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Accesso atti assicurazione: quando è negato?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di un assicurato all’accesso agli atti relativi a un sinistro può essere legittimamente negato dalla compagnia assicurativa. Tale limitazione si applica specificamente agli atti di accertamento interni che evidenziano indizi o prove di comportamenti fraudolenti. La Corte ha chiarito che la norma primaria che prevede questa esclusione (Art. 146 Codice delle Assicurazioni) prevale sulle norme secondarie che elencano i documenti accessibili. Di conseguenza, il ricorso dell’assicurato che richiedeva l’accesso completo al fascicolo è stato dichiarato inammissibile, confermando che il diritto di accesso atti assicurazione non è un diritto assoluto.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accesso Atti Assicurazione: La Cassazione Fissa i Limiti in Caso di Frode

Il diritto di accesso atti assicurazione rappresenta uno strumento fondamentale per l’assicurato che desidera comprendere le valutazioni della compagnia in seguito a un sinistro. Tuttavia, questo diritto non è illimitato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un’importante eccezione: quando emergono indizi di frode, la compagnia può legittimamente negare l’accesso ai propri accertamenti interni. Analizziamo questa decisione per capire la portata e i limiti del diritto di accesso.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Accesso Negata

Il caso ha origine dalla richiesta di una donna, coinvolta in un sinistro stradale, di accedere a tutta la documentazione raccolta dalla propria compagnia assicurativa. L’assicurazione aveva negato l’indennizzo, sostenendo un’incompatibilità tra i danni riportati sui veicoli e la dinamica dichiarata, e aveva già fornito la documentazione a supporto di tale diniego. Tuttavia, si era rifiutata di consegnare i verbali e gli accertamenti interni volti a investigare il sospetto di un comportamento fraudolento.

Sia il Giudice di Pace che il Tribunale in appello avevano dato ragione alla compagnia, escludendo il diritto di accesso a tali atti specifici. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: il Diritto di Accesso non è Assoluto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della signora inammissibile e infondato, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici supremi hanno chiarito che il diritto di accesso agli atti del fascicolo del sinistro non è né assoluto né incondizionato. Esiste un limite ben preciso, previsto direttamente dalla legge, che prevale su qualsiasi altra disposizione secondaria.

Limiti all’accesso atti assicurazione in caso di frode

La Corte ha sottolineato che i motivi del ricorso erano generici e non si confrontavano adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza d’appello. Il punto cruciale non era se l’elenco dei documenti accessibili fosse o meno esaustivo, ma se esistesse una causa legittima di esclusione. E tale causa esiste ed è chiaramente definita.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’attenta analisi gerarchica delle fonti normative. La norma di riferimento è l’articolo 146, comma 2, del Codice delle Assicurazioni Private. Questa disposizione, che è una norma di rango primario, stabilisce espressamente che “l’esercizio del diritto di accesso non è consentito quando abbia ad oggetto atti relativi ad accertamenti che evidenziano indizi o prove di comportamenti fraudolenti”.

Di fronte a una previsione così chiara, le disposizioni di rango secondario, come il D.M. 191/2008, che elenca i documenti oggetto di accesso, non possono derogare a tale divieto. Il decreto ministeriale serve a dettagliare la procedura, ma non può estendere il diritto di accesso oltre i confini stabiliti dalla legge primaria. Pertanto, il rifiuto della compagnia di consegnare i documenti relativi alla propria indagine antifrode era pienamente legittimo.

La Corte ha anche qualificato il ricorso come un “non motivo”, ovvero un’impugnazione priva di critiche specifiche e concrete contro la decisione impugnata, rendendolo così inammissibile ai sensi dell’articolo 366, n. 4, del codice di procedura civile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche per gli assicurati e gli operatori del settore. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

1. Il Sospetto di Frode è un Limite Legittimo: Una compagnia assicurativa ha il diritto di proteggere le proprie indagini interne quando sospetta un tentativo di frode. Questo serve a non compromettere l’attività di accertamento e a tutelare l’interesse collettivo degli assicurati contro le truffe.

2. Prevalenza della Norma Primaria: La legge (Codice delle Assicurazioni) prevale sempre sui regolamenti ministeriali. Il diritto all’accesso è quindi circoscritto da limiti invalicabili posti dal legislatore.

3. Diritto di Accesso Garantito per gli Altri Atti: Resta fermo il diritto dell’assicurato di accedere a tutti gli altri documenti del fascicolo che non siano direttamente collegati all’indagine antifrode, come perizie, testimonianze e corrispondenza, per poter tutelare i propri diritti in sede giudiziaria.

Un’assicurazione può negare l’accesso ai documenti di un sinistro?
Sì, ma solo parzialmente. Può negare l’accesso agli atti relativi ad accertamenti interni che evidenziano indizi o prove di comportamenti fraudolenti, come previsto dall’art. 146 del Codice delle Assicurazioni. L’accesso agli altri documenti del fascicolo deve essere garantito.

Perché il sospetto di frode limita il diritto di accesso atti assicurazione?
Perché la legge primaria (Codice delle Assicurazioni) stabilisce un’eccezione specifica per proteggere l’integrità delle indagini antifrode. Questa norma prevale su regolamenti secondari che disciplinano l’accesso in via generale, impedendo che l’indagato possa conoscere in anticipo gli elementi raccolti a suo carico.

Quale principio ha seguito la Corte per dichiarare il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non si confrontavano specificamente con la ragione fondamentale della decisione del giudice d’appello (la cosiddetta ratio decidendi). Un ricorso per cassazione deve contenere una critica puntuale e specifica della sentenza impugnata, altrimenti viene considerato un “non motivo”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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