Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19233 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19233 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14378/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Campobasso Traversa INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 290/2022 depositata il 24/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del primo e del terzo motivo.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALEADE) ha proposto opposizione all’omologa del concordato preventivo di RAGIONE_SOCIALE nelle forme di cui all’art. 186 -bis l. fall., per omessa indicazione di alcuni crediti tributari derivanti da avvisi di accertamento, per mancata trasmissione agli uffici della domanda di transazione fiscale, nonché per mancanza di fattibilità della proposta, avuto riguardo agli accantonamenti necessari a soddisfare i crediti in contestazione, ai sensi dell’art. 90, secondo comma, d.P.R. n. 602/1973.
A seguito del rigetto dell’opposizione da parte del Tribunale di Campobasso, ADE ha proposto reclamo alla Corte di Appello di Campobasso, riproponendo le originarie censure. Nel corso del reclamo, la società in concordato ha proposto domanda di definizione agevolata a termini dell’art. 1, commi 186 -202 l. n. 197/2022.
La Corte di Appello di Campobasso, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo , ritenendo che l’Ufficio avesse rinunciato al reclamo, stante la proposizione della domanda di definizione agevolata. Ha ritenuto, inoltre, opponibile un accordo conciliativo sottoscritto nel corso di un giudizio tributario, in esito al quale si è fatta decorrere dalla data del 17 settembre 2018 l’esenzione IVA da applicare sui servizi espletati dai gestori dei centri di accoglienza per i migranti, risultando l’IVA dovuta sulle prestazioni rese in precedenza dalla società, nonché ritenendo non più dovuta la previsione di un fondo rischi a termini dell’art. 181, terzo comma, l. fall . in relazione ai crediti contestati.
Propone ricorso per cassazione ADE, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la società in concordato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
n. 14378/2024 R.G.
Con il primo motivo si ded uce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonché per omessa pronuncia. Osserva parte ricorrente che la proposizione della definizione agevolata non avrebbe comportato la cessazione della materia del contendere, bensì la ridefinizione del perimetro dei crediti già oggetto di accertamento, laddove la cessazione della materia del contendere sarebbe avvenuta solo ove i crediti fossero stati effettivamente inseriti nel piano concordatario. Deduce parte ricorrente che l’omessa corrispondenza tra chiesto e pronunciato deriverebbe dal fatto che il giudice di appello non si sarebbe pronunciato sui motivi del reclamo, mai rinunciati.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 182ter , primo e secondo comma, l. fall., assenza o inammissibilità della domanda di transazione fiscale nell’ambito della procedura concordataria, in quanto questione non esaminata dal giudice del reclamo.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità del decreto per violazione dell’art. 90, secondo comma, d.P.R. n. 602/1973 e del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario in materia di trattamento dei crediti contestati. Osserva parte ricorrente che la formazione del suddetto fondo è obbligatoria e che è rimesso al giudice ordinario la determinazione delle modalità di accantonamento, effettuandosi un sindacato incidentale sulla fondatezza dei crediti contestati, nonché sui crediti pretermessi in quanto contenziosi, benché oggetto di definizione agevolata.
Il primo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati, conformemente alle conclusioni del Pubblico Ministero, ove si osserva che « non si evince affatto che vi sia
n. 14378/2024 R.G.
stata rinuncia alla domanda di revoca del decreto di omologazione del piano di concordato presentato dalla RAGIONE_SOCIALE (…) appare, dunque, abbastanza evidente che la rinuncia al reclamo, ovvero alla domanda di revoca del decreto di omologazione, fosse subordinata (i) alla destinazione, da parte della società, di parte delle risorse accantonate nel fondo rischi al pagamento integrale di tutti gli importi dovuti per la definizione delle liti pendenti (ii) ovvero in subordine alla modifica del piano ».
5. Dal ricorso emerge che ADE aveva dedotto in sede di opposizione che « né nella proposta concordataria né nella relazione del Commissario Giudiziale, era stato inserito il credito derivante dagli avvisi di accertamento n. TR606T400856/2020, n. TR606T400860/2020 e n. TR606T400862/2020 », cumulativamente alle altre censure indicate in narrativa; per cui essa invocava la necessità di integrare il piano concordatario e la relazione del Commissario procedendosi agli accantonamenti di cui all’art. 90, secondo comma, d.P.R. n. 602/1973. La censura è stata riproposta in sede di reclamo, nel corso del quale è intervenuta la definizione delle liti pendenti.
6. Dal provvedimento impugnato si evince che le conclusioni dell’Agenzia , trascritte per esteso, erano state nel senso che « la cessazione della materia del contendere per la soddisfazione dell’interesse azionato può sopravvenire solo in caso di formale e definitivo inserimento di tale credito nel piano concordatario, onde garantirne il pieno soddisfacimento », per cui la Corte di Appello si sarebbe dovuta pronunciare sui motivi di reclamo per come svolti, nel cui ambito la definizione delle liti relative ai crediti pretermessi dal piano avrebbe comportato un eventuale riassetto dei crediti da accertare, non anche la rinuncia al profilo di censura.
n. 14378/2024 R.G. 7. Parimenti fondato è il terzo motivo. All’atto della omologazione della proposta di concordato preventivo ex art. 180 l. fall., ove si sia
in presenza di crediti tributari oggetto di contestazione, l’art 90 d.P.R. n. 602/1973 impone l’accantonamento al l’imprenditore concordante , essendo rimesso al tribunale esclusivamente il potere di determinarne le relative modalità (Cass., n. 15414/2018).
Tale norma è stata intesa come « punto di congiunzione regolativa delle due giurisdizioni (…) quale espressione di un principio generale di riparto, che indica quale rimedio pratico volto ad evitare conflitti di pronunce e vuoti di tutela l’accantonamento dei crediti in controversia insorgenda (a conseguenza delle certificazioni amministrative di cui si è detto ovvero dell’emanazione di atti impositivi/della riscossione) ovvero insorta (liti pendenti)» (Cass., Sez. U., n. 8506/2021). La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo e terzo motivo così che, previo assorbimento del secondo motivo, deve cassarsi la sentenza impugnata con rinvio per riesame del reclamo in conformità ai suindicati principi. Al giudice del rinvio è rimessa la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo, dichiara assorbito il secondo; cassa il decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.