Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24793-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME
– intimato – avverso la sentenza n. 620/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/02/2019 R.G.N. 2389/2015;
Oggetto
Verbale di accertamento
Iscrizione a ruolo
Interesse ad agire
R.G.N. 24793/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 27/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado di parziale accoglimento del ricorso proposto da COGNOME NOME avverso un verbale di accertamento INPS inerente ad iscrizione d’ufficio negli elenchi degli imprenditori agricoli professionali, ai sensi del d.lgs. 99/2004 e d.lgs. 101/2005, a decorrere dall’1/1/2005 con assoggettamento ad obblighi contributivi nella misura del 50%, ed avverso il successivo avviso di addebito emesso sulla base del predetto verbale, dichiarandone la nullità.
In particolare, la Corte territoriale ha respinto sia l’appello principale di COGNOME sulla carenza probatoria del requisito del 50% di dedizione del proprio lavoro alle attività agricole con conseguente imputazione dei ricavi da esse conseguiti nell’amb ito almeno del 50% del reddito globale da lavoro, la cui dimostrazione spetterebbe all’istituto previdenziale, sia l’appello incidentale di INPS per l’omessa pronuncia di condanna dell’originario ricorrente al pagamento delle somme riportate nell’avviso di addebito indipendentemente dalla pronunciata nullità; dalle dichiarazioni raccolte a verbale risultava infatti che l’attività agricola esplicata dall’appellante, pensionato e titolare dell’omonima azienda individuale da oltre 40 anni, fosse l’unica da lui svolta, e che quindi restasse confermata la qualifica di IAP, e tuttavia non era fondata la doglianza di INPS avverso la dichiarata nullità dell’avviso di addebito perché, a mente dell’art. 24 co.3 d.lgs. 46/99, se l’accertamento è impugnato dinanzi all’autorità giudiziaria l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice, con la
conseguenza che in caso di proposizione dell’azione di accertamento negativo delle pretese contributive, si determini una stasi nel procedimento amministrativo di formazione del ruolo ovvero una temporanea carenza di potere-dovere della p.a. di agire in vi a esecutiva, per cui l’INPS avrebbe dovuto attendere l’esito del giudizio avverso il verbale di accertamento ispettivo prima di notificare l’avviso di addebito.
L’INPS propone ricorso per cassazione affidandosi a un unico motivo, a cui il COGNOME non interpone controricorso, rimanendone mero intimato.
La causa è stata trattata nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024.
CONSIDERATO CHE
1.L’istituto ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 terzo comma d.lgs. 44/1999, ed art. 30 d.l. 78/2010 conv. in L. 122/2010, in relazione a ll’art. 360 comma 1, n.3, c.p.c., per non avere dichiarato la sentenza di appello la sussistenza del diritto di INPS a percepire i contributi richiesti, dopo l’accertata insussistenza dei presupposti per iscrivere a ruolo contributi e sanzioni a cagione della pendenza del giudizio avverso l’av viso di accertamento: in sostanza, in pendenza del giudizio di opposizione al verbale di accertamento non era consentita l’iscrizione a ruolo della pretesa creditoria fatta valere a mezzo dell’avviso di addebito, ma la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare egualmente la sussistenza del diritto dell’INPS ai contri buti richiesti, esaminando nel merito la fondatezza della domanda di pagamento, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo. Aggiunge il ricorrente che, con l’opposizione a cartella di
pagamento, che dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione di diritti ed obblighi interni al rapporto previdenziale obbligatorio, può chiedere, oltre che il rigetto dell’opposizione, anche la condanna dell’opponente all’adempimento dell’obbligo contributivo portato dalla cartella, tramite il pagamento di una misura inferiore a quella originariamente richiesta, senza che ne risulti mu tata la domanda, sempre che l’ente stesso abbia assolto l’onere probatorio a proprio carico (sent. n.6704/2016), e che non costituisce un inammissibile novum ‘ la domanda di pagamento della minor somma ancora dovuta dal debitore, formulata nell’atto di appello dall’ente previdenziale che, in primo grado, si era limitato a chiedere la declaratoria di legittimità della cartella medesima ed il rigetto dell’opposizio ne ‘ (ord. 11246/2017 e 11515/2017).
2. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Il giudizio di merito ha accertato a carico dell’opponente l’ esistenza di requisiti soggettivi, oggettivi e reddituali prescritti dall’art. 1 comma 1 del D.Lgs. n.99/2004, con riferimento all’attribuzione della qualifica di imprenditore agricolo professionale, con la sola limitazione del quantum ridotto al 50% nel periodo contributivo decorrente dal mese di gennaio dell’anno 2005. La pronuncia, confermata in grado di appello, non è stata impugnata con ricorso per cassazione dalla parte che avrebbe potuto dolersi dell’attribuita qualifica imprenditoriale e del riconosciuto obbligo a sé gravante. Ne consegue la legittimità della compiuta iscrizione nell’elenco degli imprenditori agricoli professionali e la sopravvenuta rimozione dell’ostacolo alla iscrizione a ruolo delle somme derivanti dall’accertato obbligo contributivo.
Si innesta, dunque, la valutazione della sopravvenienza di un interesse a ricorrere nel giudizio di legittimità da parte dell’ente creditore per conseguire una pronuncia di accertamento del diritto a pretendere i contributi richiesti. Si osservi che da un lato, la pronuncia resa sull’accertamento negativo del credito, nel conclamare in via definitiva la pur ridotta pretesa dell’ente previdenziale, ha consentito la maturazione postuma dei presupposti per l’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 24 comma 3 d.lgs. 46/1999 (non esistenti all’epoca dell’emissione dell’avviso di addebito del 2012); dall’altro non è ravvisabile l’interesse ad ottenere una pronuncia di condanna al pagamento delle somme riportate nell’originario avviso di addebito, respinta in appello incidentale in pendenza di giudizio di opposizione al verbale di accertamento, avendo l’INPS, nelle more, conseguit o l’affermazione definitiva della propria pretesa contributiva, sì da poter azionare gli strumenti di recupero di natura impo-esattiva a cui l’ordinamento consente di accedere. L’uno e l’altro effetto sono maturati nel corso del presente giudizio, dopo la rimozione dell’ostacolo rappresentato dal terzo comma del cit. art. 24 .
È stato infatti ritenuto che ‘ in caso di proposizione dell’azione di accertamento negativo delle pretese contributive iscrivibili in ruoli, si determina una stasi nel procedimento amministrativo di formazione del ruolo, ovvero una temporanea carenza del potere-dovere della p.a. di agire in via esecutiva. Infatti in pendenza del ricorso in prevenzione contro l’accertamento, l’iscrizione a ruolo non potrà essere eseguita ed occorrerà attendere un provvedimento esecutivo del giudice (che convalidi in tutto o in parte la pretesa previdenziale di cui all’atto impugnato) ed in conformità allo stesso ‘ (cfr. ord. n. 9159/17).
Ne consegue, dunque, la carenza di interesse di INPS a ricorrere avverso l’impugnata pronuncia, essendo stata accertata la fondatezza della pretesa nei limiti riconosciuti attraverso il parziale accoglimento del ricorso introduttivo di primo grado. Venu to meno l’effetto impeditivo dell’ opposizione all’accertamento si riespande il diritto all’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 24 comma 3 cit. di talché un ‘ eventuale pronuncia di condanna al pagamento di una minor somma corrispondente al diritto accertato non comporterebbe per la parte creditrice alcun risultato giuridicamente apprezzabile, derivandone, al più, una sovrapposizione di titoli.
Alla soccombenza non fa seguito la condanna alle spese della presente fase di giudizio, stante la mancata costituzione della controparte rimasta intimata. Seguono le disposizioni sul contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27/11/2024