Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8987 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 25379/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, c.f. 04320310651, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL, EMAIL controricorrente avverso la sentenza n. 1232/2022 della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE depositata il 26-9-2022
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto ingiuntivo emesso il 21-12-2007 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha ingiunto ad RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) di pagare a RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria
OGGETTO: corrispettivi per prestazioni sanitarie erogate in regime di accreditamento transitorio
R.G. 25379/2022
C.C. 27-3-2024
all’incasso di RAGIONE_SOCIALE, Euro 57.570,93 oltre interessi e spese, a titolo di pagamento del corrispettivo per le prestazioni sanitarie erogate dal RAGIONE_SOCIALE nel luglio 2007.
Ha proposto opposizione RAGIONE_SOCIALE, che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1554/2020 depositata il 23-62020 ha accolto limitatamente alla decorrenza degli interessi; per l’effetto ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE opponente al pagamento della somma ingiunta oltre interessi dalla messa in mora, con rifusione delle spese di lite.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1232/2022 pubblicata il 26 -9-2022 ha accolto, rigettando la domanda di RAGIONE_SOCIALE e condannandola alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi a favore di RAGIONE_SOCIALE.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 27-3-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo , rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e ss. c.c. , nonché dell’art. 8 quinquies del D.lgs. n. 502/1992 e s.m.i. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3’, la società ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia interpretato l’accordo contrattuale sottoscritto il 23 -5-2007 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con l’allegato protocollo di intesa del 14 -5-2007 contrariamente ai canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., alla stregua dei quali avrebbe invece dovuto ritenere che la scrittura contenesse tutti i requisiti previsti dall’art. 8 -quinquies d.lgs.
502/1992 vigente ratione temporis e quindi fosse l’accordo contrattuale previsto da tale disciplina.
Specificamente, la ricorrente sostiene che l’esegesi eseguita dalla sentenza impugnata sia stata contraria al tenore letterale dell’accordo e delle disposizioni del protocollo allegate, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ., nonché ai sensi dell’art.1363 cod. civ. sull’interpretazione complessiva del contratto. Evidenzia in primo luogo che, considerata la data di sottoscrizione dell’accordo in data 23-52007, il testo dell’art. 8quinquies d.lgs. 502/1992 era quello all’epoca vigente e non quello risultante dalle modifiche successivamente introdotte, alle quali ha fatto riferimento la sentenza impugnata; sostiene che, alla luce della corretta interpretazione, l’accordo contrattuale del 23 -5-2007 integrato con il protocollo di intesa del 14-5-2007 richiamato e materialmente allegato all’accordo conteneva tutti i requisiti previsti dalla normativa, riferiti agli obiettivi di salute, ai programmi di integrazione dei servizi, al volume massimo delle prestazioni, ai requisiti del servizio da rendere, al corrispettivo concordato, al debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti. Evid enziato il contenuto dell’art. 1 del protocollo di intesa in tema di efficacia delle premesse e dell’art. 2 in tema di oggetto -relativo alla ‘fissazione dei volumi e delle tipologie delle prestazioni di assistenza specialistica distrettuale da erogarsi nell’anno 2007 da parte delle strutture private temporalmente accreditate ed i correlati limiti di spesa’ -, la ricorrente considera il contenuto dell ‘art. 3 del protocollo di intesa in tema di quantità delle prestazioni, che individua il volume massimo di prestazioni in Euro 3.779.910 distinte in colonne A, B) e C); esamina l’art. 4 , che individua il limite entro il quale doveva essere contenuta la spesa per il 2007 per il volume di prestazioni delle singole branche, per cui le disposizioni soddisfacevano il requisito dell’indicazione del volume massimo di prestazioni erogabili. Aggiunge
che l’art. 5 del protocollo prevede che la remunerazione delle prestazioni alle strutture erogatrici avveniva sulla base delle tariffe regionali, per cui era chiaramente individuato il corrispettivo preventivato; esamina altresì il contenuto degli artt. 6, 7 e 8 per evidenziare che dalla lettura congiunta di tali articoli risulta disciplinata e quindi soddisfatta l’esigenza del debito formativo delle strutture erogatrici in ordine al monitoraggio degli accordi e alle restanti procedure di cui all’art. 8 -quinquies lett. e) d.lgs. 502/1992. Infine, richiama l’art. 9 del protocollo, che regola anche le modalità di pagamento e i controlli spettanti all’RAGIONE_SOCIALE , lamentando che la sentenza impugnata abbia disatteso o trascurato tali elementi semantici, che avrebbero imposto di concludere che l’accordo sottoscritto il 23 -5-2007 con l’allegato protocollo di intesa del 14 -5-2007 soddisfaceva i requisiti di cui all’a rt. 8-quinquies d.lgs. 502/1992 ratione temporis vigente.
1.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha richiamato il precedente di Cass. Sez. 3 5-7-2018 n. 17588 (Rv. 649553-01) per dichiarare che sussisteva l’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege 833/1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente anche durante il regime di accreditamento provvisorio o transitorio; ha dichiarato che con tale contratto in forma scritta la struttura provvisoriamente accreditata avrebbe accettato le tariffe, le condizioni di determinazione dell’eventuale regressione tariffaria, i limiti alla quantità di prestazioni erogabili dalla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno in esercizio, mentre l’ente pubblico avrebbe assunto l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi, in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate, vincolandosi a eseguirla secondo le modalità e i tempi indicati nel contratto che fossero stati convenzionalmente stabiliti oppure risultassero applicabili
in virtù di integrazione legislativa. Tali statuizioni sono corrette, in quanto testualmente in tal senso è stato enunciato il principio di diritto da Cass. 17588/2018, laddove si legge: « deve essere data risposta affermativa al quesito se, ‘anche’ durante il regime di ‘accreditamento provvisorio o transitorio’ (non essendo stato ancora attuato il regime di accreditamento istituzionale-definitivo), sussista l’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833/1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente, con il quale la struttura provvisoriamente accreditata accetta -vincolandosi a rispettare- le tariffe, le condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, nonché i limiti alla quantità di prestazioni erogabili dalla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno in esercizio, mentre l’ente pubblico non economico assume le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi, in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del SSR, vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa ». Cass. 17588/2018, alla quale si deve dare continuità, è giunta a questa conclusione richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il passaggio dal regime di convenzionamento esterno al nuovo regime di accreditamento previsto dall’art. 8 d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 non ha modificato la natura del rapporto esistente tra Amministrazione pubblica e strutture private, che rimane di natura concessoria, con la conseguenza che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato « ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali » (Cass. Sez. 3 25-1-2011 n. 1740 Rv. 617221-01, Cass. Sez. 3 19-11-2015 n. 23657
Rv. 638096-01). Cass. 17588/2018 ha aggiunto che la qualità di soggetto ‘accreditato’ è condizione necessaria ma non sufficiente per conseguire il pagamento delle prestazioni erogate agli utenti del RAGIONE_SOCIALE, come si desume dall’art. 8 -bis co.4 d.lgs. 502/1992, che richiede anche la stipulazione di accordi contrattuali e dall’art. 8 -quater co.2, che riconduce gli effetti obbligatori tra le parti esclusivamente alla specifica convenzione stipulata tra la struttura privata e l’RAGIONE_SOCIALE di rifer imento; ha altresì dato atto che la sequenza strutturale trova applicazione anche al regime di accreditamento transitorio ex art. 8-quater co.6 e provvisorio ex art. 8-quater co.7 d.lgs. 502/1992, in quanto il sistema dell’accreditamento costituisce una mera evoluzione del previgente sistema concessorio, già strutturato secondo lo schema della concessione-contratto, con la previsione di apposita convenzione che si aggiunge al provvedimento di concessione di pubblico servizio.
Non rileva neppure quanto deduce la ricorrente in ordine al fatto che la sentenza impugnata avrebbe fatto riferimento al contenuto dell’art. 8 -quinquies che non era vigente nel periodo di interesse, in quanto l’art. 8 -quinquies ratione temporis vigente, nella formulazione modificata dal d.lgs. 28 luglio 2000 n. 254, al secondo comma prevedeva la stipulazione di contratti tra le unità sanitarie nazionali e le strutture private che contenesse, secondo la previsione della lett.d), ‘il corrispettivo preventivat o a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extratariffaria delle funzioni incluse nell’accordo’ e perciò indicasse il limite massimo del corrispettivo spettante alla singola struttura in relazione alla quantità di prestazioni concordate.
La sentenza impugnata ha evidenziato che l’accordo stipulato il 23-52007 tra l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE era diretto a regolare il volume delle prestazioni erogabili e i relativi limiti di spesa
per l’anno 2007 mediante l’applicazione del ‘protocollo di intesa’ sottoscritto dall’RAGIONE_SOCIALE con le RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente non censura tale affermazione, ma esamina il contenuto del protocollo di intesa al fine di sostenere che erroneamente la Corte territoriale abbia escluso che lo stesso contenesse tutti i requisiti richiesti dall’art. 8 -quinquies nella formulazione ratione temporis vigente. Al contrario è evidente -e infatti nessun argomento di segno contrario offre la ricorrente- che il pr otocollo di intesa sottoscritto dall’RAGIONE_SOCIALE con le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non potesse contenere i limiti alla quantità di prestazioni erogabili dalla singola struttura RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; perciò almeno sotto questo profilo, assorbente su tutti gli altri, esattamente la sentenza impugnata ha escluso che l’accordo 23 -5-2007 avesse i requisiti richiesti per l’accordo stipulato dalla singola struttura con l’RAGIONE_SOCIALE e ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente.
2.Con il secondo motivo , rubricato ‘ violazione e falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014 n. 55 e, in particolare, del relativo articolo 4, in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1 n.3’, la società ricorrente sostiene che la liquidazione dei compensi a suo carico per il giudizio di primo grado sia errata, sia perché eseguita unitariamente senza distinguere le diverse fasi, sia perché eseguita per il primo grado riconoscendo il compenso per la fase istruttoria non svolta.
2.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha espressamente dichiarato di liquidare i compensi sulla base dei criteri di cui al D.M. 55/2014 e dei parametri minimi aggiornati dal D.M. 37/2018, con riferimento allo scaglione di valore della causa e ha quantificato i compensi in Euro 7.795,00 per il primo grado ed Euro 4.758,00 per il secondo grado. La stessa ricorrente a pag. 40 del ricorso indica i compensi minimi per le quattro fasi di studio, introduttiva, istruttoria/di trattazione e decisione sulla base dello scaglione applicato (da Euro 52.001,00 a Euro 260.000,00),
giungendo allo stesso risultato di Euro 7.795,00 della sentenza impugnata. Quindi, posto che la distinzione del compenso per fasi è finalizzato a consentire la verifica della correttezza dei parametri utilizzati e il rispetto delle relative tabelle (Cass. Sez. 6-L 23-7-2018 n. 19482 Rv.650096-01, Cass. Sez. 6-L 31-3-2016 n. 6306 Rv. 63954901), è evidente che la mancata indicazione dei compensi per le singole fasi è risultata nella fattispecie irrilevante; ciò perché la sentenza ha dichiarato di applicare i compensi minimi e ha indicato lo scaglione applicato e questi due elementi hanno consentito all’interessat a di individuare immediatamente il compenso applicato per ogni singola fase, tanto da averlo indicato nel ricorso.
La censura è infondata anche in ordine al mancato svolgimento della fase istruttoria, in quanto ai fini della liquidazione del compenso al difensore l’art. 4 co.5 lett. c) D.M. 55/2014 include nella fase istruttoria non solo l’espletamento delle prove e il deposito delle relative memorie -che la ricorrente evidenzia non essere avvenuto nella fattispecie-, ma anche tutte le ulteriori attività ivi elencate, tra le quali le istanze al giudice in qualsiasi forma; nella fattispecie la stessa ricorrente deduce ch e all’udienza del 25 -2-2009 le parti avevano chiesto la concessione dei termini ex art. 183 co.6 cod. proc. civ. e che alla successiva udienza del 9-7-2009 le parti avevano chiesto la fissazione di udienza di precisazione delle conclusioni, per cui in questo modo si era concretamente svolta la fase di trattazione (cfr. Cass. Sez. 2 27-3-2023 n. 8561 Rv. 667505-02, secondo cui il D.M. 55/2014 non prevede compenso specifico per la fase istruttoria, ma prevede compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche quella istruttoria; cfr. nello stesso Cass. Sez. 3 13-10-2023 n. 28627 Rv. 669319-01 per il giudizio sommario di cognizione).
3.Ne consegue che il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente è
condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre accessori di legge. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione