Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34281 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34281 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15309/2021 proposto da:
NOME COGNOME società in accomandita semplice di COGNOME RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso, ex l ege domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL, EMAIL);
– ricorrente –
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso in proprio ex art. 86 c.p.c., ex lege domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in calce all’atto di controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso il suo studio (pec: EMAIL ;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 188/2021 resa dalla Corte d’a ppello di Perugia pubblicata in data 29 marzo 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 giugno 2024 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE in liquidazione conveniva l’Avvocato NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Perugia al fine di sentirne accertare la responsabilità professionale e per sentirlo altresì condannare al risarcimento del danno conseguente in misura pari al valore del credito non soddisfatto oltre interessi, per il complessivo importo di € 154.000,000 circa.
La società attrice esponeva in fatto: -che a seguito dell’emissione del decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Perugia aveva ingiunto a RAGIONE_SOCIALE di pagare a RAGIONE_SOCIALE, difesa dall’Avv. NOME COGNOME la somma di € 74.000,00, la RAGIONE_SOCIALE, nel fare opposizione, aveva sostenuto di non dovere nulla a RAGIONE_SOCIALE, in quanto era intervenuta una transazione con la RAGIONE_SOCIALE
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
committente dei lavori, eseguiti in parte anche dalla RAGIONE_SOCIALE come subappaltante, con la quale la suddetta RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a pagare direttamente alla RAGIONE_SOCIALE ed aveva chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa la RAGIONE_SOCIALE e che alla chiamata in causa aveva provveduto la RAGIONE_SOCIALE senza spiegare domande principali verso la chiamata ma proponendone soltanto una subordinata condizionata; – che la scrittura privata di transazione in questione era qualificabile come contratto a favore di terzo, in forza del quale la RAGIONE_SOCIALE aveva acquisito il diritto di chiedere il pagamento dei lavori avverso la RAGIONE_SOCIALE, indipendentemente dal fatto che avesse avuto o meno rapporti con essa e che, pertanto, erroneamente l’Avv. NOME COGNOME difensore di RAGIONE_SOCIALE non aveva proposto domanda nei confronti della suddetta RAGIONE_SOCIALE; – che, infine, la RAGIONE_SOCIALE era risultata incapiente, mentre la RAGIONE_SOCIALE era capiente.
Il convenuto Avv. NOME COGNOME si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di procura e nel merito, contestava ogni addebito; esponeva che la chiamata in causa del terzo era stata effettuata in ossequio all’ordine del Giudice e che il procedimento si era concluso con sentenza di rigetto dell’opposizione, confermata in appello; evidenziava che ogni decisione relativa alla causa era stata concordata con NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva sempre sostenuto di avere avuto rapporti solo con RAGIONE_SOCIALE e che, comunque, era stata proposta una domanda nei confronti della RAGIONE_SOCIALE subordinata all’accertamento dell’esistenza di un rapporto contrattuale con quest’ultima; rilevava che la scrittura privata in questione era un semplice accollo interno, mai portato a conoscenza della NOME
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE né da essa accettato, riferita a lavori extracontrattuali, mentre le fatture su cui l’attrice aveva agito erano genericamente riferite ai ‘ lavori eseguiti ‘ , e che, pertanto, essa non poteva fondare un’autonoma domanda di pagamento su tale scrittura; evidenziava altresì che il mancato soddisfacimento del credito era dipeso dall’incapienza della società debitrice e non da un errore del professionista; proponeva domanda riconvenzionale per il pagamento dei propri compensi professionali e chiedeva di essere autorizzato alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa. Autorizzata la chiamata in causa del terzo e notificato l’atto di citazione per chiamata di terzo, la Generali Italia S.p.A. si costituiva in giudizio.
1.1. Il Tribunale di Perugia con sentenza n. 987/2018 rigettava la domanda di responsabilità professionale proposta da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nei confronti dell’avvocato e la condannava a pagare al predetto professionista la somma di € 19.424,55, oltre interessi a titolo di compenso per l’opera professionale; condannava altresì RAGIONE_SOCIALE in liquidazione a rimborsare alle controparti le spese di lite; rigettava la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. proposta dal convenuto.
Avverso la citata sentenza, la società ricorrente interponeva appello; resistevano al gravame le parti appellate.
La Corte territoriale, con la impugnata decisione, confermava le motivazioni del giudice di prime cure sul presupposto che l’accordo intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avesse solo un contenuto di accollo interno ovvero avente finalità prettamente economiche e privo di ripercussioni sulla figura del creditore (terzo) il quale, non essendo stato, nel caso di specie, neppure reso edotto dell’ accordo e non avendo fornito una specifica adesione all’accordo, non
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
assumerebbe per tale via alcuna nuova posizione giuridica. Di tal ché, la Corte territoriale aveva concluso, aderendo in pieno alle motivazioni svolte in primo grado, che nessun rimprovero potesse addebitarsi all’avv ocato appellato per non aver proposto domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE sulla base della scrittura in questione, avente, appunto come detto, solo effetti interni tra le parti.
Avverso la sentenza della Corte d’appello perugina, la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di un motivo d’impugnazione. Resistono con rispettivi atti di controricorso sia l’ Avvocato NOME COGNOME che la RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.
Hanno depositato distinte e rispettive memorie sia la ricorrente RAGIONE_SOCIALE che i controricorrenti NOME COGNOME e la società assicuratrice RAGIONE_SOCIALE
Ragioni della decisione
Con unico motivo di ricorso, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1273, 1411 c.c. e al testo della transazione del 30.05.2002 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Violazione dell’art. 1362 cod. civ. per errata interpretazione della transazione. Contraddittorietà tra parte della motivazione e dispositivo ‘; in particolare, sostiene che la scrittura privata di transazione tra il debitore RAGIONE_SOCIALE e il promittente RAGIONE_SOCIALE avrebbe permesso all’ Avv. NOME COGNOME di chiamare in causa quest’ultima nel giudizio di opposizione e richiederle il pagamento; evidenzia inoltre la contraddittorietà tra la motivazione ed il dispositivo del provvedimento impugnato; con ulteriori considerazioni, parte ricorrente ritorna sulle questioni
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
relative ai rapporti economici, all’effettuazione dei lavori, alle specifiche contrattuali posti a fondamento del successivo accordo di accollo.
In via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente COGNOME in particolare, questi ha evidenziato come l’atto notificato sarebbe in un formato invalido e che, inoltre, la successiva notifica del medesimo ricorso, pur se avvenuta con le formalità di rito, difetterebbe del requisito della tempestività.
Entrambi i profili di inammissibilità vanno disattesi; il primo profilo perché l’eccezione è generica, non suffragata da alcun elemento da cui desumere quanto sostenuto, il secondo profilo perché in virtù del principio della scissione della notifica, per quanto risulta in atti, la medesima è in termini (relata di accettazione di atto giudiziario in data 27.05.2021).
Venendo all’esame dell’unico e articolato motivo di ricorso, esso risulta inammissibile e va disatteso in considerazione delle seguenti argomentazioni.
3.1. In primo luogo, lungi dal lamentare violazione e falsa applicazione delle richiamate norme, la società ricorrente, nella sostanza, si limita a ribadire col ricorso in esame una serie di doglianze, già scrutinate e ritenute infondate concordemente dai giudici di merito, volte a suscitare da questa Corte, inammissibilmente, un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello debitamente formulato dalla Corte d’appello .
Ebbene, la ricorrente ribadisce la contestazione in ordine alla qualificazione data all’accordo intervenuto in data 30.05.2002 tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata, ma non offre alcuno spunto per evidenziare in cosa sia consistita l’ applicazione errata di norme
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
e l’asserita erronea interpretazione della intervenuta transazione; soprattutto, trascurando completamente la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, limitandosi a contestarne genericamente lo snodo cruciale ovvero la qualificazione dell’accollo come interno, omette di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Nello specifico, come correttamente evidenziato dalla società controricorrente in memoria, non può prescindersi dal principio secondo cui il sindacato di legittimità sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, che richiede imprescindibilmente la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate e la puntualizzazione – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato ( tra tante, da ultimo, Cass. Sez. 1, 21/02/2024, n. 4628). Ne deriva che il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica (con le specificazioni di cui sopra), e che le censure non possono risolversi nella mera contrapposizione tra
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata. Quale che sia la censura in concreto formulata, nessuna di esse può risolversi in una critica del risultato esegetico raggiunto dal giudice del merito, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, atteso che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data al contratto dal giudice del merito non deve essere l’unica possibile, né la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni (così Cass. Sez. 3, 20/10/2023, n. 29205).
3.2. In secondo luogo, non del tutto comprensibile appare il profilo di doglianza con cui la ricorrente reitera, come del resto già lamentato in appello, l’asserita contraddittorietà della sentenza impugnata tra motivazione e dispositivo.
In proposito, ai sensi dell’art. 348ter , ultimo comma, cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis (disposizione che ha trovato continuità normativa nel nuovo testo dell’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.), deve infatti escludersi la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 del citato art. 360, nell’ipotesi in cui la sentenza d’appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’).
Questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. ‘doppia conforme’ in facto , sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. ha l’onere -, nonostante la sentenza d’appello abbia confermato quella di primo grado -di indicare le
CC 7 giugno 2024
Ric. n. 15309/2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra molte, Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994).
Onere disatteso completamente nel caso di specie, stante che la ricorrente, aggirando la preclusione derivante dal meccanismo della c.d. doppia conforme, invoca soltanto formalmente ma inammissibilmente la violazione e falsa applicazione di numerose norme, come sopra meglio spiegato ed evoca una contraddittorietà tra motivazione e dispositivo neppure spiegata.
In conclusione, il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002 (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 4.300,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
CC 7 giugno 2024 Ric. n. 15309/2021 Pres. A. Scrima Rel. I. COGNOME
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza