note conclusive autorizzate PAM aveva altresì rilevato che la destinazione d’uso dell’area era nuovamente divenuta, nel frattempo, edificabile). Il Comune di Follonica aveva evidenziato la pendenza avanti al TAR del giudizio instaurato da PAM per l’annullamento della delibera n.58/2019, chiedendo la sospensione del giudizio ex art.295 c.p.c., e aveva comunque contestato sotto tutti i profili le ragioni della controparte. Il procedimento, sospeso, era stato riassunto tempestivamente dopo il rigetto del ricorso da parte del TAR.
3. La Corte d’Appello di Firenze aveva respinto l’opposizione proposta in base alle seguenti considerazioni: -parte ricorrente assume che, in assenza di previsione normativa di criteri di determinazione dell’indennità per l’occupazione sanante, debba trovare applicazione analogica l’art.22 TUE che, nel determinare l’indennità di occupazione, fa riferimento al valore del bene al momento della stessa e quindi, nel caso di specie, si dovrebbe fare riferimento al 2009, anno dell’occupazione illegittima dell’area; così non è perché ai fini della determinazione dell’indennità, nell’acquisizione sanante il momento in cui si attua la fattispecie traslativa e quindi si determina l’effetto ablatorio, è dato dall’emissione del relativo provvedimento adottato ai sensi dell’art.42 bis TUE; -nel caso di acquisizione sanante la data dell’occupazione assume rilievo ai fini della componente risarcitoria dell’indennità, ai sensi dell’art.42 bis co 3 ultima parte TUE, che è stata effettivamente liquidata dal Comune per il periodo compreso tra il 9.7.2009 e la data di assunzione del provvedimento (la Corte d’Appello richiama l’orientamento interpretativo di legittimità
espresso nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.29184/2020); -quanto alla doglianza riguardante il modo di determinazione del valore venale del terreno all’attualità, è dirimente il rilievo prevalente del criterio di edificabilità legale, fondato sul sistema di classificazione operata dagli strumenti urbanistici, senza che possa essere attribuita efficacia decisiva alla natura delle aree limitrofe (si richiama l’orientamento interpretativo di legittimità, ancora ribadito nella sentenza della Corte di Cassazione n.5686/2017); -quanto alla presenza sul terreno dell’opera già realizzata al momento del provvedimento di acquisizione sanante, il suo valore non deve essere computato per la determinazione dell’indennizzo (anche per questo punto della decisione la Corte richiama l’orientamento interpretativo di legittimità espresso nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.9871/2023).
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso al provvedimento della Corte d’Appello di Firenze, dolendosene per due motivi.
Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, error in procedendo ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. e agli artt. 54 D.P.R. 327/2001 e 29 D.P.R. 150/2011:
Nonostante PAM avesse espressamente chiesto la determinazione in via giudiziale dell’importo ‘ dovuto per l’indennità di occupazione per gli immobili ‘ di sua proprietà, la Corte d’Appello si è limitata ‘ a respingere il ricorso senza determinarsi sull’indennità di esproprio, ciò in aperta violazione sia dell’art.112 c.p.c. che delle norme processuali regolanti il procedimento di cui all’art.29 DPR 150/2011 ‘; ‘ il giudizio di opposizione alla stima ha per oggetto esclusivamente la determinazione del quantum dell’indennità dovuta all’espropriato per effetto dell’ablazione dell’immobile, senza che vi sia un accertamento, suscettibile di giudicato, sulla legittimità della procedura espropriativa e sulla correttezza del
procedimento di determinazione dell’indennità da parte dell’amministrazione ‘. Si tratterebbe di un’autonoma azione di accertamento nel cui ambito la quantificazione dell’indennità sarebbe operata in autonomia dal Giudice; la Corte d’Appello di Firenze non avrebbe provveduto al riguardo, violando le disposizioni normative sopra richiamate (le parti tra virgolette sono letteralmente riportate dal ricorso).
II) Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, error in iudicando ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 22 e 42 bis D.P.R. 327/2001
I criteri di stima utilizzati dal Comune per determinare il valore venale del bene, che tengono conto solo della situazione urbanistica del bene al momento di adozione del provvedimento ex art.42 bis TUE, sarebbero contro le previsioni di legge in materia di espropri con particolare riferimento al procedimento di cd acquisizione sanante; quest’ultima avrebbe lo scopo di porre fine ad una situazione di illiceità dovuta all’occupazione e trasformazione abusiva dei fondi altrui, che si fonda sul pregresso illegittimo uso del potere amministrativo espropriativo; in assenza di criteri di determinazione specifici per l’indennità risarcitoria occorre fare riferimento in via analogica all’art.22 bis TUE; si sarebbe dovuto pertanto considerare che solo dal 13.7.2016 l’area occupata era divenuta destinata a verde privato, mentre dal 9.7.2009 al 13.7.2016 il terreno era area con destinazione d’uso ‘edificabile’ (e, del resto, è tornato ad esserlo in corso di causa, come emerge dalla scheda RU allegata alle note autorizzate del 14.3.2023).
Il Comune di Follonica ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte di merito si è pronunciata sulla domanda di rideterminazione dell’indennità di esproprio, ritenendo sostanzialmente che essa non era centrata, perché non trova applicazione analogica per l’ipotesi di acquisizione sanante l’art.22 bis TUE in quanto la vicenda ablativa determinata dall’acquisizione sanante è correlata alla pronuncia del relativo decreto ed è disciplinata dall’art.42 bis TUE; per la determinazione dell’indennità si deve pertanto fare riferimento, secondo la Corte, al valore venale del bene al momento della pronuncia di acquisizione sanante in base alla situazione urbanistica del bene alla stessa epoca, mentre la data di inizio dell’occupazione assume rilievo ai fini della componente risarcitoria dell’unitaria indennità, determinata dallo stesso art.42 bis nell’interesse del 5% annuo.
Non vi è pertanto omissione di pronuncia e non è enucleabile nella ricostruzione esposta alcuna violazione di legge, perchè le considerazioni della Corte d’Appello appaiono in diritto corrette alla luce dell’interpretazione dell’art.42 bis cit. data dalla giurisprudenza di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso proposto da PAM è invece fondato nei termini che seguono.
I passaggi necessari per la corretta determinazione dell’indennità per l’occupazione dell’immobile poi acquisito con provvedimento ex art.42 bis cit. che, seppure speciale e autonomo, ha ad oggetto la determinazione di indennità appartenenti al genus espropriativo, si possono riassumere, nel caso concreto, come segue:
A) si determina in base al disposto dell’art.42 bis l’indennità dovuta per la perdita definitiva che, nell’ipotesi di specie, consiste nell’imposizione del diritto di servitù di condotto fognario sull’immobile di proprietà di PAM, tenendo conto del valore venale del bene alla data del provvedimento di acquisizione sanante -cfr., Cass. n.29184/2020, e Cass.n.8163/2024: ‘ In tema di indennizzo
ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il valore venale del bene oggetto del provvedimento di c.d. “acquisizione sanante” va determinato alla data di adozione del provvedimento acquisitivo, essendo questo volto a ripristinare, ma solo con effetto ex nunc, la legalità amministrativa violata ‘ -; l’esistenza di una norma regolatrice apposita non rende utile, come già rilevato dalla Corte d’Appello, l’applicazione analogica dell’art.22 bis TUE;
B) nel gennaio 2019 la destinazione urbanistica legale del bene su cui è stata costituita la servitù, alla quale si deve fare riferimento per la determinazione dell’indennità, era a verde privato;
C) non rileva il contesto complessivo in cui è inserito l’immobile e non rileva, in particolare, la situazione urbanistica dei terreni limitrofi che non si vede come possa beneficiare sotto il profilo economico un terreno comunque destinato a verde, perché si deve fare riferimento, appunto, alla destinazione d’uso legale (non vi è stata alcuna allegazione, prima ancora che dimostrazione, su un possibile utilizzo ‘intermedio’ del bene: cfr. Cass. n.6527/2019);
D) non rileva nemmeno il fatto che, successivamente al provvedimento di acquisizione sanante (non è nemmeno prospettato un comportamento illegittimo della PA al riguardo), siano intervenute modifiche alla destinazione urbanistica del bene, proprio perché si tratta di modifiche sopravvenute;
E) quanto all’occupazione pregressa, l’art.42 bis TUE individua la modalità di quantificazione del relativo danno ed offre quindi un criterio legale di determinazione dello stesso sulla base del valore del bene al momento dell’acquisizione sanante -cfr. Cass. n.29184/2020, n.16214/2023-, salva la prova del maggior danno; il comma 3 dell’art.42 bis cit. dispone infatti che ‘… Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma ‘.
8.2. L’indennità complessivamente dovuta a PAM è stata determinata ai sensi dell’art.42 bis TUE, tenendo conto come dato di partenza del valore venale dell’area asservita sulla base della sua destinazione urbanistica d’uso legale, che era a verde; le contestazioni di PAM non hanno mai riguardato l’identificazione del valore dell’area in quanto destinata a verde, né il rispetto da parte del Comune dei criteri di quantificazione dell’indennità e del risarcimento dovuti alla luce del disposto dell’art.42 bis cit., ma l’individuazione del valore venale del bene teorizzando genericamente l’applicazione analogica dell’art.22 bis, invece esclusa -correttamente, per quanto detto sopra-, e la necessità di considerare edificabile l’area quantomeno ai fini del risarcimento per l’occupazione abusiva nel periodo 2009/2016, rilievo anche questo disatteso dalla Corte di merito.
8.3. Occorre pertanto verificare se, alla luce del disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art.42 bis TUE cit., sia satisfattiva l’applicazione dell’interesse del 5% sul valore venale a verde dell’area servente alla data del provvedimento di acquisizione sanante per tutto il periodo di durata dell’occupazione oppure se si debba attribuire significatività al fatto che per il periodo dal 2009 al 2016 all’area di cui si discute era attribuita destinazione urbanistica edilizia.
8.4. In proposito occorre fare riferimento alla sentenza n.20691/2021 con la quale la Corte di Cassazione a SSUU, nell’ambito di una ricostruzione dell’istituto coerente dal punto di vista sistematico, costituzionalmente orientata e rispettosa del diritto unionale, ha osservato che : ‘ In tema di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, la qualificazione in termini indennitari dell’indennizzo per la pregressa occupazione senza titolo, nella misura del cinque per cento annuo sul valore venale del bene all’attualità, non è foriera di un deficit di tutela per le parti, avendo il legislatore previsto una clausola di salvaguardia
che fa salva la prova di una diversa entità del danno, la cui applicazione è rimessa all’incensurabile valutazione del legislatore in via forfettaria – “in melius” o “in pejus” – in sintonia con le istanze e le prove offerte dalle parti nel caso concreto ‘.
