Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13034 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13034 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9986-2020 proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE UNIVERSITARIA RAGIONE_SOCIALE BARI, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE BARI NOME COGNOME, in persona del Rettore pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME, COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
nonché contro
COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.9986/2020
COGNOME
Rep.
Ud.23/01/2025
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2023/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 02/12/2019 R.G.N. 90/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari , ha respinto l’opposizione proposta dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro avverso il precetto notificato in data 1° luglio 2016 da NOME COGNOME con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di euro 2.878,29 rivendicata sulla base del verbale di conciliazione giudiziale n. 595/2015.
Con il suddetto verbale, a definizione del giudizio avente ad oggetto il pagamento di differenze retributive pretese a titolo di indennità di perequazione ex art. 31 d.P.R. 761/1979, l’Università si era impegnata a corrispondere la somma lorda di € 10.000,00 ed era stato convenuto che l’Azienda Policlinico avrebbe versato all’Università la provvista.
Da tale importo l’Università aveva detratto anche la quota contributiva previdenziale a carico del datore di lavoro, quota che, secondo la lavoratrice, non doveva essere ricompresa nell’importo onnicomprensivo.
La Corte territoriale ha condiviso la pronuncia impugnata quanto al difetto di legittimazione passiva del Policlinico ed ha rilevato che l’obbligazione fatta valere in giudizio era fondata unicamente sulla conciliazione giudiziale con la quale solo l’Università si era impegnata a corrispondere alla COGNOME la somma pattuita, sia pure condizionando il pagamento al previo versamento della provvista ad opera del Policlinico; ha,
pertanto, ritenuto che la COGNOME non avesse titolo per agire esecutivamente nei confronti di quest’ultimo.
Il giudice d’appello è giunto a diverse conclusioni quanto alla fondatezza del diritto azionato nei confronti dell ‘ Università e ha ritenuto che, in mancanza di elementi testuali di segno contrario, l’importo lordo fosse riferito ai soli oneri fiscali e previdenziali a carico del lavoratore, senza comprendere i contributi che sono a carico del datore di lavoro, in quanto questi ultimi, seppure calcolati in percentuale sulla retribuzione lorda, non potevano essere richiesti alla lavoratrice che non li aveva reclamati, con la conseguenza che la transazione non poteva essere riferita agli stessi.
Respinta l’opposizione a precetto, la Corte ha accolto l’appello incidentale dell’Università e ha condannato l’Azienda Ospedaliera a tenere indenne l’appellante «da ogni quanto dovuto alla COGNOME per le somme di cui all’atto di precetto».
Avverso tale sentenza l’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari ha proposto ricorso affidato a sei motivi, illustrati da memoria.
L’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, oltre a resistere con controricorso, ha proposto appello incidentale affidato ad un unico motivo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, il ricorso principale denuncia nullità della sentenza ex art. 360, n. 4 cod. proc. civ., per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., e 132 comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Asserisce che la motivazione della sentenza impugnata sull’appello incidentale condizionato ha carattere apparente, in quanto, nel riconoscere la sussistenza dell’obbligo di manleva del Policlinico nei confronti dell’Università, la Corte territoriale ha scisso il rapporto di lavoro dal rapporto di provvista nell’ambito dell’accordo transattivo, senza dare contezza della specifica pattuizione da cui era scaturito il rapporto di provvista tra il Policlinico e l’Università, né dei termini in cui tale rapporto era stato specificamente regolato.
2. Con il secondo motivo il ricorso principale denuncia omesso esame di un fatto decisivo (ravvisato nelle note e provvedimenti con cui, prima di sottoscrivere il verbale di conciliazione, il Policlinico di Bari e l’Università avevano dichiarato la propria volontà di transigere la controversia) oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 comma primo, n. 5, cod. proc. civ. Deduce che nella memoria di costituzione in primo grado contenente domanda riconvenzionale, il Policlinico aveva ricostruito l’effettiva volontà degli enti, in ragione del contenuto della documentazione specificamente richiamata nell’atto transattivo e dei chiarimenti preventivamente intercorsi sullo specifico contenuto dell’obbligazione di provvista; aggiunge che la questione era stata sottoposta al giudicante anche nella memoria di costituzione relativa al giudizio di appello.
