Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21633 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21633 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30894-2019 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA ASSUNZIONE
R.G.N. 30894/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/06/2024
CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, RAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3199/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/08/2019 R.G.N. 7441/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale di Benevento, ha dichiar ato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE (ravvisando la competenza funzionale del giudice fallimentare, essendo in corso una procedura di amministrazione straordinaria) ed ha respinto la domanda di costituzione di un rapporto di lavoro, in qualità di dirigente o di Quadro (quale ‘esperto di start up di produzione’ o responsabile di magazzino presso lo stabilimento di Limatola, qualifica assunta dal settembre 2009), nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (respingendo la conseguente domanda di risarcimento del danno per mancata assunzione).
La Corte territoriale, per quel che interessa, ha preliminarmente rilevato che nel ricorso introduttivo del giudizio era stata prospettata domanda di assunzione invocando, non l’applicazione dell’art. 2112 cod.civ., bensì dell’accordo sindacale stipulate l’1.1.2011 dalle società (cedente, RAGIONE_SOCIALE, e cessionaria, RAGIONE_SOCIALE) con le organizzazioni sindacali, ex art. 47 della legge n. 428 del 1990, al fine di garantire la
riassunzione di parte del personale adibito presso lo stabilimento di Limatola, diritto che non era stato accertato; invero, l’accordo sindacale prevedeva l’assunzione di un solo lavoratore con la qualifica di Quadro presso lo stabilimento di Limatola; il lavoratore non aveva neppure dedotto i criteri solidaristici, indicati all’art. 8, secondo alinea, del suddetto accordo sindacale, che avrebbero consentito di preferire lui rispetto all’assunzione di altra dipendente inquadrata come Quadro (NOME Imperiale ); inoltre, il profilo di ‘esperto di start up di produzione’; inoltre, l’elenco di professioni (relativo all’organico di Limatola) suscettibili di assunzione e contenuto nell’art. 6, paragrafo B, dell’accordo sindacale non prevedeva il profilo di ‘esperto di start up di produzione’ e tale elenco era fondamentale per l’individuazione del personale da assumere posto che l’art. 8 del medesimo accordo sindacale rinviava all’art. 6 per le qualifiche e funzioni da assumere, in correlazione con le esigenze tecniche, organizzative e produttive della società cessionaria RAGIONE_SOCIALE. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il lavoratore ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a due motivi. La società RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 63 del d.lgs. n. 270 del 1999, 47 della legge n. 428 del 1990, 1362, 2112, 2103, 2087, 1374 cod.civ., 115 cod.proc.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale,
erroneamente interpretato l’atto introduttivo del giudizio posto che la domanda di costituzione del rapporto di lavoro con la società RAGIONE_SOCIALE si fonda sulla procedura di acquisto ex art. 63 cit. (ossia su un trasferimento di azien da) e, quindi, sull’accordo sindacale stipulato ai sensi dell’art. 47 della legge n. 428 del 1990.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 63 del d.lgs. n. 270 del 1999, 47 della legge n. 428 del 1990, 1362, 1175, 1375 cod.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, svilito l’efficacia dell’offerta vincolante di acquisto con cui la società Yazaky si era impegnata ad assumere n. 2 Quadri per il sito di Limatola.
Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente, le censure sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto (o, quantomeno, i tratti salienti) del ricorso introduttivo del giudizio, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod.pro.civ.
Inoltre, con riguardo alla omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, della violazione dell’art. 2112 cod.civ. e del diritto di assunzione derivante dal trasferimento di azienda, si tratta di questione che il giudice di merito ha ritenuto nuova in quanto non prospettata nel ricorso introduttivo del giudizio e il ricorrente non indica in
quale atto difensivo e in quale momento processuale la questione sarebbe stata introdotta, le ragioni del suo rigetto ed i motivi con i quali è stata riproposta al giudice del gravame, con ciò violando gli oneri di specificità dei motivi del ricorso per cassazione dettati dall’art. 366 cod.proc.civ., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 cod.proc.civ., comma 2, n. 4 (Cass. n. 5881 del 2023; Cass. n. 32804 del 2019; Cass. nn. 23073 del 2015; Cass. n. 23675 del 2013). La censura, che proprio alla luce dell’orienta mento statuito da questa Corte (cfr. Cass. n. 24691 del 2021), avrebbe richiesto una specifica indagine sulla finalità a cui la procedura di amministrazione straordinaria della società RAGIONE_SOCIALE era preordinata (carattere liquidatorio del patrimonio dell’impresa per il soddisfacimento della massa creditoria, con possibilità di disapplicare l’art. 2112 cod.civ. nei confronti dei lavoratori con i quali è proseguito il rapporto di lavoro con la società cessionaria; ovvero di continuazione dell’attività aziendale, con conseguente applicazione dell’art. 2112 cod.civ., garanzia della continuità dei rapporti di lavoro e possibilità di deroga, in sede di accordo con le organizzazioni sindacali, solamente con riguardo alle “condizioni di lavoro”) è, pertanto, inammissibile.
6. Occorre premettere che l’interpretazione di un atto negoziale è riservata all’esclusiva competenza del giudice del merito (da ultimo Cass. n. 8586 del 2015; in precedenza, ex multis, cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto (tra le tante, Cass. n. 9070 del 2013). 6.1. Le valutazioni del giudice di merito in ordine all’interpretazione degli atti negoziali soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica
del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente (ex plurimis, Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003).
6.2. Inoltre, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 10131 del 2006; Cass. n. 24539 del 2009; Cass. n. 6125 del 2014; Cass. n. 27136 del 2017).
6.3. Orbene, nella specie, non è denunciata alcuna violazione delle regole legali dell’interpretazione, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale (né sono stati evidenziate anomalie del ragionamento svolto dal giudice di merito denunciabili ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., paradigma normativo peraltro non utilizzabile a fronte di una pronuncia c.d. doppia conforme): il lavoratore, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione plausibile più favorevole dell’accordo sindacale e, in specie, del suo art. 6, rilevando la sua inclusione tra gli impiegati addetti al magazzino, agli acquisti, alle start up suscettibili di riassunzione presso la società cessionaria, prescindendo, fra l’altro, dalla qualifica (di dirigente o di Quadro) dedotta in ricorso.
6.4. Nella specie la Corte territoriale, alla luce del tenore testuale dell’accordo sindacale dell’1.6.2011 (in specie, artt. 6 e 8) ha rilevato che il ruolo aziendale rivestito dal lavoratore non corrispondeva a nessuno dei profili professionali individuati nel suddetto accordo con riferimento allo stabilimento di Limatola per i quali la società RAGIONE_SOCIALE si era impegnata ad effettuare le assunzioni.
6.5. Ebbene, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice al testo negoziale non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, anche quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra. Infatti il ricorso in sede di legittimità riconducibile, in linea generale, al modello dell’argomentazione di carattere confutativo -laddove censuri l’interpretazione del negozio accolta dalla sentenza impugnata, non può assumere tutti i contenuti di cui quel modello è suscettibile, dovendo limitarsi ad evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta, e non potendo, invece, affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue (in termini:
Cass. n. 18375 del 2006; conforme, più di recente, Cass. n. 12360 del 2014 e n. 8586 del 2015), profili non sviluppati nel presente ricorso.
In conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese del presente giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 giugno