Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16729 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16729 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
Rep.
Ud. 09/04/2024
CC
ORDINANZA
sul ricorso 10763-2019 proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME, domiciliate in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 199/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 18/10/2018 R.G.N. 29/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Potenza ha rigettato gli appelli proposti dal RAGIONE_SOCIALE,
avverso le sentenze che lo avevano condannato a pagare ai due lavoratori NOME e NOME NOME la complessiva somma di € 3732,67 a titolo di risarcimento del danno per ritardata assunzione, a seguito di verbale di conciliazione oltre accessori e spese processuali.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE con due motivi a cui hanno resistito i lavoratori sopra indicati con controricorso.
E’ stata depositata memoria da parte del RAGIONE_SOCIALE ex art 380bis.1., primo comma c.p.c.. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. del Regio decreto 148/1931 – all. a) , art.10 comma 4; CCNL autoferrotranvieri art.17 comma 5; d.lgs. 81/2008 art. 41,2 comma lett. a); Decreto Ministero dei RAGIONE_SOCIALE e della Navigazione del 23/2/1999 n. 88 art. 1 allegato A, parte I: RAGIONE_SOCIALE (ex art 8 d.lgs. 281/1997), provvedimento 30 ottobre 2007 art. 1 – 4 e 5 ; art. 26 d.lgs. 106/2019. Si sostiene a fondamento del ricorso che sebbene nel punto 4 dell’accordo conciliativo venisse sancito che l’assunzione dovesse essere contestuale alla sua sottoscrizione, era stato pure evidenziato con chiarezza nel medesimo articolo che detta assunzione era condizionata dalla visita preassuntiva che doveva essere effettuata entro e non oltre il 25/11/2013 e compatibilmente con i tempi della medicina del lavoro che avrebbe dichiarato la data.
Sarebbe quindi palese, secondo la ricorrente, che l’espletamento della visita preassuntiva andasse eseguita obbligatoriamente prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro perché la stessa era prevista dal Regio decreto n.
148/1931 allegato art. 10, comma 4, il quale evidenzia che è necessario essere dotato di sana e robusta costituzione fisica e possedere l’attitudine ed i requisiti fisici stabiliti per le funzioni cui il richiedente aspira in relazione alle norme vigenti presso l’azienda.
Lo stesso prevedeva il contratto collettivo nazionale di lavoro; il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, il decreto legislativo n. 81 del 2008 e infine il provvedimento della conferenza unica Stato Regione sopra indicati.
2.- Con il secondo motivo si sostiene la violazione dell’articolo 115 e 116 cpc in relazione all’articolo 360 n.3 cpc non avendo, tanto il tribunale quanto la Corte d’appello di Potenza, tenuto in alcun conto della prova data nel corso del giudizio di primo grado dal RAGIONE_SOCIALE, ritenendo fondamentale che il censurato tardivo adempimento dipendesse solo ed esclusivamente dal non aver rispettato il datore di lavoro il termine del 25/11/2013 ritenuto essenziale nel verbale di conciliazione del 13/11/2013, escludendo l’esistenza della condizione sospensiva ben individuata dalla menzionata visita preassuntiva.
3.- I due motivi di ricorso sono infondati dovendo darsi seguito all’orientamento di recente espresso da questa Corte con l’ordinanza n. 29333 del 2023 pienamente condivisa dal Collegio.
La Corte d’appello non ha in effetti violato alcuna delle norme di cui sopra avendo semplicemente operato una interpretazione dell’accordo conciliativo in base al tenore letterale dello stesso, tenendo altresì conto del complessivo comportamento delle parti precedente l’accordo; anche sulla scorta dei propri poteri discrezionali di selezione e valutazione degli elementi probatori, di per sé non censurabili in questa sede di legittimità.
3a.- La Corte ha seguito anzitutto l’interpretazione letterale della volontà delle parti, dato che nel verbale di conciliazione
era prevista la ‘assunzione contestuale alla sottoscrizione del presente accordo transattivo’ ed ha sostenuto che il riferimento alla visita preassuntiva non potesse qualificarsi come condizione sospensiva dell’obbligazione così assunta.
3.b. Ha aggiunto poi che tale ricostruzione letterale si poneva in linea con la fondamentale circostanza secondo cui con i giudizi, che si concludevano con l’intervenuta conciliazione, i tre lavoratori avessero chiesto dichiararsi la sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato dalla stipula del primo contratto di somministrazione avendo già svolto nel corso dei precedenti rapporti a termine le stesse mansioni di operatori di esercizio già da molti anni prima, dovendosi al contempo evidenziare che il RAGIONE_SOCIALE riconosceva con l’assunzione del 7 gennaio 2014 l’anzianità di servizio dalla data del primo contratto di somministrazione.
3.c. Inoltre, secondo la Corte di appello rilevava pure che l’idoneità dei tre appellanti alle mansioni costituisse ‘fatto già consolidato’ e che pertanto la successiva visita medica si palesasse come un fatto solo formale, anche alla luce del suo esito positivo per i lavoratori.
4.- Non rileva poi il riferimento all’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008 (che prima dell’abrogazione vietava le visite mediche di idoneità a cura e spese del datore di lavoro in sede preassuntiva) trattandosi di una ulteriore ratio decidendi di natura rafforzativa, il cui venir meno, a seguito dell’avvenuta abrogazione della norma, non può incidere sulla tenuta logica e giuridica della decisione finale assunta.
5.- La Corte ha pure dato una interpretazione della clausola contrattuale secondo cui il lavoratore dovesse essere sottoposto a visita preassuntiva obbligatoria che dovrà essere effettuata entro e non oltre il 25 novembre 2013, assumendo che attraverso di essa il RAGIONE_SOCIALE si fosse assunto il rischio del ritardo nell’assunzione, proprio dovuto a disservizi o ritardi nell’effettuazione delle visite.
6.- In definitiva, ad avviso di questo Collegio, quella operata dalla Corte è una legittima e congrua opzione interpretativa dell’accordo negoziale che non può essere contrastata in modo contrappositivo, come ritenuto in ricorso, senza neppure indicare quali siano state le regole legali di ermeneutica contrattuale violate.
Il ricorso si limita, invero, a riproporre le argomentazioni svolte nel giudizio di merito in tema di legittimità della visita preassuntiva come condizione sospensiva; ma non si confronta con la ratio decidendi contenuta nella statuizione della Corte d’appello la quale risulta mediata da una precisa interpretazione dell’accordo conciliativo.
La Corte d’appello non ha sostenuto il contrario di quanto previsto nelle norme indicate, ma ha optato per la soluzione dell’immediata vincolatività dell’accordo e della assunzione alla data dell’accordo conciliativo attraverso la mediazione di una plausibile interpretazione dell’accordo di cui ha dato ampio conto nella sentenza.
E come è noto quando la soluzione interpretativa si fonda su una particolare esegesi del contenuto di un accordo negoziale intervenuto tra le parti, il ricorrente che impugna la soluzione in Cassazione deve indicare quali siano le regole ermeneutiche violate non potendosi limitare ad una mera contrapposizione, anche perché l’interpretazione degli atti negoziali implica un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, che, come tale, può essere denunciato in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (Cass. n. 19089 del 2018; n. 28319 del 2017; n. 15471 del 2017; n. 25270 del 2011; n. 15890 del 2007; n. 9245 del 2007).
Inoltre, nel caso in esame, non solo la ricorrente si è limitata a contrapporre alla lettura data dai giudici di appello una mera lettura alternativa dell’accordo, senza dedurre la violazione dei canoni ermeneutici, ma neppure ha spiegato
come una interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, per come accertata dalla Corte di appello, potesse essere compatibile con la conservazione del negozio e dei suoi effetti laddove al contrario è noto che l’operatività del principio sussidi ario stabilito dall’art.1367c.c. , che mira alla conservazione degli effetti del contratto, non può essere autorizzata attraverso una interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, dovendo in tal caso il giudice evitarla e dichiarare, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto (v. Cass. n 28357/2011, n.7972/2007, n.19493/2018).
8.- In conclusione il ricorso deve essere respinto per le ragioni esposte.
9.Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo con distrazione in favore dell’avvocato antistatario e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante, nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’AVV_NOTAIO, antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in camera di consiglio all’adunanza del 9.4.2024 La Presidente dott.ssa NOME COGNOME