Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16226 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16226 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14119 – 2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -c.f. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e quale mandatario dell’RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.I. costituita con la ‘RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa disgiuntamente e congiuntamente dall’AVV_NOTAIO professor NOME COGNOME, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso nonché dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al l’atto di costituz ione di nuovo codifensore; elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO .
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. 80208450587/P_IVA -in persona del l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO responsabile della direzione legale giusta procura
per AVV_NOTAIO NOME COGNOME del 19.3.2019, elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che disgiuntamente e congiuntamente la rappresentano e difendono in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 6913/2018 della Corte d’Appello di Roma, udita la relazione nella camera di consiglio del 28 marzo 2024 del AVV_NOTAIO COGNOME,
RILEVATO CHE
Con atto ritualmente notificato il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale mandatari o dell’A.T.I. costituita, peraltro, con la ‘RAGIONE_SOCIALE, citava a comparire dinanzi al Tribunale di Roma l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ .
Premetteva che l’ ‘RAGIONE_SOCIALE aveva affidato all’A.T.I. , giusta contratto del 5.10.2005, l’appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di costruzione della variante alla S.S. n. 212 tra il bivio di Pietralcina e lo svincolo per San Marco dei Cavoti (cfr. ricorso, pag. 3) .
Premetteva che durante l’esecuzione dei lavori erano state apportate modifiche alle opere appaltate, segnatamente con la perizia di variante n. 2373 del 15.5.2009, contemplante le modifiche poi contrattualizzate nell’atto aggiuntivo n. 2 datato 29.10.2009, nonché con la perizia di variante n. 2648 del 28.5.2012, contemplante le modifiche poi contrattualizzate nell’atto aggiuntivo n. 3 datato 17.9.2013 (cfr. ricorso, pagg. 4 – 5) .
Premetteva che aveva rivendicato il riconoscimento di importi maggiori rispetto a quelli progressivamente contabilizzati, in particolare mediante n. 21 riserve iscritte nel registro di contabilità dell’appalto , e che aveva poi rinunciato alle riserve n. 6, n. 7, n. 9, n. 10 e n. 11 in occasione della sottoscrizione del 2° atto aggiuntivo (cfr. ricorso, pag. 6) .
Indi esponeva che le riserve n. 1, n. 2, n. 3, n. 4, n. 5, n. 8, n. 12, n. 13, n. 14, n. 15 e n. 16 erano state oggetto di un accordo bonario siglato in data 27.7.2011 con la stazione appaltante, avente ad oggetto tutte le pretese dell’appaltatore fino al 27.7.2010 (cfr. ricorso, pagg. 6 e 7) .
Esponeva nondimeno che permanevano impregiudicate le riserve, recanti lo stesso numero di quelle definite con l’accordo bonario (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) , non coperte dall’accordo bonario, ovvero le seguenti riserve (cfr. ricorso, pag. 8) :
la riserva n. 1, concernente il ripianamento dei danni ed i maggiori oneri subiti a causa dell’andamento anomalo dei lavori ed in ordine alla quale evidenziava che dopo il 27.7.2010 si erano verificati quindici impedimenti esecutivi, riferibili ai periodi 28.7.2010-31.7.2011 e 1.1.2012/18.10.2012;
la riserva n. 2, per i maggiori oneri di conferimento a discarica; la riserva n. 3, per i maggiori costi dei materiali inerti; la riserva n. 15, per i maggiori costi della sicurezza; la riserva n. 16, per i maggiori oneri durante le attività di scavo; la riserva n. 17, per i maggiori costi degli elaborati progettuali non previsti; la riserva n. 18, per i maggiori costi per aumento del prezzo del carburante; la riserva n. 20, per equo compenso a titolo di sorpresa geologica;
la riserva n. 21, per maggiori costi per fenomeni di instabilità durante lo scavo di due gallerie.
