Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5213 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5213 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27024/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
ASL N 1 AVEZZANO – SULMONA – L’AQUILA, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1191/2022 depositata il 07/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- La Casa di Cura RAGIONE_SOCIALE ha effettuato prestazioni sanitarie, in regime di accreditamento provvisorio, a favore della Asl di Avezzano- Sulmona -L’Aquila. Ha poi ceduto il credito al corrispettivo alla Ubi RAGIONE_SOCIALE, che poi è stata incorporata da Intesa San Paolo.
2.Quest’ultima ha dunque agito nei confronti della ASL per riscuotere il credito in cui era subentrata, e ciò davanti al Tribunale di L’Aquila.
La ASL si è costituita ed ha eccepito il difetto di un titolo che legittimasse quel credito, ossia, in pratica, il difetto di un contratto con la Regione, su cui fondare il credito.
Nel corso del giudizio la stessa Intesa ha chiesto ed ottenuto la chiamata in causa della Regione Abruzzo, che si è dunque costituita ed ha chiesto anche essa il rigetto della domanda.
Il Tribunale ha respinto la pretesa di Intesta San Paolo, per l’appunto, evidenziando l’inesistenza di un qualche contratto a fondamento del diritto.
3.- Intesa San Paolo ha proposto appello, ma nei confronti della sola ASL, e la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado.
4.- Ora Intesa San Paolo ricorre qui con due motivi di censura, cui ha fatto seguito il controricorso della ASL, illustrato da una memoria che però consiste nel semplice fatto di riportarsi a quanto già scritto nell’atto precedente, e pertanto non può considerarsi tale, difettando dei requisiti di legge.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si prospetta violazione dell’articolo 331 c.p.c.
La ricorrente sostiene che non è stata rispettata l’integrità del contraddittorio per il fatto che, in appello, non è stata citata la Regione Abruzzo, che aveva fatto parte del giudizio in primo grado.
In altri termini, davanti al Tribunale, la Regione Abruzzo era stata chiamata in causa e si era costituita. Poi però Intesa San Paolo ha proposto appello solo nei confronti della ASL, con la conseguenza che la Regione Abbruzzo non è stata parte del giudizio di secondo grado.
Ritiene la ricorrente che si tratta di un caso di litisconsorzio processuale, la cui violazione comporta nullità rilevabile d’ufficio.
Il motivo è infondato.
A dare causa a detta nullità è stata la stessa ricorrente, che non ha proposto appello nei confronti della Regione Abruzzo, e l’ha dunque esclusa dal secondo grado di giudizio, ed ora si duole di tale esclusione.
Non può operare del resto la regola secondo cui la nullità è rilevabile d’ufficio, e secondo cui dunque non conta il fatto che sia stata causata da chi ora la eccepisce, in quanto è principio di diritto che <> (Cass. 21381/ 2018; Cass. 11246/ 2022).
Dunque, chi ha dato causa alla nullità può dolersene e far si che venga rilevata d’ufficio solo nel caso in cui il litisconsorzio è necessario sin dall’origine (art. 102 c.p.c.) o è stato imposto dal giudice (107 c.p.c.).
Nessuna di tali due ipotesi ricorre nella fattispecie, in quanto tra la ASL e la regione non c’è, rispetto ai crediti da prestazioni sanitarie, un litisconsorzio necessario che imponga sin dall’inizio la partecipazione di entrambi al giudizio. Né può citarsi a dimostrazione del contrario l’articolo 1 della legge 423 del 1993, che si limita invece a stabilire su chi gravino i debiti assunti nei confronti di farmacie, medici e strutture convenzionate, ma non contiene una regola sulla necessaria partecipazione al processo di tutti i soggetti coinvolti dal rapporto contrattuale.
2.Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’articolo 1339 c.c. nonché delle leggi istitutive dei rapporti di convenzionamento tra Asl e soggetti privati.
La tesi è la seguente.
Quando le prestazioni sono state effettuate, vigeva il regime di accreditamento provvisorio, in quanto quello dell’accreditamento definitivo è stato introdotto successivamente.
Nel regime di accreditamento provvisorio non era necessaria la stipula in forma scritta di un contratto, come imposta dalla
legge di contabilità del 2440 del 1923, in quanto l’accreditamento stesso creava il rapporto contrattuale alla sola condizione che la parte privata avesse accettato le tariffe. Con la conseguenza che deve ritenersi errata la tesi dei giudici di merito secondo cui non c’è prova di un contratto fatto per iscritto, necessario a fondare la pretesa di pagamento.
Il motivo è infondato.
Non può essere accolta l’eccezione della ASL controricorrente secondo cui la censura è da ritenersi nuova, in quanto non proposta nei gradi di merito, dove invece era stato fatto valere un diverso argomento: che il contratto del 2001 si fosse prorogato negli anni, e che dunque al momento in cui sono state effettuate le prestazioni vi era un titolo contrattuale valido.
Rispetto a tale argomento, secondo la ASL, quello fatto valere quiossia esistenza di un contratto implicito nell’accreditamento provvisorio – diventa dunque argomento nuovo, non ammissibile.
Questa eccezione è infondata, in quanto risulta dalla sentenza impugnata, che, nel riassumere i motivi di appello, l’appellante aveva ‘evidenziato come fosse già sufficiente il solo accreditamento ‘ (p. 2), ed è su tale motivo di appello che poi la stessa sentenza impugnata si pronuncia.
Ma, se pure ammissibile, il motivo è infondato in quanto non può dirsi che un contratto sia implicito nell’accreditamento provvisorio, che è misura idonea a fare da presupposto alla stipula del contratto.
E’ infatti giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui ‘l’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833 del 1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la ASL territorialmente competente sussiste anche durante il regime di
accreditamento provvisorio o transitorio; con esso, per un verso, la struttura accetta e si vincola a rispettare le tariffe, le condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, nonché i limiti alla quantità di prestazioni erogabili alla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno di esercizio; per l’altro, l’ente pubblico assume l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del SSR, vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa.’ (Cass. 17588/ 2018; Cass. 30917/ 2018).
Si tratta di un condivisibile principio, il quale tiene altresì conto del fatto che la convenzione non necessariamente contiene la disciplina puntuale quanto alla esecuzione del contratto, alle sue modalità ed alla disciplina dell’oggetto.
E tiene altresì conto della diversa finalità dei due atti: il primo volto a vagliare i requisiti perché si possa avere il secondo.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/1/2025