Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1987 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17646/2021 r.g., proposto
da
COGNOME NOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, presso AVV_NOTAIO , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Caltanissetta n. 604/2020 pubblicata in data 23/12/2020, n.r.g. 438/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- COGNOME NOME, dipendente di RAGIONE_SOCIALE, adìva il Tribunale di Caltanissetta per sentire dichiarare il proprio diritto:
al trattamento retributivo di cui al sistema incentivante -quota variabile, previsto dall’art. 50 ccnl 09/04/2008 e dall’art. 8 contratto
OGGETTO:
rattamento
retributivo
incentivante
e
premio di
produttività
–
ipotesi
di
accordo
–
riserva
di
approvazione
successiva
del CdA – conseguenze
integrativo del 28/08/2008, per gli anni dal 2012 al 2015, in misura non inferiore a quella corrisposta per l’anno 2011 di euro 2.200,00, ovvero in misura maggiore che sarebbe risultata dovuta all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio, oltre alle quote relative agli anni successivi;
al premio di produttività RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.P. (‘valore aggiunto di produttività’) previsto dall’art. 42 ccnl cit. e dall’art. 18 del contratto integrativo cit. per gli anni dal 2013 al 2015, nella misura non inferiore a quella già percepita per l’anno 2012 di euro 2.903,00, ovvero in misura maggiore che sarebbe risultata dovuta all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio, oltre ai premi relativi agli anni successivi;
nonché la condanna RAGIONE_SOCIALE società al pagamento delle predette somme.
2.- Costituitosi il contraddittorio, RAGIONE_SOCIALE eccepiva che il premio incentivante per l’anno 2012 era stato già pagato con la retribuzione di ottobre 2016 nell’importo di euro 1.760,00. Contestava le domande e ne chiedeva il rigetto.
3.- Il Tribunale rigettava le domande.
4.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame proposto dalla dipendente e la condannava al rimborso delle spese processuali, liquidate in euro 3.780,00.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno RAGIONE_SOCIALE sua decisione la Corte territoriale affermava:
la scrittura privata del 07/10/2015 riguarda esclusivamente i premi di produzione V.A.P. di cui all’art. 42 ccnl 09/04/2008, non anche gli incentivi di cui all’art. 50 ccnl cit.;
sugli incentivi va condiviso il convincimento del Tribunale, secondo cui l’art. 50 non prevede alcun obbligo RAGIONE_SOCIALE datrice di lavoro di istituire questo sistema incentivante, rinviato alla successiva ed eventuale contrattazione aziendale e comunque il lavoratore non ha offerto alcuna prova circa gli obiettivi -diversi da quelli previsti dall’art. 42 ccnl cit. per il V.A.P. -al cui raggiungimento sarebbe finalizzato l’incentivo in parola;
peraltro la lavoratrice non ha specificamente censurato la seconda affermazione del Tribunale circa la mancata offerta di prova sia dei diversi obiettivi del sistema incentivante sia del loro conseguimento;
quanto alla natura RAGIONE_SOCIALE scrittura privata del 07/10/2015, occorre stabilire se possa qualificarsi come atto negoziale idoneo a vincolare e in quale misura le parti stipulanti, oppure se si tratti di mera ipotesi di accordo, priva di effetti giuridici, come ritenuto dal Tribunale;
la dicitura ‘ipotesi di accordo’ ivi contenuta non è dirimente, come ritiene la Corte di Cassazione (Cass. n. 7115/2005), che impone di accertare l’effettiva volontà delle parti;
che la volontà delle parti fosse di non riconoscere immediato carattere vincolante all’atto si ricava chiaramente dalla clausola conclusiva, in cui si precisa che ‘ la validità del presente verbale di accordo è subordinato all’approvazione da parte del RAGIONE_SOCIALE Società ‘;
trova quindi applicazione quella giurisprudenza, secondo cui il contratto stipulato dal presidente di una società di capitali senza la ratifica del CdA è da intendersi stipulato da un rappresentante senza poteri e come tale è inefficace per la società (Cass. n. 6468/2005);
in mancanza RAGIONE_SOCIALE predetta approvazione, si tratta di una mera ipotesi di accordo e non di un contratto perfezionato e produttivo di effetti giuridici obbligatori;
in quanto necessaria per il perfezionamento dell’accordo e RAGIONE_SOCIALE correlata efficacia, l’approvazione del CdA è elemento costitutivo del diritto rivendicato dall’appellante e quindi incombeva su di lui la prova che fosse intervenuta;
dal verbale del CdA dell’11/11/2015 si evince che il consiglio rinviò ad altra occasione la decisione sull’accordo del 07/10/2015 e ciò dimostra che a quella data l’approvazione non era stata deliberata;
la circostanza -addotta dall’appellante -secondo cui l’AVV_NOTAIO, presidente del CdA e firmatario del verbale del 07/10/2015, divenne poi amministratore unico RAGIONE_SOCIALE società in data 31/03/2016 non è rilevante;
infatti, se con tale deduzione l’appellante intende sostenere la sopravvenuta superfluità dell’approvazione del RAGIONE_SOCIALE la tesi è infondata, atteso che doveva pur sempre intervenire approvazione da parte dell’organo munito di potere deliberativo RAGIONE_SOCIALE società, dapprima il
CdA e poi l’amministratore unico, approvazione che invece è continuata a mancare anche quando la persona fisica del presidente del CdA ha poi assunto la carica di amministratore unico;
dunque la volontà espressa da quello che al 07/10/2015 era solo il presidente del CdA non può essere riferita a quello che poi, dal 31/03/2016, divenne amministratore unico solo in considerazione RAGIONE_SOCIALE mera casualità RAGIONE_SOCIALE coincidenza RAGIONE_SOCIALE persona fisica;
i mezzi istruttori chiesti dall’appellante circa le dichiarazioni rese dallo stesso amministratore unico in data 20/06/2017 sul servizio di rete sociale ‘Facebook’ sono di dubbia ammissibilità e comunque:
-nulla indica che, con quel mezzo, il dichiarante parlasse quale organo amministrativo e decisionale RAGIONE_SOCIALE società con l’intento di imputare alla società le sue dichiarazioni e non piuttosto a titolo meramente personale, come invece inducono a pensare lo strumento di esternazione utilizzato ed il contenuto delle dichiarazioni;
-il mezzo di comunicazione, in quanto implicante un contatto con la generalità degli utenti RAGIONE_SOCIALE rete e non necessariamente con le controparti contrattuali, non può essere ritenuto valido mezzo di manifestazione del consenso, che invece dovrebbe essere indirizzato specificamente all’altro contraente ai sensi dell’art. 1326, co. 2, c.c.;
-il fatto che si parli al futuro e che si invochi la collaborazione altrui (quella sindacale) dimostra che si tratta di mera dichiarazione di intenti di natura lato sensu ‘politica’ e non un atto negoziale di assunzione di uno specifico e determinato obbligo giuridico;
-in ogni caso è significativo che in quella dichiarazione non vi sia alcuna specifica approvazione del verbale di accordo del 07/10/2015, neppure menzionato;
è infondato anche il motivo con cui l’appellante invoca l’art. 2384 c.c., norma che presuppone l’identificazione ed il cumulo, nell’organo amministrativo, del potere rappresentativo e di quello deliberativo; è vero che l’organo amministrativo può essere anche collegiale, ma proprio per questo in tal caso l’art. 2384 c.c. va riferito all’intero
organo e non ad uno solo dei suoi componenti, quand’anche come presidente del CdA -legittimato a rappresentare la società;
proprio per questa ragione si parla di dissociazione fra potere rappresentativo e potere deliberativo e la Corte di Cassazione (Cass. n. 8147/2018) è costante nell’affermare l’inefficacia, per la società, del contratto concluso dal solo presidente e non ratificato dal consiglio di amministrazione;
tutto questo discorso avrebbe senso laddove il presidente del CdA avesse puramente e semplicemente stipulato l’accordo del 07/10/2015, senza riferimento alcuno ad eventuali e future approvazioni di altri organi societari, il che non è avvenuto nel caso in esame, in cui -come detto -la clausola conclusiva dell’ipotesi di accordo del 07/10/2015 rinviava ad un’eventuale e successiva approvazione del CdA e quindi con tale clausola il presidente del CdA manifestava la dissociazione fra potere rappresentativo e potere deliberativo, sicché l’approvazione del CdA non era più un limite posto dallo statuto e inopponibile al terzo ex art. 2384, co. 2, c.c., bensì requisito di validità o almeno di efficacia dell’ipotesi di accordo;
irrilevante è poi quanto ritenuto in sede di commissione bilancio dell’ARS nella seduta del 18/05/2016 sulle problematiche del personale di RAGIONE_SOCIALE, il cui verbale non fa altro che dare conto del disagio e RAGIONE_SOCIALE delusione del personale;
inammissibile è il richiamo al T.U. di cui al d.lgs. n. 175/2016, che l’appellante si limita a riportare, senza chiarire in quale modo, anche sotto il profilo temporale, tale complesso normativo possa rilevare nel presente giudizio, atteso che le rivendicazioni oggetto di causa attengono al periodo fino al 2015;
inammissibile per l’assoluta genericità è poi il richiamo all’art. 36 Cost .
5.- Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
6.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
7.- LA ricorrente ha depositato memoria e per lei si sono costituiti nuovi difensori in sostituzione dell’originario (deceduto).
Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza ‘o’ del procedimento per violazione degli artt. 132, co. 2 e 4, 99, 100, 112, 228, 244, 416, 115, 116, 421, 276 c.p.c., 19 e 28 del d.lgs. n. 175/2016, 24 e 111 Cost., 6 CEDU e dei relativi principi giurisprudenziali, per avere la Corte d’Appello ritenuto irrilevanti le prove da lei richieste nel primo grado di giudizio e riproposte in appello, pur avendo ammesso che le questioni decisive RAGIONE_SOCIALE controversia erano quelle concernenti il valore degli accordi -se ipotesi di accordo oppure veri e propri accordi -e l’applicabilità degli artt. 2384 c.c. e 28 dello Statuto RAGIONE_SOCIALE società di riscossione.
Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
È inammissibile laddove vi è una confusa invocazione di norme di diritto processuale e di diritto sostanziale, queste ultime estranee alla logica del motivo previsto dall’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. In secondo luogo, è inammissibile laddove la ricorrente invoca l’interpretazione dei verbali del 17/04/2015, del 13/07/2015 e del 07/10/2015, attività riservata al giudice del merito, censurabile dinanzi a questa Corte esclusivamente per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362 ss. c.c.).
La censura con cui la ricorrente lamenta l’omessa pronunzia sulla domanda relativa alle somme rivendicate a titolo di sistema incentivante è infondata: contrariamente all’assunto del la ricorrente, la Corte territoriale si è specificamente pronunziata (v. supra , sub b) e c).
La censura con cui l’COGNOME denunzia la mancata applicazione del principio RAGIONE_SOCIALE ‘ragione più liquida’ è inammissibile, perché la ricorrente non indica quale sarebbe stata questa ‘ragione’, limitandosi a riportare il principio di diritto espresso in molteplici pronunzie di questa Corte.
Inammissibile per manifesta contraddittorietà è la censura con cui la ricorrente prima denunzia l’errato richiamo all’art. 42 ccnl 09/04/2008, inapplicabile -a suo dire -in virtù dell’accordo sindacale dell’08/11/2012, con cui era stato stabilito che la materia del premio collettivo di produttività (VAP) sarebbe stato disciplinato non dal contratto collettivo nazionale, bensì da accordi annuali; poi ammette che tali accordi annuali non sono mai stati stipulati (v. ricorso per cassazione, p. 18). Inoltre la ricorrente non si
confronta in alcun modo con la specifica motivazione articolata al riguardo dalla Corte territoriale.
Inammissibile è altresì la censura, con cui la ricorrente denunzia la mancata applicazione del d.lgs. n. 175/2016, senza confrontarsi con la specifica motivazione articolata sul punto dalla Corte territoriale (v. supra sub s).
Le censure sulla valutazione di irrilevanza dei mezzi istruttori (fra cui quelli relativi alla dichiarazione rese dal presidente RAGIONE_SOCIALE società controricorrente su ‘Facebook’ in data 20/06/2017) sono inammissibili, perché tendono a sollecitare a questa Corte un nuovo apprezzamento di quelle istanze, inammissibile in sede di legittimità, in quanto attività riservata al giudice del merito.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1375 e 1337 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che quella del 07/10/2015 fosse solo un’ipotesi di accordo e non un accordo sindacale perfetto, valido ed efficace. In particolare la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALE mancata rilevazione RAGIONE_SOCIALE nullità RAGIONE_SOCIALE clausola finale, contenente la riserva di approvazione del CdA.
Il motivo è inammissibile in primo luogo per difetto di autosufficienza, poiché nella prima parte incentrato sull’asserita nullità RAGIONE_SOCIALE predetta clausola, senza spiegarne in alcun modo le ragioni giuridiche.
Inoltre la ricorrente si è limitato a riproporre le sue ragioni circa l’interpretazione da dare alle dichiarazioni del presidente del CdA consacrate in quel verbale, senza confrontarsi con la specifica motivazione articolata sul punto dalla Corte territoriale (v. supra sub q)).
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2384 c.c. per avere la Corte d’Appello esclusa l’applicazione di tale norma.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la specifica motivazione articolata sul punto dalla Corte territoriale (v. supra sub o), p), q)).
Va in ogni caso confermato che l’art. 2384 c.c. che prevede l’inopponibilità ai terzi dei limiti al potere rappresentativo posti dallo statuto
di una società -è inapplicabile al caso concreto, in cui nella ‘ipotesi di accordo’ il presidente del CdA aveva espressamente dichiarato di attendere l’approvazione del CdA quale organo collegiale. Quindi è conforme a diritto la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale, che ha escluso che tale approvazione fosse un limite posto dallo statuto e inopponibile al terzo ex art. 2384, co. 2, c.c., e lo ha ritenuto requisito di validità o almeno di efficacia di quell’ipotesi di accordo.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 91 c.p.c., 13 L. n. 247/2012, 4 dei DD.MM. n. 55/2014 e 37/2018 per avere la Corte territoriale omesso di porre le spese a carico RAGIONE_SOCIALE società appellata e per aver comunque violato i parametri medi, tenuto conto che il valore RAGIONE_SOCIALE controversia, come dichiarato nel ricorso introduttivo, è di euro 10.000,00.
Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
L’art. 91 c.p.c. pone la regola RAGIONE_SOCIALE soccombenza, secondo cui le spese cedono a carico RAGIONE_SOCIALE ‘parte che perde’, la quale deve rimborsare le spese alla parte che è stata costretta ad agire (o ad impugnare) oppure a difendersi in giudizio. Questa regola è stata correttamente applicata dalla Corte territoriale, posto che soccombente è stata l’appellante e non la società appellata.
Con riguardo alla relativa liquidazione, la censura è inammissibile per due ragioni: in primo luogo pecca di autosufficienza, poiché la ricorrente non indica né spiega quale sarebbe stata la misura conforme ai parametri medi previsti per lo scaglione fra euro 5.200,01 e 26.000,00; in secondo luogo questa Corte ha più volte affermato l’insindacabilità RAGIONE_SOCIALE liquidazione operata dal giudice di merito fra il minimo ed il massimo previsti dal D.M. n. 55/2014 (Cass. ord. ord. n. 14198/2022; Cass. ord. n. 89/2021).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore RAGIONE_SOCIALE controversia.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE sezione lavoro, in