LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Acquisizione sanante: accettazione è irrevocabile?

Una società accetta l’indennizzo offerto dalla Pubblica Amministrazione per un’occupazione illegittima tramite “acquisizione sanante”. Successivamente, scopre gravi errori nel calcolo e impugna l’importo. La Corte d’Appello ritiene l’impugnazione inammissibile, considerando l’accettazione irrevocabile. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ritiene la questione nuova e di massima importanza, rinviando la causa a pubblica udienza per decidere se le norme sull’irrevocabilità dell’accettazione, previste per l’esproprio ordinario, si applichino anche al caso speciale dell’acquisizione sanante.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante e Accettazione dell’Indennizzo: un Vincolo Indissolubile?

L’istituto dell’acquisizione sanante, disciplinato dall’art. 42 bis del T.U. Espropri, rappresenta uno strumento eccezionale a disposizione della Pubblica Amministrazione per regolarizzare l’occupazione illegittima di un immobile privato. Ma cosa succede se il proprietario accetta l’indennizzo offerto e solo dopo si accorge di gravi errori nel calcolo? L’accettazione è da considerarsi irrevocabile, precludendo ogni successiva contestazione? A questa complessa domanda la Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in esame, sceglie di non dare una risposta immediata, riconoscendo la necessità di un approfondimento in pubblica udienza.

I Fatti di Causa

Una società immobiliare si è vista occupare per decenni un proprio bene da parte di un’Amministrazione statale. A seguito di sentenze amministrative passate in giudicato, l’Amministrazione è stata posta di fronte a un bivio: restituire il bene ripristinandolo o procedere con l’acquisizione sanante. L’ente pubblico ha optato per la seconda via, offrendo alla società un indennizzo di oltre 4 milioni di euro. La società, con una missiva, ha comunicato la propria accettazione dell’importo.

Tuttavia, in un momento successivo, la società ha scoperto che la valutazione era viziata da errori significativi: la superficie dei fabbricati era stata sottostimata e la destinazione urbanistica del terreno, nel frattempo divenuta edificatoria, era stata erroneamente considerata agricola. Di fronte a un danno potenziale di svariati milioni di euro, la società ha avviato un’azione legale per la determinazione del giusto indennizzo. La Corte d’Appello ha però dichiarato la domanda inammissibile, equiparando l’accettazione a un accordo negoziale irrevocabile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, investita della questione, ha emesso un’ordinanza interlocutoria. Invece di decidere il caso, ha ritenuto che le questioni sollevate fossero di particolare rilevanza, prive di precedenti specifici e meritevoli di una discussione più approfondita. Pertanto, ha rinviato la causa alla pubblica udienza della prima sezione civile.

Il cuore del problema, secondo i giudici, risiede nella profonda differenza tra la procedura di espropriazione “ordinaria” (art. 20 T.U. Espropri) e quella eccezionale dell’acquisizione sanante (art. 42 bis).

Le Motivazioni

La Corte evidenzia il contrasto tra le due procedure. Nell’esproprio ordinario, il privato ha la possibilità di interloquire, presentare osservazioni e partecipare alla determinazione dell’indennità provvisoria. In questo contesto, la legge prevede che la sua accettazione sia “irrevocabile” (art. 20, comma 5), proprio per dare stabilità a un percorso condiviso.

Nell’acquisizione sanante, invece, lo scenario è radicalmente diverso. La procedura nasce da un illecito della P.A. e si svolge iure imperii, con un’iniziativa unilaterale dell’amministrazione. Il privato subisce la decisione e, secondo la tesi della ricorrente, non ha strumenti per partecipare preventivamente alla quantificazione dell’indennizzo. Applicare per analogia il principio di irrevocabilità dell’accettazione a una situazione così squilibrata potrebbe violare il diritto di difesa e il giusto equilibrio tra interesse pubblico e proprietà privata, tutelato anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

La Corte si interroga, dunque, se sia legittimo considerare vincolante un’accettazione prestata “al buio”, senza che il proprietario sia stato messo in condizione di conoscere e verificare i criteri di calcolo utilizzati dall’amministrazione. Inoltre, si pone il problema se, in assenza di norme specifiche, si possa applicare alla acquisizione sanante l’istituto della cessione volontaria, che ha natura di negozio di diritto pubblico e il cui corrispettivo deve comunque essere congruo al valore di mercato del bene.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione sospende il giudizio e apre la strada a un futuro pronunciamento che farà chiarezza su un punto nevralgico del diritto delle espropriazioni. La decisione finale avrà implicazioni fondamentali per i rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione in tutti i casi di occupazione illegittima. Si dovrà stabilire se l’accettazione dell’indennizzo nell’acquisizione sanante possa essere contestata per vizi del consenso, come l’errore determinante, specialmente quando al privato non sia garantita una piena e preventiva informazione. La futura sentenza dovrà bilanciare l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici con il diritto del proprietario a ricevere un indennizzo giusto ed equo per la perdita del suo bene.

L’accettazione dell’indennizzo in una procedura di acquisizione sanante (art. 42 bis) è sempre irrevocabile?
L’ordinanza non dà una risposta definitiva, ma solleva un forte dubbio sulla questione. Evidenzia che, a differenza dell’esproprio ordinario, nell’acquisizione sanante manca una fase di contraddittorio preventivo, il che potrebbe rendere inapplicabile il principio di irrevocabilità dell’accettazione. La questione è rimessa a una futura decisione in pubblica udienza.

È possibile contestare l’importo dell’indennizzo per acquisizione sanante dopo averlo accettato, se si scoprono errori di calcolo?
Questa è la domanda centrale che la Corte di Cassazione dovrà risolvere. La ricorrente sostiene di sì, affermando che l’accettazione era viziata da un errore essenziale sui dati di calcolo (superfici e destinazione urbanistica). La Corte ritiene la questione meritevole di approfondimento, aprendo alla possibilità che un’accettazione basata su presupposti errati e non verificabili possa essere impugnata.

Le regole dell’espropriazione ordinaria si applicano per analogia anche all’acquisizione sanante?
La Corte di Cassazione esprime scetticismo su questa applicazione analogica automatica. Sottolinea le profonde differenze strutturali e funzionali tra le due procedure, in particolare la natura eccezionale e “riparatoria” dell’acquisizione sanante, che nasce da un illecito della P.A. e si svolge senza la partecipazione del privato, a differenza del procedimento ordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati