Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1593 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 1593 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23509 R.G. anno 2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
contro
ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 11772/2019, depositata in data 18 dicembre 2019, e dell’ordinanza di inammissibilità ex artt. 348bis e 348ter c.p.c. della Corte di appello di Milano n. 1880/2021, depositata il 7 giugno 2021.
Udita la relazione svolta all’udienza del 30 ottobre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME
COGNOME; udite le difese delle parti.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, operatore abilitato alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica al pubblico sul territorio nazionale, successivamente incorporata da RAGIONE_SOCIALE, ha citato in giudizio Telecom Italia s.p.a. domandando la condanna di quest ‘ultima al risarcimento dei danni, in misura non inferiore ad euro 1.896.305,08: danni conseguenti alle condotte illecite anticoncorrenziali poste in essere dalla convenuta, secondo quanto accertato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato – AGCM con provvedimento n. 24339 del 9 maggio 2013, reso in esito al procedimento A428. Le condotte integranti l’illecito antritrust lamentato erano incidenti su ll’attività di Enter, la quale si avvaleva anche delle infrastrutture di rete di Telecom Italia per raggiungere i clienti finali (cosiddetto «ultimo miglio») per la fornitura di telefonia vocale, trasmissione dei dati e accesso ad internet ai clienti finali: venivano quindi in questione gli obblighi di non discriminazione che Telecom era tenuta ad adottare verso gli operatori concorrenti – gli OLO ( other licence operator ) -in relazione all’infrastruttura di accesso ai clienti finali e in relazione all’accesso ai servizi all’ingrosso di trasporto dei dati a banda larga verso i clienti stessi: obbligo che comprendeva anche l’applicazione, ai concorrenti sopra indicati, di condizioni di fornitura non deteriori rispetto a quelle da essa praticate alle proprie divisioni commerciali.
Nella resistenza di Telecom, il Tribunale di Milano, con sentenza pubblicata il 18 dicembre 2019, ha respinto le domande proposte ritenendo che l’attrice non avesse assolto all’onere di individuare i KO (rifiuti di attivazione) che assumeva riconducibili a una causale di rifiuto erronea o priva di giustificazione. Ha rilevato, in particolare, il Tribunale che «sia in relazione alla clientela che si assume persa, sia anche in relazione alla compressione dei margini connessa alla diversa
strutturazione dei procedimenti interni ed esterni posti in essere dalla società convenuta nei processi in esame, la necessità di procedere alla definizione di un’entità concreta di illegittime appostazioni di KO agli ordinativi di lavoro trasmessi da RAGIONE_SOCIALE non essere totalmente pretermessa così come vorrebbe l’impostazione difensiva adottata dalla società attrice».
La sentenza in questione è stata gravata di appello da RAGIONE_SOCIALE ha concluso per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del gravame. La Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’impugnazione ex artt. 348bis e 348ter c.p.c. con ordinanza del 7 giugno 2021.
Ricorre per la cassazione di tale pronuncia la stessa RAGIONE_SOCIALE; l’impugnazione consta di quattro motivi e ad essa resiste, con controricorso, Telecom Italia s.p.a..
L’impugnazione, dapprincipio avviata alla trattazione camerale, è stata successivamente destinata alla pubblica udienza. Sono state depositate memorie. Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Deve premettersi essere inammissibile la produzione ex art. 372 c.p.c., da parte di Telecom, del documento proveniente dall’AGCM denominato «risposta richiesta di assistenza in relazione al giudizio iscritto al n. R.G. 26599/2020». Il documento, infatti, non riguarda la nullità della sentenza impugnata (quella derivante dai vizi propri della sentenza e, in via riflessa, da vizi radicali del procedimento: per tutte, Cass. 20 ottobre 2023, n. 29221), né l’ammissibilità del ricorso (e cioè la proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo: cfr. Cass. 29 febbraio 2016, n. 3934) e tantomeno il maturare di un giudicato (ipotesi, quest’ultima, in presenza della quale la giurisprudenza di questa Corte pure ammette la produzione documentale: così, ad esempio, Cass. 20 febbraio 2020, n. 4415, dalla
cui massima si evince chiaramente che la produzione non può mai riguardare documenti nuovi relativi alla fondatezza nel merito della pretesa).
