Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7914 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7914 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31356-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo proRAGIONE_SOCIALEtore NOME COGNOME, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore generale e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 4344/2020 della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 22/09/2020;
Oggetto
AFFITTO AZIENDA
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. 31356/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/10/2023
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 04/10/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 4344/20, del 22 settembre 2020, della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, che nel respingerne il gravame avverso la sentenza n. 3383/16, del 19 febbraio 2016, del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, accogliendo, invece, quello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) -ha rigettato la domanda di pagamento della somma di € 3.400.000,00, oltre interessi ex art. 5 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Riferisce, in punto di fatto , l’odierna ricorrente di aver stipulato con l’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘), in data 30 aprile 2009, una convenzione avente ad oggetto l’utilizzazione, quale sede operativa dello stesso, dei locali di essa RAGIONE_SOCIALE. In particolare, era stato convenuto che l’RAGIONE_SOCIALE attraverso suoi medici -erogasse assistenza sanitaria ai propri pazienti presso la struttura, e con il personale infermieristico, messigli a disposizione da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Essa, sul presupposto di vantare crediti per € 3.400.000,00, in forza di tale convenzione (in base alla quale l’ACO doveva corrispondere entro sessanta giorni dall’emissione di fatture da parte della RAGIONE_SOCIALE -acconti mensili di € 850.000,00), conveniva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, il quale, per parte propria, oltre a chiedere il rigetto della domanda, agiva in via di riconvenzione per la restituzione delle quote di acconto che assumeva di aver pagato in eccesso, dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008.
Il giudice di prime cure, tuttavia, rigettava la domanda, in ragione della ritenuta nullità della convenzione (per difetto di forma e per violazione del criterio di economicità), accogliendo, invece, la riconvenzionale.
Esperito gravame, in via di principalità, dalla RAGIONE_SOCIALE, il giudice di appello lo rigettava, accogliendo, invece, quello incidentale dell’ACO, e dunque dichiarando la nullità della convenzione per carenza del requisito dell’accreditamento di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992, oltre che del d.P.R. 14 gennaio 1997.
Contesta la ricorrente la declaratoria di nullità per difetto di accreditamento, atteso che, ai sensi degli atti normativi sopra richiamati, la qualifica di strutture accreditate spetta unicamente a chi eroga servizi sanitari. Tale non sarebbe il caso di essa ricorrente, limitatasi a mettere a disposizione la propria struttura, munita di personale infermieristico, affinché l’RAGIONE_SOCIALE, con i propri medici, potesse RAGIONE_SOCIALEre parte dei propri pazienti, secondo quanto emergerebbe, in particolare, dal Protocollo allegato alla convenzione corrente ‘ inter partes ‘. Lo confermerebbe, del resto, la circostanza che il TAR del Lazio ha ritenuto legittimo il provvedimento di diniego dell’accreditamento, pur impugnato dall’odierna ricorrente innanzi al giudice amministrativo, giudizio nel corso del quale la Regione Lazio ebbe espressamente a negare che la società RAGIONE_SOCIALE potesse essere considerata struttura privata che eroga prestazioni
sanitarie. Analoga conferma dovrebbe trarsi dalla sentenza con cui questa Corte, con riferimento ad una precedente convenzione corrente tra le stesse parti, ha affermato che ‘del contratto di spedalità manca il contenuto essenziale della effettuazione delle cure mediche e di quelle chirurgiche’, sicché la prestazione effettuata ‘non era qualificabile come sanitaria’ (è citata Cass. Sez. 3, sent. 31 ottobre 2017, n. 25844).
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che essa ricorrente svolgesse prestazioni sanitarie quale ‘ alter ego ‘ dell’RAGIONE_SOCIALE, avendo la Corte romana , in tal modo, violato le norme sull’interpretazione dei contratti. In senso contrario rispetto alla conclusione raggiunta dalla sentenza impugnata la ricorrente richiama, oltre alla già citata pronuncia di questa Corte che ha escluso la natura sanitaria delle prestazioni espletate da essa RAGIONE_SOCIALE, la delibera n. 389 del 2009 del Direttore Generale dell’RAGIONE_SOCIALE (documento versato agli atti del giudi zio). Nella stessa, infatti, si legge che l’utilizzazione della struttura della RAGIONE_SOCIALEè da considerarsi ancora necessaria ai fini dell’erogazione di prestazioni sanitarie di competenza istituzionale dell’RAGIONE_SOCIALE. Analogamente, da una nota dell’RAGIONE_SOCIALE allegata alla memoria ex art. 183 cod. proc. civ. risulterebbe che essa allocò cartelle cliniche di propri pazienti presso la suddetta struttura.
Il testo del contratto, letto nel suo insieme, confermerebbe tale conclusione.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 2), cod. proc. civ.
Si censura, infine, la sentenza impugnata per aver respinto l’appello principale ‘senza neanche una riga, anzi senza neanche una parola di motivazione’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione , con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE (succeduta, attraverso varie vicende modficative, all’RAGIONE_SOCIALE), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni da parte del ProRAGIONE_SOCIALEtore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei motivi in cui si articola , ciò che osta, pertanto, all’accoglimento della ‘istanza di abbinamento’ (ovvero, di trattazione congiunta) del presente ricorso con altri, sempre proposti da RAGIONE_SOCIALE, pendenti innanzi a questa Corte.
