Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23387 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23387 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. rg. 9536/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , con sede in RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con il quale elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO .
-controricorrente –
REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con il quale elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso l ‘avvocatura dell’Ente .
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’ AVV_NOTAIO, con il quale elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d ‘Appello di RAGIONE_SOCIALE n. 6497 , depositata in data 0410/2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/06/2024//2019 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE ha riformato la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con la quale era stata accolta la domanda di RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionario del credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, individuata quale legittimata passiva, per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale rese da una struttura ambulatoriale in regime di accreditamento provvisorio assistite da fatture per l’importo complessivo di € 562.214,07, oltre interessi moratori ex artt. 4 e 5 D.Lgs. n. 231/2002.
La Corte del merito ha ritenuto fondato il motivo di appello con il quale era stata contestata dalla RAGIONE_SOCIALE ospedaliera la sussistenza del credito azionato in assenza di contratto scritto stipulato dalla cedente con l’amministrazione anche con riferimento alla remunerazione di prestazioni erogate da struttura provvisoriamente accreditata.
Al riguardo, la Corte territoriale ha richiamato il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte (Cass. N. 17588/2018; Cass. N.30917/2018) che impone anche per le strutture accreditate in via provvisoria l’obbligo di stipulare apposito contratto in forma scritta ai fini della valida insorgenza del rapporto obbligatorio con l’ente pubblico (ASL territorialmente competente).
La sentenza, pubblicata il 04/10/2021, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria dei crediti del RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE accreditato provvisoriamente, con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui la Regione Lazio, la RAGIONE_SOCIALE, e l’RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria, ad eccezione della Regione Lazio.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 R.D. n. 2440/1923, art. 1 D.Lgs. n. 502/1992 e s.m.i., art. 6, comma 6 L. R. Lazio n. 4/2003, art. 117 Cost..
La censura è finalizzata a far mutare l’orientamento della Corte seguito dal giudice di merito che ha affermato l’obbligatorietà, anche per le case di cura provvisoriamente accreditate, di un contratto scritto ad substantiam. Ad avviso della ricorrente tale condizione trasformerebbe un rapporto di natura commutativa in un rapporto aleatorio in quanto dipendente in via unilaterale dalla predisposizione da parte dell’ente pubblico dei contratti da stipulare con le strutture accreditate in via provvisoria. Tale meccanismo comporterebbe una interruzione del servizio sanitario universale costituzionalmente garantito.
Inoltre, viene sottoposto a critica il predetto orientamento giurisprudenziale nella parte in cui equipara l’accreditamento provvisorio a quello definitivo ai fini della necessità di stipula degli accordi contrattuali, posto che l’art. 6, comma 6 L. 724/1994 avrebbe stabilito che le case di cura già convenzionate ex legge 833/1978 per proseguire la loro attività concessoria avrebbero dovuto soltanto accettare il sistema della remunerazione a prestazione sulla
base delle tariffe predeterminate dalla regione. Tale opzione ermeneutica troverebbe un aggancio nella pronuncia di questa Corte (Cass n. 1740/2011) secondo cui l’istituto dell’accreditamento provvisorio ‘attua la prosecuzione, fino alla concessione dell’accreditamento definitivo ed alla stipula dei rel ativi accordi contrattuali, dei rapporti tra l’amministrazione sanitaria ed i soggetti delle cui prestazioni essa già si avvaleva’.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonché dell’art. 2 Cost. .
Nello svolgimento del rapporto fra struttura accreditata ed RAGIONE_SOCIALE si sarebbe creato un legittimo affidamento nel buon esito del rapporto con responsabilità dell’amministrazione derivante da contatto sociale qualificato. La struttura sanitaria accreditata provvisoriamente ha, infatti, reso le prestazioni secondo le indicazioni regionali tanto che le stesse risultano certificate, pagate parzialmente e confermate dall’organismo di controllo regionale , nonché dall’ufficio di bilancio della ASL territorialmente co mpetente in quanto eseguite in ottemperanza a quanto disposto dalle delibere tariffarie regionali.
Ciò premesso, il primo motivo è manifestamente infondato e quindi inammissibile ex art.360-bis, n.1, c.p.c. non sussistendo giustificate ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento di questa Corte.
Sostiene la società ricorrente che in virtù del mero “accreditamento provvisorio” e della erogazione delle prestazioni sanitarie vanterebbe un titolo ex lege diretto a conseguire i corrispettivi di tali prestazioni, non occorrendo la stipula di alcuna ulteriore convenzione con l’RAGIONE_SOCIALE sanitaria.
Il sistema ordinamentale è descritto nella pronuncia richiamata dalla Corte territoriale alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, ‘ nell’ambito del servizio sanitario nazionale, il passaggio dal regime di convenzionamento esterno al nuovo regime dell’accreditamento -previsto dall’art. 8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e poi integrato dall’art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 – non ha modificato la natura del rapporto esistente tra l’Amministrazione pubblica e le strutture private, che rimane di natura sostanzialmente concessoria, con la conseguenza che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie
in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali (cfr. Corte Cass. Sez 3, Sentenza n. 1740 del 25/01/2011), restando irrilevante, ai fini del compenso, la mera prosecuzione dell’attività, ancorché sorretta da provvedimenti amministrativi della Regione (cfr., con riferimento alle convenzioni dei medici ambulatoriali: Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17711 del 06/08/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 23657 del 19/11/2015).
