Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26783 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29250/2020 R.G. proposto da :
COGNOME AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, rappresenta e difesa da sé medesima, -ricorrente-
contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
-controricorrente-
nonchè contro
DI COGNOME NOME, DI COGNOME OTTAVIO e DI COGNOME NOME, -intimati-
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26783 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE‘ AQUILA n.154/2020 depositata il 28.1.2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.9.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 261/2018, il Tribunale di Sulmona decideva due cause riunite. La prima (n. 198/2015) era stata promossa da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME contro l’AVV_NOTAIO, aveva ad oggetto la domanda di risoluzione del contratto di mandato e il risarcimento del danno per colpa RAGIONE_SOCIALEa professionista (ritenuta responsabile di non avere diligentemente coltivato, nell’ambito di un processo di divisione ereditaria, la domanda riconvenzionale di usucapione di un cespite rientrante nella massa da dividere).
Nell’ambito di questa prima causa, l’AVV_NOTAIO, costituitasi, aveva domandato il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda con condanna degli attori al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. ed aveva chiamato in causa la sua compagnia assicurativa per essere tenuta indenne.
La seconda causa (n. 415/2015) aveva invece ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 44/2015 ottenuto dall’AVV_NOTAIO per il compenso professionale maturato in suo favore in relazione all’attività difensiva svolta nel predetto processo di divisione-usucapione (proc. n. 84/2004 RG del Tribunale di Sulmona definito con la sentenza n. 108/2014), compenso determinato in € 24.400,00 oltre accessori.
Con la sentenza n. 261/2018 il Tribunale di Sulmona rigettava la domanda di risoluzione contrattuale, in quanto i COGNOME avevano a suo tempo respinto la proposta e l’invito da parte RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO di proporre appello contro la sentenza di rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di usucapione, che era stata motivata con la genericità dei capitoli di prova testimoniale, che non erano stati ammessi, ed il conseguente
difetto di prova di colpa professionale. La medesima sentenza accoglieva parzialmente l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 44/2015, revocandolo e condannando i COGNOME in solido al pagamento in favore di NOME COGNOME quali compensi professionali, RAGIONE_SOCIALEa minor somma di € 11.200,00 oltre accessori e rimborso forfettario del 12,50%, ritenendo che fosse intervenuto un accordo sul compenso tra le parti sulla base RAGIONE_SOCIALEa nota spese non contestata del 16.4.2014, parametrato al minimo tariffario di € 12.200,00, da cui decurtare l’unico acconto di € 1.000,00 riconosciuto come versato dai COGNOME all’AVV_NOTAIO, respingendo le maggiori pretese avanzate in fase monitoria, e compensando per metà le spese processuali tra le parti attuali.
Avverso questa sentenza, l’AVV_NOTAIO proponeva appello principale per vedersi liquidato l’intero importo dei compensi chiesti in fase monitoria, e ad esso resistevano i COGNOME spiegando appello incidentale, col quale censuravano la sentenza nella parte in cui aveva respinto la loro domanda di risarcimento del danno per responsabilità professionale e restituzione RAGIONE_SOCIALE‘acconto versato, e chiedevano di ridurre ulteriormente il compenso professionale riconosciuto per tener conto degli acconti complessivamente versati all’AVV_NOTAIO COGNOME di €6.416,00.
Con la sentenza n. 154/2020 del 14/28.1.2020, la Corte d’Appello RAGIONE_SOCIALE‘Aquila rigettava l’appello principale RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO e, in parziale accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘appello incidentale dei clienti, riduceva il compenso ad € 6.060,00 oltre accessori, confermando, per il resto, la sentenza impugnata e compensando le spese processuali del doppio grado.
La Corte distrettuale confermava l’esistenza tra le parti di un accordo sul compenso, parametrato ai minimi tariffari, per l’importo di € 12.200,00, moRAGIONE_SOCIALEato sulla nota spese inviata dall’AVV_NOTAIO per conto RAGIONE_SOCIALEa collega di studio NOME COGNOME ai COGNOME, datata 16.4.2014, individuando ulteriori elementi di prova
rispetto alla sentenza di primo grado a conferma di tale accordo, e riteneva provato il pagamento dii acconti da parte dei COGNOME a favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO per il superiore importo di € 6.140,00.
Avverso tale sentenza, l’AVV_NOTAIO COGNOME ha proposto ricorso a questa Corte sulla scorta di tre motivi. COGNOME NOME ha resistito con controricorso, mentre COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimasti intimati.
Nell’imminenza RAGIONE_SOCIALE‘udienza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del requisito RAGIONE_SOCIALE‘art. 366 comma primo n. 3) c.p.c.. Esso richiede l’esposizione sommaria dei fatti di causa, e nella specie sono stati compiutamente descritti i fatti di causa, le domande avanzate dalle parti in primo e secondo grado, le ragioni RAGIONE_SOCIALEe decisioni adottate ed i motivi di ricorso, pur essendovi un’interessata lacuna nella descrizione dei motivi di appello proposti dalla COGNOME.
Va poi rilevata, sempre in via preliminare, l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa produzione da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza del 28/29.1.2020 del Gip del Tribunale di Sulmona, che ha disposto l’archiviazione per l’imputazione di falsa testimonianza nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, escusso come testimone nel giudizio di primo grado, e ritenuto inattendibile dalla Corte d’Appello. Si tratta, infatti, di un documento sopravvenuto alla sentenza impugnata del 14/28.1.2020, ma non riguardante la nullità di detta sentenza, né l’ammissibilità del ricorso, bensì l’asserita fondatezza RAGIONE_SOCIALEo stesso, per cui in base al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 372 c.p.c. non poteva essere prodotto per la prima volta nel giudizio di legittimità (vedi Cass. ord. 26.5.2020 n. 9685; Cass. sez. lav. 9.5.2013 n. 10967).
Passando all’esame dei motivi di ricorso, c ol primo di essi la ricorrente lamenta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1°, nn. 3) c.p.c.,
la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 99 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c. in relazione all’art. art. 2907 comma primo cod. civ., sostenendo il difetto assoluto di domanda in merito all’esistenza di un contratto o accordo sul compenso professionale dovuto dai COGNOME alla ricorrente.
Deduce la ricorrente che la Corte d’Appello, come già il giudice di primo grado, ha posto a base del compenso professionale liquidato in favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, per il patrocinio prestato a favore degli attuali controricorrenti, nella causa civile n. 84/2004 RG di divisione-usucapione del Tribunale di Sulmona, l’accordo su un compenso di € . 12.200,00 (minimo tariffario), che sarebbe stato raggiunto dalle parti a seguito RAGIONE_SOCIALEa mancata contestazione da parte dei clienti, COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALEa prodotta nota spese del 16.4.2014, inviata loro dall’AVV_NOTAIO tramite il collega di studio AVV_NOTAIO COGNOME, senza che la COGNOME ed i clienti avessero invocato in giudizio quell’accordo, così violando il principio RAGIONE_SOCIALEa domanda e RAGIONE_SOCIALEa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
Il motivo é inammissibile.
Dal momento che il riconoscimento di quell’accordo sul compenso era già avvenuto, come ammesso nel ricorso, con la sentenza di primo grado, e che la suddetta violazione processuale avrebbe dato luogo ad una nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza del Tribunale di Sulmona n. 261/2018 RAGIONE_SOCIALE‘11.9.2018, l’odierna ricorrente avrebbe dovuto far valere tale vizio a pena di decadenza con l’atto di appello (art. 161 cpc). In esso però, come desumibile dall’esame degli atti, consentito per la natura processuale del vizio lamentato, la COGNOME non ha formulato la doglianza relativa alla violazione del principio RAGIONE_SOCIALEa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, essendosi lamentata solo RAGIONE_SOCIALE‘asserita mancanza di riscontro probatorio del suddetto accordo sul compenso. Deve quindi trovare applicazione il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale ” il vizio di ultrapetizione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado non può essere
utilmente dedotto come mezzo di ricorso per cassazione neppure se riferito alla sentenza di secondo grado confermativa RAGIONE_SOCIALEa precedente, quando non abbia costituito oggetto di motivo di appello” (Cass. sez. un. 4.12.2001 n. 15277; Cass. n.10516/2019; Cass. n. 465/2016; Cass. n. 21856/2004; Cass. n. 822/2000; Cass. n. 6152/1996; Cass. n. 1241/1995; Cass. n. 6961/1987).
2) Col secondo motivo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1°, nn. 3) c.p.c., la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa violazione degli articoli 115 comma primo e 116 c.p.c., in relazione agli articoli 2233 e 1362 comma secondo cod. civ., sostenendo l’inesistenza del predetto accordo sul compenso professionale in quanto nessuna RAGIONE_SOCIALEe parti in causa lo aveva invocato, dedotto o aveva chiesto di accertarlo, dichiararlo e/o provarlo.
Il motivo é inammissibile per la parte che apparentemente censura le violazioni di legge degli articoli 115 comma primo e 116 c.p.c., e 2233 e 1362 comma 2° cod. civ., essendo volto ad ottenere una diversa valutazione del materiale istruttorio che sulla scorta del già menzionato documento, inammissibilmente prodotto per la prima volta in sede di legittimità, e di una diversa considerazione RAGIONE_SOCIALEa testimonianza RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ritenuto inattendibile dalla Corte d’Appello perché personalmente coinvolto nella causa e nel recupero del compenso relativo, conduca a negare l’esistenza di un accordo tra le parti sulla commisurazione del compenso professionale RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO per il patrocinio prestato a favore dei COGNOME nella causa civile di divisione-usucapione del Tribunale di Sulmona n. 84/2004 sul minimo tariffario di € 12.200,00, ed oggetto del pagamento di acconti per il tramite del collega di studio COGNOME, per complessivi € 6.140,00.
L’impugnata sentenza ha trovato conferma RAGIONE_SOCIALE‘esistenza RAGIONE_SOCIALE‘accordo sul minimo tariffario, di cui alla nota spese del 16.4.2014, nella missiva del 9.9.2014, nella quale l’AVV_NOTAIO per conto RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto il pagamento del compenso
professionale dovuto per il patrocinio RAGIONE_SOCIALEa causa civile in questione senza indicarne l’ammontare, evidentemente già concordato nella misura RAGIONE_SOCIALEa nota spese del 16.4.2014, domandando il pagamento di un acconto di € 2.000,00, senza che nella missiva si facesse cenno a contestazioni sull’importo già richiesto di € 12.200,00 (poi raddoppiato dall’AVV_NOTAIO nella successiva richiesta di parere di congruità al RAGIONE_SOCIALE e di decreto ingiuntivo per l’aumento dovuto alla difesa di quattro clienti), nonché nel pagamento pacificamente avvenuto da parte dei COGNOME di acconti per il tramite RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, nel cui studio era inserita l’AVV_NOTAIO, la sola che figurasse nella procura rilasciata per la causa civile citata, per € 6.140,00, e non solo per i 1.000 euro riconosciuti in primo grado. Non essendo stato contestato che i 6.140,00 euro siano stati in più riprese versati dai COGNOME all’AVV_NOTAIO, che come da missive prodotte aveva operato per il recupero dei compensi professionali RAGIONE_SOCIALEa collega di studio COGNOME, inviando perfino per suo conto ai COGNOME la nota spese del 16.4.2014, la Corte distrettuale ha correttamente ritenuto che fosse onere RAGIONE_SOCIALE ‘AVV_NOTAIO dimostrare che invece quegli importi fossero destinati al pagamento di altri incarichi professionali conferiti dai COGNOME all’AVV_NOTAIO COGNOME, e che tale onere non fosse stato assolto, non ravvisandosi quindi alcuna violazione del principio RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 cod. civ., perché una volta dimostrato il pagamento da parte dei debitori, era onere RAGIONE_SOCIALEa creditrice provare che in realtà i pagamenti erano riferibili all’estinzione di altri crediti professionali (in tal senso Cass. ord. n.21512/2019). Va poi ricordato che per pacifica giurisprudenza di questa Corte ” il ricorso per cassazione non può essere in alcun modo utilizzato per sollecitare una diversa valutazione degli elementi probatori già esaminati dai giudici di merito ” (vedi ex multis Cass. 30.7.2024 n. 21237).
La ricorrente ha altresì lamentato che la sentenza di secondo grado non si sarebbe attenuta al principio di diritto enunciato dalla sentenza di questa Corte n. 2575 del 2.2.2018, secondo la quale ” Qualora l’AVV_NOTAIO, dopo avere presentato al proprio cliente una parcella per il pagamento dei compensi ad esso spettanti, redatta in conformità ai minimi tabellari, successivamente richieda, per le stesse attività, un pagamento maggiore sulla base di una nuova parcella, il giudice di merito, richiesto RAGIONE_SOCIALEa liquidazione, ben può valutare, salva l’ipotesi in cui la prima parcella abbia carattere vincolante in quanto conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente, se esistono elementi -discrezionalmente apprezzabili – che facciano ritenere giustificata e legittima la maggiore richiesta, fermo restando il necessario apprezzamento di congruità degli onorari richiesti sulla base ed in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale, il quale, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità “, ma tale doglianza è infondata. In realtà, come sopra esposto, la Corte distrettuale ha ritenuto vincolante la nota spese, inviata ai clienti per conto RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, dal collega di studio AVV_NOTAIO, proprio perché accettata dai clienti e quindi corrispondente ad un accordo, per cui non vi é stata alcuna violazione del principio RAGIONE_SOCIALE‘art. 2233 cod. civ., che prevede la determinazione del compenso professionale da parte del giudice, sentito il parere RAGIONE_SOCIALE‘ordine professionale di appartenenza, solo se il compenso non é stato convenuto dalle parti.
Quanto alle lamentate violazioni degli articoli 115 comma primo e 116 c.p.c., é sufficiente rammentare che ” l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe prove effettuato dal giudice del merito non è sindacabile in sede di cassazione, neppure attraverso l’invocazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. La doglianza circa la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. è ammissibile solo se si sostiene che il giudice non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento” nella valutazione di una
prova. Per dedurre la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice abbia posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli ” (vedi in tal senso Cass. ord. 17.6.2025 n. 16297; Cass. ord. 9.4.2021 n.16061; Cass. sez. un. 30.9.2020 n. 20867) e che nella specie la censura formulata si colloca chiaramente al di fuori di tali parametri, lamentando solo il cattivo apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe prove acquisite, risultando quindi sotto tale profilo inammissibile.
3) Col terzo motivo, infine, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 comma primo e RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. in relazione agli articoli 1218, 1460 e 2697 cod. civ., avendo la Corte distrettuale ritenuto acquista la prova del pagamento di parte RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione, facente carico ai Di COGNOME per la prestazione professionale fornita loro dall’AVV_NOTAIO nella causa civile n.84/2004 RG del Tribunale di Sulmona, rilevando che fosse la creditrice a dover dare la prova RAGIONE_SOCIALEa imputazione dei pagamenti ad altro titolo. Secondo la ricorrente, tali pagamenti sarebbero stati eseguiti dai debitori COGNOME ad altro soggetto (AVV_NOTAIO) e non sarebbero mai stati percepiti dall ‘AVV_NOTAIO. Ulteriormente la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa ritenuta inattendibilità del teste COGNOME NOME, producendo l’ordinanza del Gip del Tribunale di Sulmona sopravvenuta, che ha archiviato il procedimento penale a carico del predetto per il reato di falsa testimonianza, e lamenta che il giudice di secondo grado non si sarebbe attenuto al principio di diritto enunciato dalla sentenza di questa Corte n. 2575 del 2.2.2018, violando l’art. 2233 comma primo cod. civ.
Il motivo, inammissibile con riferimento alle lamentate violazioni degli articoli 115 comma primo e 116 c.p.c. dedotte al di fuori dei già indicati limiti di tali articoli, è altresì infondato quanto alle asserite violazioni degli articoli 1218, 1469 e 2697 cod., perché
l’impugnata sentenza ha correttamente applicato l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova in materia di adempimento di obbligazione contrattuale, e non si può certo richiedere in sede di legittimità la rivalutazione del materiale probatorio e del documento nuovo prodotto già menzionato e riprodotto testualmente nel ricorso, al fine di ottenere l’affermazione in fatto che non vi sarebbe stato il pagamento di acconti da parte dei COGNOME a favore di COGNOME NOME per complessivi € . 6.140,00, come invece accertato dalla Corte distrettuale (sull’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa richiesta di rivalutazione del materiale probatorio in sede di legittimità, ex multis Cass. 30.7.2024 n.21237).
In conclusione, il ricorso va respinto e in applicazione del principio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza la ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, mentre nessuna pronuncia va emessa in favore RAGIONE_SOCIALEe parti che non hanno svolto difese in questa sede.
S ussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, liquidate in € . 200,00 per spese ed € 4.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, in favore di COGNOME NOME. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma il 23.9.2025
Il Presidente
NOME COGNOME