Chiedeva accertare e dichiarare l’inadempienza dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ alle obbligazioni contrattuali su di essa incombenti e conseguentemente condannare la convenuta al pagamento degli importi contabilizzati per ciascuna delle suindicate riserve, complessivamente ammontanti ad euro 86.018.067,68, oltre interessi anche anatocistici e rivalutazione.
2. S i costituiva l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Deduceva che in virtù dell’accordo bonario sottoscritto il 27.7.2011 e a fronte del pagamento della somma di euro 10.286.641,46 il consorzio attore aveva rinunciato all’instaurazione di qualunque vertenza giudiziale e che tale rinuncia aveva ad oggetto tutte le riserve già iscritte alla data di sottoscrizione dell’accordo , cioè le riserve dalla n. 1 alla n. 16 (cfr. ricorso, pag. 9) .
Instava per il rigetto dell’avve rsa domanda.
Espletata la c.t.u., in conclusionale il consorzio rinunciava, a seguito della sottoscrizione del 4° atto aggiuntivo, al mancato utile oggetto di parte della riserva n. 1 ed alla riserva n. 21 (cfr. ricorso, pag. 11) .
Con sentenza n. 1873/2016 il tribunale accoglieva in parte la domanda, ossia accertava il buon fondamento della domanda del consorzio limitatamente alle riserve n. 1, n. 2, n. 16, n. 17 e n. 20, e condannava la convenuta a pagare all’attore la somma di euro 19.443.974,70, oltre interessi e rivalutazione.
Il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ proponeva appello.
Resisteva l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ; proponeva appello incidentale.
Con sentenza n. 6913/2018 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame principale, accoglieva il gravame incidentale e, per l’effetto, in riforma
dell ‘appellata sentenza condannava l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a pagare al ‘RAGIONE_SOCIALE‘ la somma di euro 583.573,14, oltre interessi legali dalla domanda, a titolo di risarcimento dei danni e la somma di euro 449.399,12, oltre interessi legali dalla domanda, a titolo di equo compenso.
Premetteva la Corte di Roma in ordine ai primi due motivi dell’appello incidentale, da delibare previamente (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) – che si imponeva la necessità di distinguere in tre periodi i fatti di causa, ossia il periodo dall’inizio dei lavori al 27.7.2010, durante il quale era no state iscritte le prime 16 riserve, il periodo dal 27.7.2010 al 27.7.2011, data, quest’ultima, di sottoscrizione dell’accordo bonario relativo alle prime sedici riserve , ed il periodo dal 27.7.2011 al 31.8.2013, data quest’ultima, di sottoscrizione del trentaquattresimo S.RAGIONE_SOCIALEL. e di ultimo aggiornamento della riserva n. 1 (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
Premetteva altresì a fronte della pretesa dell’ RAGIONE_SOCIALE correlata al rilievo per cui le riserve aggiornate dopo il 27.7.2010, recanti lo stesso numero di quelle oggetto dell’accordo bonario , avevano ad oggetto danni verificatisi dopo la sottoscrizione dell’accordo bonario , per cause diverse da quelle prese in considerazione nell’accordo bonario del 27.11.2011 (cfr. sentenza d’appello, pagg. 4 – 5) -che si prefigurava la necessità della corretta interpretazione del medesimo accordo (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) , occorreva stabilire cioè se con l’accordo del 27.7.2011 l’RAGIONE_SOCIALE avesse rinunciato o meno ‘anche al risarcimento dei danni non ancora prodottisi, ma provocati dalle stesse cause dei danni che l’accordo bonario risarcisce’ (così sentenza d’appello, pag. 5 ) .
Premetteva quindi che, senza dubbio (sulla scorta del rilievo per cui con esclusivo riferimento alla riserva n. 5 le parti avevano utilizzato una ben precisa
locuzione, cioè ‘con la precisazione, infine, che l’importo riconosciuto per la riserva n. 5 sia a titolo definitivo fino all’ultimazione dei lavori medesimi (…)’ ) , ‘gli importi concordati per le altre riserve non il risarcimento dei danni che per le cause indicate nelle prime sedici riserve si verificati o si verificheranno dopo il 27/7/2010’ (così sentenza d’appello, pag. 5) .