Pertanto, si ritiene vada confermato il principio enunciato da questa Corte (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17588 del 05/07/2018) di cui ha fatto buon governo la Corte territoriale secondo cui ‘ L’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833 del 1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la ASL territorialmente competente sussiste anche durante il regime di accreditamento provvisorio o transitorio; con esso, per un verso, la struttura accetta e si vincola a rispettare le tariffe, le condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, nonché i limiti alla quantità di prestazioni erogabili alla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno di esercizio; per l’altro, l’ente pubblico assume l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del SSR, vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa. ‘.
La sequenza strutturale che presuppone oltre all’accreditamento il conseguente contratto accessivo trova quindi applicazione anche al regime cd. di accreditamento “transitorio” (art. 8 quater, comma 6 -definito “temporaneo”- ) ed a quello “provvisorio” (cfr. art. 8 quater, comma 7) nel quale operano le strutture sanitarie private, atteso che il sistema dell’accreditamento costituisce una mera evoluzione del previgente sistema concessorio, strutturato anch’esso secondo lo schema della concessione/contratto, essendo prevista la stipula di una apposita convenzione accessiva al provvedimento di concessione di servizio pubblico.
In sintesi, l’accreditamento definitivo, transitorio o provvisorio necessita comunque della sua fase attuativa costituita dalla stipulazione di appositi accordi recanti la disciplina delle modalità di erogazione, inerenti tanto i limiti quantitativi, quanto i livelli tariffari e le modalità di pagamento.
Va, dunque, condivisa e ribadita l’affermazione contenuta nei precedenti di questa Corte secondo cui “L’esigenza di contemperare gli obiettivi di liberalizzazione con la necessità di blindare la spesa pubblica nel settore sanitario, che è alla base delle perduranti rigidità del sistema, trova peraltro un’ulteriore conferma nel disposto del D.P.R. 14 gennaio 1997, n. 37, art. 2, comma 7, a tenor del quale la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli appositi rapporti di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, commi 5 e 7 e successive modificazioni ed integrazioni, nell’ambito del livello di spesa annualmente definito. Di talché, in definitiva, nessuna erogazione di prestazione sanitaria finanziariamente coperta dalla mano pubblica è possibile ove non sussista un provvedimento amministrativo di competenza regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato e al di fuori di singoli, specifici rapporti contrattuali.” (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1740 del 25/01/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 23657 del 19/11/2015).
Il secondo motivo appare infondato non potendosi nel sistema come sopra delineato configurarsi la sussistenza di un rapporto contrattuale senza la previa stipulazione in forma scritta di un contratto fra la struttura sanitaria e la RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente.
E’ sufficiente rammentare come non sia ammissibile configurare il perfezionamento del contratto stipulato “jure privatorum”, in cui sia parte una pubblica amministrazione od un ente pubblico istituzionale, in forma verbale ovvero per “facta concludentia” mediante esecuzione delle prestazioni ex art. 1327 c.c., atteso che in materia di contratti della P.A. e degli enti pubblici istituzionali, costituisce diretta attuazione del principio fondamentale di trasparenza della attività amministrativa (quale espressione del principio costituzionale di buon andamento ex art. 97 Cost.)
quello della necessaria stipulazione in forma scritta a pena di nullità, forma non surrogabile sulla base di comportamenti concludenti e che risponde all’esigenza di tutela delle risorse degli enti pubblici contro il pericolo di impegni finanziari assunti senza l’adeguata copertura e senza la valutazione dell’entità delle obbligazioni da adempiere (ex pluribus: Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1752 del 26/01/2007; Id. Sez. 1, Sentenza n. 22537 del 26/10/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 8000 del 01/04/2010; id. Sez. 1, Sentenza n. 6555 del 20/03/2014; id. Sez. 2, Sentenza n. 9219 del 23/04/2014; id. Sez. 1, Sentenza n. 5263 del 17/03/2015; id. Sez. 1, Sentenza n. 12316 del 15/06/2015; id. Sez. 3 – , Sentenza n. 20391 del 11/10/2016, con specifico riferimento al rapporto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e struttura sanitaria preaccreditata).
Tale orientamento è stato di recente ribadito da questa Corte Sez. 3 – , Ordinanza n. 7019 del 11/03/2020 (Rv. 657155 – 01) che ha stabilito il principio secondo cui ‘ Nell’ambito del servizio sanitario nazionale, l’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come integrato dall’art. 6 della l. n. 724 del 1994, nel prevedere la necessità di un provvedimento concessorio di accreditamento per l’accesso alla qualifica di erogatore del servizio, comporta che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali intesi a regolare il volume massimo delle prestazioni erogate, i requisiti del servizio e l’ammontare dei corrispettivi, dovendosi, in ogni caso, escludere, ai sensi dell’art. 8 quinquies del citato d.lgs. n. 502 del 1992, che possano validamente concludersi accordi contrattuali per “facta concludentia”, atteso che, in base al disposto degli artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923, tutti i contratti con la RAGIONE_SOCIALE devono rivestire, a pena di nullità, la forma scritta. ‘. In conclusione, la prospettata conclusione del contratto in virtù del c.d.
contatto sociale è da escludersi in subiecta materia.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 27/06/2024 nella camera di consiglio della prima