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Abuso personalità giuridica: Ente Pubblico risponde

Una professionista ha svolto un’attività per una fondazione interamente controllata da un Comune. A seguito del fallimento della fondazione, la professionista ha richiesto il pagamento al Comune. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità del Comune, ravvisando un abuso della personalità giuridica, poiché la fondazione agiva come mero braccio operativo dell’ente pubblico, priva di reale autonomia decisionale e patrimoniale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Responsabilità dell’Ente Pubblico per i debiti della Fondazione: il caso dell’abuso della personalità giuridica

Un ente pubblico può essere chiamato a rispondere dei debiti di una fondazione da esso stesso creata e controllata? La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha dato una risposta affermativa, introducendo il fondamentale principio dell’abuso della personalità giuridica nel rapporto tra enti pubblici e organismi partecipati. Questo caso chiarisce che la creazione di un soggetto di diritto privato non può servire come scudo per eludere le responsabilità, specialmente quando l’autonomia di tale soggetto è solo apparente.

I Fatti di Causa

Una professionista veniva incaricata da una Fondazione, istituita da un Comune per la gestione di servizi socio-assistenziali, di svolgere attività professionali. La Fondazione, sebbene dotata di una propria personalità giuridica, era di fatto interamente dipendente dal Comune: i suoi fondi erano quasi esclusivamente pubblici, la maggioranza dei suoi amministratori era nominata dal Sindaco, e ogni decisione strategica, inclusa la gestione degli immobili e l’approvazione dei lavori, era soggetta al controllo diretto del Comune.

A causa di un dissesto finanziario, la Fondazione veniva dichiarata estinta, lasciando la professionista senza il compenso pattuito. Quest’ultima decideva quindi di agire in giudizio direttamente contro il Comune, sostenendo che, data la totale ingerenza dell’ente pubblico, fosse quest’ultimo il vero debitore.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’abuso della personalità giuridica

La Corte d’Appello aveva già dato ragione alla professionista, riconoscendo un rapporto di “immedesimazione organica” tra il Comune e la Fondazione. Il Comune ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’autonomia patrimoniale perfetta della Fondazione, derivante dal suo status di persona giuridica riconosciuta, impedisse di estendere la responsabilità per le obbligazioni contratte.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Comune, confermando la sua condanna al pagamento. La decisione si fonda su un’analisi che va oltre la forma giuridica per esaminare la sostanza dei rapporti tra i due enti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha stabilito che la personalità giuridica, pur conferendo autonomia patrimoniale, non può essere utilizzata in modo abusivo. Nel caso specifico, il Comune non si era limitato a creare la Fondazione, ma aveva continuato a esercitare un’ingerenza costante e pervasiva sulla sua attività. Era il Comune a decidere quali lavori eseguire sugli immobili, come finanziarli e a chi affidare la supervisione tecnica.

Questo comportamento ha trasformato il Comune in un “socio tiranno”, che si serve della struttura della fondazione come uno schermo per gestire i propri affari, svuotandola di qualsiasi autonomia decisionale. Di conseguenza, la Fondazione non era un soggetto giuridico autonomo, ma un semplice “modulo organizzativo” dell’ente pubblico. In una situazione del genere, applicare rigidamente il principio della separazione patrimoniale avrebbe significato premiare un comportamento elusivo e danneggiare ingiustamente i creditori che avevano fatto affidamento sulla stretta connessione tra la Fondazione e l’ente pubblico.

La Cassazione ha quindi concluso che, quando si verifica un abuso della personalità giuridica, lo schermo formale della separazione tra enti deve essere superato (“disapplicazione dello schermo societario”), e la responsabilità per le obbligazioni assunte deve essere imputata al soggetto che ha effettivamente esercitato il controllo e la direzione.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per gli enti pubblici che utilizzano strumenti di diritto privato per l’erogazione di servizi. La creazione di fondazioni o società partecipate non è una via d’uscita dalle proprie responsabilità. Se l’ente pubblico mantiene un controllo totalizzante, privando l’organismo partecipato di ogni autonomia, sarà chiamato a rispondere direttamente dei debiti contratti da quest’ultimo. La decisione tutela i terzi creditori e riafferma il principio secondo cui la sostanza dei rapporti prevale sulla forma giuridica, specialmente per prevenire l’abuso della personalità giuridica.

Un ente pubblico è sempre responsabile per i debiti di una fondazione da esso creata?
No, non sempre. La responsabilità sorge quando l’ente esercita un controllo così pervasivo da privare la fondazione di ogni reale autonomia, configurando un abuso della personalità giuridica. La mera costituzione non è sufficiente.

Cosa si intende per ‘abuso della personalità giuridica’ in questo contesto?
Significa che l’ente pubblico ha utilizzato la fondazione, formalmente autonoma, come uno ‘schermo’ per gestire le proprie attività e perseguire i propri fini, senza però volerne assumere le relative responsabilità. La Corte ‘solleva il velo’ di questa separazione fittizia per attribuire la responsabilità al soggetto che detiene il potere effettivo.

Quali elementi hanno dimostrato il controllo del Comune sulla fondazione?
Gli elementi decisivi sono stati: il finanziamento quasi totalmente pubblico, la nomina della maggioranza degli amministratori da parte del Sindaco, l’obbligo di rendicontazione al Comune e, soprattutto, il fatto che fosse il Comune a prendere tutte le decisioni operative sui lavori da eseguire e sulle modalità di gestione dei beni della fondazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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