Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24378 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20929/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 605/2019 depositata il 20/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME NOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Sciacca il fratello NOME e la madre NOME per chiedere accertarsi la nullità del testamento olografo del padre NOME, redatto il 25.3.2000, con il quale il de cuius aveva nominato erede soltanto la moglie pretermettendo i figli; in subordine, chiese l’accertamento della lesione della sua quota di legittima e per l’effetto la reintegrazione in natura o in denaro per ¼ sul valore dell’asse calcolato ai sensi dell’art. 556 c.c.
NOMECOGNOME deceduta nelle more del giudizio, e COGNOME NOME si costituirono in giudizio chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Sciacca accolse, per quanto di ragione, la domanda; dichiarò aperta la successione di NOME COGNOME, dichiarò eredi NOME e COGNOME NOME e condannò il convenuto, nella qualità di erede della madre nel frattempo deceduta, al pagamento, in favore dell’attore, della somma di € 43.876,62 oltre interessi, mentre rigettò le domande proposte nei confronti di COGNOME NOME in proprio.
Avverso detta sentenza propose appello COGNOME NOME e, per quel che rileva in questa sede, non contestò la domanda di riduzione proposta dal fratello NOME nei confronti della madre, ma si limitò a negare la propria qualità di erede della medesima, avendo rinunciato all’eredità; sostenne, pertanto, che la condanna al pagamento della somma di € 43.876,62 doveva essere emessa nei confronti di NOME, unica erede del de cuius NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza resa pubblica il 20.3.2019, respinse il gravame sul presupposto che, a seguito del
decesso della madre NOME COGNOME nel giudizio riassunto da NOME COGNOME, NOME COGNOME si era costituto senza negare la qualità di erede ed aveva formulato difese riconducibili alla persona della madre; inoltre, il possesso di beni immobili ereditari costituiva un ulteriore elemento per ritenere che egli avesse tacitamente accettato l’eredità.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 459, 474, 476, 480, 519 e 521 c.c., nonché dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., in riferimento all’onere della prova in ordine alla qualità di erede, che sarebbe stata erroneamente desunta dalla mancata contestazione da parte di COGNOME NOME nell’atto di costituzione nel giudizio di primo grado, riassunto da NOME COGNOME a seguito dell’interruzione del processo per la morte di NOME. Secondo il ricorrente, l’assenza di contestazione della sua qualità di erede sarebbe insufficiente a provare l’accettazione dell’eredità della madre NOME
Con il secondo motivo, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 459, 460, 474, 476 e 485, 1140 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., con riferimento al concetto di possesso dei beni ereditari ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe ritenuto il semplice possesso di beni ereditari elemento sufficiente e determinante ai fini
della prova dell’accettazione tacita dell’eredità, pur mancando la indispensabile dimostrazione, a carico degli altri eredi, che NOME COGNOME possedeva i beni ereditari della madre NOME COGNOME non solo con l’animus possidendi , ma anche con la convinzione di detenere specificamente beni ereditati.
Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per ultrapetizione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c, perché la corte territoriale avrebbe erroneamente condannato COGNOME NOME alla reintegra della legittima, nella qualità di erede della madre NOME COGNOME pur in mancanza di una specifica richiesta al riguardo da parte del fratello NOME COGNOME nel giudizio riassunto in qualità di erede della madre.
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la mancata valutazione delle contestazioni sollevate in ordine alla sua qualità di erede, nonché delle conclusioni formulate dal medesimo -litisconsorte necessario in primo grado -antecedentemente alla morte della madre NOME COGNOME In sostanza, il ricorrente ribadisce come dalle sue difese emergeva chiaramente la sua volontà di agire a difesa dei propri diritti e non di quelli della madre deceduta. Il quinto motivo di ricorso denuncia l’omesso esame, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., con riferimento alla circostanza che NOME COGNOME non avrebbe potuto possedere i beni mobili e immobili della madre, in quanto residente da oltre quaranta anni in un luogo distante dal paese di origine della famiglia e, quindi, della madre stessa. Peraltro, egli avrebbe espressamente rinunciato all’eredità con dichiarazione resa innanzi al notaio, come dimostrato dal documento n.4 versato nel fascicolo d’appello, di cui la Corte d’appello avrebbe omesso l’esame.
Con il sesto motivo, si deduce l’omesso esame, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., dell’avvenuta accettazione dell’eredità di NOME COGNOME da parte del fratello NOME COGNOME a mezzo di comunicazione del 30/07/2015. La Corte d’appello sarebbe incorsa nell’errore di condannare soltanto NOME COGNOME a corrispondere la quota di reintegra anziché determinare sia chi fossero gli effettivi legittimati passivi, sia il quantum della condanna dell’odierno ricorrente al pagamento dei debiti ereditari a seguito della sentenza di primo grado.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Essi ruotano intorno ai requisiti dell’accertamento dell’accettazione tacita dell’eredità di NOME COGNOME da parte di NOME COGNOME a seguito del decesso avvenuto nel corso del giudizio di primo grado.
La Corte d’appello ha tratto la prova della qualità di erede di NOME COGNOME dalla sua costituzione nel giudizio riassunto da NOME COGNOME nel quale egli aveva svolto difese riconducibili alla madre deceduta.
Ulteriore elemento è stato ravvisato nel possesso di beni immobili ereditari.
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dell’art. 475 c.c., che prevede l’ipotesi di accettazione tacita di eredità quando la persona chiamata all’eredità compia un atto che implichi, necessariamente, la volontà di accettare, e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede.
La dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; che il
chiamato assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo ( c.d. animus ), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere.
Ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità, sono stati ritenuti privi di rilevanza gli atti che, attesa la loro natura e finalità, non siano idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione.
Nondimeno, anche in tali ipotesi, l’accertamento dell’accettazione tacita dell’eredità deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredità (Cassazione civile sez. II, 19/02/2019, n.4843; Cassazione civile sez. II, 28/08/1986, n.5275).
In definitiva, l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell’importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione), e non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto ( ex multis Cass. n. 2663/1999; Cass. n. 1906/1977; Cass. n. 3950/1976).
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi, valorizzando, quali elementi indicativi dell’accettazione tacita dell’eredità da parte di NOME COGNOME la circostanza che questi si sia costituito nel giudizio riassunto da NOME COGNOME in seguito al
decesso della madre NOME COGNOME che era stata beneficiata dell’eredità paterna con esclusione dei figli, svolgendo, peraltro, difese riconducibili alla posizione della parte deceduta.
Si trattava di un comportamento processuale che, unitamente al possesso dei beni ereditari, implicava l’accettazione tacita dell’eredità e, conseguentemente la trasmissione dell’obbligo di pagamento per la lesione della quota di legittima.
A ciò si aggiunga che sebbene l’immissione in possesso dei beni ereditari non comporti accettazione tacita dell’eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare, cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l’inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice; tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d’inventario, ma anche quella di rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius (Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, n.15690; Cassazione civile sez. III, 29/03/2003, n.4845).
Nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato che NOME NOME era in possesso dei beni ereditari, possesso che può essere esercitato anche solo animo , e che la rinuncia all’eredità era tardivamente avvenuta solo dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, che lo aveva visto soccombente in relazione alla domanda di riduzione per lesione di legittima in qualità di erede della madre.
Ne consegue che tale atto, che la Corte d’appello ha preso in esame (pag. 5 della sentenza impugnata) era irrilevante, al fine di escludere l’accettazione tacita dell’eredità.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione