Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4539 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4539 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21553-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
CANTINO NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
Oggetto
Cassa integrazione guadagni straordinaria -criteri di scelta -applicazione accordi
R.G.N. 21553/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME;
– intimati –
avverso la sentenza n. 125/2018 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 11/01/2019 R.G.N. 222/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
il Tribunale di Tempio Pausania, in funzione di giudice del lavoro, adito da un gruppo di dipendenti di RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) con mansioni di piloti di aeromobile appartenenti al personale navigante tecnico (PNT), dichiarava l’illegittima collocazione in CIGS dei ricorrenti dal 28/12/2012 alla data della domanda (13/2/2014) e condannava la società a corrispondere in loro favore gli importi per ciascuno specificati;
per quanto qui ancora rileva, la Corte d’Appello di Cagliari -sez. dist. di Sassari, respingeva l’appello della società e, in parziale riforma della decisione di primo grado e in parziale accoglimento d ell’ appello incidentale, accertava e dichiarava il diritto di NOME COGNOME e NOME COGNOME di percepire a titolo di risarcimento del danno per il periodo di illegittima collocazione in CIGS la differenza retributiva rispettivamente di € 2.790 e € 2.262 mensili per le mensilità dal 28/12/2012 al 13/2/2014 (data di deposito del ricorso), da calcolare al lordo, oltre interessi e rivalutazione dovuti per legge; accertava e dichiarava il diritto di NOME COGNOME di ottenere il rimborso delle
spese sostenute per il mantenimento del Type rating e per la specializzazione, condannando la società a corrispondergli € 1.500 a tale titolo; condannava altresì la società al risarcimento in favore del medesimo del danno da perdita di professionalità, che quantificava nel 10% dell’ultima retribuzione moltiplicata per le mensilità dal 28/12/2012 al 13/2/2014;
la Corte territoriale, in particolare, analizzati gli accordi sindacali del 23/6/2011 e del 27/12/2012 (di messa in CIGS a zero ore ovvero in rotazione di un ampio numero di dipendenti della società appartenenti alle diverse categorie professionali) confermava l’originalità del secondo accordo rispetto al primo, con necessità di riconsiderare le posizioni dei lavoratori che avevano aderito alla CIGS alle condizioni del primo accordo, utilizzando a conferma di tale interpretazione accolta dal primo giudice anche il successivo accordo dell’11/4/2013; liquidava il danno in base alla differenza tra quanto percepito dai lavoratori in CIGS per tutto il periodo dalla stipula del secondo accordo e fino alla data del deposito del ricorso in giudizio, da calcolare al lordo, secondo le tabelle predisposte dagli originari ricorrenti; quanto al comandante COGNOME, giudicava fondata la domanda di risarcimento del danno alla professionalità, per l’inattività non concordata dopo il secondo accordo sindacale, da risarcire con riferimento al mancato adempimento dell’impegno della società di mantenere il type rating e la licenza di volo, con rimborso delle spese all’uopo sostenute, e mediante l’attribuzione di una percentuale della retribuzione in via equitativa, tenuto conto della necessità di costante aggiornamento connessa alla specifica mansione;
avverso la predetta sentenza la società propone ricorso per cassazione con quattro motivi; resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME con unico controricorso; entrambe le parti costituite hanno depositato memoria; gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso è dedotta (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. nell’interpretazione degli accordi 23/6/2011 e 27/12/2012, anche in considerazione dei successivi accordi 11/4/2013 e 12/6/2013;
con il secondo motivo la sentenza impugnata viene censurata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 4, c.p.c.), per omessa espressa pronuncia sulla dedotta circostanza della dismissione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di 9 aeromobili Airbus, e quindi sul fatto che la società non era più in grado di utilizzare il personale navigante tecnico abilitato su tale tipo di macchina;
con il terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.), sostenendo che la sentenza impugnata si è basata sull’erroneo presupposto della mancata contestazione delle indicazioni e dei criteri di quantificazione delle pretese risarcitorie dei lavoratori, e contestando le modalità di calcolo dei danni da illegittima collocazione in CIGS;
