Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26268 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26268 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24538/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (PTRLNG56S04G942N);
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore;
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI POTENZA n. 423/2023 depositata il 04/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società ricorrente ha chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo di pagamento per il corrispettivo di un appalto di servizi, stipulato con il Comune di Potenza (censimento immobili).
Il Comune ha proposto opposizione, proponendo domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento.
Il Tribunale di Potenza, sulla scorta dell’accertato inadempimento contrattuale da parte della RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato risolto il contratto di appalto e revocato il decreto ingiuntivo opposto.
La Corte d’appello ha respinto il gravame interposto dalla società, che ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi. Il Comune intimato non si è costituito.
In data 6/12/2024 è stata formulata proposta di definizione anticipata.
Con istanza del 16/01/2025, la ricorrente ha chiesto la decisione della causa, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente lamenta ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e del contratto di appalto, art. 12 e 15, nonché la violazione dell’art. 1662, comma II, e dell’art. 1665 c.c.; lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui ha stabilito che essa non avrebbe provato l’esatto adempimento, a nulla valendo l’accettazione senza riserve dei lavori da parte del Comune, e nella parte in cui ha conseguentemente confermato la risoluzione del contratto per suo inadempimento. La ricorrente evidenzia l’obbligo, gravante sull’ente appaltante, di contestare specificamente ogni eventuale inadempimento contrattuale, la mancanza di un procedimento di formale contestazione, la rilevanza del verbale di ultimazione dei lavori accettato senza riserve, la sussistenza del diritto al pagamento del corrispettivo. Deduce che la questione centrale non è se le prestazioni fossero state eseguite a regola d’arte – profilo di me-
rito – ma quale sia la conseguenza giuridica dell’avvenuta accettazione dell’opera da parte del committente, senza riserve, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1665 c.c. Lamenta che la Corte d’Appello abbia completamente eluso l’applicazione di tale norma. Osserva che il verbale di constatazione della ultimazione dei lavori del 24.03. 2004, regolarmente sottoscritto dalla responsabile del servizio del Comune, non costituisce un mero elemento probatorio liberamente apprezzabile, bensì un atto negoziale recettizio che, in assenza di riserve, integra la “accettazione” dell’opera, con tutte le conseguenze legali che ne derivano, mentre la Corte d’appello ha errato a declassare tale atto a semplice “ricevuta” base di una successiva e autoassolutoria testimonianza della stessa funzionaria che lo aveva sottoscritto.
2. -Il motivo è inammissibile.
La ricorrente non si confronta con la ragione decisoria e travisa in parte il ragionamento della Corte. Il documento denominato ‘verbale di constatazione dell’ultimazione dei lavori’ è stato ritenuto dalla Corte d’appello non una accettazione dell’opera, ma una semplice ricevuta, in base ad una complessiva valutazione del materiale istruttorio nonché in ragione delle contestazioni sollevate dall’Amministrazione comunale prima della sottoscrizione del documento stesso; questo è un giudizio di merito, che non può discutersi in questa sede. Di conseguenza, se non è intervenuta l’accettazione dei lavori, non può invocarsi l’operatività dell’art. 1665 c.c. La Corte di merito, come è già stato osservato nella proposta, ha correttamente richiamato il principio di diritto applicabile alla fattispecie, e cioè che spetta alla parte dare la prova dell’adempimento della sua prestazione (Cass., Sez. U, n. 13533 del 30.10.2001) ed ha accertato sulla base della istruttoria condotta che detta prova non era stata fornita; anche questo è un giudizio di merito non discutibile in questa sede. Può quindi condividersi quanto già espres-
so nella proposta, e cioè che, sotto lo schermo della denunciata violazione di legge, in realtà si mira a chiedere indebitamente a questa Corte di legittimità di rivalutare le risultanze istruttorie e l’accertamento dei fatti che compete al giudice del merito. Sul punto, basti ricordare che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, n. 34476 del 27.12.2019).
Quanto alla omessa valutazione del comportamento complessivo delle parti e alla circostanza che la stazione appaltante non abbia avviato la procedura di verifica -che comunque costituisce una facoltà e non un obbligo -deve rilevarsi che non si può proporre la censura di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (omesso esame di fatto decisivo) posto che si tratta di una doppia conforme ( ex multis : Cass. n. 5947 del 28/02/2023). In ogni caso è la parte stessa che ammette nel suo ricorso che il Comune ha avuto modo più volte di eccepire sull’esatto inadempimento; secondo la parte ciò sarebbe un mero dialogo tra contraenti, in quanto svolto al di fuori di una formale procedura di contestazione, mentre la Corte d’appello ha ritenuto che il Comune abbia sollevato delle vere e proprie contestazioni in merito all’esatto adempimento.
3. -Con il secondo motivo proposto ex art. 360 n. 3 c.p.c., la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e del contratto di appalto, art. 12, art. 1382 c.c. La ricorrente censura la sentenza per non aver tenuto conto dell’esistenza di una penale nel contratto di appalto, onnicomprensiva dei casi eventuali di inadempimento, che esclude l’ipotesi di restituzione, vieppiù in presenza dell’accettazione del lavoro senza riserva alcuna. La parte deduce che, poiché il contratto d’appalto prevedeva una penale e la
procedura prevista dall’applicazione della penale non è stata posta in essere, il Comune non avrebbe più potuto chiedere l’adempimento e la restituzione dell’acconto.
4. -Il motivo è inammissibile, atteso che con esso si solleva una questione nuova, non prospettata al giudice di appello. Secondo la parte, non sarebbe tuttavia una questione propriamente nuova, in quanto rientrerebbe nel thema decidendum , dal momento che era utile a valutare la scarsa importanza dell’adempimento. Nella memoria, la questione della rilevanza della penale viene proposta in maniera diversa da come è stata sollevata nel motivo di ricorso: nel motivo di ricorso, infatti, si deduce che, « fermo restando che la procedura prevista per l’applicazione della penale non è stata posta in essere dal Comune, con la conseguenza che neanche la penale può essere ormai richiesta, al più, il Comune di Vaglio, avrebbe potuto chiedere il pagamento della penale, senza negare il suo debito e quindi dovendolo onorare per l’intero. Penale che avrebbe dovuto, non facendolo, nell’esercizio del potere discrezionale, riconosciuto dal contratto, autodeterminare agendo nei limiti previsti in contratto. Giammai potrebbe, peraltro, ottenere in restituzione quanto pagato in acconto ». Invece in memoria si deduce che « La presenza di una clausola penale, che predetermina l’entità del risarcimento per specifici inadempimenti, è un elemento fondamentale che il giudice di merito deve considerare nel valutare la gravità della violazione e, di conseguenza, l’ammissibilità del rimedio risolutorio. Una penale di importo modesto, come quella prevista nel contratto in esame (da £. 100.000 a £ 1.000.000), è indice della volontà delle parti di non considerare le eventuali mancanze come talmente gravida giustificare lo scioglimento del vincolo contrattuale»
Si tratta in entrambi i casi di questioni nuove, dal momento che la parte nell’atto d’appello non ha dedotto né che il proprio ina-
dempimento fosse di scarsa importanza, né che il Comune avrebbe dovuto chiedere la penale e che essa fosse preclusiva della domanda di risoluzione per inadempimento. Nell’atto d’appello si deduce piuttosto che, una volta accettata l’opera senza riserve, poiché tale valore doveva darsi al documento sottoscritto dalla funzionaria del Comune, l’ente non avrebbe più potuto chiedere la risoluzione del contratto; il thema decidendum aveva quindi per oggetto la verifica, in base agli elementi istruttori in atti, che il Comune avesse o non avesse accettato l’opera senza riserve.
Si deve qui richiamare consolidata giurisprudenza di questa Corte, già enunciata nella proposta di definizione anticipata, secondo la quale, qualora una questione giuridica -implicante un accertamento di fatto -non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass. n. 32804 del 13.12.2019; Cass. n. 2038 del 24.1.2019; Cass. n. 25319 del 25.10.2017)
In definitiva, il ricorso si risolve in questioni nuove o di merito, ed in quanto tale è inammissibile. Nulla sulle spese. in difetto di costituzione del Comune.
Ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c., se la parte ha chiesto la decisione dopo la comunicazione della proposta di definizione anticipata e la Corte definisce il giudizio in conformità alla proposta, debbono trovare applicazione il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c.
Nel caso di specie, la definizione è conforme alla proposta, ma, non essendo costituita la controparte, si applica solo il comma quarto della norma, liquidando come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad euro 2.500,00, ex art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/07/2025. Il Presidente NOME COGNOME