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Accordo compenso avvocato: la forma scritta è cruciale

Una società ha contestato la parcella di un avvocato, sostenendo l’esistenza di un accordo che subordinava il pagamento all’esito positivo di un’azione legale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della società inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l’accordo compenso avvocato deve avere la forma scritta ‘ad substantiam’, cioè per la sua stessa validità. Una delibera assembleare interna alla società non può sostituire un contratto firmato da entrambe le parti, né la successiva emissione di fatture può sanare tale vizio di forma. La decisione conferma la giurisprudenza consolidata in materia.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accordo compenso avvocato: Senza Contratto Scritto, la Delibera non Basta

La definizione del rapporto professionale tra cliente e avvocato è un momento cruciale, specialmente per quanto riguarda la pattuizione del compenso. Un corretto accordo compenso avvocato previene future contestazioni e garantisce trasparenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile (n. 131/2025) è tornata su questo tema, ribadendo un principio cardine: la necessità della forma scritta per la validità dell’accordo, a pena di nullità.

Il Caso: Una Disputa sul Compenso Professionale

La vicenda trae origine dall’opposizione di una società a un decreto ingiuntivo ottenuto dal proprio legale per il pagamento di onorari professionali. La società sosteneva l’esistenza di una convenzione, approvata tramite una delibera assembleare, che prevedeva due condizioni per il pagamento: la predeterminazione degli onorari e, soprattutto, il loro saldo solo a seguito dell’effettivo incasso delle somme dai debitori perseguiti. Poiché tale incasso non era avvenuto, la società riteneva inesistente il diritto del legale al compenso.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato torto alla società. In particolare, i giudici di merito avevano stabilito che la delibera assembleare non costituiva un contratto, ma al massimo una proposta indirizzata ai difensori, per la quale mancava la prova di una formale accettazione scritta. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Accordo Compenso Avvocato e la Forma Scritta: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso principale inammissibile. La decisione si fonda sull’articolo 360-bis, n. 1, del codice di procedura civile, che consente una definizione rapida dei ricorsi quando la decisione impugnata è conforme alla giurisprudenza consolidata della Corte e i motivi di ricorso non offrono elementi per un cambio di orientamento.

La Corte ha confermato che l’accordo sui compensi professionali, ai sensi dell’art. 2233 c.c., deve rivestire la forma scritta ad substantiam, ovvero a pena di nullità. Questo requisito non può essere surrogato da atti interni della società cliente o da comportamenti successivi delle parti.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e si pongono in continuità con numerose altre decisioni rese in casi analoghi, anche tra le stesse parti.

La Necessità della Forma Scritta “ad substantiam”

Il punto centrale è la natura del requisito della forma scritta. Non si tratta di una mera formalità per la prova dell’accordo (ad probationem), ma di un elemento essenziale per la sua stessa esistenza e validità (ad substantiam). A una proposta formulata in modo solenne (per iscritto) deve corrispondere un’accettazione espressa nella medesima forma. Un semplice comportamento attuativo o la predisposizione di una bozza non sono sufficienti a integrare il requisito di legge.

Inefficacia della Delibera Assembleare e della Condotta Successiva

La Corte ha specificato che la delibera assembleare del 18 febbraio 2009 non poteva essere considerata né una proposta contrattuale proveniente dal legale (accettata dalla società) né una proposta della società (accettata dal legale). Si trattava di un mero atto interno, con cui l’assemblea approvava delle condizioni economiche da sottoporre ai professionisti per una formale accettazione. Mancava, quindi, lo scambio di volontà formalizzato in un unico documento o in atti scritti separati e firmati da entrambe le parti.

Nemmeno l’emissione successiva di fatture da parte del legale, che facevano riferimento a una “convenzione”, è stata ritenuta idonea a sanare il vizio. La fattura, infatti, attiene alla fase esecutiva del rapporto e presuppone un contratto già validamente perfezionato, non può crearlo. Atti come la quietanza o la fattura, che presuppongono l’esistenza di un contratto, non possono sostituire l’atto scritto richiesto dalla legge per la sua costituzione.

La Questione della Responsabilità Professionale

La società aveva anche sollevato una questione di responsabilità professionale del legale, accusandolo di aver intrapreso un’azione esecutiva infruttuosa. La Corte ha ritenuto anche questo motivo inammissibile, qualificandolo come un tentativo di riesaminare il merito della valutazione sulla diligenza del professionista, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma con forza un principio fondamentale per la tutela di entrambe le parti nel rapporto professionale: l’importanza della formalizzazione scritta degli accordi sul compenso. Per i clienti, un contratto scritto garantisce chiarezza sui costi e sulle condizioni. Per gli avvocati, è lo strumento essenziale per veder riconosciuto il proprio diritto al compenso. La decisione evidenzia che affidarsi ad accordi verbali, delibere interne o comportamenti concludenti espone a un elevato rischio di contenzioso, con esiti spesso sfavorevoli per chi non ha curato la formalizzazione del patto secondo i dettami di legge.

Una delibera assembleare di una società può costituire un valido accordo scritto sul compenso di un avvocato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una delibera assembleare è un mero atto interno della società e non può sostituire il contratto scritto e firmato da entrambe le parti, richiesto a pena di nullità dall’art. 2233 del codice civile.

L’emissione di una fattura da parte dell’avvocato, che fa riferimento a una “convenzione”, può sanare la mancanza di un contratto scritto?
No. La fattura è un documento che attiene alla fase esecutiva del rapporto e presuppone che un contratto valido sia già stato concluso. Non può, quindi, integrare o sostituire il requisito della forma scritta richiesta ad substantiam per la validità dell’accordo sul compenso.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile perché la decisione impugnata è conforme alla giurisprudenza consolidata?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c. quando la sentenza del giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Cassazione e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare tale orientamento. In pratica, si evita di riesaminare questioni su cui esiste già un orientamento legale stabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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