Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 999 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 999 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15742/2021 R.G. proposto da Comune di Monsampolo del Tronto , in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e dife so dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
avverso l ‘ordina nza n. rep. 1171/2020 della Corte d’Appello di Ancona, depositata il 1°.12.2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Monsampolo del Tronto ricorre contro l ‘ordinanza con cui la Corte d’Appello di Ancona ha determinato l’indennità dovuta a l proprietario di una porzione di terreno acquisita con decreto sanante del 22.3.2018, dopo essere stata utilizzata per la realizzazione di un’opera pubblica ( impianto di depurazione).
Si tratta di una porzione di terreno occupata in via d’urgenza nel 1978 e irreversibilmente trasformata con la realizzazione dell’opera pubblica , ma senza che venisse poi portato a termine il procedimento di espropriazione.
Il Comune aveva a suo tempo versato l’indennità provvisoria di L. 4.465.000, liquidata secondo il criterio del valore agricolo medio, che venne ritenuta sufficiente e satisfattiva al momento della definitiva acquisizione del bene. L a Corte d’Appello, adita dall’attuale controricorrente, ha invece liquidato l’indennità totale in € 195.43,77, comprensiva di pregiudizio non patrimoniale, danno alla porzione residua e risarcimento del danno per occupazione senza titolo.
Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi.
Il proprietario del bene acquisito si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno inoltre depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia «Violazione e falsa applicazione in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 32, 37, 40 e 42 -bis d.P.R. n. 327/2001 e dell’art. 14 delle NTA relative alla variante generale al Piano Regolatore delle Aree di Sviluppo industriale dell’agglomerato di Monsampolo del Tronto – Monteprandone».
Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello , aderendo acriticamente alle conclusioni raggiunte dal c.t.u., non avrebbe tenuto conto, nella stima del valore dell ‘area acquisita, del fatto che, in base al vigente strumento urbanistico, si trattava di area assolutamente non edificabile da parte dei privati, essendo destinata a interventi soltanto per impianti tecnologici pubblici.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi dell ‘ordinanza impugnata.
La Corte d’Appello non ha, infatti, considerato edificabile, o parzialmente edificabile, l’area di cui si discute, ma ha invece tenuto fermo -quale base per la stima -il dato della sua totale inedificabilità da parte dei privati. Tuttavia, ha rilevato che l’area sarebbe stata «utilizzabile quantomeno come scoperto cortilizio di pertinenza degli insediamenti produttivi, commerciali, terziari». E ciò ha fatto, non in termini astratti (e contraddicendosi con la rilevata inedificabilità), bensì dando atto dell’effettiva esistenza «del contiguo impianto produttivo di proprietà dello stesso sig. COGNOME», così «facendo concreta applicazione del criterio del valore venale».
Nel ricorso per cassazione questo dato di fatto essenziale nel ragionamento del giudice del merito sulla stima del valore dell’area non viene preso in considerazione, il che rende la critica del tutto avulsa rispetto alla motivazione della ordinanza impugnata, senza nemmeno la possibilità di scendere all’esame, nel merito, del modo in cui quel dato di fatto è stato tradotto in un valore di stima (la Corte territoriale ha attribuito all’area scoperta un valore pari al 10% del valore attribuibile ai terreni della stessa zona con destinazioni produttive; valore che è stato poi ulteriormente ridotto del 30% per tenere conto della non
edificabilità per usi privati delle aree circostanti, come si legge a pag. 11 del ricorso per cassazione).
Tutti i richiami del ricorrente alla giurisprudenza di legittimità secondo cui il vincolo all’uso esclusiv o pubblicistico preclude ai privati qualsiasi trasformazione edificatoria del suolo, sebbene corretti (Cass. nn. 7454/2020; 5803/2021), non sono pertanto pertinenti nel caso di specie, perché la decisione qui impugnata non ha affatto ipotizzato che quella acquisita fosse un’area in qualche modo edificabile, ma ha doverosamente tenuto conto -nella stima dell’area non edificabile -delle effettive e concrete possibilità di suo utilizzo, comunque alternativo rispetto alla trasformazione edificatoria del suolo.
Il secondo motivo di ricorso è rubricato «Violazione e falsa applicazione , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 42 -bis d.P.R. n. 327/2001 per aver recepito la determinazione dell’indennizzo fatta dal c.t.u. comprensiva del valore dell’opera pubblica realizzata sull’area ».
Il ricorrente si duole in questo caso che l’indennizzo sia stato determinato dalla Corte territoriale tenendo conto anche del valore dell’opera pubblica realizzata sull’area acquisita . A tal fine si riporta nel ricorso lo stralcio della relazione in cui il c.t.u. indicava due ipotesi sul valore di indennizzo: una senza tenere conto delle opere realizzate e l’altr a tenendone invece conto. In questa seconda ipotesi l’indennizzo totale v eniva determinato in € 195.437,77, che è appunto l’importo totale liquidato nell’ ordinanza.
2.1. Il motivo è fondato, alla luce del condivisibile principio affermato nella più recente giurisprudenza di questa Corte.
