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Accordi di prossimità: non modificano la retribuzione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13772/2024, ha stabilito che gli accordi di prossimità non possono peggiorare la retribuzione prevista nei contratti individuali dei lavoratori. Il caso riguardava un ‘premio di collaborazione’ che un’azienda aveva tentato di condizionare tramite un accordo collettivo. La Corte ha confermato che la retribuzione non rientra tra le materie che tali accordi possono modificare direttamente, proteggendo così il trattamento più favorevole del contratto individuale.

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Accordi di Prossimità e Retribuzione: La Cassazione Fissa i Paletti

I cosiddetti accordi di prossimità rappresentano uno strumento flessibile per la gestione dei rapporti di lavoro a livello aziendale, ma fino a che punto possono spingersi? Possono modificare un elemento cruciale come la retribuzione stabilita nel contratto individuale? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha tracciato una linea netta, riaffermando la preminenza delle tutele individuali in materia salariale.

I Fatti del Caso: Il “Premio di Collaborazione” Conteso

La vicenda nasce dalla richiesta di un gruppo di lavoratori di vedersi riconosciuto un “premio di collaborazione”, un emolumento previsto dai loro contratti di lavoro individuali come parte integrante e continuativa della retribuzione. La società datrice di lavoro, successivamente entrata in amministrazione straordinaria, aveva stipulato degli accordi collettivi aziendali che subordinavano l’erogazione di tale premio al raggiungimento di specifici obiettivi aziendali, di fatto modificandone la natura e rendendone incerta la corresponsione.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai lavoratori, ammettendo i loro crediti allo stato passivo della procedura concorsuale. Secondo il giudice, gli accordi collettivi non potevano peggiorare il trattamento più favorevole garantito dal contratto individuale. L’azienda, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione e i Limiti degli Accordi di Prossimità

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione del Tribunale e fornendo chiarimenti fondamentali sui limiti di applicazione degli accordi di prossimità, disciplinati dall’art. 8 del D.L. n. 138/2011.

Primo Motivo: Gli accordi di prossimità e la materia retributiva

L’azienda sosteneva che l’accordo aziendale fosse un valido accordo di prossimità, capace di derogare anche al contratto individuale. La Cassazione ha smontato questa tesi, ribadendo un principio cruciale: l’efficacia derogatoria degli accordi di prossimità è limitata a materie specifiche e tassativamente elencate dalla legge, relative principalmente all'”organizzazione del lavoro e della produzione”.

La Corte ha specificato che la retribuzione, in quanto tale, non rientra in questo elenco. Un accordo di prossimità può avere un impatto sulla busta paga solo come conseguenza indiretta di un intervento legittimo su una delle materie previste (ad esempio, una riorganizzazione degli orari o delle mansioni), ma non può essere utilizzato per tagliare direttamente un elemento retributivo consolidato nel contratto individuale.

Secondo Motivo: Il silenzio del lavoratore non equivale ad assenso

L’azienda aveva inoltre sostenuto che il lungo tempo trascorso prima che i lavoratori rivendicassero il premio originario dimostrasse una loro tacita adesione alla modifica contrattuale. Anche questo motivo è stato respinto.

La Cassazione ha chiarito che la mancata contestazione immediata non può essere interpretata come un “mutuo consenso” alla variazione peggiorativa. La valutazione del comportamento del lavoratore è una questione di interpretazione legale, non un semplice “fatto storico” omesso dal giudice di merito. La rinuncia a un diritto retributivo deve essere esplicita e non può essere desunta da un comportamento passivo.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una interpretazione rigorosa dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011. Ha sottolineato che le materie in cui gli accordi di prossimità possono derogare alle norme di legge e ai contratti collettivi nazionali sono tassative e non includono, in via diretta, la componente retributiva. Qualsiasi modifica della retribuzione può derivare solo come effetto di un più ampio intervento di riorganizzazione del lavoro e della produzione, nei limiti consentiti dalla norma. Inoltre, la Corte ha riaffermato il principio di favore per il lavoratore sancito dall’art. 2077 c.c., secondo cui le clausole del contratto individuale prevalgono su quelle del contratto collettivo se sono più favorevoli al prestatore di lavoro. La presunta adesione tacita dei lavoratori alla modifica peggiorativa è stata considerata irrilevante, poiché la rinuncia a diritti inderogabili non può essere presunta ma deve risultare da atti chiari e inequivocabili.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza rafforza la tutela del contratto individuale come baluardo dei diritti economici del lavoratore. Gli accordi di prossimità, pur essendo strumenti importanti per la flessibilità aziendale, non possono essere utilizzati come un mezzo per ridurre unilateralmente le retribuzioni garantite a livello individuale. Questa decisione offre un importante punto di riferimento per lavoratori e aziende, chiarendo che ogni modifica alle condizioni economiche del rapporto di lavoro deve avvenire nel pieno rispetto delle gerarchie delle fonti e dei diritti quesiti, impedendo interpretazioni estensive della normativa che potrebbero pregiudicare la stabilità economica dei dipendenti.

Un accordo collettivo aziendale può peggiorare la retribuzione prevista dal mio contratto individuale?
No, secondo questa ordinanza, un accordo aziendale non può modificare in peggio un diritto retributivo già consolidato nel contratto individuale, poiché la clausola individuale più favorevole prevale su quella collettiva, a meno che non si rientri nei casi specifici e tassativi previsti dalla legge.

Gli accordi di prossimità possono essere usati per ridurre direttamente gli stipendi?
No. La Corte ha chiarito che il profilo della retribuzione non rientra tra le materie su cui gli accordi di prossimità possono intervenire direttamente per derogare alle tutele individuali. L’intervento è legittimo solo se è una conseguenza di una modifica dell’organizzazione del lavoro e della produzione, nelle materie espressamente elencate dalla legge.

Se non protesto subito contro una modifica peggiorativa del mio contratto, significa che l’ho accettata?
No, il semplice silenzio o il ritardo nel rivendicare un diritto non equivalgono a un’accettazione tacita della modifica contrattuale (mutuo consenso). La rinuncia a un diritto da parte del lavoratore deve essere chiara e inequivocabile e non può essere presunta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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