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Accreditamento sanitario: obbligatorio il contratto

Una società di factoring ha agito in giudizio contro un’Azienda Sanitaria Locale per ottenere il pagamento di prestazioni sanitarie erogate da un centro diagnostico privato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’accreditamento sanitario, anche se transitorio, non è sufficiente a fondare l’obbligo di pagamento. È indispensabile la stipula di un contratto scritto individuale tra l’ASL e la struttura, che definisca prestazioni, limiti di spesa e corrispettivi. Un protocollo d’intesa generale con le associazioni di categoria non può sostituire tale accordo specifico.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accreditamento Sanitario: Senza Contratto Scritto l’ASL non Paga

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale nei rapporti tra sanità pubblica e privata, ribadendo un principio fondamentale: l’accreditamento sanitario di una struttura non è di per sé sufficiente a garantire il pagamento delle prestazioni erogate per conto del Servizio Sanitario Nazionale. Con l’ordinanza n. 8987/2024, i giudici supremi hanno chiarito che è indispensabile la stipula di un contratto specifico e scritto tra l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) e il singolo operatore privato.

I Fatti di Causa: Dalla Richiesta di Pagamento al Ricorso in Cassazione

Il caso nasce dalla richiesta di pagamento avanzata da una società di factoring, in qualità di mandataria all’incasso di un centro diagnostico privato. La società aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro un’ASL per il pagamento di circa 57.000 euro, a titolo di corrispettivo per prestazioni sanitarie fornite nel luglio 2007.

L’ASL si opponeva al decreto, e la controversia attraversava i due gradi di merito. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, accoglieva l’appello dell’ASL e rigettava la domanda della società di factoring. La motivazione della Corte territoriale si basava sull’assenza di un valido contratto stipulato tra la singola struttura sanitaria e l’ASL, ritenendo non sufficiente un “protocollo di intesa” sottoscritto dall’ente pubblico con le associazioni di categoria. Contro questa decisione, la società di factoring ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata interpretazione delle norme e del contratto.

L’Accreditamento Sanitario e la Necessità del Contratto Individuale

Il nodo centrale della questione riguarda i requisiti necessari per far sorgere l’obbligazione di pagamento in capo all’ASL. La società ricorrente sosteneva che l’accordo del 2007, integrato dal protocollo d’intesa, contenesse tutti gli elementi richiesti dalla legge all’epoca vigente (art. 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992) per essere considerato un contratto valido.

La Cassazione, tuttavia, ha sposato una linea interpretativa rigorosa, confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza. I giudici hanno sottolineato che la qualifica di soggetto “accreditato” è una condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere il pagamento. Il sistema normativo, evoluzione del precedente regime concessorio, richiede un passaggio ulteriore: la stipulazione di specifici accordi contrattuali.

Anche nel regime di accreditamento sanitario transitorio, la struttura privata deve accettare, tramite un contratto scritto, le tariffe, le condizioni di pagamento, i limiti quantitativi delle prestazioni erogabili e i tetti massimi di spesa. Un protocollo d’intesa generale, stipulato con le associazioni di categoria, non può assolvere a questa funzione, in quanto per sua natura non può definire i limiti specifici per ogni singola struttura.

La Questione della Liquidazione delle Spese Legali

Un secondo motivo di ricorso riguardava la presunta erronea liquidazione delle spese legali a carico della società soccombente. In particolare, si lamentava che il giudice d’appello avesse liquidato un importo unitario senza distinguere le diverse fasi processuali e riconoscendo un compenso anche per la fase istruttoria, che a dire della ricorrente non si era svolta.

Anche su questo punto, la Cassazione ha respinto il ricorso. Ha chiarito che la distinzione del compenso per fasi serve a verificarne la correttezza. Tuttavia, se la sentenza indica i criteri generali (es. applicazione dei minimi tariffari) e lo scaglione di valore, la mancata specificazione è irrilevante, poiché la parte può comunque ricostruire il calcolo. Inoltre, la Corte ha precisato che la fase di trattazione include anche attività come la richiesta di termini o la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, attività che si erano effettivamente svolte nel caso di specie.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio, già affermato in precedenti pronunce (in particolare Cass. n. 17588/2018), secondo cui il passaggio dal sistema di convenzionamento a quello dell’accreditamento non ha eliminato la necessità di un rapporto contrattuale formale. L’accreditamento attesta l’idoneità della struttura, ma è il contratto che disciplina il rapporto obbligatorio, definendo l’oggetto, le modalità e i limiti delle prestazioni rimborsabili.

I giudici hanno evidenziato che l’accordo quadro invocato dalla ricorrente era inidoneo a stabilire “i limiti alla quantità di prestazioni erogabili dalla singola struttura”. Questo elemento è essenziale per la programmazione sanitaria e il controllo della spesa pubblica. Di conseguenza, in assenza di un contratto individuale che specificasse tali limiti, nessun obbligo di pagamento poteva sorgere in capo all’ASL. L’accordo tra l’ASL e il centro diagnostico era finalizzato solo a regolare il volume complessivo delle prestazioni e i tetti di spesa generali, non a costituire un valido titolo contrattuale per la singola prestazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza ribadisce un messaggio chiaro per gli operatori sanitari privati che intendono lavorare con il Servizio Sanitario Nazionale: la semplice autorizzazione e l’accreditamento non sono sufficienti per vedersi riconosciuto il diritto al pagamento. È imperativo formalizzare il rapporto con l’ASL competente attraverso un contratto scritto che rispetti tutti i requisiti di legge, in particolare la definizione chiara dei volumi di prestazioni e dei tetti di spesa. Questa pronuncia rafforza gli strumenti di controllo e programmazione della spesa sanitaria pubblica, ponendo a carico delle strutture private l’onere di assicurarsi di operare all’interno di una cornice contrattuale ben definita e valida.

Per ottenere il pagamento dall’ASL, è sufficiente che una struttura sanitaria privata sia in regime di accreditamento transitorio?
No, non è sufficiente. La Corte ha stabilito che anche durante il regime di accreditamento transitorio, la struttura privata deve stipulare un apposito contratto scritto con l’ASL territorialmente competente.

Un accordo quadro o un protocollo d’intesa tra l’ASL e le associazioni di categoria può sostituire il contratto individuale con la singola struttura sanitaria?
No. La sentenza chiarisce che un protocollo d’intesa generale non può contenere gli elementi specifici richiesti per la singola struttura, come i limiti quantitativi delle prestazioni erogabili. Pertanto, non sostituisce il necessario contratto individuale.

Nella liquidazione delle spese legali, il giudice deve specificare il compenso per ogni singola fase processuale?
Non necessariamente. Se il giudice indica i criteri utilizzati (come l’applicazione dei compensi minimi) e lo scaglione di valore della causa, la mancata distinzione del compenso per singole fasi è irrilevante, poiché la parte interessata può comunque verificare la correttezza della liquidazione totale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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