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Accesso atti assicurativi: limiti e sospetto di frode

A seguito di un sinistro, un’automobilista richiede alla propria assicurazione l’accesso alla denuncia-querela presentata dall’altro conducente. La compagnia nega l’accesso sospettando una frode. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d’appello, stabilendo che il diritto di accesso agli atti assicurativi può essere legittimamente negato se riguarda accertamenti su comportamenti fraudolenti, come previsto dall’art. 146 del Codice delle Assicurazioni. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava la specifica motivazione (ratio decidendi) della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accesso Atti Assicurativi: Quando la Compagnia Può Negarlo?

Il diritto di accesso agli atti assicurativi è uno strumento fondamentale per il danneggiato che vuole tutelare le proprie ragioni. Tuttavia, questo diritto non è assoluto. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un’importante limitazione: l’accesso può essere negato quando riguarda documenti relativi ad accertamenti per sospetta frode. Analizziamo insieme questa decisione per capire la portata e le implicazioni pratiche di questo principio.

I Fatti del Caso: Il Sinistro e il Diniego dell’Assicurazione

La vicenda nasce da un comune incidente stradale: un’utilitaria in sosta viene urtata da un’altra auto in manovra di parcheggio. La proprietaria del veicolo danneggiato si rivolge alla propria compagnia assicurativa, che gestisce il sinistro in regime di indennizzo diretto.

Con sorpresa, l’assicurazione nega il risarcimento. Le motivazioni sono due: in primo luogo, i danni rilevati sui veicoli non sarebbero compatibili con la dinamica dichiarata; in secondo luogo, la compagnia era venuta a conoscenza che il conducente dell’altro veicolo aveva presentato una denuncia-querela sull’accaduto. La danneggiata, per far luce sulla situazione, chiede di poter visionare tale denuncia, ma l’assicurazione non la fornisce. Di qui, la decisione di adire le vie legali per ottenere l’accesso al documento.

La Questione Giuridica: I Limiti del Diritto di Accesso agli Atti Assicurativi

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 146 del Codice delle Assicurazioni Private (d.lgs. 209/2005). Se da un lato la normativa generale promuove la trasparenza e il diritto del danneggiato ad accedere agli atti del procedimento di liquidazione, dall’altro pone un’eccezione chiara.

Il secondo comma dell’articolo 146 stabilisce infatti che: “L’esercizio del diritto di accesso non è consentito quando abbia ad oggetto atti relativi ad accertamenti che evidenziano indizi o prove di comportamenti fraudolenti”.

È proprio su questa norma che si è giocata la partita legale. La compagnia assicurativa ha sostenuto che la denuncia-querela e i sospetti di incompatibilità rientrassero pienamente in questa casistica, giustificando il diniego all’accesso.

Il Percorso Giudiziario: Dal Giudice di Pace alla Cassazione

In primo grado, il Giudice di Pace accoglie la richiesta della danneggiata e ordina alla compagnia di consegnare il documento. La decisione viene però completamente ribaltata in appello. Il Tribunale, riformando la sentenza, dà ragione all’assicurazione, fondando la propria decisione proprio sull’eccezione prevista dall’art. 146, comma secondo. Secondo i giudici d’appello, la presenza di indizi di frode legittimava il rifiuto di fornire la documentazione richiesta.

L’automobilista non si arrende e propone ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui quelle sulla correttezza e buona fede e quelle relative alla procedura di indennizzo diretto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito della questione specifica, ma per una ragione prettamente processuale di fondamentale importanza. I giudici hanno rilevato che la sentenza d’appello si basava su una motivazione chiara e autonoma (una ratio decidendi): il divieto di accesso in caso di sospetta frode ai sensi dell’art. 146, comma 2.

Il ricorso della danneggiata, tuttavia, non contestava specificamente questa motivazione. Si concentrava su altri aspetti, come gli obblighi informativi generali della compagnia, senza però smontare il perno su cui ruotava la decisione del Tribunale. La Corte ha quindi applicato un principio consolidato: quando una sentenza si regge su più ragioni autonome e il ricorrente ne trascura anche solo una, il ricorso diventa inammissibile. La motivazione non contestata è sufficiente, da sola, a sorreggere la decisione, rendendo inutili le altre censure. Di conseguenza, la sentenza d’appello è diventata definitiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano sostanziale, conferma che il diritto di accesso agli atti assicurativi non è illimitato e incontra una barriera invalicabile nel sospetto di frode. Le compagnie assicurative hanno il diritto di negare la visione di documenti interni legati alle loro indagini anti-frode. Sul piano processuale, la decisione ribadisce l’importanza cruciale di impugnare in modo specifico e completo tutte le rationes decidendi di una sentenza. Tralasciarne anche solo una può comportare l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente cristallizzazione della decisione sfavorevole.

Un assicurato ha sempre diritto di accedere a tutti i documenti relativi al proprio sinistro?
No. L’ordinanza chiarisce che il diritto di accesso è escluso per gli atti relativi ad accertamenti che evidenziano indizi o prove di comportamenti fraudolenti, come previsto dall’articolo 146, comma secondo, del Codice delle Assicurazioni Private.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’automobilista?
Perché la ricorrente non ha specificamente contestato una delle motivazioni autonome (ratio decidendi) su cui si fondava la sentenza d’appello. La sentenza impugnata aveva negato l’accesso basandosi sull’eccezione per sospetto di frode, e questa specifica motivazione non è stata oggetto di censura nel ricorso, rendendolo così inammissibile.

Cosa significa ‘ratio decidendi’ e perché è così importante in un processo di appello?
La ‘ratio decidendi’ è il principio giuridico o la ragione fondamentale su cui si basa la decisione di un giudice. Come evidenziato dalla Corte, se una sentenza si fonda su più ‘rationes decidendi’ autonome, è indispensabile che l’atto di impugnazione le contesti tutte. Se anche una sola di esse non viene contestata, essa è sufficiente a sorreggere la decisione, che quindi diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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