Lamenta che la Corte territoriale ha omesso di esaminare i provvedimenti e le note, richiamati dalla transazione, con cui l’Azienda Ospedaliera e l’Università avevano palesato e cristallizzato la loro volontà di addivenire alla transazione medesima (la nota della Direzione Generale del Policlinico di Bari prot. n. 0052843/DG del 7.7.2015, la nota trasmessa dal Policlinico all’Università a mezzo pec in data 26.7.2015, nota trasmessa dal Policlinico all’Università a mezzo pec in data
26.7.2015), documenti che dovevano essere apprezzati per circoscrivere l’obbligo di manleva.
Sostiene che dai suddetti documenti risulta che l’obbligazione facente capo al Policlinico sarebbe stata soddisfatta mediante la corresponsione dell’unica e complessiva somma lorda di € 10.000,00, da intendersi al lordo anche degli oneri riflessi, in favore dell’Università.
Evidenzia che il Policlinico non era il datore di lavoro della COGNOME, e non aveva dunque contezza della specifica incidenza degli oneri riflessi sulla somma da erogare.
Con il terzo motivo il ricorso principale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., art. 474 cod. proc. civ., art. 97 Cost e art. 1 legge n. 241/1990, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Deduce che nell’interpretare l’accordo transattivo, la Corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto anche della corrispondenza che l’aveva preceduto, con la quale era stato chiarito che la somma ivi indicata era omnicomprensiva e satisfattiva di ogni altra pretesa.
Con il quarto motivo il ricorso principale denuncia omesso esame, anche nel rapporto lavoratore-ente datoriale, di un fatto decisivo (note e provvedimenti richiamati nel verbale di conciliazione con cui il Policlinico e l’Università hanno dichiarato la propria volontà di transigere la controversia), oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. Richiama i medesimi argomenti sviluppati nei precedenti motivi per sostenere che l’opposizione a precetto spiegata dall’Università avrebbe dovuto essere rigettata e che la somma era comprensiva di ogni altro onere gravante sul datore di lavoro.
Aggiunge che nella motivazione della sentenza impugnata è stato omesso il fatto decisivo della mancata definizione della somma netta spettante alla dipendente; lamenta che la sentenza impugnata non menziona la circostanza che dalla conciliazione giudiziale risulta che la COGNOME con nota del 1.10.2015 aveva comunicato via pec di avere accettato la proposta formulata.
Con il quinto motivo, il ricorso principale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., art. 474 cod. proc. civ., art. 97 Cost e art. 1 legge n. 241/1990, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale assunto quale presupposto della decisione il contenuto della domanda di pagamento proposta dalla COGNOME nel giudizio instaurato nel 2011, mentre il diritto azionato dalla dipendente deriva dal verbale di conciliazione, e deve essere pertanto ricostruito esclusivamente sulla base del titolo esecutivo.
Lamenta che la Corte territoriale ha totalmente obliterato il tenore letterale dell’accordo conciliativo e dei documenti dal medesimo richiamati per relationem .
Sulla base delle medesime argomentazioni sviluppate nei precedenti motivi, torna a sostenere che la Corte territoriale ha errato nell’affermare che l’importo lordo non comprendesse anche la quota contributiva a carico del datore di lavoro.
Con il sesto motivo, il ricorso principale denuncia omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ..
Deduce che ai fini del regolamento delle spese doveva essere valutato il comportamento tenuto dal Policlinico, che aveva esattamente adempiuto l’obbligazione posta a suo carico.
Lamenta l’omesso esame delle premesse dell’accordo transattivo, inerente all’ iter , documentalmente provato, da cui era scaturita la volontà delle parti di definire bonariamente la vicenda, e alla stregua del quale era meglio comprensibile il dato testuale dell’accordo stesso, che aveva definito in modo unico e omnicomprensivo la provvista economica.
Con l’unico motivo, il ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 615 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 cod. civ. in relazione all’interpretazione della volontà negoziale delle parti; violazione dell’art. 1965 cod. civ.
Addebita alla Corte territoriale di avere fornito un’interpretazione dell’accordo transattivo non rispondente al dato letterale del medesimo né ai canoni di interpretazione sistematica; deduce che la sentenza impugnata non ha considerato la chiara volontà espressa dall’Azienda Ospedaliera Policlinico nella nota prot. n. 0052843 DG del 7.7.2015.
Sostiene che a fronte dell’avvenuto pagamento del dovuto nei termini concordati, il precetto non era utilizzabile a fini esecutivi e che la volontà transattiva non consentiva il versamento alla lavoratrice di somme ulteriori rispetto a quella offerta, a saldo e stralcio, in misura ‘unica ed omnicomprensiva’ a fini conciliativi, tanto più che dall’accordo emergeva il ruolo di mero sostituto d’imposta dell’Università.
Critica la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che l’Università avrebbe dovuto farsi carico degli oneri riflessi gravanti sul datore di lavoro, in assenza di un accordo con il Policlinico e con la lavoratrice.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non ha carattere apparente.
Ancorché sinteticamente, la sentenza impugnata ha infatti accertato che in base all’accordo transattivo il Policlinico aveva assunto l’obbligo di versare all’Università la somma necessaria per adempiere l’obbligazione assunta nei confronti della COGNOME , sicché l’onere economico della transazione doveva gravare sul medesimo Policlinico.
Il secondo ed il quarto motivo del ricorso principale sono inammissibili, in quanto la documentazione di cui è denunciata l’omessa valutazione non costituisce un fatto storico, né ha carattere decisivo.
Deve infatti rammentarsi che la mancata considerazione di risultanze processuali non rientra nel paradigma dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
La documentazione indicata nella censura non ha comunque carattere decisivo, atteso che la somma di cui la COGNOME ha lamentato la decurtazione è quella corrispondente ai contributi sulla transazione a carico del datore di lavoro, e che, a fronte dell’obbligo dell’Università e del Policlinico di corrispondere alla COGNOME la somma lorda di € 10.000,00 (per come risulta dalla sentenza impugnata), in nessun caso potevano essere posti a carico del lavoratore.
Il terzo ed il quinto motivo del ricorso principale sono inammissibili, in quanto nel denunciare il vizio di violazione di legge, pur denunciando formalmente la violazione dei canoni
interpretativi, nella sostanza prospettano una diversa interpretazione dell’accordo transattivo rispetto a quella, non implausibile, formulata dalla Corte territoriale.
Deve in proposito rammentarsi che l’interpretazione di ogni atto di autonomia negoziale è riservata all’esclusiva competenza del giudice di merito (Cass. n. 17067/2007; Cass. n. 11756/2006), con un’operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto (Cass. n. 9070/2013; Cass. n. 12360/2014) e che nel giudizio di cassazione le valutazioni del giudice di merito in ordine all’interpretazione degli atti negoziali soggiacciono ad un sindacato limitato, alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione che non incorra in vizi radicali sindacabili innanzi a questa Corte (v. tra le tante Cass. n. 8069/2023 cit. e Cass. n. 10745/2022).
E’ inammissibile anche il sesto motivo del ricorso principale, in quanto l’adempimento del Policlinico e la documentazione di cui è denunciato l’omesso esame non costituiscono fatti storici. La censura non individua le norme processuali violate dalla Corte territoriale nella regolamentazione delle spese di lite.
Il ricorso incidentale è inammissibile, in quanto denuncia solo formalmente la violazione dei canoni interpretativi, ma nella sostanza propone una diversa lettura dell’accordo transattivo.
In conclusione, sulla base del medesimo percorso argomentativo già sviluppato da Cass. n. 23104/2024, pronunciata in fattispecie sovrapponibile, il ricorso principale va rigettato ed il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.
Quanto al rapporto processuale plurisoggettivo dal lato passivo, la parte ricorrente principale e la parte ricorrente incidentale vanno condannati in solido a rifondere alla
contro
ricorrente le spese processuali relative al giudizio di legittimità; quanto al rapporto processuale relativo alla manleva, la ricorrente principale va condannata a rifondere alla ricorrente incidentale le spese del giudizio di legittimità.
15. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna in solido la ricorrente principale e la ricorrente incidentale a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 1500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
condanna la ricorrente principale a rifondere alla ricorrente incidentale le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 1000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione