Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21721 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21721 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28306/2021 R.G. proposto da :
COMUNE DI ARZACHENA, rappresentato e difeso dall’Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale avvocatura@pec.comunearzachena.it ;
-ricorrente e controricorrente incidentale – contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale gr@pec.slragnedda.EMAIL ;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso ORDINANZA di CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 542/2013 depositata il 14/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Il Comune di Arzachena ha impugnato per cassazione l’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari che ha accolto parzialmente il ricorso promosso dalla società RAGIONE_SOCIALE rideterminando l’indennità dovuta dal Comune di Arzachena per l’acquisizione sanante di un terreno di proprietà della ricorrente.
Il terreno di 4631 m² fu occupato nel 1997 per la realizzazione di un’area parcheggio pubblica. Il procedimento espropriativo si concluse solo nel 2013 con un decreto di acquisizione sanante, che prevedeva un’indennità di € 5.455,90.
La società ricorrente contestava in opposizione alla stima l’inadeguatezza della liquidazione effettuata dal Comune, sostenendo che l’uso lucrativo del bene fatto dal Comune fosse stato fonte per sé sino al provvedimento di acquisizione di un considerevole danno patrimoniale.
All’esito della ctu la corte territoriale riconosceva le seguenti voci di indennizzo.
In primo luogo, liquidava una somma a titolo di valore venale del fondo, pari a euro 4.584,69, calcolata in base alla destinazione urbanistica del terreno e ai numerosi vincoli paesaggistici, ambientali e urbanistici che ne precludevano qualsiasi utilizzazione edificatoria o anche solo economicamente rilevante. Il fondo, infatti, ricadeva in parte in zona ‘H’ (salvaguardia ambientale) e in parte in zona ‘S/1’ (aree di supporto alla balneazione), entrambe inidonee a generare un valore economico significativo per il possessore.
In aggiunta a tale somma, è stato riconosciuto un importo di euro 397,58 per la diminuzione di valore della porzione residua del fondo non espropriata. La Corte di merito ha ritenuto che, a seguito dell’ablazione, la parte restante del terreno avesse perso parte
della sua funzionalità e accessibilità, subendo un deprezzamento pari al 20% del proprio valore.
4.1. È stata inoltre liquidata una voce di indennizzo per pregiudizio non patrimoniale, nella misura forfetaria del 10% del valore venale del fondo ablato, pari a euro 458,47. Tale somma è stata riconosciuta ai sensi dell’art. 42 -bis del TUE, a ristoro del danno non materiale subito dal proprietario in conseguenza della perdita coattiva del diritto di proprietà.
4.2. Infine, la Corte ha riconosciuto un risarcimento del danno derivante dall’occupazione illegittima del fondo, calcolato in misura forfetaria del 5% annuo sul valore venale del bene, per un periodo di oltre undici anni (dal 1° giugno 2002 al 23 settembre 2013). Questo risarcimento, dovuto per l’utilizzo del terreno da parte del Comune senza titolo legittimo, è stato determinato in euro 2.521,53.
4.3. In sintesi, l’indennità complessiva per l’acquisizione sanante riconosciuta dalla Corte d’appello alla società ricorrente ammonta a euro 7.962,27, somma soggetta alla detrazione di quanto già percepito e su cui maturano interessi legali fino al saldo.
La cassazione della suddetta ordinanza emessa e pubblicata il 14.4.2021 è stata chiesta dal Comune di Arzachena con ricorso notificato il 12.11.2021 ed affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, a cui resiste il Comune con specifico controricorso.
Il ricorrente principale ha pure depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo del ricorso principale il Comune deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione o falsa applicazione degli artt. 39 e 42 della l. 2359/1865 e degli artt. 32 e 37 d.p.r. 327/2001 e della legge 1150/1942 e censura la valutazione venale riconosciuta in euro 0,99 al mq anziché in euro
0,75 al mq come, invece, stimato dal Comune con la deliberazione di acquisizione sanante.
7.1. Il ricorrente contesta il criterio individuato dal ctu per stabilire il valore venale del fondo ablato, essendosi erroneamente ritenuto che esso fosse divenuto inedificabile solo a seguito dell’adozione del PPR, quando, al contrario, l’inedificabil ità doveva farsi risalire all’approvazione della l.reg. 23/1999, che aveva posto sotto tutela l’intera fascia costiera per una distanza di 300 metri dalla battigia. Inoltre la stima era stata operata non sulla base dei dati ritratti dal mercato immobiliare, ma utilizzando dati astratti e statistici inadatti allo scopo.
7.2. La censura è infondata in quanto smentita dalla ricostruzione operata dal decidente che, richiamate le norme di settore, ha infatti affermato che ‘da tale quadro normativo scaturisce, come mostrato dal consulente, la competa inedificabilità del fondo oggetto di acquisizione sanante, data la sussistenza di numerosi vincoli, scaturenti dalla zona omogenea di appartenenza (per la maggior parte H, in cui nessun intervento edificatorio è consentito) e dal vincolo conformativo di tutela integrale delle aree entro 300 m. dalla costa di cui al PPR’ .
E’ evidente che la censura, prima ancora di non accordarsi al ragionamento decisorio, non trova riscontro nella realtà processuale.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale la società RAGIONE_SOCIALE censura l’ordinanza dalla Corte d’appello per la violazione dell’art. 42 -bis del D.P.R. 327/2001, in relazione alla determinazione del valore venale dell’immobile oggetto di acquisizione sanante. La società contesta che la Corte territoriale, nel confermare la valutazione del CTU, abbia determinato il valore venale del terreno esclusivamente sulla base della sua edificabilità formale, escludendo invece la considerazione della redditività effettiva del bene, in particolare la possibilità di utilizzarlo come
area di parcheggio a pagamento, destinazione per la quale era stato di fatto impiegato dal Comune.
8.1. Secondo la ricorrente, il valore venale deve riflettere l’utilizzo concreto del bene per fini di pubblica utilità, come richiesto espressamente dal comma 3 dell’art. 42 -bis. Tale norma, osserva, non limita il calcolo del valore venale alla mera edificabilità urbanistica, ma estende il concetto anche alla capacità del bene di generare reddito, pur in assenza di volumi edificabili. Nel caso in esame il ctu non avrebbe tenuto conto del fatto che il terreno era adiacente a una spiaggia molto frequentata, il Comune stesso lo aveva trasformato in parcheggio a pagamento e che tale destinazione fosse possibile anche per un privato, essendo compatibile con i vincoli urbanistici, che vietavano la costruzione di edifici ma non l’allestimento di parcheggi.
8.2. Il motivo è inammissibile poiché si astiene dal confrontarsi con le ragioni della decisione e si sostanzia nella mera reiterazione di argomenti già esaminati dal giudice del merito, di modo che esso manca di specificità.
8.3. La Corte territoriale ha debitamente spiegato, chiedendosi se, a prescindere dall’uso pubblico dell’area, il privato avrebbe potuto fare o meno altrettanto attraverso la trasformazione del bene e considerando che tale possibilità avrebbe inciso nel determinare una diversa misura dell’indennità, che ‘come ampiamente mostrato dalla consulenza, il convergere dei numerosi vincoli conformativi al diritto di proprietà del ricorrente presenti in numerosi atti amministrativi di governo del territorio rendevano, al momento dell’ablazione, le caratteristiche del bene incompatibile con qualunque sfruttamento edilizio, anche intermedio e men che meno con la controversa realizzazione dell’area di sosta a pagamento’, con ciò escludendo che l’indennità fosse determinabile in relazione alla sfruttabilità economica del bene a cui ha poi proceduto il Comune.
Rispetto a questo chiaro enunciato il motivo non prende posizione limitandosi ad esplicitare e a rinnovare le medesmi ragioni di dissenso già motivatamente disattese dal giudice del merito con la motivazione di cui sopra
Rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale, le spese di lite sono integralmente compensate fra le parti.
10. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente principale e da parte di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa fra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima Sezione