« In tema di indennizzo ex art.42 -bis DPR 327/2001, ai fini della determinazione del valore venale del bene oggetto del provvedimento di c.d. acquisizione sanante, alla data della adozione dello stesso, non deve computarsi, alla luce del tenore della citata disposizione, nonché del richiamo a ll’art. 37, comma 4, DPR 327/2001, che fa salva la disposizione dell’art.32, comma 1, anche il valore dell’opera pubblica che sullo stesso bene sia stata, anche solo parzialmente, realizzata dalla pubblica amministrazione » (Cass. n. 9871/2023, alla cui motivazione si rinvia, ai sensi dell’art. 118 , comma 1, disp. att. c.p.c.; conf., successivamente, Cass. nn. 16214/2023; 20354/2023; 25707/2024).
Il terzo motivo censura «Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 -bis d.P.R. n. 327/2001 , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver recepito la determinazione dell’indennizzo fatta dal c.t.u. comprensiva del valore della porzione residua».
Secondo il ricorrente l’art. 42 -bis del d.P.R. n. 327 del 2001, nel determinare il criterio per la determinazione dell’indennizzo per l’acquisizione sanante non prende in considerazione l ‘ eventuale diminuzione di valore della porzione residua rimasta in proprietà dei privati. Al contrario, la Corte d’Appello ha riconosciuto all’attuale controricorrente anche un importo pari allo stimato conseguente minor valore della porzione di area rimasta in sua proprietà.
3.1. Il motivo è infondato.
3.1.1. L’art. 33 del d.P.R. n. 327 del 2001 dispone ch e, nella determinazione dell’indennizzo per l’ «espropriazione parziale di un bene unitario», si deve tenere conto degli effetti
che l’espropri azione stessa e la realizzazione dell’opera pubblica determinano sul valore della porzione di bene rimasta in proprietà privata. Ciò, sia nel caso che la porzione residua subisca un deprezzamento (comma 1), sia nel caso in cui, invece, per la realizzazione dell’opera si verifichi un incremento di valore (comma 2). Nel primo caso l’indennizzo deve essere aumentato in misura pari al deprezzamento del bene residuo, mentre, nel secondo caso, l’indennizzo deve essere diminuito in misura pari all’incremento di valore del bene residuo.
Coerentemente con tale disposizione, è stato affermato che l’indennizzo deve comprendere la diminuzione di valore della parte di bene rimasta in proprietà del privato, escludendosi che quest’ultimo sia invece onerato dell’i nstaurazione di un separato processo per il risarcimento del relativo danno (Cass. n. 27555/2021).
3.1.2. Il ricorrente osserva, però, che l’art. 33 non è richiamato dall’art. 42 -bis del d.P.R. n. 327 del 2001; e ne trae la conclusione che esso non sia applicabile a ll’indennizzo dovuto dalla pubblica amministrazione per l’acquisizione sanante .
Tale tesi non può essere condivisa, perché le regole contenute nell’art. 33 non sono altro che un corollario del principio del valore venale quale criterio per la determinazione dell’indennizzo. Si tratta di indennizzare l’effettivo pregiudizio patrimoniale subito dal soggetto che perde la proprietà dell’immobile, il che comporta la necessità di tenere conto, in aumento dell’indennizzo , della perdita di valore del bene residuo e, in diminuzione, del vantaggio compensativo eventualmente indotto dalla realizzazione dell’opera pubblica.
3.1.3. Un cenno coerente con tale prospettiva lo si rinviene anche nella motivazione della sentenza interpretativa di rigetto n. 71/2015 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42 -bis .
Infatti, la Corte ha obiettato ai giudici rimettenti che essi, « basandosi sul solo dato letterale e trascurando una visione di sistema », e quindi omettendo di adottare un’interpretazione che facesse « riferimento genericamente al ‘ valore venale del bene ‘ », avevano prospettato l’illegittimità del la disposizione di legge perché « non contemplerebbe l’ipotesi di espropriazione parziale e non consentirebbe, per questo motivo, di tener conto della diminuzione di valore del fondo residuo, invece indennizzata fin dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359, recante ‘Espropriazioni per causa di utilità pubblica’ (art. 40, ora trasfuso nell’art. 33 del T.U. sulle espropriazioni) » (v. il punto 6.6.4. della motivazione della Corte costituzionale).
A tale interpretazione sistematica -che, in base al cenno contenuto nella motivazione della Consulta, va considerata anche costituzionalmente orientata -la Corte territoriale ha correttamente improntato la sua decisione in parte qua .
3.1.4. In proposito, trattandosi di decisione che, quantunque di rigetto in parte qua , è pronunciata su «ricorso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3 », è utile pronunciare il seguente principio di diritto: « Anche nel caso di provvedimento di c.d. acquisizione sanante, l’ indennizzo dovuto ai sensi dell’ art. 42 -bis del d.P.R. n. 327 del 2001, comprende -in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 33 del medesimo d.P.R. in materia di ‘ Espropriazione parziale di un
bene unitario ‘ -la diminuzione del valore economico della porzione di bene rimasta al privato che subisce la perdita del diritto sulla porzione acquisita dalla pubblica amministrazione ».
In definitiva, accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo e rigettato il terzo, la ordinanza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità, attenendosi al principio di diritto sopra riportato, come già espresso da Cass. n. 9871/2023.
Non è invece possibile definire il processo direttamente in questa sede, essendo compito riservato al giudice del merito la rideterminazione dell’ indennizzo applicando l’indicato principio di diritto alle risultanze istruttorie e alle valutazioni da effettuare con l’ausilio della svolta c.t.u .
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo e rigetta il terzo, cassa l ‘ordina nza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del