2. Il primo motivo di ricorso oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. . Assume la ricorrente che l’abuso accertato dall’AGCM non consisterebbe affatto dell’accertata illiceità dei KO opposti agli operatori, bensì in un ‘ assai più complessa e articolata pratica discriminatoria con effetti escludenti a danno dei concorrenti di Telecom. Emergerebbe, pertanto, l’assoluta irrilevanza rivestita dal dato rappresentato dai detti KO, tanto ai fini della configurabilità e dell’accertamento dell’abuso operato dall’Autorità garante, quanto ai fini della quantificazione del danno ad esso eziologicamente connesso: si deduce, in sintesi, che l’unico illecito accertato consisteva in «un abuso sistemico posto in essere attraverso una molteplicità di condotte aventi contenuto discriminatorio ed effetti escludenti per i concorrenti», il quale era connotato dall’ «aver Telecom apprestato un processo di delivery interno diverso rispetto a quello c.d. esterno (e per giunta di gran lunga più farraginoso)», il quale comportava differenze sostanziali tra il grado di soddisfacimento degli ordinativi di lavoro degli operatori diversi da Telecom rispetto a quelli delle divisioni commerciali della detta società. Lamenta chi impugna che il Tribunale, a fronte della domanda risarcitoria follow-on , incentrata sul provvedimento A428, avrebbe riqualificato illegittimamente la fattispecie di abuso accertato dall’AGCM finendo così con lo statuire extra petita , conferendo rilievo a una fattispecie di illecito il cui elemento costitutivo era rappresentato esclusivamente dai KO illegittimi.
Col secondo motivo si prospetta l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia. Ad avviso della ricorrente il Tribunale avrebbe mancato di pronunciarsi sulle argomentazioni da essa svolte quanto all’ir rilevanza, ai fini del giudizio, della questione relativa alla illegittimità dei KO opposti da Telecom a Enter.
Il terzo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 c.c. e 102 TFUE del TFUE, nonché della dir. 2014/104/UE attuata col d.lgs. n. 3 del 2017. Si deduce che per il risarcimento dei danni da condotte abusive di posizione dominante poste in essere da impresa verticalmente integrata sull’intero mercato mediante discriminazione o compressione dei margini dei concorrenti, quali quelle di cui all’azione proposta, il giudice dovrebbe agevolare l’adempimento dell’onere della prova da parte dell’attore avvalendosi di presunzioni e dando corso a una consulenza tecnica. In particolare, la necessità di superare l ‘ asimmetria informativa che premia l’impresa dominante «deve indurre a disporre il giudicante la consulenza tecnica d’ufficio nominando un consulente con la necessaria expertise in scienze economiche».
Col quarto motivo si lamenta l’omesso esame su un fatto decisivo della controversia. Il mezzo, svolto in via subordinata, è incentrato sulla mancata motivazione, da parte del Tribunale, circa i 124 KO illegittimi opposti da Telecom, i quali erano stati documentati dalla stessa Enter. Si deduce che il Giudice di primo grado avrebbe dovuto procedere alla nomina di un c.t.u. onde verificare la correttezza del dato.
3 . -Occorre premettere che la proposta impugnazione non può avere ad oggetto l’ordinanza di inamm issibilità dell ‘appello, ma solo la sentenza di primo grado, secondo quanto dispone l’art. 348ter , comma 3, c.p.c.. Infatti, l’ordinanza di inammissibilità dell’appello è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale, purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso (Cass. Sez. U. 2 febbraio 2016, n. 1914; Cass. 5 giugno 2018, n. 14312): nel caso in esame la ricorrente non ha denunciato vizi siffatti.
4 . -Vanno poi esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate da Telecom.
5 . -La controricorrente ha anzitutto dedotto essere passata in
giudicato la statuizione del giudice di primo circa il mancato adempimento, da parte di Enter, dell’onere di allegazione , non avendo la medesima censurato, con l’atto di gravame, la correlativa statuizione del Tribunale.
L’eccezione va disattesa.
Ne ll’atto di appello (il cui pertinente stralcio è stato riprodotto nel ricorso per cassazione) l’odierna ricorrente aveva dedotto che l’AGCM ebbe ad accertare che l’abuso di Telecom era consistito nella predisposizione di un processo di fornitura dei servizi all’ingrosso per i concorrenti che si era rivelato «oggettivamente discriminatorio rispetto a quello interno»; ha quindi richiamato una pronuncia del Tribunale di Roma in cui era stato affermato che ai fini dell’accertamento degli elementi della fattispecie risarcitoria, e in particolare della condotta illecita, non assumeva rilevanza il singolo KO, né vi era ragione di distinguere i rifiuti di attivazione leciti da quelli illeciti; la società appellante aveva quindi lamentato che la sentenza appellata avesse operato «un’illegittima riqualificazione della fattispecie di abuso accertata dall’AGCM» e violato i principi di distribuzione dell’onere della prova rendendo impossibile, o comunque complessa, nell’esperita azione follow-on , la possibilità di far valere la responsabilità di Telecom per violazione dell’art. 102 TFUE.
Nel censurare la sentenza appellata con riguardo al tema della reale natura dell’illecito accertato dall’Autorità antritrust, Enter ha aggredito, ponendolo in crisi, un punto cruciale dello svolgimento argomentativo del Tribunale, di talché la statuizione della sentenza di primo grado, basata sulla richiamata carenza di allegazione, non può dirsi passata in giudicato.
La carenza di allegazione quanto alla specificazione delle causali di rifiuto (erronee o ingiustificate) poggiava infatti sul rilievo per cui ai fini dell’accertamento del danno patito dalla società attrice era necessario distinguere i KO legittimi da quelli illegittimi in base alla
motivazione del rifiuto. Assumendo che tale distinzione non aveva incidenza sulla responsabilità di Telecom, e richiamando, in tal senso, il provvedimento dell’AGCM, che – come ricordato nella citazione di appello aveva dato atto della predisposizione, da parte della società in posizione dominante, di un procedimento di fornitura dei servizi che risultava discriminatorio per gli operatori telefonici diversi da Telecom, Enter aveva nella sostanza dedotto che la carenza di allegazione valorizzata dal Giudice di prima istanza era priva di rilevanza nel giudizio. Per ciò solo, la relativa statuizione deve considerarsi investita da impugnazione e non può dirsi quindi coperta da giudicato.
Non è tutto. Q uanto affermato dall’odierna ricorrente in sede di appello si fonda su di un preciso presupposto: non aver la stessa istante basato la propria pretesa sul dato dell’illegittimità di singoli KO (dato preso in esame dal Tribunale), quanto, piuttosto, su ll’accertamento dell’Autorità antitrus t circa il comportamento discriminatorio attuato da Telecom in danno degli OLO. Il richiamo, nella citazione di appello, di tale passaggio del provvedimento è infatti coerente con l ‘intendimento di far valere in giudizio, ai fini risarcitori, quanto sul punto aveva avuto modo di riscontrare l’AGCM (tenuto anche conto che il provvedimento dell’Autorità integra «prova privilegiata» dell’illecito, secondo la consolidata giurisprudenza di questa S.C. formatasi nel periodo anteriore al recepimento, da parte del legislatore italiano, della dir. 104/2014/UE: per tutte cfr. Cass. 5 luglio 2019, n. 18176 e Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640). In tal senso, il tema dell’indebita riqualificazione della fattispecie di abuso, fatto valere col primo motivo del ricorso per cassazione, non presenta carattere di novità ma si raccorda, nei termini che si sono appena indicati, al thema decidendum del proposto appello.
