Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25566 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25566 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4872/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME elettivamente domiciliatI in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME ( -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO (TEL NUMERO_TELEFONO), presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 73/2020 depositata il 22/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che
1.in causa promossa da NOME COGNOME e NOME COGNOME contro NOME, NOME e NOME avente ad oggetto l’accertamento dell’acquisto da parte degli attori, per usucapione, della comproprietà di, o della servitù di passaggio su una scala che da un cortile condominiale conduce al terrazzo della proprietà degli attori, al primo piano di un edificio, la Corte di Appello di Salerno, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato le domande originarie per non avere gli attori posseduto ininterrottamente per oltre venti anni la scala in questione. Gli attori appellati avevano acquistato la proprietà con atto pubblico del 16 marzo 2005 da NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali a loro volta l’avevano acquistata con atto del 1980. Avevano proposto le due domande in riferimento all’accessione del loro possesso a quello dei danti causa. La Corte di Appello ha ritenuto che il possesso fosse stato interrotto dalle convenute appellanti nel novembre 2005 mediante l’apposizione di un cancello nel punto in cui la scala immette nel cortile, che l’interruzione e la durata ultra -annuale della interruzione emergevano dagli atti di un processo per reintegra nel possesso della scala proposto da COGNOME e COGNOME contro le COGNOME e conclusosi sfavorevolmente per i primi, che i testi escussi in primo grado avevano riferito per il periodo dal 1980 al marzo del 2005, ‘sul possesso dei danti causa degli appellati’ e non sul periodo successivo dall’acquisto di questi ultimi fino al novembre 2005;
2.contro questa sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono con tre motivi avversati da NOME, NOME e NOME COGNOME con controricorso;
la causa perviene al RAGIONE_SOCIALE per effetto di richiesta di decisione formulata dai ricorrenti ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza dei motivi di ricorso;
le parti hanno depositato memoria; considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 2909 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. Sostengono i ricorrenti che la Corte di Appello avrebbe violato le norme suddette ponendo a base della decisione in causa petitoria provvedimento sfavorevole ad essi ricorrenti emesso a conclusione di un procedimento possessorio intentato ‘al fine di vedersi restituito il possesso della scala’;
2.con il secondo e il terzo motivo di ricorso si lamenta, rispettivamente in riferimento all’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c. e in riferimento all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. e agli artt. 1061, 1158 e 1146 c.c., che la Corte di Appello, non tenendo conto delle affermazioni dei testi escussi in primo grado, secondo cui i danti causa dei ricorrenti avevano sempre, fino dal momento del loro acquisto nel 1980, posseduto la scala e non tenendo conto della CTU secondo cui, ‘dallo studio delle planimetrie risalenti al 1941, risulta che le unità immobiliari dei coniugi COGNOME–COGNOME site al primo piano erano accessibili solo attraverso la scala oggetto di causa’, aveva finito con il violare le norme suddette escludendo che il possesso avesse avuto la durata sufficiente ad usucapionem laddove invece, tenuto conto della accessione del possesso dei ricorrenti a quello dei danti causa, il possesso, ben prima dell’atto interruttivo del novembre 2005, era durato ben oltre venti anni;
il primo motivo di ricorso è infondato.
I ricorrenti a sostegno del motivo richiamano decisioni di questa Corte secondo cui ‘La sentenza resa sulla domanda possessoria non può avere autorità di cosa giudicata nel giudizio petitorio caratterizzato da diversità di “petitum” e “causa petendi”, giacché l’esame dei titoli costitutivi dei diritti fatti valere dalle parti è compiuto nel procedimento possessorio al solo fine di dedurre elementi sulla sussistenza del possesso, restando impregiudicata ogni questione sulla conformità a diritto della situazione di fatto oggetto di tutela’ (S ez. 2, sentenza n.2300 del 05/02/2016 e altre conformi citate dai ricorrenti nel corpo del primo motivo di ricorso).
La Corte di Appello, tuttavia, si è limitata a trarre dal giudizio possessorio il fatto, l’apposizione del cancello, che era all’origine del giudizio stesso. La Corte di Appello non ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’usucapione in forza del giudicato possessorio sfavorevole ai ricorrenti. Non vi è stata pertanto alcuna violazione dell’art.2909 c.c. Gli articoli 115 e 116 c.p.c. sono richiamati solo nella rubrica del motivo ma nessuna doglianza è poi sviluppata in relazione ad essi;
4. il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati assieme in quanto sono strettamente connessi. L’art. 1146 c.c. prevede al secondo comma (l’unico che qui interessa) che ‘il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti’. In tema di accessione ex art. 1146, comma 2, c.c., questa Corte ha precisato che ‘affinché operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori ed il successore a titolo particolare possa unire al proprio quello del dante causa, è necessario che il trasferimento sia giustificato da un titolo astrattamente idoneo al passaggio della proprietà od altro diritto reale sul bene’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n.8579 del 27/03/2023). La Corte di Appello ha dato conto del fatto che i
testi escussi avevano riferito del possesso dei danti causa degli odierni ricorrenti fino alla data dell’atto di compravendita concluso il 16 marzo 2005 ma non del possesso di questi ultimi da quella data in poi. La Corte di Appello non ha trascurato il fatto ed anzi ha dato conto del fatto, emerso dalle prove testimoniali, che i danti causa dei ricorrenti avevano posseduto la scala. Ne ha, tuttavia, implicitamente e correttamente affermato la non decisività a fronte della mancanza di prova dell’ulteriore fatto pur esso necessario ai fini della accessione che i ricorrenti, dal momento in cui avevano acquistato l’immobile, avessero utilizzato la scala e ne avessero quindi avuto un proprio possesso. Al riguardo merita ribadire che ‘Mentre il primo comma dell’art 1146 cod. civ. stabilisce la continuazione del possesso dal de cuius all’erede, senza alcuna interruzione per effetto del passaggio del diritto dal primo al secondo, con la conseguenza che quest’ultimo, senza bisogno di materiale apprensione, può esercitare le azioni possessorie; il secondo comma dello stesso articolo prevede per il successore a titolo particolare – sia mortis causa che per atto tra vivi – la possibilità di unire il proprio possesso a quello del suo autore, con la conseguenza che tale successore non subentra, per effetto dell’acquisto del diritto, anche nel possesso della cosa acquistata occorrendo a tal fine che si stabilisca un rapporto di fatto tra l’acquirente e la cosa diversa e autonomo rispetto a quello che esisteva fra il dante causa e la cosa’ (Cass. Sez. 2, n. 4055 del 08/09/1978);
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese; 7. poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma
dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
8. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida in € 3 .500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna i ricorrenti al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3 .500,00, in favore dei controricorrenti nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3 .000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2024.