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Acque pubbliche: quando un fosso è demanio idrico?

Una proprietaria di un immobile contesta un ordine di demolizione, sostenendo che il terreno su cui ha costruito è privato poiché il fosso sottostante è una fognatura e non un corso d’acqua demaniale. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, confermando la decisione del tribunale specializzato. La Corte chiarisce che la distinzione fattuale tra un corso d’acqua e una fognatura spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità. Viene ribadito che le acque pubbliche fanno parte del demanio inalienabile dello Stato.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Acque Pubbliche: Quando un Fosso Sotto Casa è Demanio e Non Fognatura?

La distinzione tra un corso d’acqua demaniale e una semplice fognatura può avere conseguenze enormi per i proprietari di immobili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite fa luce sulla natura delle acque pubbliche e sui limiti del sindacato del giudice di legittimità. Il caso riguarda una cittadina a cui era stata ordinata la demolizione di opere realizzate sul proprio giardino, poiché l’area era ritenuta sovrastante un fosso appartenente al demanio idrico regionale.

I Fatti del Caso: Un Fosso Conteso

Una proprietaria di un’abitazione si è vista recapitare dal Comune un’ordinanza di demolizione per una recinzione e una tettoia costruite nell’area pertinenziale della sua casa. La motivazione del Comune era che tali opere insistevano su un’area demaniale, in quanto sotto il giardino scorreva un fosso, seppur in parte tombato, facente parte del reticolo idrico regionale e quindi del demanio.

La proprietaria ha impugnato il provvedimento, sostenendo una tesi opposta: il condotto interrato non era un corso d’acqua naturale, bensì una tubatura fognaria comunale. A suo avviso, il fosso aveva perso la sua originaria funzione, essendo stato trasformato in una fognatura per convogliare liquami e acque meteoriche verso un depuratore. A sostegno della sua tesi, portava anche il fatto che lo stesso Comune, in passato, aveva eseguito lavori su quell’area per la sistemazione della rete fognaria.

La Decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP)

Il TSAP, il tribunale specializzato in materia, ha respinto il ricorso della cittadina. Dopo aver esaminato la documentazione, tra cui il reticolo idrografico regionale e le note dell’agenzia del demanio, il Tribunale ha concluso che il fosso in questione apparteneva effettivamente al demanio idrico. I giudici hanno accertato che, nonostante la tombatura, il corso d’acqua manteneva la sua funzione e confluiva in un fiume. Hanno inoltre accolto la ricostruzione del Comune, secondo cui il collettore fognario era un’entità separata e scorreva al di sotto del fosso demaniale.

La qualificazione delle acque pubbliche nel giudizio di merito

Il TSAP ha quindi stabilito che la natura demaniale del fosso non era venuta meno. Di conseguenza, l’area sovrastante era soggetta al regime dei beni demaniali, che sono inalienabili, non usucapibili e sui quali vige un divieto di costruzione. Anche la presenza di sostanze inquinanti, rilevata dalle analisi, non era stata ritenuta un elemento sufficiente a escludere la natura di acqua pubblica, poiché anche i corsi d’acqua naturali possono essere inquinati.

La Sentenza della Cassazione: il confine tra fatto e diritto

La proprietaria ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. Violazione di legge: Errata applicazione della normativa sulle acque pubbliche, poiché le acque convogliate erano di fatto acque reflue, prive dell’attitudine a soddisfare un interesse pubblico generale.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Il TSAP non avrebbe considerato adeguatamente le prove che dimostravano la natura fognaria del condotto, come le analisi chimiche e il comportamento pregresso del Comune.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, confermando la decisione del TSAP.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti del caso, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. La questione se il condotto fosse un fosso naturale o una fognatura artificiale era una questione di fatto, che il TSAP aveva risolto sulla base delle prove disponibili.

I giudici di legittimità hanno spiegato che il ricorso della proprietaria, pur mascherato da censura per violazione di legge, mirava in realtà a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, proponendo una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata dal TSAP. Quest’ultimo aveva concluso, con una motivazione logica e coerente, che il fosso demaniale e la fognatura erano due condotti distinti e separati. Tale accertamento di fatto non può essere messo in discussione in sede di Cassazione.

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha osservato che il TSAP aveva esaminato sia le analisi chimiche sia il comportamento dell’amministrazione, ma li aveva ritenuti non decisivi per sovvertire la qualificazione del bene come demaniale. Non vi era stato, quindi, un omesso esame, ma una valutazione delle prove che aveva portato a una conclusione sfavorevole alla ricorrente.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ribadisce che la qualificazione di un corso d’acqua come bene appartenente al demanio idrico si basa su un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. Una volta che tale accertamento è stato compiuto con una motivazione adeguata, non è possibile contestarlo in sede di legittimità semplicemente proponendo una diversa interpretazione delle prove. La sentenza sottolinea l’importanza della documentazione ufficiale, come i reticoli idrografici, nella determinazione della natura delle acque pubbliche e riafferma il principio che i beni demaniali sono inalienabili e non possono essere acquisiti per usucapione, anche in caso di inerzia o tolleranza da parte della Pubblica Amministrazione.

Un fosso tombato che scorre sotto una proprietà privata è sempre considerato fognatura?
No. Secondo la sentenza, la natura di un condotto dipende da un accertamento di fatto. Se, come nel caso esaminato, il fosso fa parte del reticolo idrografico regionale e mantiene la sua funzione di corso d’acqua che confluisce in un fiume, esso è considerato bene del demanio idrico (acqua pubblica), anche se tombato e anche se al di sotto di esso corre una separata condotta fognaria.

La presenza di inquinanti in un corso d’acqua ne esclude la natura di “acqua pubblica”?
No. La Corte ha confermato la valutazione del tribunale inferiore, secondo cui la presenza di sostanze inquinanti non è di per sé sufficiente a far perdere a un corso d’acqua la sua natura pubblica, poiché anche i corsi d’acqua demaniali possono contenere inquinanti.

È possibile acquisire per usucapione un’area appartenente al demanio idrico se l’ente pubblico non ne ha curato la manutenzione per anni?
No. La sentenza ribadisce che i beni appartenenti al demanio sono inalienabili e non suscettibili di usucapione. La proprietà pubblica non viene meno neanche a fronte di una lunga inerzia o tolleranza da parte della Pubblica Amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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