Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6922 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6922 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dal prof. avv. NOME COGNOME P.E.C. EMAIL
-ricorrenti-
E
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME P.E.C.: EMAIL
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME PEC: EMAILordineavvocaticataniaEMAIL e NOME COGNOME, PEC: EMAILordineavvocaticataniaEMAIL
Oggetto: Riduzione e aumento di capitale sociale
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania n. 974/2020, depositata il 9.6.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11.2 .2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania, la RAGIONE_SOCIALE Esponevano di essere soci della convenuta (per quote pari, rispettivamente, al 2,92%, 0,97%, 0,97%, 1,95% e 5,84%, essendo la restante quota del capitale detenuta da altri, tra cui il socio di maggioranza RAGIONE_SOCIALE titolare del 57,09%) e deducevano che in data 18 febbraio 2014 l’assemblea aveva deliberato, a maggioranza dei soci, assenti essi attori, l’approvazione del bilancio al 31 ottobre 2013, con il rinvio a nuovo esercizio delle perdite pari ad euro 2.696.761; rilevavano che in pari data l’assemblea straordinaria aveva deliberato a maggioranza la riduzione del capitale sociale per perdite calcolate nella misura di euro 3.562.652 (ivi conteggiate anche le perdite di esercizio dell’anno 2013, che si era deciso di rinviare a nuovo esercizio), così riducendo il capitale sociale da euro 13.063.364,00 ad euro 9.500.712, e contestualmente aveva deliberato l’aumento del capitale sociale di euro 2.000.000, mediante nuovi conferimenti con valore nominale pari ad euro 11.500.712.
2.─ Assumevano l’illegittimità della delibera predetta sotto quattro profili: la riduzione di capitale era stata deliberata in difetto della relazione sulla situazione patrimoniale, imposta dall’art. 2446 c.c.; la delibera di aumento del capitale era stata assunta in assenza di qualsivoglia preventiva informazione giustificativa della stessa,
formalizzata solamente in data 4 marzo 2014; una delle deleghe attribuite ai partecipanti l’assemblea era priva dei requisiti minimi della data e dell’ordine del giorno dell’assemblea, difettando così il quorum per l’assunzione della deliberazione in questione; la delibera era stata adottata per abuso del voto in danno dei soci di minoranza, essendo ben consapevole la IGV dell’impossibilità degli attori di sottoscrivere l’aumento di capitale, per avere essi subito gravi perdite dal sequestro penale del villaggio Marsa Siclà (di cui erano proprietari), limitrofo al villaggio Baia Samuele (di cui era proprietaria la società convenuta), anch’esso sottoposto a sequestro. Il Tribunale di Catania rigettava la domanda
3 .─ COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE proponevano gravame dinanzi alla Corte di appello di Catania.
Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha rigettato l’appello . Ha rilevato: che il Tribunale aveva osservato che l’amministratore è tenuto a rendere edotti i soci dell’effettivo stato patrimoniale della società mediante una situazione patrimoniale riferita a una data prossima a quella dell’adunanza e che tale situazione patrimoniale poteva essere surrogata anche dall’ultimo bilancio di esercizio, ove fosse rispettata quell’esigenza di continuità temporale, rispetto alla data di convocazione dell’assemblea, che garantiva un’idonea informazione dei soci e non fossero nel frattempo sopravvenuti fatti significativi; che la relazione della situazione patrimoniale poteva essere quindi surrogata dall’ultimo bilancio di esercizio, atteso che la situazione in esso descritta risaliva ad appena quattro mesi prima e non risultavano, né erano stati dedotti, fatti significativi sopravvenuti; che a tale accertamento gli appellanti non avevano opposto efficace censura, limitandosi a sostenere la necessità del deposito della relazione; che la dedotta mancanza di data nella delega di uno dei soci era stata dal Tribunale ritenuta circostanza insussistente e che gli appellanti non si erano confrontati con tale
motivazione; che correttamente il primo giudice aveva ritenuto che gli attori non fossero legittimati a far valere il vizio in questione; che era pacifico che nel caso di specie la supposta invalidità della delega era stata sanata dalla rettifica del rappresentato; che l’abuso della maggioranza si configura soltanto quando la deliberazione risulta arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari; che la prova fornita al riguardo degli appellanti consisteva in documentazione allegata alla comparsa conclusionale, prodotta tardivamente; che le sentenze del Tribunale di Milano invocate dagli appellanti erano prive di rilevanza probatoria; che la prima di esse riguardava una fattispecie estranea a quella oggetto di causa, mentre l’altra risultava inidonea a dimostrare la precisa intenzione del socio di maggioranza di COGNOME di danneggiare la posizione degli attori al fine di acquisirne le quote a un prezzo ridotto; che l’utile evidenziato dall’ultimo bilancio della società RAGIONE_SOCIALE ben poteva comprovare la correttezza dell’operazione deliberata al fine dell’immissione di nuova liquidità nel patrimonio sociale; che il presupposto del dedotto abuso non era l’opportunità della delibera, ma il perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, essendo al giudice affidata una valutazione diretta non ad accertare la convenienza e l’opportunità della delibera per l’interesse della società, quanto piuttosto ad identificare, nell’ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso da apprezzare la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della stessa: irragionevolezza che neppure gli appellanti erano stati in grado di dedurre; che l’iniziale decisione di riportare a nuovo la perdita non poteva condizionare la successiva, diversa volontà espressa dall’assemblea straordinaria, diretta a operare una riduzione del capitale sociale prima di disporne l’aumento, né gli appellanti avevano dedotto quali diritti sarebbero sorti dalla prima deliberazione.
4. –COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi. A seguito di rinunzia al mandato del difensore la RAGIONE_SOCIALE in data 15.1.2025 ha conferito all ‘Avv. NOME COGNOME incarico di sostituire il difensore rinunziatario nella difesa della società ricorrente ed ha presentato nella medesima data memoria difensiva condividendo i motivi di ricorso presentati.
RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso ed ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. ─ Con il primo motivo si deduce: violazione e falsa applicazione dell’art. 2446, dell’art. 2482 bis, dell’art. 2479 ter e dell’art. 2497 ter c.c., in rela zione all’art. 360 comma 1, n.3, c.p.c. La Corte avrebbe ritenuto erroneamente legittima la sostituzione della relazione contemplata dalle norme, applicabile anche alla fattispecie della riduzione non obbligatoria, con il bilancio d’esercizio, senza che quest’ultimo recasse specifiche informazioni e motivazioni relative all’esigenza per la società di procedere dapprima ad una riduzione e poi ad un aumento del capitale sociale. E’ spiegato che l’equipollenza del bilancio d’esercizio alla relazione prescritta dalla norma in tema di riduzione del capitale non può essere affermata in maniera assoluta, ma «deve tenere in considerazione il fatto che esso sia in grado o meno di assolvere alla funzione informativa e motivazionale prevista dalla prima».
5.1 ─ Il relativo motivo di appello è stato dichiarato inammissibile per l’assenza di contenuto critico: in conseguenza, il capo della decisione avrebbe dovuto essere impugnato sul versante processuale, spiegando perché la statuizione in rito, che rimanda, di fatto, al l’art. 342 c.p.c., era errata. La censura è inammissibile.
6.Con il secondo motivo si deduce: violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in rela zione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che
è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1, n.5, c.p.c.. La Corte non avrebbe considerato che non sussiste una rigida preclusione rispetto all’udienza di precisazione delle conclusioni quanto alla produzione di nuovi documenti, e controparte aveva avuto modo di contraddire, con riguardo allo scritto versato in atti, in sede di memoria di replica.
6.1 -La censura è infondata.
La doglianza sulla mancata ammissione della documentazione effettuata dagli appellanti in uno alla comparsa conclusionale non tiene conto che la produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell’art. 345, comma 3, c.p.c. nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la l. n. 69 del 2009, a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile ovvero che essi, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado, siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; tale produzione è, però, comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione e non può essere pertanto effettuata in comparsa conclusionale (Cass., n. 12574/2019).
7. ─ Con il terzo motivo si deduce: violazione e falsa applicazione di legge per motivazione apparente ed illogica, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il mezzo attiene alla prova dell’abuso di maggioranza: abuso che la Corte di appello ha escluso.
7.1 ─ La censura è inammissibile in quanto non chiarisce quale sia il fatto decisivo trascurato, che non può essere identificato in un documento (in particolare si fa riferimento a taluno degli scritti
prodotti con la comparsa conclusionale: un documento – peraltro estraneo al thema probandum in quanto depositato tardivamente che non è evidentemente un fatto storico); e non può essere identificato nemmeno in una sentenza. Nel corpo del motivo si menziona anche una contraddittorietà della motivazione circa lo stato di difficoltà della società; si tratta di una censura inammissibile, in quanto l’anomalia motivazionale deducibile in questa sede è un vizio che deve risultare dal testo della sentenza impugnata, « a prescindere dal confronto con le risultanze processuali » (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), mentre nel caso in esame si fa questione della contraddittorietà tra il riconoscimento della detta situazione societaria e la relazione sul bilancio degli amministratori (pag. 23 del ricorso).
8.─ Per quanto esposto, il ricorso va rigettato, con condanna dei ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00,00 per compensi e euro 200,00 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido tra di loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione