Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31345 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31345 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24551-2019 proposto da
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS)
-intimato – per la cassazione della sentenza n. 675 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositata il 15 febbraio 2019 (R.G.N. 764/2016).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -La signora NOME COGNOME ha impugnato, dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, gli avvisi di addebito n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA con i quali l’INPS ha
R.G.N. 24551/2019 Cron.
Rep.
C.C. 12/06/2024
giurisdizione Accertamento del maggior reddito e definizione bonaria della controversia fiscale.
chiesto il pagamento della contribuzione dovuta alla Gestione commercianti per gli anni 2007 e 2008, sulla base degli avvisi di accertamento induttivo dell’Agenzia delle Entrate di Caserta.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha annullato gli avvisi di addebito impugnati, rilevando che l’INPS non p uò avvalersi dell’accertamento tributario, oramai inefficace dopo la definizione bonaria della lite fiscale.
-Con la sentenza n. 675 del 2019, depositata il 15 febbraio 2019, la Corte d’appello di Napoli ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del giudice di prime cure, ha respinto le domande proposte dalla signora NOME COGNOME
2.1. -La Corte territoriale ha disatteso, preliminarmente, l’eccezione di tardività dell’appello, in quanto la notifica della sentenza di primo grado non risulta idonea a far decorrere il termine breve per interporre gravame.
2.2. -Per quel che concerne il merito delle pretese, la Corte di merito ha evidenziato che la definizione agevolata della lite fiscale non vale a travolgere l’accertamento dei maggiori redditi , proprio perché difetta il carattere di definitività dell’accertamento. Non sono stati addotti elementi di sorta per superare le risultanze dell’accertamento, se si eccettua l’argomento, privo di ogni supporto normativo, della sopravvenuta inefficacia dell’a vviso impugnato.
-La signora NOME COGNOME ricorre per cassazione, con quattro motivi , contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli.
-L’INPS non ha svolto in questa sede attività difensiva.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione ed errata applicazione degli artt. 170 e 285 cod. proc. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel considerare invalida la notifica della sentenza eseguita all’avvocata NOME COGNOME costituita tanto per l’INPS quanto per la Società di cartolarizzazione dei crediti INPS (S.RAGIONE_SOCIALE s.p.a. Secondo la ricorrente, dalla richiesta di notifica si evince che il nome dell’avvocata è stato scritto per due volte e, pertanto, è stato interlineato una sola volta.
Ad ogni modo, anche a volere ritenere che la notifica sia stata effettuata direttamente all’ente, la notifica sarebbe comunque valida ai fini della decorrenza del termine breve, in quanto sarebbe stata eseguita nelle mani dell’avvocata COGNOME e il domicilio eletto dal procuratore sarebbe presso la stessa sede dell’ente . A tale riguardo, sarebbe sufficiente la consegna di una sola copia al difensore che, come accade nel caso di specie, assista più parti.
1.1. -La doglianza dev’essere disattesa.
1.2. -La Corte d’appello di Napoli ha accertato che «la notifica non è avvenuta correttamente in modo da far scattare il termine breve», in quanto la notifica è avvenuta all’INPS, «ma non al suo procuratore costituito» (pagina 2 della sentenza impugnata).
I giudici del gravame pervengono a tale conclusione, sulla scorta del rilievo che «il nome della procuratrice NOME COGNOME risulta essere stato interlineato a ulteriore prova della mancata notifica della sentenza al procuratore costituito in primo grado» (la già richiamata pagina 2 della pronuncia d’appello ).
1.3. -A garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica, in ragione della competenza tecnica del destinatario nella
valutazione dell ‘ opportunità della condotta processuale più conveniente e in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall ‘ inosservanza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza, finalizzata alla decorrenza di quest ‘ ultimo, dev ‘ essere in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e dev’essere percepibile come tale dal destinatario.
La notifica, pertanto, va eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata.
La notifica alla parte, senza espressa menzione, nella relata, del suo procuratore quale destinatario, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio.
Né al l’omessa indicazione della direzione della notifica al difensore può supplire la circostanza che il suo nominativo risulti dall ‘ epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza (Cass., S.U., 30 settembre 2020, n. 20866; nello stesso senso, con riferimento a una controversia che vede l’INPS come parte, Cass., sez. lav., 10 luglio 2023, n. 19482, punto 9 del Considerato ).
1.4. -La Corte territoriale ha accertato in punto di fatto che il nome del difensore è stato ‘interlineato’ e che, pertanto, la notifica non risulta diretta al procuratore costituito, al fine precipuo di far scattare il termine breve per l’impugnazione.
Difetta, dunque, un elemento essenziale ai fini dell’applicazione di tale termine. Elemento che dev’essere inteso con rigore, in quanto obbedisce a un’imprescindibile funzione di garanzia, per le conseguenze ragguardevoli che scaturiscono dall’inosservanza del termine più celere per proporre impugnazione.
La Corte di merito ha individuato puntualmente il fatto processuale rilevante, in linea con il paradigma normativo.
Né l’accertamento in ordine alla mancata indicazione del nome del procuratore, che sorregge la statuizione di ammissibilità del gravame, è stato avversato in modo specifico, con il supporto di elementi circostanziati, idonei ad avvalorare un diverso atteggiarsi del fatto processuale e la sussistenza dei tassativi presupposti di legge per l’applicabilità del termine breve .
Inoltre, in difetto della menzione del procuratore quale destinatario della notifica, è ininfluente la coincidenza della sede dell’ente, ove la notifica è stata eseguita, con il domicilio eletto.
2. -Con il secondo mezzo, la ricorrente si duole della violazione e dell’errata applicazione dell’art. 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e dell’art. 39, comma 12, del decreto -legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, e dell’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
La sentenza impugnata sarebbe erronea anche per avere ritenuto fondate le pretese dell’INPS, senza considerare che la definizione concordata della lite tributaria, proprio perché preclude la definitività dell’accertamento, determina l’inefficacia dell’atto su cui la richiesta dell’Istituto si fonda. Dalla ‘sanatoria’ delle liti fiscali deriverebbe, dunque, «l’estinzione della controversia, compresa la componente previdenziale» (pagina 8 del ricorso per cassazione). Ad ogni modo, i contributi dovrebbero essere commisurati alla stessa percentuale (30 per cento), con la quale è stata definita la controversia tributaria, non potendosi ammettere alcuna discrasia fra tributi e contributi, quanto alla determinazione della base imponibile reddituale.
2.1. -La censura è infondata, in tutti i profili in cui si articola.
2.2. -Per giurisprudenza costante di questa Corte, la definizione concordata della lite fiscale persegue l ‘esclusiva finalità di sfoltire il
contenzioso tributario e non incide in alcun modo sul contenuto e sulla portata presuntiva dell ‘ atto di accertamento dell ‘ Agenzia delle Entrate. Tale atto serba, dunque, intatta la sua efficacia ai fini extrafiscali, nel calcolo dei contributi INPS a percentuale sul maggior reddito (Cass., sez. lav., 20 agosto 2019, n. 21541).
Ne deriva che il consolidamento e la definitività dell ‘ accertamento ai fini contributivi possono essere impediti solo dalla resistenza dell ‘ obbligato e, pertanto, dall ‘ offerta di prove di segno contrario. In assenza di contestazione, i fatti, oggetto dell ‘ accertamento, devono reputarsi definitivi, con ogni consequenziale riflesso sull ‘ obbligazione contributiva (Cass., sez. lav., 3 ottobre 2019, n. 24774).
Alla stregua di tali princìpi di diritto, confermati a più riprese da questa Corte (fra le molte, Cass., sez. VI-L, 11 febbraio 2021, n. 3386, punti 11, 12, 13 e 14 del Considerato ), si rivela infondata la prospettazione della parte ricorrente.
Dev ‘e ssere disattesa, anzitutto, la richiesta di considerare sprovvisto d ‘ ogni valore l ‘ accertamento impugnato, sol perché è sopraggiunta la definizione concordata della lite fiscale.
Né la parte ricorrente ha dedotto elementi circostanziati e persuasivi, idonei a infirmare la pretesa dell ‘ Istituto, limitandosi a far leva sulla sopravvenienza della definizione concordata e sulla sua idoneità a caducare integralmente il credito vantato.
Non arride miglior sorte neppure alla richiesta, formulata in subordine, di commisurare la contribuzione dovuta all ‘ importo più vantaggioso determinato in sede di conciliazione della controversia tributaria.
La ricorrente presuppone che l ‘ accertamento impugnato cessi di esplicare ogni efficacia sul versante extrafiscale e, in particolare, sul versante dell ‘ obbligazione contributiva e trae da quest ‘ assunto un ulteriore corollario: l’inefficacia dell’ originario accertamento implica che
si debba assumere come parametro rigido e vincolante l ‘ importo fissato nella definizione concordata.
Come si è evidenziato in una controversia sovrapponibile a quella odierna, «Anche tale argomentazione confligge con la giurisprudenza costante di questa Corte, che consente di superare il valore dell ‘ accertamento solo in presenza di critiche pertinenti e di contestazioni mirate, e non già d ‘ un mero epilogo conciliativo della contesa tributaria» (Cass., sez. lav., 27 luglio 2023, n. 22832, punto 3.2.2. delle Ragioni della decisione ).
-Con la terza doglianza, la ricorrente prospetta violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
La Corte d’appello di Napoli avrebbe violato le regole di riparto dell’onere della prova . Graverebbe sull’Istituto , in quanto attore in senso sostanziale, l’onere di allegare e provare il credito e nessuna dimostrazione convincente si potrebbe evincere da un accertamento oramai inefficace.
3.1. -Neppure tale censura coglie nel segno.
3.2. -Si deve ribadire che «dalla portata presuntiva dell ‘ accertamento tributario si desume la necessità che lo stesso venga in qualche modo resistito dal contribuente che intenda, invece, evitare il consolidamento dell ‘ accertamento stesso e ciò può avvenire con qualsiasi mezzo; pertanto, una volta che l’INPS abbia invocato tale accertamento, del quale a quanto detto va aggiunto che, diversamente dai verbali ispettivi (frutto ed espressione di attività investigativa), costituisce applicazione di parametri matematici volti a verificare l ‘ esistenza di redditi ulteriori, esso può essere sufficiente a suffragare la pretesa contributiva ove non resistita da prove di segno contrario» (Cass., sez. lav., 24 maggio 2021, n. 14194; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 19 luglio 2023, n. 21308).
3.3. -La Corte territoriale osserva che, rispetto alle risultanze dell’accertamento, «sia in primo grado che in appello nulla deduce e
censura l’appellato limitandosi a ribadire quanto scritto nella sentenza ovvero in primo grado a sostenere che la definizione agevolata della lite tributaria aveva effetti anche su quella previdenziale senza alcun supporto normativo» (pagina 3 della sentenza impugnata).
Tali statuizioni sono conformi alle enunciazioni di principio di questa Corte, che ritiene indispensabile l’allegazione di elementi di segno contrario, allo scopo di confutare le risultanze dell’accertamento.
Conseguentemente, non si può addebitare alla Corte d’appello alcuna violazione dei criteri che presiedono alla distribuzione degli oneri probatori.
4. -Con la quarta critica, la ricorrente denuncia, infine, la violazione ed errata applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
A fronte della novità della questione dibattuta e del contrasto insorto nella giurisprudenza, la Corte di merito avrebbe dovuto compensare le spese del doppio grado.
4.1. -La critica è inammissibile.
4.2. -In tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a giustificare, con un ‘ espressa motivazione, il mancato uso di tale sua facoltà.
Ne consegue che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l ‘ eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., S.U., 15 luglio 2005, n. 14989; nello stesso senso, Cass., sez. VI-3, 26 aprile 2019, n. 11329, e, di recente, Cass., sez. III, 29 agosto 2024, n. 23358, punto 3 del Considerato , e Cass., sez. lav., 13 agosto 2024, n. 22759, punto 29 del Considerato ).
4.3. -Alla stregua di tali princìpi, che la ricorrente non induce a rimeditare, si rivelano inammissibili le doglianze sul mancato uso del potere discrezionale di compensare le spese del giudizio.
-In virtù dei rilievi svolti, il ricorso dev’essere, nel suo complesso, respinto.
-Non occorre statuire sulle spese del presente giudizio, in difetto di attività difensiva della parte evocata in causa.
-L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia in concreto dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione