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Accreditamento istituzionale: quando non è necessario

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’Azienda Sanitaria Locale contro una clinica privata. Il caso verteva sulla validità di un accordo per l’uso di immobili e personale non medico della clinica. La Corte ha stabilito che, non fornendo la clinica prestazioni mediche dirette (eseguite dal personale dell’ASL), non era necessario l’accreditamento istituzionale, in quanto l’accordo non configurava un contratto di spedalità.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accreditamento istituzionale: quando non è necessario secondo la Cassazione

L’accreditamento istituzionale è un requisito fondamentale per le strutture sanitarie che intendono operare nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un’importante distinzione: tale requisito non si applica quando una clinica privata si limita a fornire supporto logistico e personale non medico a un’azienda sanitaria pubblica, senza erogare direttamente prestazioni mediche. Vediamo nel dettaglio la vicenda.

I fatti di causa

Una Azienda Sanitaria Locale (ASL) aveva stipulato un Protocollo d’Intesa con una casa di cura privata. L’accordo prevedeva che la clinica mettesse a disposizione i propri immobili, arredi, attrezzature e personale infermieristico e tecnico (non medico) per creare delle unità operative complesse e semplici gestite dall’ASL. In sostanza, la clinica forniva la ‘scatola’ e il supporto, mentre l’ASL forniva i medici e gestiva l’attività sanitaria.

Successivamente, l’ASL si è opposta al pagamento delle fatture emesse dalla clinica, sostenendo la nullità del protocollo per un vizio fondamentale: la mancanza di accreditamento istituzionale da parte della casa di cura, requisito previsto dal D.Lgs. 502/92.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la tesi dell’ASL, affermando che l’accordo era valido. La motivazione principale era che la clinica non svolgeva direttamente ‘prestazioni sanitarie’, poiché queste erano interamente a carico del personale medico dipendente dall’azienda ospedaliera pubblica. Di conseguenza, non essendo un erogatore diretto di cure mediche, non era soggetta all’obbligo di accreditamento.

La questione dell’accreditamento istituzionale e la decisione della Cassazione

L’ASL ha quindi presentato ricorso in Cassazione, insistendo sulla nullità dell’accordo. Secondo la ricorrente, anche la fornitura di personale infermieristico e tecnico costituiva una prestazione sanitaria, creando una sinergia operativa che richiedeva obbligatoriamente l’accreditamento.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando un importante principio di diritto.

le motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito la propria giurisprudenza consolidata sul ‘contratto atipico di spedalità’. Questo tipo di contratto si configura quando una struttura si impegna a fornire una prestazione complessa che include, come elemento essenziale, l’effettuazione di cure mediche e chirurgiche. Se questo elemento manca, il contratto non può essere qualificato come tale.

Nel caso specifico, la prestazione della casa di cura si limitava alla messa a disposizione di personale paramedico, dell’immobile, degli impianti e del vitto per i ricoverati. Le cure mediche e chirurgiche rimanevano di esclusiva competenza e responsabilità dell’Azienda Ospedaliera. L’obbligazione della clinica era verso l’ASL (una fornitura di servizi) e non verso i pazienti.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’attività svolta dalla clinica non era qualificabile come ‘sanitaria’ ai fini della normativa sull’accreditamento istituzionale. L’accordo, pertanto, esulava dal contratto di spedalità e non richiedeva che la casa di cura fosse soggetta ad accreditamento ai sensi dell’art. 8-quater del D.Lgs. n. 502 del 1992.

I giudici hanno inoltre sottolineato che la relazione tra le parti, sebbene complessa e sinergica, non implicava una partecipazione della clinica all’attività medica, che restava affidata esclusivamente all’azienda ospedaliera. Il ruolo della clinica era meramente accessorio e di supporto.

le conclusioni

L’ordinanza chiarisce in modo definitivo i confini dell’obbligo di accreditamento istituzionale. Non è la mera collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale a renderlo necessario, ma la diretta erogazione di prestazioni sanitarie complesse, che includano l’attività medica e chirurgica. Un accordo che preveda la sola fornitura di strutture, attrezzature e personale di supporto non medico è legittimo anche in assenza di accreditamento, configurandosi come un contratto di fornitura di servizi e non come un contratto di spedalità. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per l’organizzazione delle collaborazioni tra settore pubblico e privato in ambito sanitario.

Una clinica privata necessita sempre di accreditamento istituzionale per collaborare con un’azienda sanitaria pubblica?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accreditamento è necessario solo se la clinica eroga direttamente prestazioni sanitarie complesse, che includono l’effettuazione di cure mediche e chirurgiche. Se si limita a fornire strutture, attrezzature e personale non medico, non è richiesto.

Qual è la differenza tra un ‘contratto di spedalità’ e un contratto di fornitura di servizi in ambito sanitario?
Il ‘contratto di spedalità’ ha come elemento essenziale l’erogazione di cure mediche e chirurgiche direttamente al paziente. Un contratto di fornitura di servizi, invece, come quello del caso in esame, ha per oggetto la messa a disposizione di risorse (immobili, personale paramedico, attrezzature) a favore di un altro soggetto (l’ASL), che resta l’unico responsabile delle prestazioni sanitarie.

Perché il ricorso dell’ASL è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione della Corte d’Appello era conforme alla consolidata giurisprudenza della Cassazione sul punto. La Corte ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per mettere in discussione il principio secondo cui la mancanza di erogazione diretta di cure mediche esclude l’obbligo di accreditamento. Inoltre, il ricorso presentava altri vizi procedurali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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