con il quarto motivo, parte ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per mancata pronuncia di cessata materia del contendere con riguardo alla posizione di
NOME COGNOME, pur in presenza di un’espressa richiesta in tal senso;
il primo motivo di ricorso non è ammissibile;
per costante giurisprudenza di questa Corte, è riservata al giudice di merito l’interpretazione degli accordi aziendali, in ragione della loro efficacia limitata (diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., come modificato dal d. lgs. n. 40/2006), ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici (Cass. n. 2625/2010 e successive conformi); conseguentemente, nella parte in cui si invoca il n. 3 dell’art. 360 c.p.c. per accordi sindacali aziendali che non hanno il rango di contratti collettivi nazionali di lavoro, così come prescritto dalla disposizione richiamata, il motivo risulta inammissibile (cfr., analogamente, Cass. n. 17201/2020, n. 17710/2022);
il giudice del merito ha ritenuto che quella cassa integrazione come disposta dovesse subire modifiche con l’inclusione anche dei lavoratori che alla prima CIGS avevano aderito, dovendo anche quei lavoratori entrare nel circuito della rotazione; ferma restando la continuità tra gli accordi, la rimodulazione del primo non poteva non coinvolgere anche i lavoratori in cassa integrazione in forza del precedente accordo con diverse condizioni;
a tale interpretazione plausibile e coerente con i generali canoni ermeneutici, parte ricorrente contrappone la propria, ma detta censura, nel quadro dell’interpretazione dei contratti aziendali riservata al giudice di merito, si risolve in un mero dissenso motivazionale, non veicolabile
in sede di legittimità tramite il riferimento al vizio di violazione di legge;
neppure è ammissibile il secondo motivo di ricorso;
parte ricorrente riconduce al parametro dell’omessa pronuncia il dedotto errore del Tribunale per non aver esaminato la circostanza della dismissione di alcuni specifici aeromobili con conseguente impossibilità di utilizzare personale navigante tecnico abilitato per essi; tuttavia, dalla trascrizione del secondo motivo di impugnazione alla Corte d’Appello non emerge la natura di domanda o di eccezione su cui il giudice avrebbe dovuto pronunciarsi, quanto piuttosto la deduzione di una circostanza di fatto vo lta a comprovare l’impossibilità di utilizzare alcuni piloti e quindi di adottare nei loro confronti la TARGA_VEICOLO in rotazione; ma in questo modo viene sostanzialmente denunciato un omesso esame di un fatto decisivo, doglianza nel caso in esame preclusa dalla pronuncia doppia conforme nel merito sul punto;
il terzo motivo non è ammissibile perché non centrato sulla corrispondente ratio decidendi del capo di sentenza contestato;
non si tratta, invero, di applicazione da parte della Corte territoriale del principio di non contestazione su fatti o circostanze da accertare, ma di utilizzo, per la quantificazione del danno, di operazioni aritmetiche sulla base di tabelle predisposte dai lavoratori basate sulle buste paga (retribuzione ante-CIGS, trattamento percepito in CIGS, differenza rivendicata); operazioni aritmetiche svolte in base ai consolidati criteri seguiti dalla giurisprudenza per il risarcimento dei danni da illegittima collocazione in CIGS o da mancata rotazione, secondo cui il protrarsi arbitrario della sospensione del rapporto a causa dell’illegittima
collocazione in cassa integrazione determina la responsabilità per inadempimento contrattuale del datore di lavoro, con conseguente diritto del lavoratore al risarcimento integrale dei danni subiti, da determinarsi ai sensi dell’art. 1223 c.c., commisurandoli, almeno, all’entità dei compensi retributivi che egli avrebbe maturato durante l’intero periodo di inadempimento (Cass. n.10376/2021, n. 24738/2015);
il quarto motivo risulta inammissibile per difetto di autosufficienza, non comprendendosi l’interesse ad agire in questa sede nei confronti di un soggetto non riportato nell’intestazione o nel corpo della sentenza gravata, in difetto di prova anche della n otifica dell’appello nei suoi confronti, in luogo, nel caso, di procedura per la correzione di errore materiale;
alla stregua delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel suo complesso;
le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 6.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 19