Nella sentenza, richiamata la ‘ conforme giurisprudenza delle Sezioni Unite e della Prima sezione, la quale ha ribadito che «ambedue le indennità contemplate dal terzo comma della norma summenzionata, art. 42 bis cit., costituiscono altrettante voci del complessivo indennizzo per il pregiudizio patrimoniale occorso» (Cass., sez. I, n. 13988 del 2018) ‘, ed evidenziata la preferibilità della tesi che attribuisce natura indennitaria all’importo riconosciuto per la acquisizione sanante, sono svolte le seguenti considerazioni in diritto: ‘ il primo comma dell’art. 42 bis t.u. del 2001, laddove dispone che «al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale», conferma che l’interesse del cinque per cento che la pubblica Amministrazione è tenuta a liquidare e corrispondere per la pregressa occupazione illegittima costituisce una voce del complessivo indennizzo per il pregiudizio patrimoniale, «il diritto al quale (nella sua integralità, comprensiva delle voci valore venale, pregiudizio non patrimoniale e interesse del cinque per cento annuo) sorge solo a seguito dell’adozione del provvedimento di espropriazione c.d. sanante» (Cons. di Stato, sez. II, n. 1087 del 2020). La predeterminazione legale dell’entità del pregiudizio per la pregressa «occupazione senza titolo», e la relativa semplificazione probatoria per la parte che la subisce, sono chiari indici della natura indennitaria che l’istituto in esame condivide con l’indennità di occupazione legittima, di cui all’art. 50, primo comma, t.u. del 2001 (cfr. anche l’art. 20, terzo comma, legge 22 ottobre 1971, n. 865). Neppure rileva l’uso del termine «indennizzo» anziché di quello «indennità» per il ristoro anche del «pregiudizio non patrimoniale», trattandosi di un ristoro automatico e predeterminato nel quantum in una
percentuale del valore venale del bene, oltre a non incidere, di per sé, sulla questione della giurisdizione, trattandosi chiaramente di una misura accessoria (cfr. Cass. SU n. 22096 del 2015 cit.). … -Tale natura non comporta alcun deficit di tutela per le parti. Al proprietario è riconosciuto il diritto a un indennizzo che deve mirare ad essere integrale e, per questa ragione, di regola commisurato al valore venale del bene, anche ai fini della determinazione dell’indennizzo accessorio del pregiudizio per l’occupazione illegittima (ma anche legittima, cfr. Cass. SU n. 17581 del 2020) che ha preceduto l’evento traslativo, coerentemente con il sicuro fondamento costituzionale dell’espropriazione per motivi d’interesse generale (art. 42, terzo comma, Cost.), cui è riconducibile il «procedimento ablatorio sui generis» di cui all’art. 42 bis t.u. 2001 (cfr. Cons. di Stato, ad. pl., n. 4 del 2020, che evidenzia la «precisa base legale» dell’istituto). La Corte costituzionale, nella ‘ pronuncia n.71 del 2015, ‘ ha fugato gli ulteriori dubbi sollevati con riguardo all’indennità dovuta dall’amministrazione per il periodo di occupazione illegittima antecedente al provvedimento di acquisizione, osservando che «è vero che essa viene determinata in base ad un parametro riduttivo rispetto a quello cui è commisurato l’analogo indennizzo per la (legittima) occupazione temporanea dell’immobile , ma il terzo comma della norma impugnata contiene una clausola di salvaguardia , in base alla quale viene fatta salva la prova di una diversa entità del danno» (considerato 6.6.2). Si deve anche considerare che l’entità dell’indennizzo per l’occupazione legittima, di cui all’art. 50 t.u. del 2001, è fissata in misura «di evidente notevole entità, in un’ottica di disincentivazione di tale preventiva occupazione, non disciplinata
dall’originario testo unico approvato con il dPR n. 327 del 2001, ma ridisciplinata prima della sua entrata in vigore» (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, n. 4709 del 2020) ‘; ‘ Nella materia espropriativa, è consolidato il principio secondo cui, quando (vi sia prova che) l’amministrazione abbia temporaneamente occupato senza titolo un bene altrui, nel corso di un procedimento non conclusosi con un valido ed efficace decreto di esproprio o con un accordo di cessione e non lo abbia formalmente acquisito ex art. 42 bis t.u. del 2001, è configurabile un danno per il mancato godimento del fondo illegittimamente occupato, che la giurisprudenza abitualmente determina in via equitativa in favore del privato, ove non sia fornita la prova di un danno maggiore, in base al criterio degli interessi legali per ogni anno di occupazione sulla somma corrispondente all’indennità di espropriazione o sul prezzo di cessione volontaria del bene (ex plurimis, Cass., sez. I, n. 29990 e 20545 del 2018, n. 11391 del 2011, n. 4797 del 2005, n. 17142 del 2004). L’allegazione del mancato godimento del bene nel periodo cui si riferisce lo spossessamento è sufficiente a comprovare in via presuntiva l’esistenza del danno (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, n. 4709 del 2020 e precedenti ivi citati). Il proprietario potrà allegare e dimostrare conseguenze economiche più puntuali e significative rispetto a quelle ravvisate nella perdita temporanea del godimento del bene (ad esempio, per il mancato uso remunerativo del bene), così come viceversa l’amministrazione potrà dedurre circostanze e avvenimenti specifici volti a smentire la sussistenza di conseguenze economiche pregiudizievoli o a ridimensionarle nella loro entità. Tanto premesso, qualora l’amministrazione titolare del relativo potere adotti il provvedimento acquisitivo di cui all’art. 42 bis t.u. del 2001, è la legge che riconosce al proprietario che abbia subito una occupazione senza titolo una somma corrispondente – in mancanza di prova di una diversa entità del pregiudizio -all’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene,
stimato all’attualità, utilizzato per scopi di pubblica utilità. Si tratta di una valutazione legale tipica che presuppone il solo accertamento dell’occupazione materiale del bene, di regola desumibile da atti formali di agevole verifica in sede giurisdizionale (ad es., di immissione in possesso conseguente al decreto di occupazione, o altri). …. Sul proprietario ricade l’onere di provare di avere perduto occasioni particolari di profitto, al fine di innalzare l’entità del danno in concreto rispetto alla misura fissata dal legislatore, ma non anche di avere perduto il godimento e le facoltà di disposizione del bene nel periodo dell’occupazione. Una simile interpretazione vanificherebbe la portata della disposizione, che riconosce al proprietario l’interesse del cinque per cento in presenza dell’occupazione senza titolo in sé, salva la possibilità per entrambe le parti di dimostrare la diversa entità del danno in concreto (in melius o in pejus rispetto a quel limite) ‘; si tratta ‘ di una forma compensativa tipizzata dal legislatore con modalità forfetizzate non dissimili da quelle, di tipo equitativo, elaborate dalla giurisprudenza in favore del proprietario che invochi la tutela risarcitoria in caso di occupazione senza titolo dell’amministrazione in ambito espropriativo. ‘
8.5. Analizzando il caso sub iudice alla luce delle indicazioni che precedono si deve rilevare che non risulta sia stata mai contestata la circostanza della diversa destinazione urbanistica, all’epoca edificabile, dell’area asservita, nel periodo 2009/2016, con la conseguenza che, ai sensi dell’art.42 bis co 3 ultima parte TUE, si può affermare che effettivamente il riferimento al valore venale dell’immobile a verde quale base per la quantificazione forfet taria del risarcimento del danno nella misura del 5% di interessi nel periodo indicato non permette di coprire per intero il pregiudizio subito da PAM.
8.6. Il maggior danno subito da PAM può inoltre essere facilmente quantificabile, secondo un criterio compensativo forfettizzato,
utilizzando la misura degli interessi legali del 5% annuo ma prendendo a base di calcolo, ai soli fini del ristoro dell’occupazione nel periodo 2009/2016, il valore venale dell’area alla data del provvedimento di acquisizione sanante come se si trattasse di area edificabile.
Alla luce delle considerazioni che precedono e in accoglimento, nei limiti esposti, del secondo motivo di ricorso, l’ordinanza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, affinché ridetermini la sola parte di componente indennitaria, ex art.42 bis co 3 TUE, corrispondente al periodo di occupazione dal 2009 al 2016, secondo il criterio suggerito.
Il giudice di rinvio provvederà altresì alla regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte respinge il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo, nei limiti di cui in motivazione, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio del