Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10715 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20923/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
ASL N. 1 AVEZZANO, elettivamente domiciliato in AVEZZANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 155/2022 depositata il 02/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 30/08/2022, illustrato da successiva memoria, Intesa San Paolo s.p.a. impugna per cassazione la sentenza n. 155/2022 del 2/2/2022 emessa dalla Corte d’appello di L’ Aquila nei confronti della ASL1 di Avezzano -Sulmona, con la quale è stata rigettata la richiesta di pagamento di fatture emesse per prestazioni sanitarie effettuate tra la clinica INI di Canistro per le prestazioni ambulatoriali di dialisi rese nel periodo ottobre 2008/dicembre 2009, quando quest’ultima era in regime di accreditamento provvisorio. La ASL intimata non ha svolto difese.
La sentenza rigettava l’appello della ricorrente, cessionaria del credito, assumendo che corretta fosse la statuizione del primo giudice di insussistenza del credito per mancanza di un contratto scritto, non essendo all’uopo sufficiente il solo accreditamento provvisorio della clinica e la produzione delle fatture ex art. 8 quater d.lgs/1992.
Motivi della decisione
Con il primo motivo ex articolo 360 1 comma, n. 3 cod. proc. civ. la ricorrente deduce violazione di legge per contrasto all’art. 1339 c.c. e all’art. 12 prel. ex artt. 16 e 17 r.d. 2440/1923, d. lgs 502/92, l. 724/1994 e l.lgs 299/1999, oltre ad artt. 112,115 e 116 c.p.c., per avere la Corte negato il diritto alla remunerazione delle prestazioni erogate, essendo prestazioni che la regione si era obbligata a rendere sempre, senza alcuna discrezionalità, rientrando nella categoria dei Livelli Essenziali Assistenziali.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ex articolo 360 numero 3 cod. proc.civ. la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
e degli artt. 2697 e 279 c.c., anche ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di ritenere provato il rapporto contrattuale, il budget e le prestazioni, attesa la valenza probatoria delle fatture, delle schede allegate e delle delibere regionali.
I motivi sono inammissibili e, vertendo sulla medesima questione vista sotto diversi profili di nullità della sentenza, vengono trattati congiuntamente.
Le censure sono inammissibili sotto il profilo dell’articolo 366 numero 4 cod.proc.civ. poiché la lettura dei due motivi, al lume della motivazione, evidenzia come la loro illustrazione non si correli alla motivazione amplissima enunciata dalla Corte territoriale, né al principio in essa affermato del tutto conforme alla giurisprudenza formatasi sulla medesima questione ( Cass. SU 23745 del 28/10/2020).
La sentenza impugnata fonda il rigetto della pretesa creditoria sulle seguenti argomentazioni.
L’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833 del 1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la ASL territorialmente competente sussiste anche durante il regime di accreditamento provvisorio o transitorio; con esso, per un verso, la struttura accetta e si vincola a rispettare le tariffe, le condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, nonché i limiti alla quantità di prestazioni erogabili alla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno di esercizio; per l’altro, l’ente pubblico assume l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del SSR, vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa. Difatti, il regime
transitorio – dettato dall’art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994 e relativo al passaggio dei soggetti privati già convenzionati dal regime di convenzionamento esterno al nuovo sistema dell’accreditamento, previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992 -consente la prosecuzione dell’attività di erogazione delle prestazioni sanitarie, in attesa dei provvedimenti di accreditamento, subordinatamente alla stipula di un contratto con l’ASL con il quale la struttura accetta il sistema di remunerazione sulla base delle tariffe regionali, con la conseguenza che la fonte del rapporto con l’azienda sanitaria non è più la convenzione precedentemente stipulata in base alla l. n. 833 del 1978 (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 17588 del 05/07/2018; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 7019 del 11/03/2020; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 20997 del 26/07/2024). Talché il diritto al rimborso, da parte del SSN, delle spese sostenute per prestazioni socio-sanitarie connotate dal requisito della necessità ed urgenza, rese in assenza di convenzione, spetta eventualmente al cittadino e non alla struttura che dette prestazioni abbia erogato, dal momento che, in mancanza di un rapporto di convenzionamento, quest’ultima non può vantare un diritto di credito proprio nei confronti della ASL, né ha titolo per azionare quello spettante al paziente (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 22303 del 25/07/2023.
Né in questo caso può dirsi che l’accreditamento provvisorio generi obbligazioni ex lege poste a carico della P.A., proprio perché il collegamento tra convenzione e contratto è mancato. In tale contesto, pertanto, non ha rilievo il principio della Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 14188 del 2016, ha ravvisato una responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, in pendenza dell’approvazione ministeriale, essendo un profilo non dedotto in questa sede
processuale ove si intende soddisfare un diritto di credito di cui manca ogni titolo.
Pertanto, alla luce di tali corrette argomentazioni, ogni altra questione rimane assorbita.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2025, nella Camera di consiglio