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Accordo bonario: la rinuncia vale anche per danni futuri

Un consorzio edile ha perso una causa contro la stazione appaltante per costi extra. La Cassazione ha confermato che l’accordo bonario e gli atti aggiuntivi sottoscritti implicavano la rinuncia a future pretese, anche per danni non ancora manifestatisi ma derivanti dalle medesime cause già definite.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accordo Bonario: La Rinuncia alle Pretese Vale Anche per i Danni Futuri

Nell’ambito dei contratti di appalto, la gestione delle controversie è un aspetto cruciale. L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza pratica: l’efficacia e la portata di un accordo bonario e degli atti aggiuntivi sottoscritti tra le parti. La pronuncia chiarisce fino a che punto una rinuncia a ulteriori pretese possa estendersi anche a danni non ancora manifestatisi, ma derivanti dalle stesse cause già oggetto di transazione.

Il Contesto: Un Appalto Complesso e le Riserve

La vicenda nasce da un contratto di appalto per la realizzazione di importanti opere stradali. Durante l’esecuzione dei lavori, l’associazione temporanea di imprese (ATI) appaltatrice si è trovata ad affrontare diverse difficoltà che hanno comportato maggiori oneri e ritardi. Tali problematiche sono state formalizzate attraverso l’iscrizione di numerose riserve nel registro di contabilità, lo strumento con cui l’appaltatore contesta gli atti del committente e avanza le proprie pretese economiche.

Le parti erano giunte alla stipula di un accordo bonario per definire una parte significativa di queste riserve. Successivamente, erano stati sottoscritti anche diversi atti aggiuntivi per gestire le modifiche progettuali e l’avanzamento dei lavori, spesso suddivisi in stralci funzionali a seconda della disponibilità dei finanziamenti.

Nonostante questi accordi, il consorzio appaltatore ha citato in giudizio la stazione appaltante, chiedendo il pagamento di ingenti somme per ulteriori danni e maggiori costi che, a suo dire, si erano manifestati in un momento successivo alla stipula dell’accordo transattivo, pur essendo legati alle medesime problematiche originarie.

La Decisione dei Giudici di Merito e l’importanza dell’accordo bonario

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno affrontato la complessa questione interpretativa degli accordi intercorsi tra le parti. La Corte d’Appello, in particolare, ha riformato la sentenza di primo grado, accogliendo l’appello incidentale della stazione appaltante.

I giudici di secondo grado hanno ritenuto che gli atti aggiuntivi, letti in combinato disposto con l’accordo bonario, contenessero una rinuncia chiara e inequivocabile da parte dell’appaltatore a qualsiasi ulteriore pretesa risarcitoria o indennitaria. Secondo la Corte territoriale, questa rinuncia copriva non solo i danni già verificatisi, ma anche quelli futuri che fossero diretta conseguenza delle stesse cause già transatte. L’unico danno residuo riconosciuto è stato quello, di modesta entità, derivante da un vincolo archeologico imprevisto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del consorzio, confermando la decisione d’appello e fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione dei negozi giuridici in materia di appalti.

L’Interpretazione dei Contratti come Giudizio di Fatto

In primo luogo, la Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: l’interpretazione di un contratto (la cosiddetta quaestio ermeneutica) è un’indagine di fatto riservata al giudice di merito. In sede di legittimità, la Cassazione non può sostituire la propria interpretazione a quella fornita dalla Corte d’Appello, a meno che non vi sia una violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale o un vizio motivazionale grave, come una motivazione del tutto apparente o illogica. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva esplicitato in modo chiaro e compiuto il proprio percorso argomentativo, analizzando il contenuto degli atti e la volontà espressa dalle parti, rendendo la sua decisione incensurabile sotto questo profilo.

L’Autosufficienza del Ricorso e l’Onere della Prova

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili alcuni motivi di ricorso per difetto di “autosufficienza”. Il ricorrente che lamenta l’errata valutazione di un documento ha l’onere non solo di indicare dove si trova tale documento negli atti processuali, ma anche di trascriverne o riassumerne il contenuto essenziale nel ricorso stesso. Ciò per permettere alla Suprema Corte di valutare la fondatezza della censura senza dover ricercare autonomamente gli atti. Il consorzio non aveva riprodotto il testo degli atti aggiuntivi, rendendo impossibile per la Corte verificare le sue argomentazioni.

L’Effetto Devolutivo dell’Appello

Infine, la Cassazione ha respinto la censura secondo cui la Corte d’Appello avrebbe deciso “ultra petita”, cioè andando oltre le richieste formulate dalla stazione appaltante nel suo appello incidentale. I Giudici hanno ricordato che, in base al principio tantum devolutum quantum appellatum, il giudizio di appello si estende anche ai punti della sentenza implicitamente connessi a quelli specificamente impugnati. La decisione della Corte d’Appello di limitare il risarcimento era una diretta e logica conseguenza dell’accoglimento del motivo relativo all’interpretazione e all’efficacia tombale delle rinunce contenute nell’accordo bonario e negli atti successivi.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre una lezione fondamentale per gli operatori del settore degli appalti: la redazione degli accordi transattivi e degli atti aggiuntivi richiede la massima attenzione e chiarezza. Una rinuncia a “qualsiasi ulteriore pretesa”, se formulata in termini ampi e onnicomprensivi, può essere interpretata dai giudici come un’abdicazione definitiva a far valere diritti futuri, anche se non ancora pienamente manifesti, purché scaturiscano dalle medesime cause già oggetto dell’accordo. Per l’appaltatore, è quindi essenziale circoscrivere con precisione l’oggetto della transazione e specificare quali pretese rimangono impregiudicate, per non rischiare di vedersi preclusa ogni successiva azione risarcitoria.

Una rinuncia contenuta in un atto aggiuntivo a un contratto d’appalto può coprire anche fatti futuri e non ancora verificati?
Sì. Secondo la Corte, se la rinuncia è formulata in termini ampi e onnicomprensivi, può essere interpretata come estesa anche ai danni futuri e non ancora prodottisi, ma che sono provocati dalle stesse cause oggetto degli accordi transattivi. La volontà delle parti, come ricostruita dal giudice di merito, è decisiva.

In che modo un accordo bonario può limitare il diritto al risarcimento per danni successivi?
Un accordo bonario, specialmente se integrato da atti aggiuntivi che contengono clausole di rinuncia a ogni ulteriore pretesa, può definire in modo tombale una controversia. Ciò significa che l’appaltatore, accettando l’accordo, rinuncia a chiedere ulteriori somme per le stesse causali, anche qualora gli effetti dannosi di tali causali si protraggano o si manifestino pienamente solo in futuro.

Il giudice d’appello è strettamente vincolato ai motivi specifici del ricorso?
No, non in modo assoluto. Il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” stabilisce che il giudice d’appello esamina le sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame. Tuttavia, il suo esame si estende anche ai punti della sentenza di primo grado che siano implicitamente o direttamente connessi a quelli censurati, rientrando così nel “thema decidendum” del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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