E tuttavia -soggiungeva gli effetti dell’accordo bonario erano stati ampiamente limitati dagli effetti dei tre atti aggiuntivi, in special modo dei primi due, sottoscritti dalle parti nel corso dell’esecuzione dell’appalto (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Dipoi, in ordine alla riserva n. 1, la corte reputava quanto segue.
Ovvero che le cause dei danni dei quali l’ RAGIONE_SOCIALE aveva domandato il risarcimento, erano le stesse, ‘ma proprio le stesse’ , che avevano prodotto i danni oggetto dell’accordo del 27.7.2011 ( cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Ovvero -e con valenza anche in relazione alle riserve diverse dalla n. 1 (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) – che il 1° ed il 2° atto aggiuntivo, a fronte della divisione delle opere in stralci, ‘dei quali il primo relativo ad opere il cui prezzo complessivo corrispondeva, più o meno, alla somma già finanziata e a disposizione di RAGIONE_SOCIALE e gli altri relativi ad opere di cui si stabiliva che sarebbero state eseguite soltanto se e quando sarebbe intervenuto il relativo finanziamento’ (così sentenza d’appello, pag. 9) , recavano ‘la medesima rinuncia a chiedere qualsivoglia risarcimento o indennizzo, la medesima accettazione del potere discrezionale della stazione appaltante di decidere di non far eseguire gli stralci non ancora finanziati (…), la medesima previsione del diritto di recesso ‘ (così sentenza d’appello, pag. 11) .
Ovvero che l’RAGIONE_SOCIALE. aveva diritto unicamente al risarcimento dei nuovi danni prodottisi dopo il 27.7.2010 che non fossero stati causati dall’interferenza degli stralci tardivamente finanziati e consegnati con i lavori del primo stralcio (cfr. sentenza d’appello, pag. 14) .
Ovvero, in questa prospettiva, che nell’ambito della riserva n. 1 residuava quale unico danno risarcibile ‘quello determinato dal modesto rallentamento dei lavori causato per 15 mesi circa da un vincolo archeologico’ (così sentenza d’appello, pag. 31; cfr. altresì, pag. 18) ; e che, del pari nell’ambito della riserva n. 1 e con riferimento pur al primo motivo dell’appello principale , i danni scaturiti dall’anomalo andamento dell’appalto e dal ritardo accumulato rispetto all’ottimale cronoprogramma esecutivo erano stati in parte ristorati con la stipula dell’accordo bonario del 27.7.2011 ed in parte non erano da risarcire, siccome il consorzio aveva rinunciato al risarcimento con i primi due atti aggiuntivi (cfr. sentenza d’appello, pag. 31) .
Dipoi, in ordine alla riserva n. 16, la corte reputava quanto segue.
Ovvero che con la sottoscrizione del secondo atto aggiuntivo il consorzio non solo aveva rinunciato ad ogni risarcimento per l’eventuale tardiva o mancata erogazione dei finanziamenti ulteriori e per la mancata consegna degli stralci, ma aveva altresì ottenuto il completo ristoro dei maggiori oneri sopportati a causa della ‘sorpresa geologica’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 28) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso i l ‘RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale mandatario dell’RAGIONE_SOCIALE ; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con vittoria di spese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sens i dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Roma, non si giustificano le asserite limitazioni derivanti dagli atti aggiuntivi, atteso che i riferimenti temporali ed oggettivi dei medesimi atti sono insuscettibili di incidere sul contenuto dell’accordo bonar io (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deduce segnatamente che il primo atto aggiuntivo risale all’11.7.2007 ed il secondo atto aggiuntivo risale al 29.10.2009, sicché sono stati assorbiti e superati dall’accordo bonario del 27.7.2011 (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deduce quindi che la corte d’appello è incorsa in una chiara violazione dei principi in tema di interpretazione dei negozi giuridici (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deduce altresì che, a riscontro degli assunti della corte di merito, non può soccorrere la proposta di accordo bonario del 6.4.2011, siccome la commissione ex art. 240 d.lgs. n. 163/2006 aveva preso in considerazione gli atti aggiuntivi procedendo poi all’esame delle singole riserve (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deduce inoltre che contrariamente a quanto reputato dalla corte distrettuale le rinunce contenute nei primi due atti aggiuntivi non possono concernere fatti successivi non ancora verificatisi (cfr. ricorso, pag. 22) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
11. Va dapprima rimarcato che il mezzo di impugnazione difetta, in spregio alle prefigurazioni del n. 4 e del n. 6 del 1° co. dell’art. 366 cod. proc. civ., di specificità e di ‘autosufficienza’.
Invero, il ricorrente non ha provveduto, così come avrebbe dovuto, a riprodurre nel corpo del ricorso il testo in special modo dei primi due ‘atti aggiuntivi’ (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048, secondo cui il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere imposto dall’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ. – di produrlo agli atti, indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso; la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Cfr. altresì Cass. sez. un. 18.3.2022, n. 8950) .
12. In ogni caso, è innegabile che con il primo mezzo il ricorrente censura il giudizio ‘di fatto’ sulla cui scorta la Corte di Roma ha concluso nel senso lo si è premesso che l’ARAGIONE_SOCIALE aveva diritto unicamente al risarcimento dei nuovi danni prodottisi dopo il 27.7.2010, che non fossero stati causati dall’interferenza degli stralci tardivamente finanziati e consegnati con i lavori del primo stralcio (cfr. sentenza d’appello, pag. 14) .
Il ricorrente, del resto, sollecita una ‘diversa’ valutazione ‘dell’assetto di interessi definitivo che le parti hanno posto a base dell’Accordo bonario del 27.7.2011’ (così ricorso, pag. 22 ; ‘la Corte d’appello non ha affatto considerato che il predetto accordo aveva ridefinito elementi essenziali del rapporto contrattuale’: così memoria del ricorrente, pag. 4 ) .
13. In tal guisa -ed al di là del rinvio all’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte, in tema di interpretazione, di cui si farà puntuale menzione in sede di disamina del quarto motivo soccorre l’elaborazione di quest o Giudice secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
14. In pari tempo, è da escludere recisamente che taluna delle figure di ‘anomalia motivazionale’ destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte d ‘appello ha ancorato il suo dictum .
In particolare, con riferimento all’ ‘anomalia’ della motivazione ‘apparente’ (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) la corte distrettuale, lo si è anticipato, ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
La Corte di Roma ulteriormente ha puntualizzato: ‘questa Corte veramente non sa cos’altro avrebbero potuto scrivere le parti per rendere ancora più chiaro che nulla, né risarcimento né indennizzo né altro avrebbe potuto pretendere l’RAGIONE_SOCIALE perfino nel caso di mancata esecuzione degli stralci in quel momento non ancora finanziati (…)’ (così sentenza d’appello, pag. 11) .
Evidentemente, ad inficiare siffatti passaggi motivazionali non può concorrere il rilievo, del tutto generico, per cui ‘la rinuncia non poteva certo contemplare vicende ancora non verificatesi’ (così ricorso, pag. 22) .
Co n il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza e del procedimento di appello in relazione agli artt. 342 e ss. cod. proc. civ.
Premette che con i l proprio appello incidentale l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva censurato il primo dictum , siccome aveva assunto che i ritardi esecutivi erano dipesi dalla carenza di risorse dell’appaltat ore e che non si prospettavano gli impedimenti esecutivi acclarati dal c.t.u. (cfr. ricorso, pagg. 24 e 28) , tant’è che aveva invocato la rinnovazione della consulenza tecnica (cfr. ricorso, pag. 24) .
Indi deduce che la Corte di Roma si è limitata a prendere in considerazione gli impedimenti ritenuti ancora in essere alla data dell’accordo bonario e risultanti dal testo della riserva n. 1 come progressivamente aggiornato, concludendo per la sussistenza dell’unico modesto impedimento de l vincolo archeologico (cfr. ricorso, pagg. 24 e 28) , e dunque ha fatto luogo in piena autonomia ad una ricostruzione che prescinde sia dai motivi del gravame incidentale, con i quali l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva ‘indirizzato le proprie critiche sugli impedimenti s pecifici come denunciati dall’impresa nell’atto di citazione’ (così ricorso, pag. 24; cfr. inoltre ricorso, pag. 28) , sia dagli accertamenti compiuti dal c onsulente d’ufficio (cfr. ricorso, pag. 28) .
Deduce altresì che non vi è alcun passaggio nell’avverso appello incidentale, con il quale l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva chiesto che il diritto al risarcimento dei danni venisse limitato ‘ai soli danni prodottisi dopo il 27/7/2010 che non siano stati
causati dalle interferenze degli stralci tardivamente finanziati e consegnati con i lavori del primo stralcio ‘ (cfr. ricorso, pag. 29) .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza e del procedimento di appello in relazione agli artt. 342 e ss. cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Roma, così come con riferimento alla riserva n. 1, ha con riferimento alla riserva n. 16 seguito un percorso motivazionale del tutto avulso dalle censure addotte dall’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con il suo gravame incidentale , censure con le quali la stazione appaltante si era limitata ‘a contestare la supposta carenza di elementi giustificativi dei maggiori costi e la loro ricomprensione nel compenso a corpo dell’appalto’ (cfr. ricorso, pag. 35) .
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono all’evidenza connessi; se ne giustifica la disamina contestuale; ambedue i mezzi di impugnazione vanno comunque respinti.
Non può non darsi atto, previamente, che il ricorrente, parimenti in violazione de gli oneri di specificità ed ‘autosufficienza’, non ha provveduto a riprodurre nel corpo del ricorso il testo del primo motivo e del secondo motivo dell’appello incidentale dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181, ove si è puntualizzato che l’ ‘error in procedendo’ non è rilevabile ex officio e che questa Corte non può ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento dell’ ‘ error ‘ ) .
In ogni caso, va imprescindibilmente rimarcato che la delibazione cui la corte d’appello , in ordine alla riserva n. 1 ed alla riserva n. 16, ha fatto luogo, è mera conseguenza del preliminare rilievo, formulato in accoglimento in particolare del secondo motivo dell’appello incidentale del l’ ‘RAGIONE_SOCIALE , giusta il
quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva diritto unicamente al risarcimento dei nuovi danni prodottisi dopo il 27.7.2010 che non fossero stati causati dall’interferenza degli stralci tardivamente finanziati e consegnati con i lavori del primo stralcio.
Tant’è che , in esito a tale rilievo, l a Corte di Roma ha specificato che ‘questa decisione comporta (…) l’impegno di verificare, una per una, le date di cessazione degli impedimenti non collegati agli stralci successivi al primo’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 14. Si veda l’analogo rilievo formulato dalla Corte di Roma, in sede di disamina della riserva n. 16, a pag. 28 dell’impugnato dictum ) .
Ed ha immediatamente soggiunto che il riferito riscontro era stato compiuto solo in parte dal c.t.u., g iacché ‘convinto che tutti i danni in questa lamentati fossero da risarcire’ (così sentenza d’appello, pag. 14) .
20. Tanto, ovviamente, al di là della reiterazione, nella specie, del l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale , ai sens i dell’art. 342 cod. proc. civ., il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del ‘ tantum devolutum quantum appellatum ‘ il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel ‘ thema decidendum ‘ del giudizio (Cass. sez. lav. 3.4.2017, n. 8604. Cfr. altresì Cass. (ord.) 13.4.2018, n. 9202, secondo cui l’ effetto devolutivo dell’appello entro i limiti dei motivi d’impugnazione preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che
non siano compresi, neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi d’impugnazione, mentre non viola il principio del ‘tantum devolutum quantum appellatum’ il giudice di appello che fondi la decisione su ragioni che, pur non specificament e fatte valere dall’appellante, tuttavia appaiano, nell ‘ ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone necessario antecedente logico e giuridico; Cass. 11.1.2011, n. 443; Cass. sez. lav. 12.3.2004, n. 5134; Cass. 22.7.2002, n. 10681, secondo cui, ai fini della individuazione del ‘thema decidendum’ in appello, sebbene l’art. 342 cod. proc. civ. preveda la devoluzione al giudice d’appello delle sole questioni che siano state fatte oggetto di specifici motivi di gravame, esso si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, necessariamente connessi ai punti censurati, e con possibilità di riesame dell’intero rapporto controverso e di tutte le questioni dibattute dalle parti in primo grado se i motivi d ‘ appello fanno puntuale riferimento all’impianto logico letterale complessivo della sentenza di primo grado, sottoponendola ad una critica completa e radicale) .
Nei summenzionati termini non può che opinarsi come segue.
Da un canto, non possono essere condivisi gli assunti del ricorrente secondo cui la Corte di Roma ha proceduto ‘in modo del tutto estraneo e avulso dai motivi di impugnazione proposti’ (così ricorso, pag. 25) ; e secondo cui ‘si tratta di un percorso motivazionale che trascura le censure concretamente addotte dall’ RAGIONE_SOCIALE‘ (così ricorso, pag. 34
D’altro canto, va appieno condivisa la deduzione della controricorrente secondo cui la Corte di Roma ‘si è comunque mossa all’interno del thema
decidendum devoluto da RAGIONE_SOCIALE con l’appello incidentale’ (così controricorso, pag. 34) .
22. Con i l quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
Premette che aveva invocato il risarcimento dei danni sofferti a causa dell’incremento dei costi dei lavori determinato dalla loro esecuzione in tempi differenti rispetto alle previsioni e che il c.t.u. aveva quantificato in euro 8.203.112,98 tale voce di danno (cfr. ricorso, pag. 35) .
Premette che la Corte di Roma ha affermato che siffatta voce di danno era stata in parte ristorata mercé l’accordo del 27.7.2011 e che in relazione a questa stessa voce di danno esplicassero valenza le rinunce di cui ai primi due atti aggiuntivi (cfr. ricorso, pag. 39; cfr. sentenza d’appello, pag. 31 ) .
Indi deduce che siffatti assunti contrastano con il contenuto chiarissimo dell’accordo del 27.7.2011 (cfr. ricorso, pag. 40) ; che al contempo le rinunce ‘non possono in alcun modo contemplare la pretesa di cui si discute’ (così ricorso, pag. 41) .
23. Il quarto motivo di ricorso del pari va respinto.
Evidentemente il mezzo in disamina veicola una quaestio ermeneutica (si condivide il rilievo in tal senso de ll’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘: cfr. controricorso, pag. 37) .
Sovvengono perciò gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.
Innanzitutto, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi de ll’art. 360, 1°
co., n. 3, cod. proc. civ. ovvero per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi de ll’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355) .
Altresì, l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura ex n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131) .
Nel solco delle indicazioni giurisprudenziali testé enunciate è da escludere che taluna delle figure di ‘anomalia motivazionale’ destinate (giusta, appunto, la già menzionata statuizione n. 8053/2014 delle sezioni unite) ad acquisire significato in rapporto alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ., possa scorgersi pur in ordine alle motivazioni cui, ai fini che rilevano per la disamina del quarto mezzo, la corte di merito ha ancorato il suo dictum .
D’altra parte, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
Tanto in ordine alla censura per cui gli assunti della corte d’appello sono pacificamente esclusi dalla documentazione allegata (cfr. ricorso, pag. 40) .
In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrent e, il ‘RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale mandatario dell’A.T.I., a rimborsare al la controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte