Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21632 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15173/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’ Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e dall’Avvocata COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale rispettivamente EMAIL
-ricorrenti- contro
COMUNE DI CASTELNUOVO BERARDENGA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAIL ;
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1748/2016 depositata il 03/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso notificato il 9 giugno 2020 hanno impugnato per cassazione l ‘ordinanza della Corte d’appello di Firenze emessa il 3 aprile 2020 e comunicata il 6 aprile 2020 con la quale è stato respinto il ricorso dai medesimi proposto in opposizione alla stima dei loro terreni indicata nel provvedimento di acquisizione sanante, emesso ai sensi dell’articolo 42 bis d.p.r. 327/2001 dal Comune di Castelnuovo Berardenga (SI) in data 12 febbraio 2016.
A fondamento del ricorso avanti alla corte d’appello avevano dedotto di essere comproprietari di alcuni terreni siti nel comune di Castelnuovo Berardenga (località INDIRIZZO) e che su una porzione di circa 1800 m² ricompresa nelle particelle 227 e 237 era stata realizzata nel 2001 una stazione ecologica da parte della società RAGIONE_SOCIALE senza che fosse mai stato loro notificato alcun provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera o comunque autorizzativo dell’occupazione dei loro terreni.
Lamentavano il conseguente illegittimo spossessamento della suddetta porzione di terreno su un totale di terreni appartenenti al compendio immobiliare di ha 4.45.25, gran parte destinati alla coltivazione di vitigni impiegati nella pregiata produzione di Chianti classico.
Precisavano che nel corso del procedimento di impugnazione della delibera della Giunta provinciale di Siena del 22 maggio 2001 n. 126, che aveva consentito la realizzazione della stazione ecologica e degli atti connessi, entrava in vigore la disposizione dell’art. 42 bis del TUE e che il Comune aveva adottato il relativo provvedimento di acquisizione sanante in data 12 febbraio 2016 determinando l’indennizzo dovuto in euro 20.350,00, giudicato,
tuttavia, incongruo dai ricorrenti, a fronte di un valore stimato delle aree acquisite al patrimonio della PA di euro 246.810,00.
Costituitosi avanti alla Corte d’appello fiorentina il Comune, confermava di avere disposto il provvedimento di acquisizione per l’area individuata al foglio 122 particella 360 (derivante dal frazionamento dell’originaria particella 237) di mq. 1924 e di avere depositato il relativo importo presso la Cassa depositi e prestiti.
Disposta CTU la corte d’appello esaminava le stime prospettate dal consulente tecnico d’ufficio secondo due distinti metodi di calcolo e riteneva non condivisibile il secondo metodo che aveva condotto alla liquidazione di un indennizzo complessivo (comprensivo sia del valore venale che del danno alla residua proprietà Cantalici) pari ad euro 42.732,20. La corte territoriale recepiva invece il calcolo basato sul metodo sintetico comparativo, con individuazione della base di calcolo in euro 2,5 euro/mq e ritenendo congrua la liquidazione a titolo di danno patrimoniale dell’importo di euro 11.000,00, oltre al danno non patrimoniale per legge forfettariamente liquidato nella misura del 10% del valore venale del bene e, quindi, pari ad euro 1100,00. Inoltre, la corte territoriale liquidata il danno conseguente all’illegittima occupazione pari al 5% annuo del pregiudizio patrimoniale e calcolato per 15 anni in euro 8.250,00. La corte d’appello, infine, escludeva la sussistenza di un pregiudizio alla porzione residua della proprietà anche a seguito della non condivisione del secondo metodo di calcolo utilizzato dal ctu.
7.La corte territoriale confermando la stima effettuata dall’Amministrazione ha pure precisato che l’indennizzo ex art. 42 bis TUE costituisce un debito di valuta, non soggetto automaticamente alla rivalutazione monetaria, né sono dovuti interessi legali dal momento che l’intera somma dovuta è già stata a suo tempo messa a disposizione dei ricorrenti mediante deposito presso il MEF.
La cassazione dell’ordinanza della Corte d’appello fiorentina è chiesta con ricorso affidato a nove motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Castelnuovo Berardenga.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE:
10. Con il primo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 189, 352 e 702 bis cod. proc. civ. per avere la corte d’appello ritenuto tardiva la precisazione delle conclusioni contenuta nel foglio depositato in data 30.9.2019, laddove i ricorrenti si erano limitati a specificare nel contesto della domanda di giusto indennizzo ex art. 42 bis TUE la voce relativa al riconoscimento del decremento di valore del fondo residuo ex art. 33 TUE, già ricompresa nella formula omnicomprensiva di ‘giusto indennizzo’ usata nel ricorso introduttivo.
10.1. La censura è inammissibile perché comunque la voce di danno è stata valutata dalla corte d’appello che l’ha esclusa per ragione di merito e non di carattere procedurali, sicché difetta in capo agli impugnanti l’interesse al gravame.
11. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 bis, 32, 37 e 40 TUE, nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42 e 117 Cost., dell’art.1 del Protocollo n.1 Addizionale alla CEDU in relazione alla ritenuta irrilevanza della vocazione dei terreni oggetto di acquisizione sanante a coltivazione di uve Chianti DOCG ed in ragione della quale essi erano stati acquistati dai Cantalici. Contestano i ricorrenti che la rigida applicazione fatta dalla corte territoriale dell’art. 40, comma 1, TUE vanifichi i principi fissati dalla giurisprudenza della Corte EDU in relazione all’idoneità dell’indennizzo di espropriazione a coprire il valore venale del terreno espropriato o acquisito. L’art. 40 comma 1 del TUE prevede che ‘Nel caso di esproprio di un’area non edificabile, l’indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo,
tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola ‘ .
11.1. Ciò posto la corte territoriale ha interpretato la disposizione nel senso che l’indennità di esproprio andava – nel caso di specie commisurata al valore di mercato dell’area agricola, con particolare riferimento alle colture effettivamente praticate e senza tener conto di possibili ulteriori futuri utilizzi dell’area quand’anche rientranti nell’ambito dell’utilizzo agricolo. Alla stregua di tale interpretazione la corte fiorentina ha poi rilevato che risulta inequivocabilmente accertato che il terreno è sempre stato coltivato negli ultimi quarant’anni a cereali e/o erba e il sopralluogo ha consentito di verificare che si tratta di terreno povero o impoverito, che necessita di pratiche agronomiche rilevanti per una corretta messa a coltura. Sulla scorta di tali rilievi la corte d’appello ha ritenuto non condivisibili le valutazioni del consulente tecnico in merito all’incremento di valore del terreno in conseguenza di una possibile utilizzazione dell’area per la produzione di uve Chianti, coltivazione che non solo non risulta essere stata praticata nell’area oggetto di acquisizione sanante, ma neppure in quella circostante la proprietà ablata.
11.2. Il motivo è inammissibile perché non correlato con la ratio decidendi , rappresentando un asserito contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU che non solo non esplicitato, ma che non risulta essere stato sottoposto al vaglio del giudice di merito.
11.3. In realtà la corte ha esaminato l’operato del ctu esplicitando le considerazioni che, in applicazione dell’art. 40 comma 1 TUE , l’hanno indotta ad escludere la sussistenza dei presupposti per riconoscere un incremento di valore agganciato ad una coltura che non risulta praticata sul fondo almeno dagli ultimi 40 anni.
12. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis, 32, 37 e 40 TUE, nonché degli artt. 3, 42, 97 e 117 Cost e dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, formulando richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale in relazione al momento cui ancorare la valutazione circa la natura dell’area ablata ed il suo decremento , che l’art. 42 bis TUE ricollega al momento dell’adozione del provvedimento bench é il valore del bene abbia subito una trasformazione a seguito dell’illegittimo spossessamento.
12.1. Premesso che la questione di legittimità costituzionale è prospettabile come motivo di ricorso purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione su questioni sostanziali o processuali che siano state ritualmente dedotte nel processo (cfr. Cass.6056/1983), essa è irrilevante nel caso in esame dal momento che è stato liquidato il valore di mercato e la corte territoriale ha osservato che se si fosse tenuta ferma la destinazione del bene all’atto dell’acquisizione non ne sarebbe risultata una destinazione diversa da quella agricola.
12.2. In tema di indennizzo ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il valore venale del bene oggetto del provvedimento di c.d. “acquisizione sanante” va determinato alla data di adozione del provvedimento acquisitivo, essendo questo volto a ripristinare, ma solo con effetto ex nunc, la legalità amministrativa violata (Cass. 8163/24). Più in dettaglio si è affermato che il valore di mercato del terreno è determinato tenendo conto della classificazione prevista dagli strumenti urbanistici in vigore a tale data, con esclusione del vincolo preordinato all’esproprio e di quelli connessi alla realizzazione dell’opera pubblica, nonché detraendo il valore intrinseco dell’opera e l’incremento o la diminuzione di valore dalla stessa arrecati all’area che costituisce oggetto del provvedimento ablatorio (Cass. 6622/2025).
12.3. La decisione della Corte territoriale fa applicazione dei suddetti principi e della destinazione agricola ‘area extraurbana Chianti Classico’ : è quindi da questo punto di vista esente da censure.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42 bis e 33 TUE laddove la corte territoriale avrebbe erroneamente escluso il riconoscimento dell’indennizzo per il decremento prodotto dall’occupazione illegittima ai terreni residuati in proprietà ai ricorrenti. Sostiene parte ricorrente che illegittimamente non era stata riconosciuta la perdita subìta dai terreni residui in ragione della presenza della stazione ecologica non potendo più essere destinati ad attività produttiva come ipotizzato al momento dell’acquisto.
13.1. La censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi . La corte territoriale ha chiesto al ctu di verificare se la parte residua del fondo era intimamente collegata a quella acquisita dalla PA da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale da conferire all’intero immobile unità economica e funzionale, di modo che il distacco di una parte di essa influisse oggettivamente in modo negativo sulla parte residua. Tale valutazione svolta sulla scorta delle condizioni concrete aveva condotto la corte d’appello a ritenere inesistente l’ipotizzato danno alla proprietà residua connesso alla mancata possibilità di presentare un eventuale Piano di Miglioramento Agricolo ed Ambientale, trattandosi di evenienza del tutto ipotetica ed invero mai era stato presentato, né prima né dopo l’occupazione abusiva da parte della proprietà COGNOME.
Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 37 e 42 bis TUE in relazione all’art. 2697 cod. civ. per non avere la corte territoriale tenuto conto, al fine di quantificare l’indennizzo dovuto per il deprezzamento dell’area residua, della vocazione edificatoria delle porzioni delle particelle
227 e 237 per circa euro 8000 al momento dell’occupazione illegittima nell’anno 2001 e fino al 2016.
14.1. Anche questo motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi e le valutazioni in fatto sviluppate dalla corte territoriale e poste a fondamento della statuizione impugnata.
14.2. La corte ha infatti chiarito che l’acquisizione sanante riguarda solo una minima parte dell’originaria particella 237 a destinazione agricola ‘area extraurbana Chianti Classico’ con la conseguenza che è estranea alla vicenda ablativa la confinante particella 227, che, diversamente dalla prima, ha sempre mantenuto lo stesso numero identificativo ed ha in parte destinazione industriale per mq 5680 ed in parte agricola ‘area extraurbana RAGIONE_SOCIALE‘. La particella ablata anche al momento in cui il terreno venne acquistato dai Cantalici il 16.2.2001, come accertato dal ctu non aveva vocazione edificatoria, essendo stata ritagliata all’interno di quella avente destinazione agricola ‘area extraurbana Chianti Classico’. Attesa questa destinazione ha perciò osservato come la determinazione della stima della porzione ablata non fosse potuta cambiare avuto riguardo al diverso momento, richiesto dai ricorrenti, in cui avvenne nel 2001 l’occupazione illegittima.
15. Con il sesto motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 37 e 42 bis TUE per avere la corte territoriale condiviso la stima effettuata dal Comune sulla base dei Tabellari valori OMI ed avere, invece, disatteso l’analisi del ‘reale ‘valore venale del bene ablato.
15.1. Il motivo è inammissibile perché, oltre che generico nella contestazione della stima svolta dalla corte fiorentina, non si misura con la ratio decidendi avendo la corte territoriale condiviso la stima del ctu, sostanzialmente adesiva a quella formulata dal Comune.
16. Con il settimo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis TUE per aver erroneamente liquidato il
danno da occupazione illegittima patito dalla proprietà nella misura del 5% annuo sul valore di quanto indicato a titolo di valore venale del solo terreno agricolo ablato anziché considerare il danno occorso alla proprietà per l’intervenuta inedificabilità dei suoli residuati in comproprietà ai ricorrenti.
16.1. Anche questa censura è inammissibile perché non correlata alla ratio decidendi della sentenza, là dove il giudice del merito non ha ritenuto provato l’indennizzo ulteriore rispetto a quello di legge quantificato in euro 8250,00 e finisce per riproporre una ricostruzione in fatto che la corte territoriale ha motivatamente disatteso.
Con l’ottavo motivo si censura la violazione dell’art. 1224 cod. civ. per non avere la corte territoriale riconosciuto ai ricorrenti né gli interessi né la rivalutazione monetaria sull’importo determinato a titolo di indennizzo, in quanto debito di valore e non di valuta.
17.1. La censura è inammissibile.
17.2. Le obbligazioni di pagare l’indennità di espropriazione e di occupazione legittima costituiscono debiti di valuta (non di valore), sicché, nel caso in cui, in esito ad opposizione alla stima effettuata in sede amministrativa, venga riconosciuto all’espropriato una maggiore somma a titolo di indennità espropriativa, l’espropriante deve corrispondere, solo su detta maggiore somma, gli interessi legali, di natura compensativa, dal giorno dell’espropriazione e fino alla data del deposito della somma medesima (Cass. 20178/2017).
La corte territoriale, facendo proprio l’insegnamento di Corte cost. 71/2015, dell’avviso che nella determinazione dell’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 42 bis TUE ‘non vengono in considerazione somme che necessitano di una rivalutazione’, si è sul punto adeguata ai concetti più generalmente espressi a riguardo da questa Corte, onde la censura, non introducendo argomenti in grado di scalfire l’indirizzo in parola, si rende inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ.
Con il nono motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. dovendo nel caso di accoglimento del ricorso riformare la decisione che ha condannato i ricorrenti alle spese in ragione della soccombenza.
18.1. L’esame del motivo è assorbito dalla declaratoria di inammissibilità di tutti i mezzi sin qui esaminati.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
In applicazione del principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima Sezione