6 . -Telecom ha poi eccepito che il ricorso per cassazione sarebbe inammissibile per la mancata menzione, in esso, dei motivi di gravame della sentenza di primo grado, in questa sede impugnata.
La giurisprudenza evocata dalla controricorrente (Cass. 15 maggio 2014, n. 10722 e Cass. 3 dicembre 2020, n. 27703) effettivamente richiede che nel ricorso avverso la sentenza di primo grado ex art. 348ter , terzo comma c.p.c. sia fatta menzione dei motivi di appello al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame. Deve però ritenersi che ove la decisione di primo grado sia raccolta in una statuizione che è basata su di un’unica ratio decidendi , sia sufficiente dar conto, nel ricorso per cassazione, di aver impugnato detta ratio . Tale indicazione, nell’ipotesi in esame, consente infatti di escludere che si sia formato il giudicato interno e la parte, attraverso di essa, assolve comunque all’onere di chiarire che la questione proposta in sede di legittimità era stata già devoluta, sia pure nella forma propria dei motivi di appello, al giudice del gravame dichiarato inammissibile ex art. 348bis c.p.c. (su tale onere: Cass. 6 ottobre 2020, n. 21369; Cass. 12 febbraio 2015, n. 2784).
Ora, si è visto che la sentenza del Tribunale ha disatteso la domanda attrice per un ‘unica ragione: il difetto di allegazione (avendo particolare all’individuazione dei KO riconducibili a una causale di rifiuto erronea o priva di giustificazione).
L’odierna istante ha trascritto, alle pagg. 28 e 29 del proprio ricorso per cassazione, il motivo di appello con cui, come si è detto, aveva denunciato che il Tribunale di Milano, con la pronuncia oggetto del presente giudizio, ebbe ad operare «un’illegittima riqualificazione della fattispecie di abuso accertata dall ‘A GCM», attribuendo indebitamente rilievo alla natura lecita o illecita dei singoli KO.
Ne discende che il ricorso per cassazione non può considerarsi carente sotto il profilo che qui interessa.
-La controricorrente ha pure eccepito la carenza di autosufficienza del primo motivo di ricorso.
La deduzione è infondata.
Premesso che la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali si fonda il motivo di ricorso si fonda può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la valutazione della sua decisività, risulterebbero (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887), il mezzo di censura in esame non denota le dette carenze.
8 . – Il primo motivo merita accoglimento.
9 . -Irideos lamenta che il Tribunale abbia individuato una fattispecie di abuso diversa da quella che era stata denunciata in giudizio, così pronunciando fuori dal thema decidendum , incentrato sull’illecito accertato nel procedimento A428 dell’AGCM .
10 . – Tale deduzione, come si è in precedenza esposto, non ha il carattere di novità che gli attribuisce la controricorrente.
11 . -Erra, altresì, Telecom, allorquando assume che la doglianza formulata non sarebbe riconducibile alla fattispecie di cui a ll’art. 112 c.p.c., su cui si fonda il mezzo di censura in esame.
Infatti, si determina violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato nell’ipotesi in cui il giudice del merito sostituisca la causa petendi dedotta dall’attore con una differente, fondata su un fatto diverso da quello posto a fondamento della domanda (Cass. 6 aprile 2021, n. 9255; nel senso che potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , cfr. ad es.: Cass. 21 marzo 2019, n. 8048; Cass. 11 aprile 2018, n. 9002).
12 . -Tanto premesso, nel caso in esame Enter aveva
pacificamente introdotto un giudizio follow-on , basandosi sull’accertamento compiuto dall’AGCM nel richiamato procedimento A428 quanto all’abuso di posizione dominante posto in essere da Telecom: accertamento che, come ricordato nella sentenza impugnata, era stato confermato, in sede giurisdizionale amministrativa, dal TAR e dal Consiglio di Stato.
13 . -Il dato vale a definire i contorni dell’azione proposta da Enter. Deve infatti ritenersi che ove, come nel caso in esame, l’attore evochi, a fondamento della propria pretesa, l’irretrattabile accertamento dell’Autorità antitrust, il fatto i llecito oggetto di allegazione non potrà che coincidere con quello riconosciuto esistente dall’AGCM e dai giudici amministrativi avanti ai quali si sono svolte le eventuali, successive, fasi di impugnazione. Nella vigenza della disciplina anteriore all’attuazione della dir. 104/2014/UE il danneggiato potrà bensì allegare, in funzione probatoria, fatti diversi da quelli presi in considerazione dalla nominata Autorità ai fini dell’accertamento dell’il lecito, dal momento che, come insegnato da questa Corte, se è vero che la decisione antitrust e le pronunce dei Giudici amministrativi, che definitivamente confermano o riformano tale decisione, riveste un ruolo significativo nell’accertamento dell’intesa, della pratica concordata o dell’abuso di posizione dominante, nel giudizio in sede civile è sempre possibile offrire prove a sostegno di tale accertamento, che riguardino più direttamente la posizione del singolo danneggiato (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640, cit.): è escluso, invece, che il giudice della domanda risarcitoria possa raccordare quest’ultima a un illeci to diverso da quello accertato dall’AGCM , dal momento che nell’evenienza descritta il fatto costituivo della pretesa non può che coincidere, come si è detto, con quello oggetto dell’ accertamento compiuto dalla nominata Autorità e dai Giudici amministrativi avanti ai quali sia stato in ipotesi impugnato il provvedimento antitrust.
14 . -La statuizione risarcitoria di cui era investito il Tribunale
dipendeva dunque dalla precisa individuazione dell’illecito anticoncorrenziale oggetto di accertamento da parte dell’AGCM e dei giudici amministrativi.
In tale accertamento il dato della consistenza numerica dei KO ingiustificati non gioca il ruolo che gli assegna la sentenza impugnata. Infatti, l’illecito produttivo del danno di cui qui si discorre risulta essere funzione della condotta discriminatoria posta in atto da Telecom con l’adozione di procedure di attivazione che erano penalizzanti per l’odierna controricorrente. Come è stato ribadito dal Consiglio di Stato, la condotta di ostacolo tenuta da Telecom è consistita nelle differenze strutturali della gestione dei due servizi di attivazione tra gli OLO e le sue divisioni commerciali, e rappresentata da più fattori: dalla intermediazione della divisione RAGIONE_SOCIALE nella gestione del servizio di attivazione dei soli operatori esterni; dalla previsione, nella fase iniziale di acquisizione delle richieste degli OLO, di una operazione di verifica formale «con buona probabilità di interruzione sul nascere dell’iter in caso di mancata rispondenza alle regole di compilazione », mentre nell’ambito del processo interno le simmetriche attività di controllo erano affidate alle stesse divisioni commerciali che risolvevano attraverso i call center gli errori formali nella compilazione dell’ordine e potevano modificare lo stesso nella fase di predisposizione; dalla circostanza per cui, nei casi di indisponibilità di rete, per gli OLO si attivava direttamente il KO, mentre per le divisioni interne operava la sospensione della pratica; dal mancato aggiornamento delle banche dati di Telecom, evenienza, pure idonea a determinare un maggior numero di richieste che si concludevano negativamente con i KO; dalla circostanza per cui la sospensione del procedimento (operante per le sole divisioni interne di Telecom) si manteneva la priorità dell ‘ordinativo, mentre in presenza del KO era necessario presentare una nuova richiesta di attivazione (Cons. St. 15 maggio 2015, n. 2479, cit., par. 9.2).
Appare evidente, in tale scenario, segnato da discriminazioni idonee a tradursi in una maggiore difficoltà di accesso all’infrastruttura da parte degli OLO e in una correlativa loro perdita delle rispettive quote di mercato, le singole motivazioni dei KO siano priva di decisività: e tanto spiega come il Tribunale non potesse conferire rilievo al tema della carenza di un’allegazione attorea in tal senso.
E’ il caso di aggiungere che , d’altro canto, l’odierna ricorrente aveva modellato le proprie difese sull’illecito oggetto di accertamento amministrativo e giurisdizionale, in piena coerenza con la connotazione follow-on dell’azione proposta. L’esame della citazione in primo grado, reso in questa sede possibile dalla natura processuale del vizio denunciato, consente infatti di affermare che Enter non intese far questione della distinzione tra KO legittimi o illegittimi, ma lamentare, piuttosto, la condotta discriminatoria adottata da Telecom nei processi di fornitura dei servizi all’ingrosso (in particolare, pagg. 14 ss.; 33 s.). Si trae conferma, così, che l’attrice non volle distinguere i KO in base alle motivazioni del rifiuto, giacché il danno era riconducibile al l’adozione di procedure di attivazione discriminatorie nei confronti degli OLO; i KO entravano in gioco quale risultato della condotta illecita, non quale fatto costitutivo della stessa: e infatti si legge, sempre nella citazione attorea, che l’ AGCM aveva provato le discriminazioni operate da Telecom Italia mediante i KO, tra gli operatori concorrenti e la propria divisione commerciale, confrontando i valori medi percentuali di KO per ciascun servizio (pag. 20).
15 . -In conclusione, il Tribunale non avrebbe dovuto pretendere che Enter desse conto dei KO erronei o privi di giustificazione: avrebbe dovuto invece verificare se la condotta discriminatoria sopra richiamata, generando rifiuti di attivazione che in assenza dell’abuso non si sarebbero prodotti, avesse procurato all’attrice un danno risarcibile.
16 . – Il secondo motivo è assorbito.
17 . -Con tale mezzo di censura la ricorrente fa, oltretutto,
questione del mancato apprezzamento di proprie argomentazioni: ma l’art. 360, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l ‘ omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. 18 ottobre 2018, n. 26305; Cass. 14 giugno 2017, n. 14802), o di questioni e argomentazioni (Cass. 6 settembre 2019, n. 22397).
18 . -Anche i restanti motivi restano assorbiti.
19 . – Il terzo investe il tema dell’onere della prova, che , pur lambito dalla sentenza impugnata, andrà esaminato in sede di rinvio, in quanto il detto profilo è posposto, nell’ordine logico, alla questione relativa all’allegazion e, di cui ci si è occupati in questa sede. Il quarto è stato svolto in via subordinata.
20 . – In accoglimento del primo motivo, la sentenza del Tribunale di Milano è dunque cassata, dovendosi ritenere viziata da violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato la pronuncia del giudice del merito che, in un giudizio antitrust follow-on , sostituisca la causa petendi posta alla base della domanda risarcitoria, rappresentata, nel caso in esame, dall’adozione, da parte dell’impresa in posizione dominante, di procedure discriminatorie in pregiudizio dell’impresa, e coincidente co n l’illecito concorrenziale accertato da ll’AGCM e dai giudici amministrativi avanti ai quali si sono svolte le successive fasi di impugnazione, con un fatto illecito diverso.
21 . -Il rinvio ex art. 384, comma 4, c.p.c. alla Corte di appello di Milano, determinato dal vizio di ultrapetizione del Tribunale, assume carattere meramente restitutorio e non impone pertanto la designazione, ai fini del nuovo esame della causa, di un giudice diverso da quello che ha pronunciato l’ordinanza d’inammissibilità dell’appello e che avrebbe dovuto invece pronunciare sul gravame (Cass. 19 febbraio
2021, n. 4570). Detta Corte provvederà a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza di primo grado e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano che statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione