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Accettazione tacita eredità: notifica non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1330/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di successioni. La semplice ricezione della notifica di un atto di riassunzione di un processo e la successiva mancata costituzione in giudizio (contumacia) da parte dei chiamati all’eredità non sono sufficienti a configurare un’accettazione tacita eredità. Spetta al creditore che agisce in giudizio l’onere di provare l’effettiva assunzione della qualità di erede da parte del chiamato. La sentenza distingue nettamente tra le esigenze procedurali per la prosecuzione del giudizio interrotto e l’accertamento sostanziale della qualità di erede.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accettazione tacita eredità: la notifica di un atto non è sufficiente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 1330/2024) affronta un tema cruciale nelle successioni: quali atti comportano un’accettazione tacita eredità? La Corte ha stabilito che la semplice ricezione della notifica di un atto di riassunzione di un processo, seguita dalla mancata costituzione in giudizio, non è di per sé un atto di accettazione. Questo principio tutela i chiamati all’eredità da conseguenze patrimoniali automatiche e ribadisce che l’onere di provare la qualità di erede spetta a chi vanta un credito.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una controversia legale in cui una società era stata condannata a pagare le spese processuali a un avvocato. Durante il giudizio d’appello, l’avvocato è deceduto. La società ha quindi riassunto il processo notificando l’atto collettivamente e impersonalmente agli eredi presso l’ultimo domicilio del defunto. I chiamati all’eredità, due familiari, non si sono costituiti in giudizio e la Corte d’Appello ha riformato la sentenza di primo grado.

Successivamente, la società ha intimato ai familiari il pagamento di quanto versato in precedenza. Questi si sono opposti, sostenendo di non essere eredi avendo rinunciato all’eredità. La Corte d’Appello, pur confermando il rigetto della pretesa della società, aveva affermato che i familiari avessero tacitamente accettato l’eredità per il solo fatto di aver ricevuto la notifica e non essersi opposti, perdendo così il diritto di contestare la loro qualità di eredi. I familiari hanno quindi proposto ricorso in Cassazione contro questa specifica motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e chiarendo in modo definitivo la questione.

L’accettazione tacita eredità: una distinzione fondamentale

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il piano processuale e quello sostanziale.
1. Piano Processuale: L’articolo 303 del codice di procedura civile consente alla parte che intende proseguire un giudizio interrotto di notificare l’atto di riassunzione impersonalmente e collettivamente agli eredi presso l’ultimo domicilio del defunto. Questa è una regola di favore, dettata dall’esigenza di garantire una rapida e semplice riattivazione del processo, senza imporre alla parte onerata complesse indagini per identificare chi abbia effettivamente accettato l’eredità.
2. Piano Sostanziale: L’acquisto della qualità di erede, tuttavia, è una questione di diritto sostanziale regolata dall’articolo 476 del codice civile. Diventare erede richiede un atto di accettazione (espressa o tacita). La semplice ricezione di una notifica non integra una “condotta dispositiva di un diritto” che era già del defunto. È un atto passivo, che non manifesta in alcun modo la volontà di acquisire il patrimonio ereditario.

L’onere della prova resta a carico del creditore

La Cassazione ha ribadito che la contumacia (la scelta di non costituirsi in giudizio) è un comportamento neutro. Non può essere interpretata come un’ammissione dei fatti affermati dalla controparte né altera la ripartizione dell’onere della prova.

Pertanto, chi agisce contro i chiamati all’eredità per un debito del defunto ha sempre l’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero che i convenuti abbiano effettivamente accettato l’eredità, assumendo la qualità di eredi. La prova dell’accettazione non può essere desunta dalla mera inerzia processuale.

Le Motivazioni in Dettaglio

I giudici hanno spiegato che l’accettazione tacita si verifica solo quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede. Ricevere una notifica non rientra in questa casistica.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che un diverso orientamento, che onerasse il chiamato di costituirsi in giudizio per provare di non essere erede, rappresenterebbe un’inversione dell’onere della prova non giustificata e contraria ai principi generali (art. 2697 c.c.). Il creditore ha a disposizione strumenti per verificare l’eventuale accettazione, come la consultazione dei registri immobiliari o delle successioni, o l’esercizio dell’ actio interrogatoria per chiedere al giudice di fissare un termine al chiamato per dichiarare se accetta o rinuncia.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre un’importante tutela per i chiamati all’eredità, evitando che possano diventare eredi e responsabili dei debiti del defunto a causa di una semplice inerzia processuale. Le conclusioni pratiche sono chiare:

* Per i chiamati all’eredità: Ricevere la notifica di un atto giudiziario non significa aver accettato l’eredità. La scelta di non partecipare al processo (restare contumaci) non pregiudica la possibilità di rinunciare successivamente all’eredità.
* Per i creditori: Non è sufficiente notificare un atto ai chiamati per poterli considerare eredi. Il creditore deve attivarsi per provare l’effettiva accettazione dell’eredità da parte loro, prima di poter pretendere il pagamento dei debiti del defunto. La sentenza ribadisce che la facilitazione processuale della riassunzione non si traduce in un’agevolazione probatoria sul piano sostanziale.

La semplice notifica di un atto di riassunzione del processo ai chiamati all’eredità comporta un’accettazione tacita?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice ricezione della notifica di un atto di riassunzione, essendo un comportamento passivo, non costituisce un atto che presuppone la volontà di accettare l’eredità e quindi non configura un’accettazione tacita.

Su chi ricade l’onere di provare che un soggetto ha accettato l’eredità?
L’onere della prova ricade sempre sul creditore o su chiunque agisca in giudizio vantando un diritto nei confronti dell’erede. È il creditore che deve dimostrare che il chiamato ha effettivamente assunto la qualità di erede attraverso un atto di accettazione.

Rimanere contumaci, ovvero non costituirsi in giudizio dopo aver ricevuto una notifica, equivale ad ammettere di essere eredi?
No. La contumacia è un silenzio processuale che non può essere interpretato come un’ammissione. Non altera la ripartizione dell’onere della prova e non esime la parte che ha iniziato il giudizio dal dover dimostrare tutti i fatti a fondamento della propria pretesa, inclusa la qualità di erede del convenuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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