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Acquisizione sanante: come si calcola l’indennizzo

La Corte di Cassazione interviene sul calcolo dell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante di un terreno. Con l’ordinanza in esame, ha stabilito che dal computo va escluso il valore dell’opera pubblica realizzata, ma deve essere inclusa la diminuzione di valore della porzione di proprietà residua del privato. Il caso riguardava un terreno occupato da un Comune per la costruzione di un impianto di depurazione, la cui procedura di esproprio non era mai stata completata.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante: la Cassazione fissa i paletti per il calcolo dell’indennizzo

L’istituto dell’acquisizione sanante, disciplinato dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropri, rappresenta uno strumento cruciale con cui la Pubblica Amministrazione può regolarizzare l’acquisizione di un bene immobile occupato e trasformato senza un valido provvedimento espropriativo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sui criteri per calcolare il giusto indennizzo spettante al proprietario, affrontando tre questioni centrali: la valutazione di un’area non edificabile, l’inclusione o meno del valore dell’opera pubblica realizzata e la compensazione per il deprezzamento della proprietà residua.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’occupazione d’urgenza di un terreno privato, avvenuta nel 1978, da parte di un Comune per la realizzazione di un impianto di depurazione. Nonostante la trasformazione irreversibile del suolo e la costruzione dell’opera pubblica, il procedimento di espropriazione non fu mai portato a termine. Solo nel 2018, l’amministrazione comunale ha emesso un decreto di acquisizione sanante per regolarizzare la situazione. La Corte d’Appello, chiamata a determinare l’indennizzo, lo aveva quantificato in una somma complessiva che teneva conto non solo del valore del terreno, ma anche del danno alla porzione residua e del risarcimento per l’occupazione senza titolo. Il Comune ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando i criteri di calcolo adottati.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’acquisizione sanante

La Suprema Corte ha analizzato i tre motivi di ricorso presentati dal Comune, accogliendone uno e rigettando gli altri due, delineando così principi chiari per la determinazione dell’indennizzo.

La Valutazione del Terreno non Edificabile

Il Comune sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare il terreno, in quanto lo strumento urbanistico lo qualificava come non edificabile per i privati e destinato unicamente a impianti tecnologici pubblici. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile. Ha chiarito che i giudici di merito non avevano considerato l’area come edificabile, ma avevano correttamente applicato il criterio del “valore venale”. Avevano infatti tenuto conto della possibilità concreta di utilizzo del terreno come scoperto cortilizio a servizio di un contiguo impianto produttivo di proprietà dello stesso privato, attribuendogli un valore basato su questa effettiva potenzialità economica, seppur non edificatoria.

L’Esclusione del Valore dell’Opera Pubblica dall’acquisizione sanante

Il secondo motivo, che è stato accolto, riguardava l’erronea inclusione del valore dell’opera pubblica (l’impianto di depurazione) nel calcolo dell’indennizzo. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: ai fini della determinazione del valore venale del bene nell’ambito dell’acquisizione sanante, non si deve tener conto dell’incremento di valore derivante dall’opera pubblica realizzata dall’amministrazione. L’indennizzo deve ristorare il proprietario per la perdita subita, basandosi sul valore che il bene aveva prima dell’intervento pubblico.

L’Inclusione del Danno alla Parte Residua

Il terzo motivo, respinto dalla Corte, contestava il riconoscimento di un importo a titolo di deprezzamento della porzione di terreno rimasta in proprietà del privato. Il Comune riteneva che l’art. 42-bis non prevedesse tale voce di danno. La Cassazione ha affermato il contrario, stabilendo che le regole previste dall’art. 33 del Testo Unico Espropri per l’espropriazione parziale sono un corollario del principio generale del valore venale e si applicano anche all’acquisizione sanante. L’indennizzo deve coprire l’intero pregiudizio patrimoniale subito dal soggetto, includendo quindi anche la perdita di valore della parte di bene non acquisita.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme in materia di espropriazione. Riguardo al secondo motivo (valore dell’opera pubblica), la Corte richiama la sua giurisprudenza precedente (in particolare Cass. n. 9871/2023), sottolineando come l’indennizzo debba compensare la perdita del bene nello stato in cui si trovava, senza che l’amministrazione debba pagare anche per il valore da essa stessa creato. Includere il valore dell’opera significherebbe un ingiustificato arricchimento per il privato. Per quanto concerne il terzo motivo (danno alla porzione residua), i giudici hanno evidenziato come una diversa interpretazione solleverebbe dubbi di legittimità costituzionale. Citando la sentenza n. 71/2015 della Corte Costituzionale, hanno spiegato che il principio di indennizzare la diminuzione di valore del fondo residuo è una componente essenziale della tutela della proprietà privata e deve trovare applicazione anche nell’acquisizione sanante per garantire un ristoro completo ed effettivo del danno subito dal proprietario.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato due principi cardine nel calcolo dell’indennizzo per acquisizione sanante: 1) si deve guardare al valore di mercato del terreno al momento del provvedimento, senza considerare l’incremento di valore generato dall’opera pubblica; 2) l’indennizzo deve essere onnicomprensivo, includendo anche la compensazione per la diminuzione di valore subita dalla proprietà residua del privato. La decisione finale è stata la cassazione dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà ricalcolare l’indennizzo attenendosi scrupolosamente a questi principi.

Nell’indennizzo per acquisizione sanante si deve calcolare anche il valore dell’opera pubblica costruita sul terreno?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della determinazione del valore venale del bene, non deve essere computato il valore dell’opera pubblica che sullo stesso bene sia stata realizzata dalla pubblica amministrazione.

L’indennizzo per acquisizione sanante deve comprendere anche il danno alla porzione residua del bene?
Sì. La Corte ha chiarito che l’indennizzo deve comprendere la diminuzione del valore economico della porzione di bene rimasta al privato a seguito dell’acquisizione. Questo principio, desumibile dall’art. 33 del Testo Unico Espropri, si applica anche all’acquisizione sanante per garantire un ristoro completo del pregiudizio patrimoniale.

Come si valuta un terreno non edificabile ai fini dell’indennizzo?
La valutazione deve basarsi sul criterio del “valore venale”, tenendo conto delle effettive e concrete possibilità di utilizzo del bene. Nel caso di specie, pur essendo l’area non edificabile, è stato considerato il suo potenziale uso come scoperto cortilizio a pertinenza di un vicino insediamento produttivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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