8.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
8.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dalla constatazione che, nella sentenza impugnata, si osserva come ‘di alcuna rilevanza sia la circostanza’ sulla quale insiste, invece, il presente ricorso, per escludere la natura sanitaria della prestazione -costituita dalla ‘mancanza di personale medico alle
dipendenze di Valla RAGIONE_SOCIALE‘ . Osserva, infatti, la Corte capitolina che ‘la prestazione medica’ era ‘appannaggio anche del personale infermieristico e tecnico ausiliario messo a disposizione da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e da questa dipendente’, su tali basi concludendo che la medesima ‘effettuava la prestazione sanitaria esercitata d all’RAGIONE_SOCIALE inserendosi nell’organizzazione’ di quest’ultima, così ‘contribuendone al raggiungimento degli obiettivi istituzionali’. Secondo la sentenza impugnata, pertanto, ‘i compiti affidati a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ si espandevano ‘fino a raggiungere e in larghissima parte coincidere con le funzioni istituzionali proprie del RAGIONE_SOCIALE‘, visto che, ‘accanto all’attività alberghiera’, si collocava ‘l’apporto di personale infermieristico e tecnico ausiliario dipendente dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nonché l’effettuazione dell’attività diagnostica’, oltre alla ‘fornitura di apparecchiature e di medicinali’ e ‘all’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie per l’assistenza’.
Tali rilievi, dunque, precedono quello censurato con il primo motivo di ricorso, il quale si rivela, pertanto, inidoneo a utilmente sindacare la sentenza impugnata, perché esso assume come motivazione il risultato di un ‘ iter ‘ argomentativo che, con il motivo, non è sottoposta a critica.
Con il motivo in esame, infatti, RAGIONE_SOCIALE si limita a ribadire che, non avendo messo a disposizione dell’RAGIONE_SOCIALE personale medico, per ciò solo si dovrebbe escludere la natura sanitaria della sua prestazione e, di conseguenza , la necessità dell’accreditamento.
Il motivo, tuttavia, non coglie -né in alcun modo si confronta criticamente -con il ‘ decisum ‘ della Corte capitolina, come sopra ricostruito, donde la sua inammissibilità (Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01).
Né, infine, senza rilievo -sempre nel senso dell’inammissibilità del presente motivo è la constatazione che le ragioni di critica che esso svolge, evocando una pluralità di documenti, omettono di indicare se, dove e con quali modalità, quanto prospettato sia stato sottoposto alla Corte territoriale, sì da divenire oggetto del suo dovere di decidere.
8.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
8.2.1. Premesso, invero, che esso investe la motivazione sottoposta a censura in modo del tutto parziale (mentre la stessa si dipana, in maniera articolata, per tutto il punto 2 di pag. 5), deve rilevarsi come la ricorrente si limiti a contrapporre la propria interpretazione delle clausole contrattali rispetto a quella accolta dalla sentenza impugnata.
Al riguardo, pertanto, deve osservarsi che ‘la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo inve ce l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato’ (ciò che non risulta avvenuto nel caso che occu pa), ‘non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata priv ilegiata l’altra’ (così Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017,
n. 28319, Rv. 646649-01; in senso conforme Cass. Sez. 1, ord. 27 giugno 2018, n. 16987, Rv. 649677-01).
8.3. Il terzo motivo è, infine, anch’esso inammissibile.
8.3.1. Al riguardo, va rilevato che l’odierna ricorrente nel lamentare l’omesso scrutinio dei motivi di appello principale avrebbe dovuto, preliminarmente, soddisfare l’onere di ricostruirne il contenuto, nella misura necessaria a soddisfare il requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.
È, infatti, ‘inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano «nuove» e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte’ (Cass. Sez. 2, sent. 20 agosto 2015, n. 17049, Rv. 636133-01).
In ogni caso, il presente motivo si paleserebbe -se non fosse inammissibile e si potesse esaminarlo per quello che è – anche infondato.
Invero, l’obiettivamente ‘lapidaria’ motivazione di rigetto dell’appello principale è una (giustificata) conseguenza del fatto che la Corte territoriale, in accoglimento del gravame incidentale, ha inteso definire la presente controversia sulla base del rilievo preg iudiziale della nullità della convenzione corrente ‘ inter partes ‘ per carenza di accreditamento, con ciò pronunciandosi implicitamente sull’appello principale.
È, infatti configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) ‘quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate,
dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logicogiuridico, la loro irrilevanza o infondatezza’; ne consegue che siffatta reiezione implicita ‘è censurabile mediante ricorso p er cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurab ile oltre che utilmente censurata’ (evenienza da escludersi nel caso di specie, dato l’esito dei due precedenti motivi) ‘in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività’ (così Cass. Sez. 3, ord. 8 maggio 2023, n. 12131, Rv. 667614-01).
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la società RAGIONE_SOCIALE a rifondere, a ll’RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 10.7 00,00, più € 200,00 per
esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, all’esito dell’adunanza camerale della