Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5142 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5142 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20549-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avv. COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv.
NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME COGNOME
-controricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME; COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 1370/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/04/2020;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato COGNOME NOME esponeva di essere proprietario di un terreno confinante con un fabbricato sito in San Vitaliano (NA), INDIRIZZO, composto da tre distinte unità, la prima delle quali, articolata in due piani, terra e primo, di proprietà di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME; la seconda invece, articolata in due appartamenti siti al piano terra e primo, di proprietà di COGNOME NOME; la terza, invece, articolata in un terraneo e annesso sottoscala, di proprietà di COGNOME NOME COGNOME. L’attore lamentava che i convenuti avevano ricostruito, con il contributo di cui alla legge n. 219 del 1981, un fabbricato diverso da quello preesistente, occupando parte del giardino di proprietà dell’attore, realizzando un lastrico di copertura accessibile, con creazione di servitù di veduta a carico del giardino predetto, abbattendo parte del muro di confine tra il giardino ed il fabbricato dei convenuti, realizzando al suo posto un nuovo muro di appoggio di quest’ultimo, aprendo alcune bocche di lupo e luci lungo
la parete perimetrale dell’edificio a distanza non regolare. L’attore evocava pertanto i suindicati soggetti innanzi il Tribunale di Nola, invocandone la condanna al ripristino dello statu quo antecedente agli interventi da essi realizzati, mediante arretramento del loro edificio, ricostruzione del muro abbattuto, eliminazione della veduta dal lastrico e chiusura delle aperture, nonché al risarcimento del danno.
Si costituivano i convenuti, resistendo alla domanda principale e spiegando riconvenzionale nei confronti tanto dell’attore che dei suoi germani COGNOME NOME, COGNOME NOME Pasquale e COGNOME NOME. In particolare, i convenuti chiedevano la rimozione delle vetture parcheggiate nel cortile comune, il taglio dei rami di un albero sito nel giardino di COGNOME NOME, asseritamente limitanti l’uso del cortile comune predetto, il pagamento della somma di € 10.000 da loro spesa per lavori eseguiti su incarico dell’attore, nonché, in caso di accertato sconfinamento, l’attribuzione della proprietà dell’area occupata, dietro versamento della relativa indennità prevista dalla legge.
Si costituivano i terzi chiamati, germani dell’attore originario, aderendo alla domanda spiegata da quest’ultimo.
Con sentenza n. 1923/2014 il Tribunale accoglieva in parte la domanda di parte attrice, accertando lo sconfinamento, da parte dei convenuti, di mq. 3,51 del terreno di proprietà altrui, e condannando i medesimi al risarcimento del danno, nella misura di € 24.100; condannava altresì i convenuti all’eliminazione delle luci irregolari realizzate al piano terreno del loro edificio ed al ripristino del muro di confine tra quest’ultimo ed il giardino COGNOME, rigettando le restanti domande.
Con la sentenza impugnata, n. 1370/2020, la Corte di Appello di Napoli accoglieva parzialmente il gravame principale interposto dagli originari convenuti avverso la decisione di prime cure, riformandola in
parte e condannando gli appellanti al pagamento della minor somma di € 1.800, a titolo di indennità per l’accessione invertita del suolo ex art. 938 c.c.; condannava ancora COGNOME NOME a pagare agli appellanti la somma di € 10.000; accoglieva infine il gravame incidentale spiegato dai germani COGNOME, estendendo la compensazione delle spese del doppio grado anche a quelle relative alla C.T.U. esperita in prime cure, sulle quali il primo giudice non si era pronunciato.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME affidandosi a sei motivi.
Resistono con controricorso NOME e NOME.
Gli altri intimati, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti costituite hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 938 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’ipotesi di cui alla suindicata disposizione, senza considerare che gli originari convenuti non potevano essere considerati in buona fede, considerato che lo sconfinamento era stato realizzato previo abbattimento del muro di confine esistente tra la proprietà COGNOME – Amato – COGNOME ed il giardino di proprietà COGNOME e che l’invasione era stata immediatamente contestata.
Con il secondo motivo, invece, i ricorrenti si dolgono della violazione o falsa applicazione dell’art. 938 c.c., in relazione all’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe da un lato accolto la domanda di accessione invertita, senza tuttavia attribuire agli originari convenuti in prime cure la proprietà del suolo da essi occupato. In tal modo la Corte di Appello avrebbe pronunciato in modo non coerente con il dato normativo, poiché se si ravvisa lo sconfinamento, va risarcito il correlato danno, come aveva fatto il Tribunale; mentre se si liquida una indennità per l’occupazione, si deve anche presupporre la buona fede del costruttore ed attribuire a quest’ultimo la proprietà dell’area interessata dall’invasione.
Le due censure, suscettibili di trattazione congiunta, sono fondate.
La Corte di Appello ha accolto il terzo motivo di gravame, con i quali gli appellanti, convenuti in prime cure, si erano lamentati della mancata applicazione dell’art. 938 c.c., ritenendo quindi applicabile tale disposizione alla fattispecie (cfr. punto 7 della motivazione della sentenza impugnata). Ha del pari accolto il quarto motivo di impugnazione proposto dai medesimi appellanti, concernente il quantum della somma liquidata dal Tribunale in favore dei COGNOME a fronte della constatata occupazione di cui si discute, ed ha ridotto detto importo, in applicazione del criterio di cui alla seconda parte dell’art. 938 c.c., al doppio del valore del terreno accertato dal C.T.U. (cfr. punto 8 della motivazione). In tal modo, il giudice di merito ha applicato in modo inesatto la disposizione da ultimo richiamata, poiché essa prevede la liquidazione, in favore del proprietario del suolo occupato dal costruttore, di una indennità parametrata al doppio del valore dell’area invasa soltanto a condizione che si configuri l’ipotesi prevista dalla norma, ovverosia che si dimostri che il predetto costruttore, in buona fede, abbia occupato parte del suolo altrui e che questi non si sia opposto entro tre mesi. Solo nella concorrenza di tali presupposti, infatti, si configura la fattispecie dell’accessione invertita, prevista dalla
norma in esame, la quale comunque prevede l’attribuzione della proprietà dell’area alla parte che l’aveva invasa. La Corte distrettuale, invece, non ha svolto alcuna indagine, né sulla sussistenza della buona fede del costruttore, né sulla mancata opposizione del proprietario, ed in tal modo ha violato la prima parte della disposizione di cui all’art. 938 c.c. Inoltre, nulla ha disposto sull’attribuzione della proprietà dell’area occupata al costruttore, che pure gli appellanti avevano invocato, sia in prime cure che con il terzo motivo di gravame, applicando invece soltanto la seconda parte della norma in commento, relativa al quantum spettante al proprietario dell’area invasa. In tal modo, il giudice di merito ha applicato l’istituto in esame in modo assolutamente non coerente con la sua ratio , finendo, in concreto, per ridurre l’importo del risarcimento del danno, che spetta alla parte che subisca un ingiusto pregiudizio, tale essendo pacificamente l’occupazione sine titulo , ad una mera indennità, la quale, invece, non è correlata all’occupazione del suolo altrui in quanto tale, ma presuppone i requisiti della buona fede dell’occupante e della mancata tempestiva opposizione del proprietario, che, nel caso concreto, non sono stati accertati dal giudice di merito. Ne consegue la falsa applicazione della disposizione di cui all’art. 938 c.c. e l’accoglimento delle due censure in esame.
Con il terzo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che le opere di rifacimento del muro di confine tra le proprietà delle parti, con sopraelevazione dello stesso sino al primo piano dell’edificio di proprietà dei convenuti in prime cure erano state commissionate da COGNOME NOME, condannando quindi ingiustamente quest’ultimo al pagamento della somma di € 10.000. Il giudice di seconde cure, infatti,
non avrebbe considerato che con raccomandata del 18.9.2006 il direttore dei lavori ed il responsabile dei lavori, entrambi nominati dai convenuti in prime cure, si erano espressamente impegnati a ripristinare lo stato dei luoghi, ed avrebbe quindi attribuito alle prove acquisite agli atti del fascicolo di merito un significato del tutto diverso e contrario a quello che esse in effetti avevano.
Con il quarto motivo, i ricorrenti contestano invece la violazione o falsa applicazione dell’art. 901 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente disatteso la domanda con la quale gli odierni ricorrenti avevano invocato la regolarizzazione delle luci aperte al piano terreno dell’edificio dei convenuti in prime cure, ancorché dette aperture fossero collocate ad altezza non regolare e dunque difettassero di uno dei requisiti previsti dalla legge.
Con il sesto motivo, ancora, lamentano la violazione o falsa applicazione dell’art. 875 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente disatteso la loro domanda di condanna degli originari convenuti al ripristino del muro di confine da essi abbattuto, o in subordine di dichiarare la comunione forzosa del nuovo muro, dai predetti convenuti realizzato in luogo di quello preesistente, sino all’altezza di due metri dal suolo.
Le tre censure sopra riportate sono assorbite dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
Il giudice del rinvio, infatti, dovrà procedere ad un rinnovato esame della fattispecie, verificando se il costruttore, nell’occupare la porzione di mq. 3,51 del giardino di proprietà COGNOME, fosse o meno in buona fede, e se il proprietario dell’area occupata si sia tempestivamente attivato, manifestando la sua opposizione nel termine di cui all’art. 938
c.c. Ove siano ravvisati tali presupposti, e a condizione che la parte interessata riproponga la domanda nelle forme opportune anche in sede di rinvio, il giudice di tale ultima fase potrà attribuire la proprietà del suolo occupato, liquidando in favore del proprietario del suolo l’indennità di cui all’art. 938 c.c. In caso contrario, invece, il giudice del rinvio, ove accerti l’assenza dei requisiti per l’applicazione dell’istituto dell’accessione invertita, dovrà ritenere lo sconfinamento sub specie di occupazione senza titolo e, qualora la parte interessata riproponga anche in sede di rinvio la relativa domanda, procedere alla liquidazione del danno correlato, nel rispetto dei criteri stabiliti, a tal riguardo, dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022, Rv. 666193). Solo all’esito del corretto inquadramento della fattispecie, alternativamente in termini di accessione invertita, ovvero di occupazione sine titulo , il giudice del rinvio dovrà procedere ad esaminare le altre questioni oggetto del giudizio, poiché l’eventuale attribuzione della proprietà dell’area occupata agli originari convenuti costituisce elemento idoneo ad incidere sulle distanze, e quindi impone una complessiva rivalutazione del merito della controversia.
Con il quinto motivo, infine, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente dichiarato la contumacia dei germani COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME, che si sarebbero invece regolarmente costituiti in seconde cure, spiegando appello incidentale, i cui motivi non sarebbero stati in alcun modo esaminati dal giudice di seconda istanza.
La censura è fondata.
Dalla sentenza impugnata risulta che COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME non si sarebbero costituiti in grado di appello e sarebbero rimasti contumaci. Dall’esame degli atti del giudizio,
consentito al collegio in presenza della deduzione di un vizio di natura processuale, peraltro incidente sulla regolare articolazione del contraddittorio tra le parti, emerge che effettivamente i predetti soggetti si erano costituiti in appello ed avevano spiegato gravame incidentale. La corte partenopea ha quindi errato nel non esaminare i motivi di detta impugnazione incidentale, i quali dovranno essere quindi valutati dal giudice del rinvio
In definitiva, vanno accolti il primo, secondo e quinto motivo del ricorso e dichiarati assorbiti i restanti. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo, secondo e quinto motivo del ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda