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Accantonamento fondi: no a crediti esclusi

In un caso di amministrazione straordinaria, le Amministrazioni Statali hanno richiesto l’accantonamento di ingenti somme per un credito da danno ambientale non ammesso allo stato passivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l’accantonamento fondi previsto dalla legge fallimentare non si applica ai crediti esclusi. La Corte ha inoltre chiarito che la decisione del Commissario Straordinario di non effettuare un accantonamento discrezionale oltre la soglia minima obbligatoria non è sindacabile dal giudice nel merito, poiché rientra nelle sue valutazioni di opportunità.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Accantonamento Fondi: No a Crediti Esclusi dallo Stato Passivo

L’accantonamento fondi nelle procedure concorsuali è un meccanismo cruciale per bilanciare la necessità di distribuire le risorse ai creditori con la tutela di posizioni creditorie ancora incerte. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sui limiti di questo strumento, in particolare quando il richiedente è un creditore il cui credito non è stato ammesso allo stato passivo. La decisione affronta il delicato rapporto tra il potere del giudice e la discrezionalità del commissario straordinario nella gestione dell’attivo.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Risarcimento Ambientale Milionaria

Il caso trae origine dalla procedura di amministrazione straordinaria di una grande società industriale. Diverse Amministrazioni Statali avevano presentato una domanda di insinuazione al passivo per una cifra colossale, a titolo di risarcimento per un grave danno ambientale causato dalle attività della società nel corso di decenni. Questo credito, tuttavia, veniva escluso dallo stato passivo dal Giudice Delegato.

Successivamente, il Commissario Straordinario ha predisposto un progetto di riparto parziale per pagare altri creditori, i cui crediti erano stati regolarmente ammessi. Le Amministrazioni Statali si sono opposte a tale riparto, chiedendo al giudice di disporre un accantonamento totale delle somme da distribuire, in attesa della definizione del loro contenzioso sul credito ambientale. La loro richiesta è stata respinta dal Tribunale, portando la questione fino alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sui Limiti all’Accantonamento Fondi

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso delle Amministrazioni, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno enunciato principi di diritto chiari, distinguendo nettamente tra le diverse tipologie di accantonamento previste dalla Legge Fallimentare e definendo i confini del sindacato giurisdizionale sulle scelte del commissario.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si snodano attraverso l’analisi di due norme centrali della Legge Fallimentare: l’art. 110 e l’art. 113. La loro interpretazione ha definito l’esito della controversia.

L’Accantonamento Fondi per Crediti Esclusi dallo Stato Passivo

Il punto centrale della decisione riguarda l’art. 110, comma 4, L.F. Le Amministrazioni sostenevano che questa norma consentisse l’accantonamento anche per i creditori che, pur esclusi, avevano in corso un giudizio di opposizione. La Corte ha smentito questa interpretazione.

Ha chiarito che l’accantonamento previsto dall’art. 110 L.F. è uno strumento endo-procedimentale al riparto. Esso serve a gestire le contestazioni che sorgono dopo la formazione dello stato passivo e che riguardano crediti già inseriti nel progetto di riparto. Tipicamente, si tratta di contestazioni sulla graduazione dei privilegi o sull’ammontare esatto da distribuire. Questo meccanismo non può essere utilizzato per “congelare” somme a favore di creditori i cui crediti sono stati del tutto esclusi dalla massa passiva. L’accertamento di tali crediti, infatti, appartiene a un procedimento distinto e precedente, quello della verifica del passivo.

Il Potere Discrezionale del Commissario Straordinario e l’Accantonamento Fondi

Le Amministrazioni hanno anche invocato l’art. 113 L.F., che impone al curatore (o commissario) di trattenere le somme necessarie per spese future e altri debiti prededucibili. Sostenevano che il loro credito ambientale dovesse essere considerato un debito prededucibile futuro, per il quale il Commissario avrebbe dovuto, per prudenza, accantonare le somme.

La Corte ha distinto tra due tipi di accantonamento previsti dall’art. 113:
1. Obbligatorio: Una quota minima (il 20% delle somme disponibili) che deve sempre essere accantonata.
2. Facoltativo: Un accantonamento ulteriore, a discrezione del commissario, per “somme ritenute necessarie” per spese future.

La Corte ha stabilito che la decisione del Commissario di non disporre un accantonamento facoltativo oltre la soglia minima obbligatoria è frutto di una valutazione di opportunità, basata sulla sua gestione della procedura. Tale scelta non è sindacabile dal giudice sotto il profilo della legittimità, a meno che non violi una specifica norma di legge (ad esempio, scendendo sotto la soglia obbligatoria). Invocare una generica “contraddittorietà” o “carenza di motivazione” non è sufficiente per contestare una scelta che la legge rimette alla discrezionalità dell’organo amministrativo della procedura.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Creditori

L’ordinanza della Cassazione delinea un quadro rigoroso per l’accantonamento fondi. La principale implicazione pratica è che un creditore la cui pretesa è stata esclusa dallo stato passivo non può bloccare la distribuzione dell’attivo agli altri creditori attraverso un reclamo contro il piano di riparto. La sua tutela risiede nel procedimento di opposizione allo stato passivo e, eventualmente, in misure cautelari specifiche, ma non nella contestazione del riparto stesso. Inoltre, la pronuncia rafforza l’autonomia gestionale del commissario, le cui scelte discrezionali in materia di accantonamenti facoltativi sono protette da un sindacato giudiziario invasivo, a patto che rispettino i paletti normativi inderogabili.

Un creditore il cui credito non è stato ammesso allo stato passivo può chiedere l’accantonamento delle somme nel piano di riparto?
No. Secondo la Corte, l’accantonamento previsto dall’art. 110, comma 4°, L.F. in sede di reclamo avverso il piano di riparto riguarda esclusivamente i crediti già inseriti nel piano stesso e oggetto di contestazione (ad esempio, per la loro graduazione), non i crediti che sono stati esclusi dallo stato passivo.

La decisione del commissario di non disporre un accantonamento facoltativo per futuri debiti prededucibili può essere contestata in tribunale?
No, non per ragioni di merito o di opportunità. La Corte ha stabilito che la decisione del Commissario Straordinario di non disporre un accantonamento oltre la soglia minima obbligatoria (prevista dall’art. 113 L.F.) è una scelta discrezionale che non è sindacabile dal giudice, a meno che non integri una violazione di una specifica norma di legge.

Un giudice che ha già deciso un caso poi annullato dalla Cassazione per un errore procedurale deve astenersi dal giudicare di nuovo lo stesso caso?
No. La Corte ha ribadito che l’obbligo di astensione per aver conosciuto la causa in un altro grado del processo non si applica quando la Cassazione annulla una decisione per un “error in procedendo” (errore procedurale) e rinvia al medesimo giudice. Questo tipo di rinvio, detto restitutorio, non costituisce un grado di giudizio diverso o autonomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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