Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5665 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14492.2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende , unitamente all’avvocata NOME COGNOME ;
controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 7840/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.12.2023 dal Presidente NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
Si riporta qui di seguito il testo della proposta di definizione accelerata del ricorso ai sensi dell’art. 380 c.p.c.
In primo grado, la RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio la RAGIONE_SOCIALE per richiedere il pagamento di fatture emesse in forza di un Protocollo di Intesa stipulato tra le parti ed avente ad oggetto l’utilizzazione del proprio immobile con annessi arredi, apparecchiature e personale infermieristico (non medici), quale sede di unità Operative Complesse e Semplici facenti parte dell’RAGIONE_SOCIALE .
La RAGIONE_SOCIALE si è opposta deducendo la nullità del Protocollo per difetto del requisito dell’accreditamento ex art. 8 quinquies D.Lgs. 502/92 in capo alla RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale ha ritenuto che la mancanza di accreditamento non incidesse sulla validità dell’accordo, che era stato stipulato al fine di mettere a disposizione dell’RAGIONE_SOCIALE la struttura e i servizi della clinica privata.
La Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado, sul presupposto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse alle dipendenze personale medico e che quindi, limitandosi a mettere a disposizione l’immobile, i locali, i medicinali, la strumentazione, il personale infermieristico e tecnico (paramedico), non svolgesse ‘prestazioni sanitarie’ che invece venivano svolte dall’RAGIONE_SOCIALE per mezzo dei propri dipendenti medici.
Il ricorso è affidato a sei motivi.
Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione degli artt. 112, 115 e 132, n.4, c.p.c. e sostiene l’erroneità dell’affermazione
della Corte di appello che non era in contestazione tra le parti che le prestazioni RAGIONE_SOCIALE cure mediche e chirurgiche venissero eseguite solo dal personale medico dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 1, 8 bis, ter, quater e quinquies d.lgs. 502/92 s.m.i. in relazione all’art. 1418 c.c. nonché della legge 26.2.1999, n.42, artt. 1,2,3 e 4, dell’ art. 1 della legge n.251/2000, dell’ art. 1, comma 1, della legge 1.2.2006, n.43 e sottolinea che la prestazione sanitaria non è appannaggio solo del medico ma anche dell’infermiere al quale è affidata la RAGIONE_SOCIALE e la protezione dei pazienti; pertanto avendo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alle dipendenze il personale infermieristico, tecnico e di laboratorio, deputato alle attività di diagnosi e di RAGIONE_SOCIALE, la stessa svolgeva prestazioni sanitarie in sinergia con l’RAGIONE_SOCIALE concorrendo alla realizzazione dell’attività istituzionale di quest’ultima, con correlato obbligo di ottenere l’accreditamento istituzionale con conseguente nullità ex art. 1418 c.c. per difetto dell’accreditamento istituzionale previsto dagli artt. 1, 8 bis, ter, quater e quinquies d.l.gs 502/92 s.m.i. (norme imperative).
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione degli artt. da 1362 a 1371 e segnatamente degli artt.1362 e 1363 cod. civ. e contesta sotto il profilo della violazione RAGIONE_SOCIALE regole ermeneutiche la qualificazione della prestazione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE come mera ‘messa a disposizione’ , laddove dall’esame complessivo del Protocollo – e non atomistico come invece condotto dalla Corte di merito -nonché dallo stesso comportamento di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emergeva lo svolgimento di una prestazione sanitaria complessa di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in totale compenetrazione con l’RAGIONE_SOCIALE della quale avrebbe costituito sostanzialmente un alter ego.
Con riferimento ai primi tre motivi questa Corte ha affermato che l’accettazione del paziente in una struttura deputata a fornire assistenza sanitario-RAGIONE_SOCIALE, ai fini del ricovero o di una visita
ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto di prestazione d’opera atipico di spedalità, in base alla quale la stessa è tenuta ad una prestazione complessa, che non si esaurisce nella effettuazione RAGIONE_SOCIALE cure mediche e di quelle chirurgiche (generali e specialistiche) già prescritte dall’art. 2 legge n. 132 del 1968, ma si estende ad una serie di altre prestazioni, quali la messa a disposizione di personale medico ausiliario e di personale paramedico, di medicinali, e di tutte le attrezzature tecniche necessarie, nonché di quelle “lato sensu” alberghiere (Cass. 13 aprile 2007, n. 8826).
La prestazione della RAGIONE_SOCIALE, secondo l’accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se non per vizio dei motivazioni nei limiti in cui è attualmente consentito dall’art.360, comma 1, n.5 e dall’art.348 ter, comma 5, c.p.c., si limitava alla messa a disposizione del personale paramedico e dell’immobile con i relativi impianti, nonché del vitto per i ricoverati.
Del contratto di spedalità mancava quindi il connotato essenziale della effettuazione RAGIONE_SOCIALE cure mediche e di quelle chirurgiche. Peraltro, il giudice di merito ha accertato anche che l’obbligazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non era assunta verso gli assistiti, ma verso l’RAGIONE_SOCIALE, quale obbligazione di fornitura di servizi, e che il soggetto passivo dell’obbligazione sanitaria restava l’RAGIONE_SOCIALE. In mancanza del connotato della effettuazione RAGIONE_SOCIALE cure mediche e di quelle chirurgiche la prestazione, effettuata come si è appena detto in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, non era qualificabile come sanitaria ed il contratto esulava dal contratto di spedalità. Non ricorreva pertanto l’esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria da parte della RAGIONE_SOCIALE nel quadro del RAGIONE_SOCIALE tale da implicare l’accreditamento istituzionale previsto dall’art. 8 quater d.lgs. n. 502 del 1992.
Sul punto specifico questa Corte si è pronunciata , tra l’altro inter partes, affermando che la prestazione di una casa di RAGIONE_SOCIALE, limitata
alla messa a disposizione in favore di un’azienda RAGIONE_SOCIALE del personale paramedico, dell’immobile con i relativi impianti nonché del vitto per i ricoverati, non rientra nel contratto atipico di spedalità, difettandone il connotato essenziale, consistente nella effettuazione RAGIONE_SOCIALE cure mediche e chirurgiche (rimaste, nella specie, a carico della stessa azienda) e non richiede, pertanto, che la casa di RAGIONE_SOCIALE sia soggetta ad accreditamento istituzionale ex art. 8-quater, del d.lgs. n. 502 del 1992. (Sez. 3, n. 25844 del 31.10.2017).
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente deduce vizio di omessa motivazione e omesso esame di un fatto e impugna la sentenza di secondo grado laddove ha omesso di esaminare, e, sotto altro aspetto, anche di motivare in ordine alla loro inconferenza, alcuni documenti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE (la nota dei Servizi Ispettivi del Ministero RAGIONE_SOCIALE; i Programmi Operativi della Regione Lazio; l’atto aziendale del RAGIONE_SOCIALE dai quali si evinceva documentalmente l’inserimento della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nell’organizzazione del RAGIONE_SOCIALE e la sua compartecipazione all’attività dell’RAGIONE_SOCIALE condividendone i fini istituzionali).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla sua formazione, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto. (Sez. 5, n. 29730 del 29.12.2020, Sez. 5, n. 3104 del 9.2.2021).
Inoltre l’art.348 ter, comma 5, c.p.c. non ammette la denuncia di vizio motivazionale in caso di doppia conforme decisione dei giudici di merito.
Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente deduce vizio di omessa pronuncia o motivazione e censura la sentenza per aver dichiarato erroneamente assorbiti gli altri profili di nullità del Protocollo tra i quali quello della violazione RAGIONE_SOCIALE regole relative alla scelta del contraente laddove invece la pronuncia su detta eccezione non appariva affatto incompatibile con il rigetto dell’eccezione di nullità del requisito dell’accreditamento istituzionale, avendo la RAGIONE_SOCIALE sollevato detta eccezione proprio nell’ipotesi in cui fosse stata rigettata quella dell’accreditamento istituzionale, per cui anzi tale rigetto costituiva proprio il presupposto per l’esame dell’eccezione medesima.
La statuizione di assorbimento rilevata dalla ricorrente non sussiste e la frase riportata in ricorso in realtà riguarda le argomentazioni e non le censure e comunque il primo e non il secondo motivo di gravame.
Inoltre il motivo pecca di autosufficienza e specificità perché la ricorrente non indica il contenuto RAGIONE_SOCIALE proprie deduzioni svolte in primo grado al proposito (ed anzi dall’esposizione dei fatti non risulta che la ASL avesse formulato alcuna eccezione con riferimento alla procedura di scelta del contraente); inoltre la ricorrente non dà adeguatamente conto della proposizione da parte sua di un motivo di appello sufficientemente specifico ex art.342 c.p.c., essendo a tal fine inidonea la generica argomentazione citata con riferimento alla pagina 45 dell’atto di appello, presentata peraltro come una mera eccezione, priva di concreti riferimenti alla fattispecie e alla vicenda contrattuale, non integrabile con le argomentazioni aggiunte nel corso del giudizio di appello. Per potersi lamentare omessa pronuncia su di un motivo di appello, di cui non vi sia
adeguata registrazione nella sentenza impugnata, il ricorrente ha l’onere di dimostrarne il contenuto specifico.
Con il sesto motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e censura la sentenza sotto il profilo della omessa motivazione e/o motivazione apparente laddove senza dare alcun conto dell’esame dei motivi di appello la Corte si era limitata ad aderire acriticamente alla sentenza di primo grado condividendone le conclusioni in punto di rigetto dell’eccezione di nullità dell’art. 11 del Protocollo di Intesa.
La motivazione assente o apparente non è configurabile poiché la Corte ha dato atto che i costi di cui all’art.11 erano quelli inerenti agli spazi della struttura e alle altre spese necessarie per l’attività ambulatoriale, cosa ben diversa dalle somme correlate alla degenza dei pazienti.
In seguito alla comunicazione della riportata proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c. l’RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di non aderire alla soluzione prospettata e ha chiesto la decisione del ricorso relativi alle stesse parti in abbinamento con altri ricorsi nella stessa udienza.
Fissata al 21 dicembre 2023 l’adunanza in camera di consiglio per la decisione del ricorso le parti hanno depositato memorie difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte condivide pienamente la motivazione della proposta di definizione ai sensi dell’art. 380 bis.
Ritiene peraltro opportuno ribadire e argomentare su alcuni punti rilevanti della predetta motivazione in relazione alle osservazioni contenute nella memoria difensiva della parte ricorrente.
La giurisprudenza di questa Corte è unanime nella connotazione del contratto atipico di spedalità (Cass. Civ. III sez. n. 8826 del 13 aprile
2007) e nel ritenere necessario che fra le prestazioni eterogenee che lo caratterizzano debba rientrare la prestazione di cure mediche e/o chirurgiche (Cass. Civ. III sez. 25844 del 31 ottobre 2017 e Sezioni Unite ordinanze nn. 9191 del 7 giugno 2012, 19062 del 12 novembre 2012, 3273 del 12.2.2013, Cass. Civ. I sez. ordinanze in corso di pubblicazione relative ai ricorsi RG nn. 8616/2021, 19718/2021, 24518/2021) così come ritiene che il regime di accreditamento si applichi alle strutture private che svolgano attività di RAGIONE_SOCIALE tali da essere inserite in modo continuativo e sistematico nel sistema sanitario assumendo la qualifica di soggetti erogatori di un servizio pubblico (Cass. Civ. SU n. 16336 del 18 giugno 2019). Tali connotati sono stati esclusi nel caso in esame con motivazione articolata e coerente da parte della Corte di appello in conformità alla pluriennale giurisprudenza di legittimità mentre non si condivide la posizione difensiva della ricorrente secondo cui sarebbe rilevante ai fini della attribuzione della qualità di prestatore di servizi sanitari -con specifico riferimento alla presente controversia -anche la integrazione fra attività medica dell’azienda RAGIONE_SOCIALE e quella di supporto non solo materiale ma anche professionale della casa RAGIONE_SOCIALE privata specificamente la messa a disposizione dell’azienda RAGIONE_SOCIALE del personale infermieristico cui deve essere riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio (Cass. pen. 9393/2020). La giurisprudenza citata esclude tale possibilità e l’esclusio ne appare anche oggi conforme al regime dell’accreditamento che richiede lo svolgimento necessario di attività medica. D’altra parte la motivazione della Corte di appello ha esaminato concretamente e messo in rilievo il carattere di accessorietà e subordinazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni fornite dalla casa di RAGIONE_SOCIALE rispetto alla gestione sanitaria rimasta n ella piena responsabilità dell’azienda RAGIONE_SOCIALE. Sul punto appare rilevante anche la decisione del TAR Lazio n. 36286/2010 che ha ritenuto legittimo il dinieg o dell’accreditamento in favore della RAGIONE_SOCIALE e la stessa decisione del Consiglio di Stato
n. 9200/2022 che, affermando il carattere pubblicistico del rapporto fra casa di RAGIONE_SOCIALE privata e azienda RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto legittimo l’esercizio del potere da parte dell’RAGIONE_SOCIALE di trasferire unità operative dalla casa di RAGIONE_SOCIALE al presidio ospedaliero e la riduzione unilaterale dell’acconto garantito mensilmente alla casa di RAGIONE_SOCIALE. Nello stesso tempo il contesto pubblicistico così delineato in cui viene a svolgersi il rapporto non esclude e anzi rafforza la sua riconducibilità seppure per elementi parziali al contratto di affitto di azienda.
La ricorrente sottolinea la mancata valutazione di una serie di disposizioni del protocollo del 2009 (articoli 3, 4, 5, 7, 8,10,12,13) che tuttavia non sembrano affatto condurre a una interpretazione univoca e conforme alla tesi della ricorrente. Si tratta sostanzialmente della prosecuzione dell’attività gestionale relativa ai beni e ai servizi forniti dalla casa di RAGIONE_SOCIALE, dell’integrazione nella rappresentazione esterna dell’RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE, del sistema di remunerazione (DRG RAGIONE_SOCIALE ) basato sulla parametrazione al risultato dell’attività. Senza entrare nella valutazione di merito che non deve necessariamente essere esplicita e articolata su tutte le argomentazioni difensive e i mezzi di prova acquisiti (cfr. Cass. civ. III sez. nn. 12131 dell’8.5.2023 e 24953 del 6.11.2020; Cass. civ. II sez. n. 11176 dell’8 maggio 2017) può ben dirsi che le disposizioni contrattuali citate e la loro concreta attuazione attestano semmai un grado di sinergia elevato tra l’attività propria dell’azienda RAGIONE_SOCIALE e quella di supporto rimasta affidata alla casa di RAGIONE_SOCIALE tuttavia tale integrazione organizzativa non si esplica anche nella partecipazione all’attività medica che rimane affidata esclusivamente all’azienda RAGIONE_SOCIALE. Da ciò deriva che la Corte di appello dopo aver ribadito la linea di discrimine fissata dalla legislazione e dalla giurisprudenza ha ritenuto non decisive le disposizioni contrattuali citate e la loro effettiva attuazione. Lo stesso discorso può farsi per la
documentazione che la ricorrente ritiene non valutata dalla Corte di appello (atto aziendale, relazione servizi ispettivi di finanza pubblica, programmi operativi 2013-2015) ma rispetto alla quale non viene spesa una adeguata difesa a individuare il contenuto e la decisività della documentazione.
Più condivisibile è il rilievo della ricorrente secondo cui la morfologia del rapporto delineato dal protocollo esclude il suo riferimento al contratto di affitto di azienda o meglio può condividersi tale affermazione se si riconosce al contratto una configurazione atipica che desume alcuni elementi dal contratto di affitto di azienda e altri dal contratto d’opera o dall’appalto di servizi senza essere riconducibile in via esclusiva a nessuna di queste figure negoziali (Cass. civ. SU n. 3273 del 12.2.2023). L’elemento della vicinanza fisica all’RAGIONE_SOCIALE e quindi dell’infungibilità della struttura per le esigenze di dislocazione dei pazienti mette in luce l’affinità sinallagmatica con l’affitto e incide rilevantemente sulla scelta del contraente inquadrando la vicenda contrattuale nella tipologia RAGIONE_SOCIALE sperimentazioni gestionali di cui si è occupato il legislatore regionale laziale con la legge n. 55 del 1993. Con tale intervento normativo si è previsto di realizzare una razionalizzazione dell’esistente in sede di adozione dei provvedimenti di riorganizzazione territoriale della rete RAGIONE_SOCIALE con evidente accentuazione del l’impronta pubblicistica del rapporto attraverso la individuazione dei servizi e reparti da ricondurre negli stabilimenti ospedalieri o da mantenere nella ubicazione attuale secondo un criterio di rispondenza alle necessità della popolazione. L’attribuzione alla Regione della individuazione d el contraente nel quadro di una valutazione a carattere territoriale, della configurazione del rapporto con le strutture private, della dislocazione dei servizi esclude quindi, per altro verso, la incidenza sulla validità del contratto della normativa sulla evidenza pubblica.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
La dichiarazione di inammissibilità è conforme alla proposta di definizione accelerata e alla sua motivazione cosicché sussistono i presupposti per l’applicazione del terzo e quarto comma dell’articolo 96 c.p.c. senza che ricorrano ragioni per derogare a tale applicazione in conformità a quanto affermato dalle Sezioni Unite, nelle ordinanze nn. 28619, 27195 e 27433 del 2023, secondo cui nei casi di conformità tra proposta e decisione finale interviene una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, sui presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma c.p.c.) e al pagamento di una ulteriore somma non inferiore a 500 euro e non superiore a 5.000 euro (art. 96, comma 4, c.p.c.) in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende perché – nel caso in cui il ricorrente abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta -le condanne devono essere pronunciate anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo esse una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese a favore della controricorrente liquidate in euro 10.600 per compensi e in euro 200 per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori di legge nonché al pagamento della somma di euro 10.600 ex art. 96 comma 3 c.p.c. Condanna altresì la parte ricorrente al pagamento in favore della Cassa Ammende di una somma pari a euro 2.500 ex art. 96, comma 4, c.p.c.;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE nella camera di consiglio della Prima