Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23507 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23507 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21887-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME;
– intimata – avverso la sentenza n. 3088/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/12/2019 R.G.N. 4388/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Acquiescenza sentenza
Art. 329 c.p.c .
R.G.N. 21887/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
RILEVATO CHE:
La Corte di Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello dell’INPS per acquiescenza alla sentenza del Tribunale di Latina che aveva escluso la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione di NOME COGNOME alla Gestione Speciale dei lavoratori autonomi in agricoltura (quale coltivatrice diretta).
1.1. In particolare, la Corte territoriale, pur premettendo che la spontanea esecuzione della pronuncia di primo grado non comporta acquiescenza alla stessa, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla volontà di evitare ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione, ha ritenuto che, nel caso di specie, i provvedimenti del 15 settembre 2016 fossero assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione, in quanto fondati su «autonome determinazioni ed accertamenti», adottate «in modo del tutto spontaneo».
Avverso la pronuncia, ha proposto ricorso l’Inps, con un unico motivo. È rimasta intimata NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 r. 3 c.p.c. -l’Inps deduce la violazione dell’art. 329 c.p.c., per avere la Corte di appello ritenuto preclusa l’impugnazione dell’ INPS.
3.1. Assume che il riferimento, nei documenti valutati dalla Corte di merito, « all’accertamento del 20 aprile 2016 » è chiaramente relativo alla sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, emessa in pari data. Pertanto, da tale elemento, i giudici non potevano trarre la conclusione di una tacita acquiescenza alla decisione di primo grado, in applicazione del consolidato principio di diritto secondo cui la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado, anche
quando la riserva d’impugnazione non venga resa, resta comportamento equivoco, non idoneo a manifestare, ex se , l’a cquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi del dell’art. 329 cod.proc.civ.
Il motivo è fondato.
4.1. L’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 329 cod. proc. civ., consiste nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare e può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione.
4.2. Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado, da parte del soccombente, non comporta acquiescenza alla sentenza, trattandosi di un comportamento posto in essere in osservanza di un ordine di giustizia ed ispirato, potenzialmente, anche ad altre finalità, tra cui quella «di evitare l’esecuzione forzata ed ulteriori spese giudiziali» (tra le altre, Cass. nr. 26305 del 2023; Cass. nr. 34539 del 2021).
4.3. In altre parole, la manifestazione di volontà di rinunciare all’impugnazione deve essere inequivoca, poiché, con tale condotta, si dispone, indirettamente, del diritto fatto valere in giudizio; pertanto, deve anche necessariamente provenire dal soggetto che di detto diritto possa disporre o dal procuratore munito di mandato speciale (Cass. nr. 21267 del 2020).
Di tali principi non ha fatto corretta applicazione la Corte di appello che ha valorizzato, in concreto, al di là delle formule adottate, un unico elemento, oggettivamente equivoco. I giudici territoriali hanno richiamato le comunicazioni dell’Inps e, in particolare, il riferimento in esse contenuto « all’ accertamento
del 20.4.2016» che rappresenta, invece, un dato poco significativo poiché, come osservato d all’Istituto, riferibile anche « all’accertamento giudiziale » di cui alla pronuncia di primo grado, immediatamente esecutiva, resa il 20 aprile 2016.
Va, peraltro, aggiunto che la pronuncia impugnata difetta anche di ogni doveroso accertamento in ordine alla provenienza delle comunicazioni di cui si è detto; nulla chiarisce la sentenza circa il fatto che il firmatario delle note del 15.9.2016 («Direttore della sede INPS di Latina») possa avere, in base alla struttura dell’Ente, il potere di disporre del diritto controverso e, quindi, di rinunciare alle impugnazioni.
In definitiva, la conclusione che ha tratto la sentenza sulla base dei provvedimenti del 15.9.2016 inviati all’in timata e firmati dal Direttore della sede Inps di Latina- in termini di acquiescenza alla pronuncia di primo grado è erronea -e, conseguentemente, lo è la statuizione di inammissibilità dell’appello- per inesatta applicazione della norma processuale di cui all’art. 329 cod. proc.civ.
6.1. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e rinviata alla Corte di appello di Roma affinché, in diversa composizione, riesamini l’appello, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 27 maggio 2025.
La Presidente NOME COGNOME