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Accertamento del credito: basta la verifica del passivo

Una società in liquidazione, dichiarata fallita su istanza dell’Agente della Riscossione, ha impugnato la decisione sostenendo la mancanza di un accertamento del credito definitivo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per la dichiarazione di fallimento è sufficiente un accertamento incidentale del credito. La Corte ha inoltre precisato che le risultanze della verifica dello stato passivo costituiscono un valido elemento probatorio per dimostrare la legittimazione del creditore istante.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accertamento del Credito per il Fallimento: Non Serve la Sentenza Definitiva

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia fallimentare: per richiedere il fallimento di un’impresa non è necessario che il creditore disponga di un titolo esecutivo o di un accertamento giudiziale definitivo del proprio diritto. È sufficiente un accertamento del credito in via incidentale da parte del giudice fallimentare. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata in liquidazione veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Roma su istanza dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La società presentava reclamo alla Corte d’Appello, la quale però confermava la sentenza di primo grado. Secondo i giudici di merito, la prova del credito e della legittimazione dell’Agenzia era sufficientemente fornita dagli estratti conto e dalle relate di notifica delle cartelle esattoriali.

Non soddisfatta, la società proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la contestazione della legittimità del creditore, l’errata valutazione dell’efficacia probatoria della verifica dello stato passivo e una valutazione incompleta del proprio stato di insolvenza.

Le Doglianze della Società e l’Accertamento del Credito

La ricorrente sosteneva che l’Agente della Riscossione non fosse legittimato a chiedere il fallimento perché le cartelle di pagamento erano state impugnate davanti al giudice tributario. A suo avviso, la Corte d’Appello aveva errato nel considerare sufficiente prova l’ammissione del credito allo stato passivo del fallimento, poiché tale ammissione ha un’efficacia puramente ‘endoconcorsuale’, cioè limitata alla procedura fallimentare stessa, e non può costituire un accertamento opponibile al fallito in altre sedi.

Inoltre, la società lamentava che la Corte non avesse considerato tutti i suoi beni immobili nel calcolare l’attivo patrimoniale, sottostimando così la sua capacità di far fronte ai debiti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sulla natura dell’accertamento del credito nell’ambito della procedura prefallimentare.

L’Accertamento del Credito Può Essere Incidentale

Il punto centrale della decisione è la conferma di un orientamento consolidato: l’articolo 6 della Legge Fallimentare, che consente a uno o più creditori di chiedere il fallimento, non richiede un accertamento definitivo del credito in sede giudiziale. È invece sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice fallimentare, condotto al solo scopo di verificare la legittimazione del creditore a presentare l’istanza. Questo significa che il giudice non deve attendere l’esito di altre cause pendenti sul credito, ma può valutarne l’esistenza in via sommaria.

La Verifica dello Stato Passivo come Prova Sufficiente

La Corte ha specificato che questo accertamento incidentale può legittimamente basarsi anche sulle risultanze della verifica dei crediti già avvenuta in ambito fallimentare. Sebbene l’ammissione al passivo abbia efficacia endoconcorsuale, essa rappresenta un elemento probatorio forte dell’esistenza del credito. Nel caso specifico, il fatto che il debito verso l’Agente della Riscossione fosse già stato ammesso allo stato passivo per un importo significativo era una prova più che sufficiente per fondare la legittimità della sua richiesta di fallimento.

L’Inammissibilità di Nuove Questioni di Fatto

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla presunta errata valutazione dello stato di insolvenza. La società, infatti, introduceva in sede di Cassazione questioni di fatto (la proprietà di altri immobili non periziati) senza dimostrare di averle sollevate e discusse adeguatamente nei precedenti gradi di giudizio. La Corte di Cassazione, essendo giudice di legittimità e non di merito, non può esaminare nuove prove o fatti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di grande rilevanza pratica. Per i creditori, si conferma la possibilità di agire per la dichiarazione di fallimento del debitore anche in assenza di un titolo esecutivo, purché il credito sia verosimile e provabile, anche attraverso l’ammissione allo stato passivo. Per i debitori, diventa più difficile contrastare un’istanza di fallimento semplicemente contestando il credito in altre sedi, specialmente se tale credito è già stato verificato e ammesso dal giudice delegato. La decisione favorisce la celerità e l’efficienza della procedura fallimentare, evitando che possa essere paralizzata da lunghe controversie sull’accertamento dei singoli crediti.

È necessario un accertamento definitivo del credito per poter chiedere il fallimento di un debitore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per la dichiarazione di fallimento è sufficiente un accertamento incidentale del credito da parte del giudice, finalizzato unicamente a verificare la legittimazione del creditore istante.

L’ammissione di un credito allo stato passivo può essere usata come prova per legittimare la richiesta di fallimento?
Sì. La Corte ha stabilito che le risultanze del giudizio di verificazione dei crediti, come l’ammissione di un debito allo stato passivo, costituiscono elementi probatori su cui il giudice può fondare l’accertamento incidentale della legittimazione del creditore.

Si possono presentare per la prima volta in Cassazione nuove prove o questioni di fatto per contestare lo stato di insolvenza?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo a ulteriori beni non considerati, in quanto introduceva questioni di fatto non esaminate dalla corte d’appello, senza specificare se e come fossero state precedentemente dedotte in giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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