Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34596 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34596 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 10204-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOME
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio de ll’ avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 125/2019 della CORTE DI APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 12/02/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME
udito l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato COGNOME NOME evocava in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Reggio Calabria, invocando il riconoscimento in suo favore del diritto di comproprietà di alcuni spazi destinati a parcheggio siti al piano seminterrato di un edificio, o comunque la declaratoria della loro natura di beni comuni a tutti i partecipanti al condominio.
Nella resistenza del fallimento RAGIONE_SOCIALE società poi tornata in bonis in corso di causa, e previa la riunione del giudizio con altri
analoghi, promossi da altri partecipanti al condominio, e l’intervento di ulteriori condomini, il Tribunale, con ordinanza del 18.7.1989, ritenuta l’esistenza di norma di legge prescrittiva dell’obbligo del costruttore di immobili ad uso abitativo di realizzare e trasferire agli acquirenti delle singole unità anche spazi a parcheggio, disponeva C.T.U. per la determinazione delle aree da attribuire a ciascun condomino e della differenza dovuta alla società costruttrice. Avverso detto provvedimento, ritenuto avente contenuto di sentenza non definitiva, faceva riserva di impugnazione la sola Tramontana.
Con sentenza n. 70/2006 il Tribunale accoglieva la domanda degli attori e intervenienti, dichiarando gli stessi proprietari delle aree rispettivamente indicate dall’ausiliario come afferenti ai loro immobili e determinando quanto dovuto da ciascuno dei predetti soggetti alla società costruttrice.
Interponevano appello avverso detta decisione soltanto alcuni partecipanti al condominio, e precisamente COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME Vincenzo, COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre tutti gli altri facevano acquiescenza alla decisione di prime cure.
Con la sentenza impugnata, n. 125/2019, resa nella resistenza della società costruttrice, la Corte di Appello di Reggio Calabria accoglieva la domanda principale proposta in prime cure dalla COGNOME, dichiarando che nulla era dovuto dalla stessa per l’acquisto dell’area a parcheggio afferente all’unità immobiliare dalla stessa acquistata, ed estendeva tale statuizione anche a favore degli altri appellanti, che avevano invece contestato, in sede di impugnazione, soltanto l’ammontare della differenza stabilita a favore
della società appellata. Secondo la Corte distrettuale, la riforma della decisione di prime cure, nella parte in cui aveva disposto a carico della Tramontana l’obbligo di versare alla C.RAGIONE_SOCIALE un importo a titolo di integrazione del prezzo di cessione del suo alloggio con annesso posto auto, estenderebbe i suoi effetti favorevoli anche agli altri appellanti, nonostante essi non abbiano impugnato la sentenza del Tribunale in punto di debenza della detta integrazione, facendovi acquiescenza, con conseguente assorbimento dei gravami dai medesimi interposti, il cui oggetto era limitato alla contestazione del quantum della detta integrazione.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Il ricorso, chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 23.5.2024, è stato rinviato alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 17211/2024, sul presupposto che il quarto motivo, avente ad oggetto la statuizione con la quale la Corte distrettuale avrebbe esteso la decisione resa in favore della Tramontana anche agli altri appellanti, pur in assenza di impugnazione dagli stessi proposta sul punto, sollevasse una questione di particolare rilevanza.
In prossimità dell’adunanza camerale, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, insistendo per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso, e la parte controricorrente ha depositato memoria.
Sono comparsi all’udienza pubblica il P.G., nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nella sua requisitoria scritta, e l’avv. NOME
COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va esaminato preliminarmente, per priorità logica, il quinto motivo di ricorso, con il quale la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Tramontana, e comunque ritenere inammissibili le domande nuove che la predetta appellante avrebbe proposto in sede di gravame.
La censura è inammissibile sotto ambedue i profili suindicati.
Quanto al primo, va ribadito che dalla sentenza impugnata non emerge la prova che l’eccezione di inammissibilità del gravame fosse stata sollevata in seconda istanza, né parte ricorrente si cura di indicare in quale momento del giudizio di appello, e con quali modalità, essa sarebbe stata formulata. Di conseguenza, la censura difetta del richiesto grado di specificità e la deduzione va ritenuta nuova, in quanto proposta per la prima volta in sede di legittimità, e dunque inammissibile. In ogni caso, l’eccezione in esame è anche formulata in termini assolutamente aspecifici, in quanto la società ricorrente non riproduce i passaggi dell’atto di appello che assume essere contraddittori e generici.
Peraltro, in relazione alla questione dell’inammissibilità dell’appello, va ribadito il principio secondo cui ‘Nel giudizio di appello -che non è un novum iudicium- la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le
statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono. Ne consegue che, nell’atto di appello, ossia nell’atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, al qual fine non è sufficiente che l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità da correlare, peraltro, con la motivazione della sentenza impugnata’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18932 del 27.9.2016, Rv. 641832; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9244 del 18.4.2007, Rv. 597867; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21566 del 18/09/2017, Rv. 645411).
Il principio è interpretato, con orientamento ormai consolidato, nel senso che ‘L’onere di specificità dei motivi di appello deve ritenersi assolto quando, anche in assenza di una formalistica enunciazione, le argomentazioni contrapposte dall’appellante a quelle esposte nella decisione gravata siano tali da inficiarne il fondamento logico giuridico’ (Cass. Sez.3, Sentenza n. 18307 del 18.9.2015, Rv. 636741). In senso conforme, cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25218 del 29.11.2011, Rv. 620524, secondo la quale ‘Ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di
percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice’ (conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2814 del 12/02/2016, Rv. 638551).
Detti principi sono stati ribaditi anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno affermato che ‘Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D. L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017, Rv. 645991; conf. Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 13535 del 30/05/2018, Rv. 648722 e Cass. Sez. U, Ordinanza n. 36481 del 13/12/2022, Rv. 666375).
Poiché nella fattispecie l’atto di appello esprimeva in modo completo e adeguato le critiche mosse alla decisione di prime cure, nessun profilo di inammissibilità è in concreto ravvisabile. Il contenuto dell’atto di impugnazione è infatti riportato alle pagg. 4 e ss. della sentenza impugnata, ove si dà atto che il gravame concerneva, rispettivamente:
la spettanza, alla C.RAGIONE_SOCIALE, di una integrazione del corrispettivo fissato convenzionalmente per la compravendita conclusa con la Tramontana, a fronte del riconoscimento, in
favore di quest’ultima, del diritto di proprietà sul posto auto di cui è causa;
il fatto che la società convenuta non avesse mai proposto domanda per ottenere un supplemento di prezzo, ma solo concluso per il rigetto della pretesa di essa attrice;
l’erronea individuazione dell’area destinata a posto auto a servizio dell’unità acquistata dalla Tramontana;
la mancata pronuncia sulla domanda di quest’ultima, volta ad ottenere la condanna della società a provvedere alla sistemazione degli spazi in guisa da poterli effettivamente adibire a parcheggio ed al risarcimento del danno;
il governo delle spese operato dal Tribunale.
L’appello dunque, lungi dall’essere ‘… contraddittorio, alternativo e quindi illogico …’ , come afferma la parte ricorrente a pag. 8 del ricorso, consentiva la ricostruzione dei punti della decisione di prima istanza oggetto di censura da parte appellante.
Quanto invece al secondo profilo dedotto con il quinto motivo del ricorso, concernente la contestata articolazione, da parte della COGNOME, di domande nuove in appello, va rilevato che la censura non è assistita da interesse concreto all’impugnazione, posto che le due doglianze che la COGNOME avrebbe proposto solo in sede di gravame sono state rigettate dalla Corte distrettuale. In proposito, a pag. 6 del ricorso si contesta che l’odierna controricorrente avrebbe chiesto, solo in seconda istanza, la condanna di RAGIONE_SOCIALE a rendere conforme il piano semicantinato e ad eseguire a sue spese le opere necessarie, nonché al risarcimento del danno in forma generica.
La prima domanda è stata rigettata dalla Corte territoriale sia per la ravvisata mancanza della prova della non conformità dell’opera, sia perché l’obbligo legale posto a carico della società costruttrice era
limitato alla sola riserva di aree a parcheggio, non potendo essere configurato, a carico della predetta società, un ulteriore onere di realizzare una autorimessa pronta all’uso o di individuare posti auto da collegare, come pertinenze, a ciascun appartamento posto nello stabile di cui è causa (cfr. punto 7 della motivazione della sentenza impugnata).
La seconda domanda, invece, è stata rigettata per mancato conseguimento della prova del danno lamentato dalla Tramontana (cfr. punto 8 della motivazione della sentenza impugnata).
Da quanto precede deriva l’inammissibilità del quinto motivo del ricorso, sotto entrambi i profili sin qui esaminati.
Passando all’esame delle altre censure, con la prima di esse la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato che non si forma il giudicato per tutti gli appellanti, su un determinato capo della decisione, in presenza dell’impugnazione di uno solo di essi.
Con il secondo motivo, invece, si denunzia la violazione dell’art. 274 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale non avrebbe applicato il principio per cui, pur in presenza di riunione di diversi giudizi, tra loro connessi, ciascuno di essi doveva essere deciso in autonomia.
Con il terzo motivo, ancora, la ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe statuito, in favore di 13 dei 14 appellanti, su un punto della decisione di prime cure che i medesimi non avevano sottoposto a gravame.
Con il quarto motivo, inoltre, la C.RAGIONE_SOCIALE contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., in relazione all’art.
360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe rilevato che gli appellanti, fatta salva la sola Tramontana, avevano proposto soltanto impugnazione parziale avverso il capo della decisione di prime cure che stabiliva il quantum da essi dovuto alla società costruttrice, non contestando la debenza, ma solo l’importo della cifra ed il criterio utilizzato dal C.T.U., in prime cure, per determinarla.
Le quattro censure sono suscettibili di esame congiunto, poiché attingono, sotto diversi ma concorrenti profili, il capo della decisione di secondo grado con il quale la Corte di Appello, dopo aver dato atto che soltanto la Tramontana aveva impugnato la sentenza del Tribunale sul profilo della sussistenza dell’obbligo di riconoscere una maggiorazione alla società costruttrice, a fronte del trasferimento della proprietà dei posti auto oggetto di causa, mentre gli altri appellanti avevano contestato solo il quantum di detta maggiorazione ed il criterio di stima utilizzato dal C.T.U. per determinarlo, ha ritenuto sufficiente il gravame proposto dalla prima ‘… ad escludere che possa dirsi formato il giudicato interno sulla statuizione concernente il riconoscimento alla CESIM di una integrazione del corrispettivo delle cessioni avente causa nella cessione ai singoli acquirenti anche delle aree parcheggio, ma ancor prima in ordine ai presupposti giuridici di un tale trasferimento’ (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Le doglianze in esame sono fondate.
Nel caso di specie, infatti, si è in presenza di autonomi e distinti negozi di trasferimento della proprietà di determinati cespiti immobiliari, stipulati da diversi soggetti, ciascuno dei quali è evidentemente legittimato a disporre dei diritti derivanti dalla convenzione alla quale ha preso parte, non potendosi ammettere un’opera di supplenza svolta, nell’inerzia del titolare del diritto, da altro soggetto, sia pure versante in una situazione soggettiva analoga, in
quanto originata da un rapporto convenzionale corrispondente, come contenuto, a quello del soggetto rimasto inerte. Ove infatti la statuizione di primo grado, a fronte di diversi rapporti intersoggettivi facenti capo a più negozi distinti (ancorché aventi contenuto tra loro corrispondente), accerti la debenza, da parte dei vari soggetti coinvolti in ciascuna delle predette convenzioni, di una somma specificamente commisurata alla singola posizione soggettiva, ciascuno dei predetti soggetti ha l’onere di interporre appello, ove non intenda fare acquiescenza al dictum di tale decisione. Ne consegue che nella fattispecie, avendo 13 appellanti su 14 impugnato la decisione del Tribunale che, in relazione ai singoli rapporti negoziali intercorsi tra ciascuno di essi e la RAGIONE_SOCIALE, accertava la debenza, da parte dei primi ed a favore della seconda, di una differenza sul prezzo di compravendita, la Corte di Appello avrebbe dovuto configurare l’acquiescenza parziale, da parte di detti soggetti, al dictum del giudice di prime cure, e dunque ravvisare il passaggio in giudicato, nei loro confronti, del capo della prima sentenza concernente l’ an della debenza predetta. La statuizione della Corte calabrese, dunque, si pone in contrasto con gli artt. 324, 329 c.p.c. e 2909 c.c., nella misura in cui non ravvisa l’esistenza del giudicato parziale derivante dalla mancata proposizione, da parte degli appellanti diversi dalla Tramontana, di impugnazione della decisione di prima istanza sull’ an del debito di cui è causa.
Sul punto, va evidenziato che ‘Costituisce capo autonomo della sentenza -come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno- solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera
premessa logica della statuizione in concreto adottata’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2379 del 31/01/2018, Rv. 647932). Si configura, di conseguenza, acquiescenza parziale, e dunque giudicato interno, ogni qualvolta la parte interessata non proponga impugnazione avverso una statuizione che esaurisca un tema che abbia formato oggetto di discussione tra le parti. Ne consegue che, mentre l’impugnazione della statuizione sull’ an della pretesa creditizia implica necessariamente la contestazione del quantum , essendo il profilo della determinazione del dovuto una conseguenza logica dell’affermazione della debenza, nell’ipotesi inversa, in cui si contesti invece soltanto il quantum , ma non anche l’ an , della pretesa suindicata, si configura acquiescenza parziale, e dunque giudicato, in relazione all’affermazione della debenza, avendo la parte interessata scelto, consapevolmente, di limitare la propria contestazione alla sola determinazione del dovuto, disponendo in tal modo liberamente del proprio diritto di impugnazione.
Inoltre, va considerato anche che le controversie erano state separatamente proposte, dalla Tramontana, da una parte, e dagli altri condomini dell’edificio, dall’altra parte, per alcuni mediante autonomi atti di citazione, e per altri attraverso lo strumento processuale dell’intervento. La circostanza che le cause fossero state riunite, in prime cure, per ragioni di connessione, o che fossero state riunite, allo stesso modo, le diverse impugnazioni interposte dai diversi appellanti avverso la decisione del Tribunale, non esimeva la Corte distrettuale dal valutare la posizione di ciascuna parte, appellante o appellata, in relazione alle difese singolarmente dalla stessa svolte, in applicazione del principio secondo cui ‘Il provvedimento discrezionale di riunione di più cause -e la conseguente, congiunta trattazione delle stesse- lascia immutata l’autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni, di modo che la sentenza che decide simultaneamente
le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise’ (Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 27295 del 16/09/2022 (Rv. 665726). Da ciò deriva la violazione dell’art. 274 c.p.c., perché il giudice di appello ha pronunciato, indistintamente, su tutte le domande proposte dai vari appellanti, senza distinguere tra le rispettive posizioni di ciascuno di essi.
La Corte territoriale, inoltre, dopo aver dato atto che tutti gli appellanti, ad eccezione della sola Tramontana, avevano impugnato la decisione di prime cure soltanto in relazione al quantum della maggiorazione dovuta alla società costruttrice, e non invece in relazione all’ an della sua spettanza, ha esteso la pronuncia concernente quest’ultimo profilo a tutti gli appellanti, indipendentemente quindi dalla loro rispettiva domanda e dunque, per 13 di essi, in assenza di motivo di gravame sul punto. In tal modo, il giudice di appello ha violato anche l’art. 112 c.p.c., poiché ha riconosciuto ai predetti 13 appellanti, diversi dalla Tramontana, un bene della vita che i medesimi non avevano invocato, e si è quindi pronunciato oltre la loro richiesta.
Nella fattispecie, infine, va rilevato che la sola Tramontana aveva formulato riserva di appello avverso la statuizione, contenuta nel provvedimento del Tribunale del 18.7.1989, con il quale era stata dichiarata la sussistenza, da un lato, dell’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di trasferire, in uno al singolo appartamento, anche uno spazio destinato a parcheggio, e, dall’altro lato, del corrispondente e correlato obbligo dei singoli acquirenti di versare un’integrazione sul prezzo di cessione. La circostanza, confermata anche dalla sentenza impugnata (cfr. punto 6 della motivazione), consente di richiamare, sempre in tema di acquiescenza parziale, anche il principio secondo cui ‘In tema di riserva facoltativa di appello contro sentenze non definitive, la riserva
manifestata da una parte, in caso di soccombenza parziale di più parti, non giova anche alle altre nel caso in cui a loro volta non abbiano formulato riserva, in quanto il sistema complessivo previsto dalla legge processuale rimette ad ogni singola parte, soprattutto ex artt. 340 e 361 c.p.c., un autonomo potere di scelta fra riserva d’impugnazione e impugnazione immediata, non vincolando le altre parti alla riserva compiuta da una di esse, ma consentendo a ciascuna, anche dopo la formulazione della riserva ad opera delle altre, di proporre impugnazione immediata, rendendo priva di effetto la riserva già formulata. Ne deriva che, se alle parti che abbiano formulato la riserva è precluso il potere di proporre impugnazione immediata, tale potere non è precluso alle parti che non abbiano formulato la riserva, atteso il carattere soggettivo della riserva d’impugnazione, in analogia con il carattere soggettivo, in via generale, dell’acquiescenza’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 31153 del 29/12/2017, Rv. 646675; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20892 del 31/07/2008, Rv. 604481).
Per tutte le richiamate considerazioni, le censure proposte con i primi quattro motivi di ricorso meritano di essere accolte.
Con il sesto ed ultimo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione delle norme di diritto positivo da applicare al caso specifico, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ricostruito il quadro normativo concernente il regime dei parcheggi a servizio delle unità abitative, tralasciando di considerare che la norma della cd. ‘legge Ponte’, n. 765 del 1967, nell’imporre a carico del costruttore delle unità abitative gli oneri di urbanizzazione concernenti il posto auto a servizio di ciascuna di esse, non ha previsto il divieto di porre il relativo costo a carico dell’acquirente finale del cespite immobiliare.
La censura è assorbita dall’accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso, poiché il giudice del rinvio dovrà rivalutare la posizione degli appellanti diversi dalla Tramontana, tenendo conto della loro acquiescenza al capo della sentenza di prime cure concernente la sussistenza del loro debito verso la società odierna ricorrente, e limitando dunque l’oggetto del gravame al solo profilo del quantum da ciascuno di essi dovuto a RAGIONE_SOCIALE
In definitiva, va dichiarato inammissibile il quinto motivo, accolti i primi quattro e dichiarato assorbito il sesto.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il quinto motivo del ricorso, accoglie i primi quattro e dichiara assorbito il sesto. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda